Sarà perché sto riflettendo e scrivendo in periodo di Avvento, ma mi rendo conto che l'atteggiamento dell'attendere qualcuno o una realtà diversa, magari solo prefigurata e ideale è essenziale non solo alla fede, ma anche alla vita individuale, sociale e politica.
È vero, sono tramontate le ideologie, quelle del “sol dell'avvenire”, ed è subentrato il pragmatismo, ripiegato sul presente che pretende di essere più concreto, più con i piedi per terra. Ma siamo sicuri che è anche il più efficace, efficiente e creativo? Si vanta una politica “del fare”, ma anche quella si esprime in promesse che poi si rivelano illusioni. Guardando ai giovani d'oggi, concretezza e pragmatismo vogliono che si scoprano precari, sempre pronti alla mobilità, disoccupati, presenti e futuri. Il che, drammaticamente, vuol dire che non sono già più giovani. Perché gioventù, dacché mondo è mondo, vuol dire proiezione verso il futuro, sogno, aspirazione, possibilità di progetti.
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