Don Burgio:
«Il papà di Ramy, quelle parole gli fanno onore»
Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria, commenta la reazione pacata del padre del ragazzino egiziano morto dopo un inseguimento in moto alla periferia di Milano e tenta di interpretare tanta violenza nel mettere a ferro e fuoco il quartiere da parte dei coetanei. «La scuola» commenta «per me resta uno dei luoghi principali dove sviluppare la non violenza»
Le dure proteste e la guerriglia urbana che nei giorni scorsi hanno visto protagonista un gruppo di 70 ragazzi stranieri e italiani nel quartiere Corvetto in seguito alla morte di Ramy Elgaml -il 19enne egiziano deceduto cadendo da una moto domenica scorsa, dopo un inseguimento con i carabinieri nelle strade di Milano- rappresentano il culmine di un periodo dove la violenza giovanile rischia ormai di diventare un fattore insito nella città meneghina e nel resto d’Italia. Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano, prova a fare luce sulle dinamiche e sui fattori che creano scenari giovanili e sociali sempre più turbolenti.
Don Claudio, partiamo dai fatti avvenuti a Corvetto dopo la morte di Ramy. Cosa rappresenta una protesta di tale portata, con così tanti giovani protagonisti?
«Premetto per correttezza che in questi giorni non ho avuto molto modo di seguire da vicino la vicenda. Quello che mi sento di dire è che c’è stato un caso eclatante e la rabbia di tanti giovani è esplosa in modo molto violento. Ma si tratta di una situazione che va avanti da molti anni, legata ai contesti in cui questi ragazzi vivono».
Quindi la rabbia dei ragazzi a Corvetto parte da più lontano?
«È una rabbia che può sembrare improvvisa, ma in realtà è latente e pervasiva. Nasce tutto da un grande vuoto identitario. Molti ragazzi di seconda generazione non trovano un senso di appartenenza e non sentono ancora un vero legame con il nostro paese. Le loro radici sono lontane e a ciò si unisce la povertà economica ed educativa. Questa protesta è allargata e si riflette nelle condizioni di vita marginali che gravano su tanti giovani».
Il padre di Ramy ha fatto un appello contro la violenza. Parole importanti e distensive…
«Sono dichiarazioni importanti e che fanno onore a questo padre soprattutto in un momento simile, dopo la perdita tragica di un figlio. Ma spesso in certe situazioni i genitori vivono un grande senso di colpa».
Si spieghi meglio…
«Tante volte la violenza giovanile nasce da dinamiche familiari dove non c’è comprensione tra genitori e figli. Molti di questi padri e madri hanno storie migratorie complesse. Sono persone che in passato hanno fatto magari fatica ad ottenere i permessi di soggiorno o a trovare stabilità qui in Italia. E ora non comprendono il disagio dei loro figli. Questi genitori credono di aver dato loro tutto: una casa, la possibilità di crescere nel nostro paese al netto magari di una situazione economica non facile. Ma non si rendono conto che ciò ai ragazzi non basta. La vita in un contesto di povertà porta purtroppo ad avvicinarsi alla violenza».
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Alessandro Stella 29/11/2024)