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giovedì 18 maggio 2017

Chiusi gli Opg, ma le Rems sono i nuovi Opg?

Chiusi gli Opg, ora mai più manicomi
di Franco Corleone

L’11 maggio 2017, l’ultimo internato del manicomio giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto ha lasciato la struttura infernale per antonomasia e ha trovato accoglienza in una comunità terapeutica di Modica.
Questa data ha un significato storico.

Finalmente si è chiusa l’era dell’internamento nelle istituzioni totali per eccellenza e i tristi nomi di Aversa, Montelupo, Reggio Emilia, Secondigliano sono destinati alla memoria di un passato che non deve tornare. Anche Castiglione delle Stiviere dovrà percorrere la strada della riforma che ha deciso la chiusura degli Opg e l’abbandono della logica manicomiale.

L’Italia può essere orgogliosa di essere all’avanguardia in Europa e nel mondo; dopo la chiusura grazie alla legge 180 del manicomio civile, ora inizia la prova ancora più difficile della cancellazione dell’orrore del manicomio criminale.

La legge 81 del 2014 ha indicato un percorso che ora segna un punto di non ritorno. La «rivoluzione gentile» si è affermata in questi due anni e nonostante le resistenze e le incomprensioni di parti della magistratura, della psichiatria e dell’informazione e si è consolidata sulla base della passione, dell’impegno e dell’entusiasmo di tutto il personale che si è sentito protagonista di una bella avventura.

Purtroppo il Governo e il Parlamento invece di affrontare le criticità segnalate nelle relazioni dell’attività di commissario e quindi di mettere in campo una modifica radicale delle misure di sicurezza secondo le line emerse nei tavoli degli «Stati Generali del carcere» e di cancellare le norme del Codice Penale ormai obsolete e in contrasto con la riforma, hanno lasciato passare nella discussione in Senato della legge delega sul processo penale e sull’Ordinamento penitenziario, un emendamento risibile che però ripropone a livello concettuale un ritorno indietro, configurando le Rems come nuovi Opg.

Immediatamente è scattata la mobilitazione perché questa vergogna fosse cancellata. Dal 12 aprile StopOpg ha organizzato un digiuno a staffetta che oggi è giunto al trentaseiesimo giorno con la partecipazione di oltre centocinquanta persone, tra cui deputati e senatori, psichiatri, operatori dei servizi, avvocati, giornalisti, militanti delle associazioni dei diritti civili e sociali.

La catena durerà fino alla approvazione del provvedimento con la speranza della modifica di una norma figlia della improvvisazione.

La Conferenza delle regioni ha espresso una netta opposizione; il Csm ha approvato una delibera che dà indicazioni ai magistrati perché la riforma sia implementata e non osteggiata e nel frattempo si è costituito un Coordinamento delle Rems per monitorare lo sviluppo delle buone pratiche attraverso la raccolta dei dati e lo scambio di esperienze.

Questa iniziativa dal basso sarà presentata giovedì 18 maggio a Bologna all’interno della Riunione Scientifica SIEP presso l’Aula Magna dell’Ospedale Maggiore.

La chiusura degli Opg ha rimesso in moto la discussione sulla salute mentale nel paese e sugli obiettivi da perseguire nei Dipartimenti, nelle Asl e nelle Regioni. Al centro della riflessione deve essere messo il tema della cura e delle alternative alla detenzione per i detenuti con patologie psichiatriche o con disturbi psichici o comportamentali.

È una partita che va affrontata e vinta per tutti i soggetti coinvolti e in tutti i luoghi della sofferenza.

Una rivalutazione del sistema di welfare deve partire proprio dall’anello più debole, abbandonando le catene simboliche e materiali e riproponendo il principio che la libertà è terapeutica.

Diritti e dignità sono il fondamento della Costituzione ma si devono inverare nelle prassi quotidiane.

* Franco Corleone è stato nominato Commissario unico del Governo per le procedure necessarie al definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) con il completamento delle Rems (residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza) nelle Regioni Abruzzo, Calabria, Piemonte, Puglia, Toscana e Veneto
(fonte: Il manifesto)


Febbraio 2017: dopo quasi un secolo chiudono gli Opg, gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. È un momento storico per l’Italia, un’orribile vergogna finisce. O forse no. Certamente un traguardo è stato raggiunto, grazie a un lungo percorso che porta l’Italia fuori dall’orrore dei manicomi criminali, ristabilendo la dignità umana per tanti ex-internati e il principio del recupero sociale, che è alla base del nostro diritto. È finito il ricorso agli Opg per i matti delinquenti, per decenni rinchiusi in luoghi chiamati impropriamente “ospedali” ma in realtà veri e propri tuguri senza assistenza medica.

I folli rei venivano chiusi e dimenticati, esclusi dai percorsi di cura e molto spesso condannati a un “ergastolo bianco”, ovvero detenuti per periodi ben più lunghi di quelli previsti per il crimine commesso, in alcuni casi sino alla morte e senza un motivo chiaro. Folli rei li definisce il diritto, ma pur sempre esseri umani, la cui dignità è stata rinnegata, sottoposti a violenze fisiche come la contenzione e reclusi in spazi così deteriorati da risultare disumani. «Luoghi di estremo orrore, inconcepibile in qualsiasi Paese appena, appena civile», così li aveva definiti nel 2011 l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

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Tutto bene allora? Niente affatto. Perché solo pochi giorni dopo la chiusura degli Opg, il Senato ha approvato, con voto di fiducia al Governo Gentiloni, un decreto legge sulla giustizia che rischia di vanificare il lavoro fatto in decenni. Scelta consapevole o errore di distrazione del Parlamento e del Governo? Nel decreto, infatti, è stata introdotta una norma che riporta tutto al punto di partenza. Nelle nuove Rems non andranno solo coloro ai quali è stata accertata l’infermità mentale al momento del reato, ma anche tutti coloro per i quali l’infermità di mente sia sopravvenuta in carcere, e anche i detenuti per i quali occorra accertare le condizioni psichiche, qualora il carcere non sia idoneo a garantire i trattamenti terapeutico-riabilitativi. Esattamente ciò che si voleva evitare.

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Personalmente, sostengo pienamente il principio sancito dalla legge secondo cui tutti coloro che hanno commesso reati ma non rappresentano un pericolo per sé stessi o per gli altri non devono essere rinchiusi ma curati per la loro patologia. Se però parliamo di situazioni molto gravi, come qualcuno che ha ammazzato delle donne, le ha tagliate a pezzi e nascoste nel bagagliaio della macchina, per citare un caso realmente accaduto, non penso si possano evitare le misure restrittive, pur nell’attenzione alla cura della malattia mentale.
Infine, penso sia giusto condannare un folle reo e curarlo durante il periodo di restrizione della sua libertà. Ma curare veramente, senza legare ai letti di contenzione per punire, senza farmaci per stordire o altre misure per umiliare. Perché se la libertà di un essere umano può essere limitata, il rispetto della sua dignità no.


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