"Per i parroci, per i vescovi, per il Papa;
perché la loro sia una vita senza compromessi,
una vita in cammino,
e una vita dove loro non si credano al centro della storia..."
Papa Francesco
Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
30 maggio 2017
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
perché la loro sia una vita senza compromessi,
una vita in cammino,
e una vita dove loro non si credano al centro della storia..."
Papa Francesco
Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
30 maggio 2017
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
«Preghiamo per i pastori, per i nostri pastori: per i parroci, per i
vescovi, per il Papa; perché la loro sia una vita senza compromessi,
una vita in cammino, e una vita dove loro non si credano al centro della
storia e così imparino a congedarsi». È l’invocazione elevata da
Francesco al termine dell’omelia con cui ha commentato la liturgia della
parola di martedì 30 maggio, durante la messa mattutina a Santa Marta.
In particolare il Pontefice si è soffermato sulla prima lettura,
tratta dagli Atti degli apostoli (20,17-27), che — ha detto — «si può
intitolare “Il congedo di un vescovo”». Infatti nel racconto «Paolo si
congeda dalla Chiesa di Efeso. Quella Chiesa che lui aveva fondato, quel
giorno della Pentecoste di Efeso, quando scese su di loro lo Spirito
Santo».
«Aveva seguito — ha continuato il Papa riprendendo la descrizione
della scena — ma adesso deve andarsene. E da Mileto mandò a chiamare a
Efeso tutti i presbiteri». Insomma, ha chiarito Francesco usando una
terminologia attuale, «era come una riunione di consiglio presbiteriale,
ma dove il vescovo si congeda, il pastore si congeda». Del resto, ha
fatto notare, «tutti i pastori dobbiamo congedarci. Arriva un momento
dove il Signore ci dice: vai da un’altra parte, vai di là, va di qua,
vieni da me. E uno dei passi che deve fare un pastore è anche prepararsi
per congedarsi bene, non congedarsi a metà». Anche perché, ha messo in
guardia, «il pastore che non impara a congedarsi è perché ha qualche
legame non buono col gregge, un legame che non è purificato per la croce
di Gesù».
Ecco allora, prosegue la narrazione, che «Paolo si congeda». Ma, ha
evidenziato il Pontefice, «il passo di questo congedo non finisce con la
lettura di oggi, va fino alla fine del capitolo 20». Da qui la
raccomandazione di Francesco: «chiedo a tutti voi di leggere oggi questo
capitolo 20 dal versetto 17 fino alla fine. Capitolo 20. Questo
consiglio presbiteriale nel quale Paolo vescovo si congeda».
Leggendo il brano, infatti, il Papa ha individuato «tre
atteggiamenti» da sottolineare in questo congedo dell’apostolo. Il primo
si può notare quando gli anziani della Chiesa giunsero presso di lui e
Paolo disse: «Voi sapete come mi sono comportato con voi per tutto
questo tempo, fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia: ho servito il
Signore con tutta umiltà, tra le lacrime, le prove». Dunque, «non si
vanta, non è un atto di vanità. No. Racconta la storia». E in tal modo
fa risaltare un aspetto, il primo punto che il Papa intende
«sottolineare: “Non mi sono mai tirato indietro”. Una delle cose che
darà tanta pace al pastore quando si congeda è ricordarsi che mai è
stato un pastore di compromessi. “Non mi sono mai tirato indietro”,
senza compromessi».
E per questo ci vuole coraggio. È lo stesso Paolo ad affermarlo: «Voi
ricordate... perché io potessi istruirvi, predicarvi, darvi
testimonianza a tutti». Dunque «non si vanta, perché lui dice che è il
peggiore dei peccatori, lo sa e lo dice. Ma qui sta facendo un racconto
della sua storia in questa Chiesa». E «poi riprende, l’altra parte del
passo, dopo il capitolo 27, fino alla fine, qualche cosa del genere di
questo rendiconto, di questo esame di coscienza». Insomma, ha spiegato
Francesco, «il pastore si congeda e ha nel cuore la pace di sapere che
non ha guidato la Chiesa con i compromessi. Non si è tirato indietro».
Ecco perché, ha detto il Papa, «se leggiamo fino alla fine» questo passo
«da soli, piangeremo, come hanno pianto i presbiteri. La bellezza della
verità, della vita».
Passando poi al secondo punto, il Pontefice ha avvertito che Paolo
dopo aver guardato al passato ora pensa al presente: «Ed ecco costretto
dallo Spirito io vado a Gerusalemme senza sapere ciò che là mi accadrà».
In pratica l’apostolo dice: «Obbedisco allo Spirito: “Costretto dallo
Spirito vado”». Da qui il secondo punto sottolineato dal Pontefice: «il
pastore sa che è in cammino». Infatti Paolo «mentre guidava la Chiesa
era con l’atteggiamento di non fare compromessi; adesso lo Spirito gli
chiede di mettersi in cammino, senza sapere cosa accadrà. E continua
perché lui non ha cosa propria, non ha fatto del suo gregge
un’appropriazione indebita. Ha servito. “Adesso Dio vuole che io me ne
vada? Me ne vado senza sapere cosa mi accadrà. So soltanto — lo Spirito
gli aveva fatto sapere quello — che lo Spirito santo di città in città
mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni”. Quello lo sapeva».
Insomma, per il Papa è come se Paolo volesse dire: «Non vado in
pensione. Vado altrove a servire altre Chiese. Sempre il cuore aperto
alla voce di Dio: lascio questo, vedrò cosa il Signore mi chiede. E quel
pastore senza compromessi è adesso un pastore in cammino. Perché non si
è appropriato del gregge».
Ed è solo chiedendosi: «perché non si è appropriato?» — ha proseguito
il Pontefice nella sua riflessione — che emerge «il terzo tratto» da
sottolineare. «Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita», dice
Paolo, quasi a significare: «non sono il centro della storia, della
storia grande o della storia piccola, non sono il centro. “Non ritengo
preziosa la mia vita. Sono un servitore”». E questo ha rimandato alla
mente del celebrante «quel detto popolare: come si vive, si muore; come
si vive, ci si congeda». Così Paolo «si congeda con la libertà che ha
avuto quel giorno che ha fatto la domanda: “Avete ricevuto lo Spirito
Santo?”. E poi la libertà senza compromessi, in cammino, e “io non sono
il centro della storia”: così si congeda un pastore. Il grande Paolo ci
insegna».
Infine il capitolo degli Atti si conclude con la scena degli
ascoltatori dell’apostolo, che piangono, perché dice loro: “Non vedrete
mai me”. «Si inginocchiano, pregano, lo accompagnano alla nave e se ne
va», ha concluso il Papa, esortando «con questo esempio tanto bello» a
pregare «per i nostri pastori»
(Fonte: L' Osservatore Romano)
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