Solo una sinfonia di voci è adeguata al dialogo con Dio
Le parole della terra
di Luigino Bruni
Le montagne discutevano fra loro per avere l’onore di essere scelte come il sito della rivelazione. “Su di me dimorerà la presenza divina, mia sarà la gloria”, esordì una, e un’altra replicò con le medesime parole. Il monte Tabor disse all’Ermon: “Su di me si poserà la Šekinah, mio sarà questo onore…”. il Sinai, invero, fu prescelto non solo per la sua umiltà ma perché non era mai stato sede di culti idolatrici, diversamente dalle altre montagne che, in virtù della loro altezza, erano state scelte per i santuari pagani. (Louis Ginzberg, Le leggende degli ebrei, IV)
La prima riforma sociale e organizzativa del popolo di Israele arriva da un consiglio di Ietro, suocero di Mosé, uno straniero di fede diversa. Tra l’uscita dagli idoli dell’Egitto e il dono della Torah sul Sinai, l’Esodo ha voluto inserire una figura buona di credente non idolatrico, e lo ha posto al cuore di un evento di cruciale importanza per la vita del popolo. Un messaggio di grande apertura e speranza, che ci raggiunge anche oggi dove i credenti nel Dio della vita dovrebbero unirsi e stimarsi di più, per liberarci e proteggerci dai mille culti idolatrici del nostro tempo.
Gli anziani, Aronne, i sapienti di Israele, avevano senz’altro visto l’affaticamento di Mosè e le sue difficoltà nel gestire da solo un popolo numeroso e complesso. Ma perché si attuasse il nuovo assetto organizzativo che preparò il popolo alla grande teofania del Sinai, ci volle uno sguardo diverso di uno straniero, di qualcuno di un altro popolo e di un’altra fede che però rispettava YHWH sebbene non fosse il suo Dio.
Mosè non considera suo suocero un idolatra. Sa che non crede in YHWH, ma nonostante questo lo ascolta e gli ubbidisce, perché gli riconosce una sua verità. Mosè non avrebbe mai ascoltato e amato un idolatra, tantomeno gli avrebbe ubbidito. Non è l’avere una fede diversa dalla mia che ti fa idolatra. Ietro non è idolatra anche perché rispetta il Dio di Mosè. Il primo segnale che ci dice che abbiamo a che fare con una idolatria e non con una fede, è il disprezzo per le fedi degli altri. Anche oggi possiamo dialogare, incontrarci e persino pregare tra religioni e fedi diverse solo se nessuno di noi pensa che il Tu che l’altro accanto a me sta pregando è un idolo, e se ognuno di noi crede o spera che la fede dell’altro sia un riflesso autentico dell’unico Dio di tutti, che è troppo ‘altro’ per essere espresso o posseduto soltanto dalla ‘mia’ fede. La povertà spirituale del nostro tempo non dipende dalla moltiplicazione delle fedi nelle nostre città, ma dalla crescita impressionante degli idoli nello spazio lasciato vuoto dalle religioni e dalle ideologie. Abbiamo voluto combattere la pietà popolare e la fede semplice dei nostri nonni, ma quando ci siamo risvegliati dal ‘sonno della ragione’ ci siamo ritrovati in un mondo popolato da nuovi totem, non nella terra della libertà. Le molti fedi fanno il mondo più bello e variopinto, e lo proteggono dall’idolatria.
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Le parole della terra di Luigino Bruni