Resistere senza maledire, scoprire la «libertà del letame»
La risposta dell’intoccabile
di Luigino Bruni
“La nostra civiltà attuale, scesa dal Nord e dall’Occidente, ha visto il sole e l’azzurro; non ha visto le tenebre del mare, il fango secco, i deserti di sabbia gialla, le rocce spaccate, le fiumane asciutte, il groviglio dei cespugli polverosi, la crudeltà della luce, il sale e il sudore, i gridi e il silenzio, la rapida putrefazione. In questo veder male, in questa illusione, sta la nostra cultura, che è per questo – di fronte alla morte e quindi alla vita – il ritratto dell’impotenza.”.
(Sergio Quinzio Cristianesimo dell’inizio e della fine)
La ricchezza, ogni ricchezza umana, tutta la nostra ricchezza, è prima di tutto dono. Veniamo al mondo nudi, e iniziamo il nostro cammino sulla terra grazie alla gratuità di due mani che ci raccolgono quando ci affacciamo sul mondo. Riceviamo in dono l’eredità di millenni di civiltà, di genialità, di bellezza, che ci vengono donati senza alcun merito nostro. Nasciamo dentro istituzioni che c’erano prima che arrivassimo, che ci accudiscono, proteggono, amano. Il nostro merito è sempre sussidiario al dono, ed è molto più piccolo. E noi invece continuiamo a creare ingiustizie crescenti in nome della meritocrazia, e a vivere come se la ricchezza e i consumi potessero cancellare la nudità dalla quale veniamo e che ci attende sempre fedele nei crocicchi di tutte le strade della vita.
Satana (“l’oppositore”) perde la sua prima sfida, perché nonostante il suo vento impetuoso che spazzò via tutti i beni di Giobbe, questi non maledisse Dio: «In tutta questa vicenda Giobbe non peccò né mai lanciò attacchi contro Dio» (1,22). Ma il Satana non è ancora convinto della gratuità della fede di Giobbe, e così chiede a Dio il permesso di provarlo nell’ultimo bene rimasto: il corpo. E così, in una nuova assise della corte celeste, prende la parola e chiede ancora: «Pelle per pelle: per salvarsi la vita l’uomo è disposto a tutto. Perciò prova un po’ a stendere la tua mano e a colpirlo nelle ossa e nella carne: scommetto che ti scaglierà in faccia maledizioni» (2,4-5). Dio gli risponde ancora: «Ecco, lo metto nelle tue mani». Satana allora «colpì Giobbe con un morbo maligno che lo avvolse dalla pianta dei piedi fino alla testa. Giobbe prese un coccio per grattarsi e sedette in mezzo all’immondizia» (2,7-8).
La sventura di Giobbe giunge fino al limite del possibile. Gli rimane sola la nuda vita. Ma, come Giobbe, solo quando siamo dentro il tracollo totale scopriamo risorse sconosciute che ci fanno capaci di sopportare sofferenze che prima di viverle pensavamo fossero insopportabili. Una fortezza che ci potrà sorprendere anche quando ci scopriremo capaci di morire, quando per tutta la vita avevamo pensato di non esserne capaci.
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Giobbe da ricco e potente si ritrova sventurato, impuro, e quindi intoccabile, fuori da tutte le caste sociali. È questa ancora oggi la triste sorte di imprenditori, dirigenti, lavoratori, politici, sacerdoti, che caduti in rovina si ritrovano non solo impoveriti, ma seduti su un cumulo di macerie che include anche famiglia, amici, salute. E subito finiscono anche tra gli impuri fuori dal villaggio, allontanati e emarginati da club, associazioni, circoli, confinati in discariche sociali e relazionali, scansati da tutti e non toccati per il terrore di restare anch’essi contagiati dalla loro rovina.
Ma Giobbe, sulla cenere e il letame, con il coccio, non maledì Dio. Continuò a essere giusto. Non c’è gratuità più grande di chi spera e vuole che Dio esista e che sia giusto anche quando nella sua vita personale non vede più né i segni della sua presenza né quelli della sua giustizia. Giobbe continua a cercare la verità e la giustizia. Una ricerca disperata, che ha un valore etico e spirituale immenso quando pensiamo che nell’Antico Testamento (Giobbe incluso) l’idea dell’esistenza di una vita dopo la morte è molto rarefatta, quasi inesistente. Il luogo dove YHWH vive e dove si può incontrare la sua benedizione è questa terra, non un altro. La lotta di Giobbe abbraccia allora ogni essere umano che voglia apprendere il mestiere del vivere senza accontentarsi delle risposte semplici, neanche di quelle semplicissime dell’ateismo. Giobbe, in ogni tempo, continua a lottare anche per loro.
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La scommessa tra Satana e Elohim non è vinta da nessuno dei due: il vero vincitore è Giobbe, che
“costringerà” Dio stesso a liberarsi a sua volta dalla logica retributiva, economica, contrattuale. A
chiedergli di diventare ai suoi occhi d’uomo ciò che è: Altro.
Grazie a Giobbe, uomo fedele anche senza reciprocità, Dio deve allora continuare ad amarci anche
quando noi smettiamo di farlo. Può, e deve, essere presente in un mondo che non lo vuole, non lo
vede, non lo desidera più.
La risposta dell’intoccabile di Luigino Bruni (PDF)
Leggi anche il post già pubblicato:
- Un uomo di nome Giobbe / 1 Nudo è il dialogo con Dio