Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



lunedì 14 luglio 2025

Papa Leone XIV: preghiamo per la pace e per chi soffre a causa di guerre e violenze

Papa Leone XIV: 
preghiamo per la pace 
e per chi soffre a causa di guerre e violenze

ANGELUS

Piazza della Libertà (Castel Gandolfo)
Domenica, 13 luglio 2025


Cari fratelli e sorelle, buona domenica!

Il Vangelo di oggi inizia con una bellissima domanda posta a Gesù: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?» (Lc 10,25). Queste parole esprimono un desiderio costante nella nostra vita: il desiderio di salvezza, cioè di un’esistenza libera dal fallimento, dal male e dalla morte.

Ciò che il cuore dell’uomo spera viene descritto come un bene da “ereditare”: non si tratta di conquistarlo con la forza, né di implorarlo come servi, né di ottenerlo per contratto. La vita eterna, che Dio solo può dare, viene trasmessa in eredità all’uomo come dal padre al figlio.

Ecco perché alla nostra domanda Gesù risponde che per ricevere il dono di Dio bisogna accogliere la sua volontà. Come è scritto nella Legge: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore» e «il tuo prossimo come te stesso» (Lc 10,27; cfr Dt 6,5; Lv 19,18). Così facendo, corrispondiamo all’amore del Padre: la volontà di Dio, infatti, è quella legge di vita che Dio per primo pratica verso di noi, amandoci con tutto sé stesso nel Figlio Gesù.

Fratelli e sorelle, guardiamo a Lui! Gesù è la rivelazione del vero amore verso Dio e verso l’uomo: amore che si dona e non possiede, amore che perdona e non pretende, amore che soccorre e non abbandona mai. In Cristo, Dio si è fatto prossimo di ogni uomo e di ogni donna: perciò ciascuno di noi può e deve diventare prossimo di chi incontra lungo il cammino. Sull’esempio di Gesù, Salvatore del mondo, anche noi siamo chiamati a portare consolazione e speranza, specialmente a chi è scoraggiato e deluso.

Per vivere in eterno, dunque, non occorre ingannare la morte, ma servire la vita, cioè prendersi cura dell’esistenza degli altri nel tempo che condividiamo. Questa è la legge suprema, che viene prima di ogni regola sociale e le dà senso.

Chiediamo alla Vergine Maria, Madre di misericordia, di aiutarci ad accogliere nel nostro cuore la volontà di Dio, che è sempre volontà d’amore e di salvezza, per essere ogni giorno operatori di pace.

__________

Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle,

sono contento di trovarmi qui in mezzo a voi, a Castel Gandolfo. Saluto le autorità civili e militari presenti e ringrazio tutti voi per la calorosa accoglienza.

Ieri, a Barcellona, è stato beatificato Licarione May (al secolo Francesco Beniamino), Frate dell’Istituto dei Fratelli Maristi delle Scuole, ucciso nel 1909 in odio alla fede. In circostanze ostili, egli visse con dedizione e coraggio la missione educativa e pastorale. La testimonianza eroica di questo martire sia di stimolo per tutti, in particolare a quanti operano per l’educazione dei giovani.

Rivolgo il mio saluto ai partecipanti al Corso estivo dell’Accademia Liturgica provenienti dalla Polonia; il mio pensiero va anche ai pellegrini polacchi, che oggi stanno partecipando al Pellegrinaggio Annuale al Santuario di Częstochowa.

Termina oggi il pellegrinaggio giubilare della diocesi di Bergamo. Saluto i pellegrini che, assieme al Vescovo, sono giunti a Roma per attraversare la Porta Santa.

Saluto la Comunità Pastorale Beato Agostino da Tarano del Colegio S. Augustin di Chiclayo, in Perù, anch’essa qui a Roma per celebrare il Giubileo. Saluto i pellegrini della Parrocchia di San Pedro Apóstol della diocesi di Alcalá de Henares, che celebrano i 400 anni di fondazione della parrocchia; Le Legionarie di Maria provenienti da Uribia-La Guajira, in Colombia; i membri della Famiglia dell’Amore Misericordioso; il Gruppo Scout Agesci Alcamo 1; e, infine, le monache agostiniane in formazione qui presenti.

Accogliamo con piacere il Coro dei ragazzi dell’Académie Musicale de Liesse, dalla Francia. Grazie per la vostra presenza e per l’impegno che portate avanti nel canto e nella musica.

Sono qui presenti in mezzo a noi 100 Allievi del Corso Carabinieri della Scuola di Velletri, intitolata al Venerabile Salvo D'Acquisto. Saluto il Comandante assieme agli Ufficiali e Sottoufficiali, e vi incoraggio a proseguire il vostro percorso di preparazione al servizio della Patria e della società civile. Grazie! Un forte applauso per quelli che servono!

Nei mesi estivi sono tante le iniziative che si svolgono con i bambini e i ragazzi e vorrei ringraziare gli educatori e animatori che si dedicano a questo servizio. In questo contesto, desidero ricordare l’importante iniziativa del Giffoni Film festival, che raccoglie ragazze e ragazzi da tutto il mondo e quest’anno sarà dedicata al tema “Diventare umani”.

Fratelli e sorelle, non dimentichiamoci di pregare per la pace e per tutti coloro che, a causa della violenza e della guerra, si trovano in uno stato di sofferenza e di bisogno.

A tutti voi auguro una buona domenica!

domenica 13 luglio 2025

Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto (ME) - PREGHIERA DEI FEDELI - XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Fraternità Carmelitana
di Pozzo di Gotto (ME)




XV  Tempo del Ordinario - Anno C
13 Luglio 2025


PREGHIERA DEI FEDELI


            Per chi presiede

Fratelli e sorelle, la Parola che è stata proclamata e che abbiamo ascoltato ci spinge a far nostra la grande compassione, che Dio, nostro Padre e nostra Madre, nutre verso ogni creatura umana, a qualsiasi popolo o razza possa appartenere. Rivolgiamo a Lui con fiducia le nostre preghiere ed insieme diciamo:

R/ Donaci il tuo amore, o Padre

Lettore
- Guarda con bontà, o Padre, alla Chiesa del tuo Figlio Gesù. Fa’ che essa si preoccupi sempre più di diventare quel luogo di accoglienza, quell’ “ospedale da campo”, che sa accogliere tutti e che è sempre disposta a curare ogni persona ferita nel corpo e nello spirito. Preghiamo.

- Dona, o Padre, ad ogni battezzato in Cristo Gesù, la consapevolezza di essere tuo figlio e tua figlia e che tutto questo porta con sé l’impegno a lasciar trasparire, in mezzo ad un contesto che scivola nel disumano, la tua pietà verso ogni creatura umana con la parola e con gesti concreti. Preghiamo.

- Suscita, o Padre, con la forza del tuo Spirito, operante nel cuore di questa umanità, uomini e donne capaci di profezia. Fa’ che la loro voce e la loro stessa testimonianza facciano uscire dal sonno tutti quei popoli ammaliati dalla voglia di supremazia e dalla fede cieca nella sicurezza offerta dalle armi. Preghiamo.

- Ti preghiamo ancora, o Padre, per il grande dolore, che continua a provare il popolo ucraìno. Ti preghiamo e ti supplichiamo perché si ponga fine allo scempio di vite umane, che si consuma ogni giorno nella striscia di Gaza ed in tutta la Palestina. Fa’ che il nostro Paese e l’Europa tutta, insieme a tutti gli ebrei, provino vergogna per quanto avviene in quella terra. Preghiamo.

- Volgi, o Padre, il tuo sguardo di benevolenza e di pietà verso le nostre case, verso le nostre famiglie. Fa’ che, in ognuna di esse, ogni persona possa sentirsi amata, sostenuta e protetta. Allontana da tutti ogni sentimento di odio, di risentimento e di violenza. Preghiamo.

- Nella tua grande misericordia ricordati, o Padre, dei nostri parenti e amici defunti [pausa di silenzio]; ricordati anche delle vittime della violenza e della guerra, delle vittime dell’odio razziale e religioso. Dona a tutti la tua consolazione e la tua pace. Preghiamo.

Per chi presiede

O Dio, Padre dell’umanità, che ami di amore immenso ogni persona umana, donaci il coraggio di superare i nostri egoismi e di imitarti nella gratuità del tuo amore, facendo misericordia verso coloro che si trovano nel bisogno. Te lo chiediamo per il tuo Figlio Gesù, nostro Buon Samaritano, vivente nei secoli dei secoli. AMEN.

"Un cuore che ascolta - lev shomea" n° 36 - 2024/2025 anno C

"Un cuore che ascolta - lev shomea"

"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)



Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino


 XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C

Vangelo:
Lc 10,25-37

Il comandamento dell'amore, verso Dio e verso il prossimo, è il cardine attorno al quale ruotano il Vangelo e la Storia della Salvezza: è la risposta alla domanda del dottore della Legge su cosa bisogna fare per avere la Vita Eterna, ossia vivere della stessa vita del Padre. Il comandamento dell'amore definisce la verità dell'uomo nella sua relazione con Dio, con i fratelli e con se stessi, è di così vitale importanza che non ammette sconti, tagli, compromessi e aggiustamenti di alcun genere. E' un amore perfetto, cioè totale, che coinvolge ogni ambito della vita dell'uomo: IL CUORE, cioè la coscienza, il luogo teologico dove prendiamo ogni decisione. LA VITA, in ogni suo aspetto e manifestazione. LA FORZA, che sono i beni materiali e spirituali. LA MENTE, cioè la capacità di saper leggere dentro qualsiasi tipo di situazione. I comandamenti sembrerebbero essere due, ma in realtà è uno solo ed inscindibile, per questa ragione l'autore della Prima Lettera di Giovanni afferma: «Chi non ama suo fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1Gv 4,20). L'amore verso Dio del Sacerdote e del Levita, visibile nel culto al Tempio e nella maniacale ossessione per la purità rituale, è una confezione vuota anche se bella da vedere, un inutile involucro colmo di gesti e belle parole, ma senza alcun valore agli occhi di Dio. Se non ci contaminiamo, se non odoriamo di pecore, se non ci chiniamo sulle ferite sanguinanti dei fratelli impiegando tempo, risorse e usando loro misericordia, se la nostra vita non si lascia coinvolgere dal samaritano eretico, che è Gesù, «siamo come un bronzo che risuona e un cembalo che tintinna» (1Cor 13,1). E la risposta di Gesù alla domanda del dottore della Legge su chi fosse il suo prossimo è ancora più sorprendente : «Sei tu che devi farti prossimo!»   
  

sabato 12 luglio 2025

SANGUE, POLVERE e SPLENDORE “... Dio non si dimostra, si mostra.” - XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C - Commento al Vangelo a cura di P. Ermes Maria Ronchi

SANGUE, POLVERE e SPLENDORE


... Dio non si dimostra, si mostra.


In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge?(...) Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote sceseva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino(...). Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' così». Lc 10,25-37

 
SANGUE, POLVERE e SPLENDORE 
 
La notte comincia con la prima stella, l'amore con il primo sguardo, il mondo nuovo con il primo samaritano buono. Che, senza mai parlare di Dio, lo rivela. Perché Dio non si dimostra, si mostra.
 

Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico. Una delle storie più belle al mondo, solo dieci righe di sangue, polvere e splendore.

Un uomo scendeva, e guai se ci fosse un aggettivo: giudeo o straniero, ricco o povero. E' l'uomo, e tanto basta. Non ne sappiamo il nome, ma sappiamo il suo dolore: ferito, colpito, terrore e sangue, faccia a terra. Oggi il mondo intero scende da Gerusalemme a Gerico.

Il primo che passa è un prete che lo scansa e passa oltre.

Non passare oltre . Cosa c'è oltre l'uomo? Il nulla.

Oltre il sangue di Abele non c'è niente, tantomeno Dio.

Il sogno di un mondo nuovo distende le sue ali ai primi tre gesti del samaritano: lo vide, ne ebbe pietà, si fece vicino. Tutti termini di una carica infinita che grondano l'umanità.

Vedere e lasciarsi ferire dalle ferite dell'altro.

Fermarsi addosso alla vita che si scioglie nel sangue sulla strada.

Toccare: si può toccare solo da vicino, facendosi “prossimo”.

La compassione non è un istinto, è una conquista, e il samaritano sceglie di fermarsi, senza nemmeno sapere chi sia quell'uomo.

E poi il racconto si fa rapido. Luca mette in fila altri sette verbi per descrivere un amore senza parole: versò, fasciò, caricò, portò, si prese cura, pagò. Fino al decimo verbo: ripasserò a saldare, se serve. Esagerato. Davvero incapace di calcolo, come Dio.

Quell'uomo che scendeva da Gerusalemme a Gerico è fortunato. Perché l'esperienza di essere amato gratuitamente, anche una sola volta nella vita, risana in profondità chi si sente calpestato nell'anima.

Chi è il mio prossimo? Aveva chiesto il dottore della legge. Gesù gira la domanda: a chi sei prossimo tu?

Il dottore aveva posto all'inizio un'altra domanda, immensa: cosa devo fare per essere felice? Come si fa ad essere felice? Domanda conficcata nel cuore di tutti. E Gesù risponde: tu amerai; lo sai già. Tutto il futuro è qui, in un unico imperativo.

Allora ama i tuoi samaritani, quelli che ti hanno salvato, rialzato, che hanno sofferto per te. Chi ti ha versato olio e vino sulle ferite, e affetto nel cuore. Non dimenticare mai chi ti ha soccorso e ha pagato per te. Li amerai con gioia, con festa, con gratitudine.

E da loro imparerai: “Va' e anche tu fai così”.

L'appuntamento con Dio, per tutti, è sempre sulla strada di Gerico. La vera differenza non è tra cristiani, buddisti, musulmani, ma tra chi si ferma accanto all'uomo bastonato a sangue e chi invece tira dritto.

La notte comincia con la prima stella, l'amore con il primo sguardo, il mondo nuovo con il primo samaritano buono. Che, senza mai parlare di Dio, lo rivela. Perché Dio non si dimostra, si mostra.


L’educazione del cuore di Vito Mancuso

L’educazione del cuore 
di Vito Mancuso


Giovani e futuro: nuova speranza, nuova prospettiva. È necessario non considerare più secondaria la dimensione emotiva e meta-razionale di ognuno di noi: questo risultato si raggiunge massimamente tramite il metodo della gioia.


                                                         (Pubblicato su La Stampa - 07.07.2025)

Invitato a trattare il tema “Giovani e futuro: una nuova speranza e una nuova prospettiva”, io ne intuisco facilmente il motivo: credo che esso risieda nell’ansia, non di rado nell’angoscia, che sempre più avvolgono questo mondo, soprattutto quello giovanile, e che pervade un po’ tutti noi facendoci sentire con una fitta al cuore che il nostro futuro è in realtà senza speranza e senza prospettiva, se non quella di una durissima lotta di sopravvivenza in cui l’unica cosa che conta davvero è la forza: o del denaro, o del potere, o dell’intelligenza e della bellezza pronte a vendersi, in ogni caso di un’espressione della forza. Prodotta dai muscoli del corpo, o da quelli del portafoglio, o da quelli della mente, la forza appare come l’unica regina incontrastata che oggi sempre più fa scempio del diritto, dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge, degli ideali di bene e di giustizia, del senso di umanità e di solidarietà, della verità e dell’onestà: di quell’utopia di un mondo nuovo che quand’ero ragazzo sembrava poter davvero rinnovare la società. Oggi invece il mondo è ritornato vecchio. Tecnologicamente nuovo, moralmente vecchio: quel vecchio mondo della storia la cui logica già Tucidide aveva descritto alla perfezione: “I più potenti agiscono, i deboli si flettono” …

I più deboli tra noi sono i giovani, che si flettono e si piegano davanti alla dura legge della forza. Sedotti e inebriati da essa, pretendono tutto, poi però si bloccano per un nonnulla se il tutto, com’è ovvio, non arriva, reagendo o con la violenza o con l’apatia. Un tempo vi erano sorgenti ideali condivise di un altro tipo di forza che contrastava e moderava la forza bruta della storia; ora non più. Ora non ci sono più sorgenti interiori condivise da cui attingere umanità e idealità, ora stiamo sperimentando cosa significa una società senza più ideali, senza più religione, senza più capacità di trasmettere significati. Stiamo sperimentando il nichilismo.

La mia tesi è che la nuova prospettiva per riacquisire nuova speranza può consistere solo nell’educazione del cuore. Chiamatela psicologia o spiritualità o come altro volete, quello che è necessario per guarire il cuore è un’educazione che lo nutra e lo innalzi, orientandolo verso qualcosa di più importante e di più prezioso di sé. Non verso la forza piatta del capitale e dell’applauso che riduce l’essere umano a una sola dimensione ingrossando il suo ego, ma verso la forza verticale del bene e della giustizia che ne sviluppa tutte le grandi potenzialità alleggerendo il suo ego e rendendolo capace di empatia e di relazionalità.

L’educazione del cuore consiste nell’educazione della dimensione emotiva e meta-razionale di ognuno di noi e si raggiunge massimamente tramite il metodo della gioia. Ha scritto sant’Agostino: “L’animo si nutre solo di ciò che gli dà gioia”. Dicendo gioia, non intendo necessariamente ciò che rende allegri, ma ciò che rende appassionati (per cui si è felici anche se non si ride, come per esempio quando si pratica sport). Il punto, però, è che oggi nessuno più si occupa dell’educazione del cuore perché ci si occupa solo dell’istruzione della mente. Ovvero: molta istruzione, nessuna educazione.

L’istruzione conferisce conoscenza oggettiva, la quale rafforza il senso dell’io, la sua autostima ma anche la sua egoità, per non dire egocentricità, quindi un potenziale individualismo che non di rado diventa solitudine. Sia chiaro che la dimensione cognitiva è essenziale per il senso compiuto dell’io, ma, se ci si limita a essa, l’io crescerà come una monade racchiusa in una torre che ritiene di dominare ogni cosa dall’alto del suo sapere. È solo l’empatia condivisa che lo mette in rete, connettendone la psiche con gli altri in quel modo immediato e reale che tocca ed educa il cuore al senso di umanità.

Il cuore è l’organo dell’etica, ma il grande problema è che oggi non c’è nessuna educazione del cuore. Oggi si istruisce solo la mente cognitiva, il che, come ho detto, è certamente positivo ma non è sufficiente; anzi, la sola istruzione cognitiva può essere persino pericolosa, perché, come diceva Tagore, “un cervello tutta logica è un coltello tutto lama: fa sanguinare la mano che l’adopera”. A chi è affidata oggi l’educazione del cuore? A nessuno. Ed è questa la vera emergenza sociale che fa sanguinare la nostra società.

I nostri governanti hanno deciso di aumentare le spese per la difesa militare, e io non credo sia sbagliato visto lo stato del mondo sempre più instabile. Forse non si rendono conto però che, ben più che le minacce russe, vi sono ogni giorno centinaia di droni invisibili e letali che cadono sulla mente e sul cuore dei nostri giovani annientandone le difese. Forse non si rendono conto di quanti siano i giovani che muoiono psichicamente ogni giorno calpestando le mine anti-umanesimo disseminate a piene mani sul loro percorso. Senza sottovalutare le minacce esterne, è questa la vera insidiosissima invasione che ci sta corrodendo dall’interno e che sfascia le famiglie e in genere il tessuto sociale, perché, quando stanno male i ragazzi, stanno male tutti in famiglia.

Dovremmo ritornare a Socrate e alla sua pedagogia, la maieutica, l’arte della levatrice, che è il vero senso del concetto di educazione (dal latino “e-ducere”, “condurre fuori”): e pensare che, come nella donna gravida vi è un bambino da portare alla luce, così in ogni giovane vi è una dimensione da risvegliare e che in questo risveglio consiste propriamente l’educazione. È quello che insegnava Plutarco: “La mente non ha bisogno, come un vaso, di essere riempita, ma piuttosto, come legna, necessita di una scintilla che l’accenda e vi infonda l’impulso alla ricerca e un amore ardente per la verità”. Riempire la mente come un vaso significa istruirla; accendere in essa una scintilla significa educarla. E non c’è nulla di più prezioso. Quando la mente educata giunge a ospitare un amore ardente per la verità cambia nome e si chiama cuore, e io penso che sia solo l’educazione del cuore a poter salvare i nostri giovani dal nichilismo incombente.

Penso quindi che su questa base dovrebbero essere rivisti tutti i programmi scolastici e la formazione degli insegnanti, perché è solo la scuola che si può assumere la grande missione dell’educazione del cuore e così salvare la nostra civiltà. Abbiamo dovuto più che raddoppiare le spese militari? Allo stesso modo, anzi di più, occorre triplicare gli investimenti nella scuola al fine di renderla davvero capace di educare il cuore. È l’unica speranza di tornare a dare prospettiva ai giovani salvandoli dal nichilismo e dalla violenza.

(Fonte: sito dell'autore)

Usa. L'esonero della Messa, le deportazioni: la Chiesa sta dalla parte dei perseguitati - La libertà val bene una messa di Tonio Dell'Olio

Usa. L'esonero della Messa, le deportazioni: 
la Chiesa sta dalla parte dei perseguitati

La decisione del vescovo della California di dispensare dalla funzione chi si sente a rischio di essere arrestato perché immigrato: la sacralità della domenica ma anche dei diritti umani


La libertà val bene una messa
di Tonio Dell'Olio


Nella Chiesa ci sono leggi che vengono utilizzate molto raramente. Ce n’è una, ad esempio, che consente al vescovo di una diocesi di dispensare i fedeli, o una categoria, dall’obbligo della partecipazione alla messa domenicale.

In genere si applica di fronte a un pericolo reale e grave come la guerra o la pandemia, ma Mons. Alberto Rojas, vescovo di San Bernardino in California, ha emesso un decreto per dispensare i fedeli latinos dalla Messa perché rischierebbero di essere fermati dalla polizia antimmigrazione di Trump e “deportati”. In realtà quell’atto è una denuncia aperta ed evangelica che chiede rispetto per la dignità delle persone e la garanzia del diritto alla mobilità. Insomma Rojas, vescovo messicano naturalizzato statunitense, ha utilizzato la sua prerogativa per dire che la libertà val bene una messa e per denunciare tanto la pandemia scatenata dall’egoismo suprematista quanto la guerra razziale combattuta contro i più deboli della società a stelle e strisce. Un vescovo coraggioso che già il 23 giugno scorso aveva denunciato per iscritto gli “arresti indiscriminati di fratelli e sorelle eseguiti all’uscita di casa, sul posto di lavoro o in altri luoghi pubblici” come di fatto era successo anche in un salone parrocchiale dove i fedeli erano riuniti. “Questi atti – ha proseguito il vescovo – non rispettano né il diritto al giusto processo né la dignità di figli di Dio”.

(Mosaico dei Giorni  dell'11.07.2025)

La Chiesa sta dalla parte dei perseguitati
di don Giulio Albanese
«Il sabato è per l’uomo, e non l’uomo per il sabato» (Mc 2, 27). È questo il fondamento biblico del decreto emesso da monsignor Alberto Rojas, l’8 luglio scorso, e che tanto scalpore ha suscitato negli Stati Uniti: «Tutti i fedeli della diocesi di San Bernardino (California) che, per timore genuino di misure di controllo dell’immigrazione, non sono in grado di partecipare alla Messa domenicale o alle Messe nei giorni festivi di precetto sono dispensati da tale obbligo, come previsto dal canone 1247».
...
Leggi tutto:

venerdì 11 luglio 2025

Enzo Bianchi: Una domanda necessaria


Inizia questa settimana la nuova rubrica di fratel Enzo Bianchi, che ci porterà a interrogarci sulla nostra più profonda identità in Cristo - Famiglia Cristiana - 06 Luglio 2025  Rubrica: Cristiano, chi sei?       


Enzo Bianchi
Una domanda necessaria


Amica, amico che leggi questa pagina, ti stupirai forse di una domanda del genere come titolo per questa mia rubrica, ma io sono convinto che un credente debba farsi questa domanda, che anch’io debba farmela, perché non si può dare per scontato ciò che appartiene a un cammino, a una relazione che si svolge nel tempo, nei giorni della nostra vita. 

Non basta sapere che si è stati battezzati per essere cristiani, non è sufficiente pregare e neppure è sufficiente frequentare le liturgie e la chiesa. Perché la vita cristiana non è semplicemente una vita obbediente ai dettami di una religione, ma è la vita di Cristo in noi, in te e in me!

Sì, Gesù Cristo è vita, è la nostra vita, il nostro respiro. L'apostolo Paolo alla giovanissima comunità dei corinti per verificare se erano cristiani, se erano veramente passati dalla vita mondana alla sequela di Gesù, chiede loro di mettersi alla prova domandando: “Riconoscete che Cristo abita in voi, sì o no?” (2Cor 13,5). Domanda rivolta ancora a ciascuno di noi. Nessuna illusione: non basta che noi facciamo riferimento a Cristo, che lo invochiamo anche moltiplicando le parole, che partecipiamo a liturgie che impressionano. Occorre sentire la vita di Cristo in noi a tal punto da dire con umiltà e solo nella fede: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me!” (Gal 2,20).

Oggi la fede si è affievolita, sovente viene a mancare, e così coloro che si dicono cristiani non sono capaci di rendere conto della speranza che è in loro perché tale speranza legata alla fede, fondamento della fede, non c’è più.
(fonte: Blog dell'autore)

*****************

Leggi anche:


giovedì 10 luglio 2025

Leone XIV "Beato chi non ha perduto la sua speranza" Messaggio per la V Giornata mondiale dei nonni e degli anziani 27 luglio 2025 (articoli e testo integrale)


Il messaggio di Leone XIV per la prossima Giornata mondiale dei nonni e degli anziani

Beato chi non ha perduto
la sua speranza


«Un cambio di passo, che testimoni un’assunzione di responsabilità da parte di tutta la Chiesa» verso la terza età. «Ogni parrocchia, ogni associazione, ogni gruppo ecclesiale è chiamato a diventare protagonista della “rivoluzione” della gratitudine e della cura, da realizzare facendo visita frequentemente agli anziani, creando per loro e con loro reti di sostegno e di preghiera, intessendo relazioni che possano donare speranza e dignità a chi si sente dimenticato». Lo chiede Leone XIV nel suo primo messaggio per la Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, di cui domenica 27 luglio sarà celebrata la quinta edizione. 

Diffuso oggi il messaggio che ha per tema «Beato chi non ha perduto la sua speranza (Sir 14,2)»: lo aveva scelto il predecessore Francesco, inserendolo nel contesto dell’Anno Santo 2025, e Papa Prevost esorta in proposito «guardando alle persone anziane in questa prospettiva giubilare... a vivere con loro una liberazione, soprattutto dalla solitudine e dall’abbandono. Questo anno è il momento propizio per realizzarla», spiega, aggiungendo l’invito ad «abbattere i muri dell’indifferenza, nella quale gli anziani sono spesso rinchiusi. Le nostre società... si stanno abituando troppo spesso a lasciare che una parte così importante e ricca della loro compagine» — visto «che il numero di quelli che sono avanti negli anni» è «oggi in aumento» — «venga tenuta ai margini e dimenticata». In proposito il Pontefice rende noto che per «quanti non potranno venire a Roma in pellegrinaggio» sarà possibile «conseguire l’Indulgenza giubilare» recandosi in visita «agli anziani in solitudine».
(fonte: L'Osservatore Romano 10/07/2025)

********************

Messaggio del Papa per la V Giornata mondiale dei nonni e degli anziani 
che sarà celebrata il 27 luglio

Beato chi non ha perduto la sua speranza


Indulgenza giubilare per quanti non potranno venire in pellegrinaggio a Roma ma si recheranno a visitare persone anziane in solitudine

«Beato chi non ha perduto la sua speranza». Prende spunto dal libro biblico del Siracide (cfr 14, 2) il messaggio di Leone XIV per la quinta Giornata mondiale dei nonni e degli anziani che si celebra nella quarta domenica di luglio, quest’anno il 27. Diffuso oggi, giovedì 10, il testo pontificio richiede «un’assunzione di responsabilità da parte di tutta la Chiesa. Ogni parrocchia, ogni associazione, ogni gruppo ecclesiale — scrive il Papa — è chiamato a diventare protagonista della “rivoluzione” della gratitudine e della cura, da realizzare facendo visita frequentemente agli anziani, creando per loro e con loro reti di sostegno e di preghiera, intessendo relazioni che possano donare speranza e dignità a chi si sente dimenticato».
(fonte: L'Osservatore Romano 10/07/2025)

********************

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE LEONE XIV
PER LA V GIORNATA MONDIALE DEI NONNI E DEGLI ANZIANI

[27 luglio 2025]

________________________________

Beato chi non ha perduto la sua speranza (cfr Sir 14,2)

Cari fratelli e sorelle,

il Giubileo che stiamo vivendo ci aiuta a scoprire che la speranza è fonte di gioia sempre, ad ogni età. Quando, poi, essa è temprata dal fuoco di una lunga esistenza, diventa fonte di una beatitudine piena.

La Sacra Scrittura presenta diversi casi di uomini e donne già avanti negli anni, che il Signore coinvolge nei suoi disegni di salvezza. Pensiamo ad Abramo e Sara: ormai anziani, restano increduli davanti alla parola di Dio, che promette loro un figlio. L’impossibilità di generare sembrava aver chiuso il loro sguardo di speranza sul futuro.

Non diversa è la reazione di Zaccaria all’annuncio della nascita di Giovanni il Battista: «Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni» (Lc 1,18). Vecchiaia, sterilità, declino sembrano spegnere le speranze di vita e di fecondità di tutti questi uomini e donne. E anche la domanda che Nicodemo pone a Gesù, quando il Maestro gli parla di una “nuova nascita”, sembra puramente retorica: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?» (Gv 3,4). Eppure ogni volta, davanti a una risposta apparentemente scontata, il Signore sorprende i suoi interlocutori con un intervento di salvezza.

Gli anziani, segni di speranza

Nella Bibbia, Dio più volte mostra la sua provvidenza rivolgendosi a persone avanti negli anni. Così avviene, oltre che per Abramo, Sara, Zaccaria ed Elisabetta, pure per Mosè, chiamato a liberare il suo popolo quando aveva ben ottant’anni (cfr Es 7,7). Con queste scelte, ci insegna che ai suoi occhi la vecchiaia è un tempo di benedizione e di grazia e che gli anziani, per Lui, sono i primi testimoni di speranza. «Cos’è mai questo tempo della vecchiaia? – si domanda al riguardo Sant’Agostino – Ti risponde qui Dio: “Oh, venga meno per davvero la tua forza, affinché in te resti la forza mia e tu possa dire con l’Apostolo: Quando sono debole, allora sono forte”» (Super Ps. 70, 11). Il fatto che il numero di quelli che sono avanti negli anni sia oggi in aumento diventa allora per noi un segno dei tempi che siamo chiamati a discernere, per leggere bene la storia che viviamo.

La vita della Chiesa e del mondo, infatti, si comprende solo nel susseguirsi delle generazioni, e abbracciare un anziano ci aiuta a capire che la storia non si esaurisce nel presente, né si consuma tra incontri veloci e relazioni frammentarie, ma si snoda verso il futuro. Nel libro della Genesi troviamo il commovente episodio della benedizione data da Giacobbe, ormai vecchio, ai suoi nipoti, i figli di Giuseppe: le sue parole li spronano a guardare con speranza al futuro, come al tempo delle promesse di Dio (cfr Gen 48,8-20). Se dunque è vero che la fragilità degli anziani necessita del vigore dei giovani, è altrettanto vero che l’inesperienza dei giovani ha bisogno della testimonianza degli anziani per progettare con saggezza l’avvenire. Quanto spesso i nostri nonni sono stati per noi esempio di fede e di devozione, di virtù civiche e impegno sociale, di memoria e di perseveranza nelle prove! Questa bella eredità, che ci hanno consegnato con speranza e amore, non sarà mai abbastanza, per noi, motivo di gratitudine e di coerenza.

Segni di speranza per gli anziani

Il Giubileo, fin dalle sue origini bibliche, ha rappresentato un tempo di liberazione: gli schiavi venivano affrancati, i debiti condonati, le terre restituite ai proprietari originari. Era un momento di restaurazione dell’ordine sociale voluto da Dio, in cui si sanavano le disuguaglianze e le oppressioni accumulate negli anni. Gesù rinnova questi eventi di liberazione quando, nella sinagoga di Nazaret, proclama il lieto annuncio ai poveri, la vista dei ciechi, la liberazione dei prigionieri e il ritorno alla libertà per gli oppressi (cfr Lc 4,16-21).

Guardando alle persone anziane in questa prospettiva giubilare, anche noi siamo chiamati a vivere con loro una liberazione, soprattutto dalla solitudine e dall’abbandono. Questo anno è il momento propizio per realizzarla: la fedeltà di Dio alle sue promesse ci insegna che c’è una beatitudine nella vecchiaia, una gioia autenticamente evangelica, che ci chiede di abbattere i muri dell’indifferenza, nella quale gli anziani sono spesso rinchiusi. Le nostre società, ad ogni latitudine, si stanno abituando troppo spesso a lasciare che una parte così importante e ricca della loro compagine venga tenuta ai margini e dimenticata.

Davanti a questa situazione, è necessario un cambio di passo, che testimoni un’assunzione di responsabilità da parte di tutta la Chiesa. Ogni parrocchia, ogni associazione, ogni gruppo ecclesiale è chiamato a diventare protagonista della “rivoluzione” della gratitudine e della cura, da realizzare facendo visita frequentemente agli anziani, creando per loro e con loro reti di sostegno e di preghiera, intessendo relazioni che possano donare speranza e dignità a chi si sente dimenticato. La speranza cristiana ci spinge sempre a osare di più, a pensare in grande, a non accontentarci dello status quo. Nella fattispecie, a lavorare per un cambiamento che restituisca agli anziani stima e affetto.

Per questo, Papa Francesco ha voluto che la Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani si celebrasse anzitutto incontrando chi è solo. E per la medesima ragione, si è deciso che quanti non potranno venire a Roma, quest’anno, in pellegrinaggio, possano «conseguire l’Indulgenza giubilare se si recheranno a rendere visita per un congruo tempo agli anziani in solitudine, […] quasi compiendo un pellegrinaggio verso Cristo presente in loro (cfr Mt 25, 34-36)» (Penitenzieria Apostolica, Norme sulla Concessione dell’Indulgenza Giubilare, III). Visitare un anziano è un modo per incontrare Gesù, che ci libera dall’indifferenza e dalla solitudine.

Da anziani si può sperare

Il libro del Siracide afferma che la beatitudine è di coloro che non hanno perso la propria speranza (cfr 14,2), lasciando intendere che nella nostra vita – specie se lunga – possono esserci tanti motivi per volgersi con lo sguardo indietro, piuttosto che al futuro. Eppure, come scrisse Papa Francesco durante il suo ultimo ricovero in ospedale, «il nostro fisico è debole ma, anche così, niente può impedirci di amare, di pregare, di donare noi stessi, di essere l’uno per l’altro, nella fede, segni luminosi di speranza» (Angelus, 16 marzo 2025). Abbiamo una libertà che nessuna difficoltà può toglierci: quella di amare e di pregare. Tutti, sempre, possiamo amare e pregare.

Il bene che vogliamo ai nostri cari – al coniuge col quale abbiamo passato gran parte della vita, ai figli, ai nipoti che rallegrano le nostre giornate – non si spegne quando le forze svaniscono. Anzi, spesso è proprio il loro affetto a risvegliare le nostre energie, portandoci speranza e conforto.

Questi segni di vitalità dell’amore, che hanno la loro radice in Dio stesso, ci danno coraggio e ci ricordano che «se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno» (2Cor 4,16). Soprattutto da anziani, dunque, perseveriamo fiduciosi nel Signore. Lasciamoci rinnovare ogni giorno dall’incontro con Lui, nella preghiera e nella santa Messa. Trasmettiamo con amore la fede che abbiamo vissuto per tanti anni, in famiglia e negli incontri quotidiani: lodiamo sempre Dio per la sua benevolenza, coltiviamo l’unità con i nostri cari, allarghiamo il nostro cuore a chi è più lontano e, in particolare, a chi vive nel bisogno. Saremo segni di speranza, ad ogni età.

Dal Vaticano, 26 giugno 2025

LEONE PP. XIV




Papa Leone XIV: conversione e audacia per opporsi alle forze che distruggono il Creato

Conversione e audacia
per opporsi alle forze
che distruggono il Creato
Papa Leone XIV

08.07.2025 - Il Papa celebra la prima Messa per la Custodia della creazione nel Giardino della Madonnina del “Borgo Laudato si’” di Castel Gandolfo ed esorta ad ascoltare “il grido della terra” e “dei poveri” e a mobilitare le “intelligenze” e gli “sforzi, perché il male sia volto in bene, l’ingiustizia in giustizia, l’avidità in comunione”. “Solo uno sguardo contemplativo può cambiare la nostra relazione con le cose create e farci uscire dalla crisi ecologica”


In questa bellissima giornata, innanzitutto vorrei invitare tutti, cominciando da me stesso, a vivere quel che stiamo celebrando nella bellezza di una cattedrale, si potrebbe dire “naturale”, con le piante e tanti elementi della creazione che ci hanno portato qui per celebrare l’Eucaristia, che vuol dire: rendere grazie al Signore.

Ci sono molti motivi in questa Eucaristia per i quali vogliamo ringraziare il Signore: questa celebrazione potrebbe essere la prima con la nuova formula della Santa Messa per la cura della creazione, che è stata anche espressione del lavoro dei diversi Dicasteri nel Vaticano.

E personalmente ringrazio tante persone qui presenti, che hanno lavorato in questo senso per la liturgia. Come sapete, la liturgia rappresenta la vita e voi siete la vita di questo Centro Laudato si’. Vorrei dire grazie a voi in questo momento, in questa occasione, per tutto quello che fate seguendo questa bellissima ispirazione di Papa Francesco che ha dato questa piccola porzione, questi giardini, questi spazi proprio per continuare la missione tanto importante riguardo a tutto quello che conosciamo dopo 10 anni dalla pubblicazione di Laudato si’: la necessità di curare la creazione, la casa comune.

Qui è come nelle Chiese antiche dei primi secoli, che avevano il fonte battesimale per il quale si doveva passare per poi entrare nella chiesa. Non vorrei essere battezzato in quest’acqua … però il simbolo di passare attraverso l’acqua per essere lavati tutti dai nostri peccati, dalle nostre debolezze, e così poter entrare nel grande mistero della Chiesa è qualcosa che viviamo anche oggi. All’inizio della Messa abbiamo pregato per la conversione, la nostra conversione. Vorrei aggiungere che dobbiamo pregare per la conversione di tante persone, dentro e fuori della Chiesa, che ancora non riconoscono l’urgenza di curare la casa comune.

Tanti disastri naturali che ancora vediamo nel mondo, quasi tutti i giorni in tanti luoghi, in tanti Paesi, sono in parte causati anche dagli eccessi dell’essere umano, col suo stile di vita. Perciò dobbiamo chiederci se noi stessi stiamo vivendo o no quella conversione: quanto ce n’è bisogno!

Allora, avendo detto tutto questo, ho anche un’omelia che avevo preparato e che condividerò, abbiate un po’ di pazienza: ci sono alcuni elementi che davvero aiutano a continuare la riflessione stamattina, condividendo questo momento familiare e sereno, in un mondo che brucia, sia per il surriscaldamento terrestre sia per i conflitti armati, che rendono tanto attuale il messaggio di Papa Francesco nelle sue Encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti. Possiamo ritrovarci proprio in questo Vangelo, che abbiamo ascoltato, osservando la paura dei discepoli nella tempesta, una paura che è quella di larga parte dell’umanità. Però nel cuore dell’anno del Giubileo noi confessiamo - e possiamo dirlo più volte: c’è speranza! L’abbiamo incontrata in Gesù. Egli ancora calma la tempesta. Il suo potere non sconvolge, ma crea; non distrugge, ma fa essere, dando nuova vita. E anche noi ci chiediamo: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?» (Mt 8,27).

Lo stupore, che questa domanda esprime, è il primo passo che ci fa uscire dalla paura. Attorno al lago di Galilea, Gesù aveva abitato e pregato. Là aveva chiamato i suoi primi discepoli nei loro luoghi di vita e di lavoro. Le parabole, con le quali annunciava il Regno di Dio, rivelano un profondo legame con quella terra e con quelle acque, col ritmo delle stagioni e la vita delle creature.

L’evangelista Matteo descrive la tempesta come uno “sconvolgimento della terra” (la parola seismos): Matteo userà lo stesso termine per il terremoto al momento della morte di Gesù e all’alba della sua risurrezione. Su questo sconvolgimento Cristo si eleva, ritto in piedi: già qui il Vangelo ci fa scorgere il Risorto, presente nella nostra storia sottosopra. Il rimprovero che Gesù rivolge al vento e al mare manifesta la sua potenza di vita e di salvezza, che sovrasta quelle forze di fronte alle quali le creature si sentono perdute.

Allora, torniamo allora a chiederci: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?» (Mt 8,27). L’inno della lettera ai Colossesi che abbiamo ascoltato sembra proprio rispondere a questa domanda: «Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra» (Col 1,15-16). I suoi discepoli, quel giorno, in balìa della tempesta, in preda alla paura, non potevano ancora professare questa conoscenza di Gesù. Noi oggi, nella fede che ci è stata trasmessa, possiamo invece continuare: «Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose» (v. 18). Quelle sono parole che ci impegnano lungo la storia, che fanno di noi un corpo vivente, il corpo del quale Cristo è capo. La nostra missione di custodire il creato, di portarvi pace e riconciliazione, è la sua stessa missione: la missione che il Signore ci ha affidato. Noi ascoltiamo il grido della terra, noi ascoltiamo il grido dei poveri, perché questo grido è giunto al cuore di Dio. La nostra indignazione è la sua indignazione, il nostro lavoro è il suo lavoro.

A proposito, il canto del salmista ci ispira: «la voce del Signore è sopra le acque, tuona il Dio della gloria, il Signore sulle grandi acque. La voce del Signore è forza, la voce del Signore è potenza» (Sal 29,3-4). Questa voce impegna la Chiesa alla profezia, anche quando esige l’audacia di opporci al potere distruttivo dei prìncipi di questo mondo. L’indistruttibile alleanza fra Creatore e creature, infatti, mobilita le nostre intelligenze e i nostri sforzi, perché il male sia volto in bene, l’ingiustizia in giustizia, l’avidità in comunione.

Con infinito amore, l’unico Dio ha creato tutte le cose, donandoci la vita: per questo san Francesco d’Assisi chiama le creature fratello, sorella, madre. Solo uno sguardo contemplativo può cambiare la nostra relazione con le cose create e farci uscire dalla crisi ecologica che ha come causa la rottura delle relazioni con Dio, con il prossimo e con la terra, a motivo del peccato (cfr Papa Francesco, Lett. Enc. Laudato si’, 66).

Carissimi fratelli e sorelle, il Borgo Laudato si’, nel quale ci troviamo, vuole essere, per intuizione di Papa Francesco, un “laboratorio” nel quale vivere quell’armonia con il creato che è per noi guarigione e riconciliazione, elaborando modalità nuove ed efficaci di custodire la natura a noi affidata. A voi, che vi dedicate con impegno a realizzare questo progetto, assicuro perciò la mia preghiera e il mio incoraggiamento.

L’Eucaristia che stiamo celebrando dà senso e sostiene il nostro lavoro. Come scrive Papa Francesco, difatti, «nell’Eucaristia il creato trova la sua maggiore elevazione. La grazia, che tende a manifestarsi in modo sensibile, raggiunge un’espressione meravigliosa quando Dio stesso, fatto uomo, arriva a farsi mangiare dalla sua creatura. Il Signore, al culmine del mistero dell’Incarnazione, volle raggiungere la nostra intimità attraverso un frammento di materia. Non dall’alto, ma da dentro, affinché nel nostro stesso mondo potessimo incontrare Lui» (Papa Francesco, Lett. Enc. Laudato si’, 236). Da questo luogo desidero perciò concludere questi pensieri affidandovi le parole con cui sant’Agostino, nelle ultime pagine delle sue Confessioni, associa le cose create e l’uomo in una lode cosmica: o Signore, «le tue opere ti lodano affinché ti amiamo, e noi ti amiamo affinché ti lodino le tue opere» (Sant’Agostino, Confessioni, XIII, 33,48). Sia questa l’armonia che diffondiamo nel mondo.

mercoledì 9 luglio 2025

Alberto Maggi - Guerre di religione? È la libertà a essere perseguitata

Alberto Maggi

Guerre di religione?
È la libertà a essere perseguitata


SE HANNO PERSEGUITATO ME… (Gv 15,20)

Il seguace di Gesù non si meraviglia quando giunge la persecuzione, ma deve invece preoccuparsi quando questa è assente: “Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi” (Lc 6,26). E per il credente, se è fedele al Signore e al suo messaggio, la persecuzione, nelle sue varie forme, aperta o mascherata, larvata o evidente, è sempre presente: “Tutti quelli che vogliono rettamente vivere in Cristo Gesù saranno perseguitati” (2 Tm 3,12).

Il mondo corteggia e premia quanti non lo disturbano, ma scatena tutta la sua ferocia verso quanti con la loro esistenza sono una palese denuncia dell’ingiustizia del sistema: “Ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita non è come quella degli altri” (Sap 2, 14-15). Soprattutto il potere, specialmente quello religioso, non tollera l’esistenza di persone libere, che sfuggono al suo dominio e non possono essere controllate. L’adesione a Gesù e al progetto del Padre sull’umanità rende le persone pienamente libere: “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,32). La libertà è la condizione per la presenza dello Spirito, e lo Spirito rende l’uomo sempre più libero: “Cristo ci ha liberati per la libertà!” (Gal 5,1) e “Dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà” (2 Cor 3,17).

Gesù emancipando l’uomo dalla religione, da leggi e prescrizioni che regolavano il rapporto con la divinità, da tutto quel che il credente era obbligato a fare per compiacere il suo dio, ha favorito lo sviluppo e la crescita dell’individuo. La maturazione, infatti,avviene solo nell’affermazione crescente della propria libertà di pensiero e autonomia di movimento senza dover stare assoggettati a restrizioni religiose. Per questo Gesù ha svincolato i suoi seguaci dalle norme tipiche della religione, quali osservanze alimentari, con proibizioni e divieti (“Non prendere, non gustare, non toccare”, Col 2,21), non ha imposto né periodi né giorni da consacrare al culto divino, non chiede sacrifici e non ammette che ci siano persone considerate inferiori,riconoscendo alle donne la stessa dignità degli uomini (Gal 3,28). Il Cristo non lega i suoi seguaci a leggi divine ma comunica loro lo Spirito, lo stesso amore del Padre, un Dio che non assorbe le energie degli uomini, ma gli comunica le sue.

Questa libertà è intollerabile per la religione, che per esistere deve dominare le persone, renderle sottomesse e infantili, sempre bisognose di un’autorità superiore che dica loro cosa e come fare. Gli schiavi da sempre hanno detestato i loro padroni, ma ancora più grande è la rabbia di chi si è reso schiavo volontariamente nei confronti delle persone libere e indipendenti, come Marta, che vive relegata in cucina, secondo quel che comanda la tradizione, e non tollera la libertà che si prende la sorella Maria, che, come un maschio si intrattiene con il Maestro (Lc 10,38-42). È questa la collera dei “falsi fratelli intrusi, i quali si erano infiltrati a spiare la nostra libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi” (Gal 2,4).

Quanti seguono Gesù, “Luce del mondo”, non camminano nelle tenebre, ma avranno la luce della vita (Gv 8,12), mentre quanti vivono nelle tenebre detestano la luce (Gv 3,20). Gesù non invita ad alcuna crociata contro le tenebre, ma chiede alla luce di splendere sempre più, perché “la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta” (Gv 1,5).

Chi non vuole essere perseguitato deve rinunciare alla pienezza della libertà, e rassegnarsi a vivere regolato dalle leggi e non più animato dallo Spirito. Ma nella persecuzione c’è una grande certezza: Dio starà sempre dalla parte dei perseguitati (Mt 5,10-11) e mai da quella di chi perseguita, anche se pretende farlo in nome suo (“Viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà si rendere culto a Dio”, Gv 16,2), per questo Gesù rassicura: “Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima” (Mt 10,28).
(fonte: Il Libraio 01/08/2016)

Tonio Dell'Olio - Vite razzializzate

Tonio Dell'Olio
 
Vite razzializzate


PUBBLICATO IN MOSAICO DEI GIORNI  8 LUGLIO 2025

Nelle pagine de La Stampa Eleonora Camilli ha raccolto la testimonianza di Hajar Drissi, 27 anni, arrivata in Italia dal Marocco con la sua famiglia quando era una bambina.

A scuola si applica e raggiunge ottimi risultati fino alla laurea ma poi non riesce a realizzarsi lavorativamente anche perché non ha la cittadinanza italiana. Per questa ragione, non senza difficoltà, si trasferisce a Bruxelles. Di qui la sua testimonianza: 

“A Bruxelles ho trovato lavoro in meno di un mese, guadagno quasi tremila euro al mese per un impegno quattro giorni a settimana. Incomparabile con quanto accade nel nostro Paese. 
L'Italia su di noi fa un investimento a perdere: ci permette una formazione nella scuola pubblica, che è ottima ma poi non ci dà le stesse opportunità dei nostri coetanei italiani – aggiunge –. 
Ci rende invisibili, senza cittadinanza non possiamo neanche partecipare a un bando pubblico e partecipare alla vita del Paese – conclude –. 
Dopo l'ultimo referendum sulla cittadinanza e le polemiche che sento in questi giorni sullo ius scholae mi sto convincendo che questo Paese non ci merita. 
La società invecchia, noi scoraggiati andiamo via. E a perdere siamo tutti.
Da lontano, però, supporto la partecipazione di giovani e persone razzializzate nella politica italiana.
Credo che un briciolo di speranza ci sia ancora, e siamo noi giovani”.


martedì 8 luglio 2025

“In Palestina un massacro continuo. Chi inneggia al riarmo è blasfemo”. Intervista esclusiva a Monsignor Giovanni Ricchiuti

“In Palestina un massacro continuo.
 Chi inneggia al riarmo è blasfemo”. 
Intervista esclusiva 
a Monsignor Giovanni Ricchiuti,
vescovo emerito di Altamura, Gravina ed Acquaviva delle Fonti
 e presidente di Pax Christi.


Nonostante gli appelli di Papa Francesco prima e di Papa Leone XIV poi, la prima metà del 2025 a livello globale non è stata caratterizzata da distensione e dialogo. A riguardo che cosa può dire?

Anch'io mi chiedo, mi sono chiesto più volte, perché non ci sia stato un minimo di ascolto, non solo in questa prima metà del 2025. Avendo seguito moltissimo, in totale condivisione, gli appelli, le riflessioni di Papa Francesco mi sono chiesto anch'io perché Papa Francesco non abbia trovato ascolto. Idem dall'8 maggio scorso: mi sembra che anche Papa Leone non sia stato meno chiaro, usando nei suoi appelli parole come massacro, sterminio, ipocrisia. C'è come una incapacità della politica di liberarsi, di essere appunto libera, di poter decidere, di poter organizzare la speranza delle comunità, perché ovviamente c'è un forte potere che la condiziona. La politica non solo non ascolta Papa Francesco ieri e oggi Papa Leone: non ascolta nemmeno i giovani, gli anziani, le donne, gli uomini, operai, artisti ed intellettuali che in Italia e nel resto del mondo sono scesi nelle piazze invocando pace indicando alla politica la strada del negoziato, del confronto, chiamando in causa soprattutto gli organismi che avrebbero dovuto dare una mano in questo senso. Però sono più che mai convinto che la politica è davvero condizionata da un potere che è il potere dell'industria delle armi che la condiziona pesantemente.
Pensiamo alla questione del riarmo dell'Europa, avanzata a partire da affermazioni che andrebbero perlomeno verificate, come le ipotesi di invasioni e di un'Europa messa in pericolo da parte di qualcuno. Quindi, la proposta immediata è solo quella di riarmarsi . Pertanto, in questi giorni, tutto ciò che abbiamo appreso riguarda l'aumento della spesa al 5% del prodotto interno lordo per le armi. La sua domanda è: perché sono inascoltati? Beh, sono inascoltati perché gli appelli di Papa Francesco ieri e di Papa Leone oggi mettono in evidenza l'ipocrisia. La politica dice chiaramente che non può far nulla, invece maschera tutto dietro ipocrite affermazioni di impegno per la pace. Papa Francesco fu molto chiaro a Bari, se non ricordo male, a febbraio del 2020, prima che ci fosse il lockdown del Covid. Ricordo molto bene che additava proprio i politici , dicendo che sono degli ipocriti: parlano di pace, mentre riempiono gli arsenali. Perché c'è questo disegno criminale? Perché non si costruiscono strumenti di vita e di sviluppo, ma strumenti di morte? E allora ecco l'impossibilità da parte loro, condizionati pesantemente, di poter perlomeno ascoltare e riflettere in un momento del genere. Sembra davvero che ci sia una volontà letale in questo caso, perché proseguire in questo modo significa voler perseguire un progetto di sviluppo, chiamiamolo così, che passa attraverso le armi e non attraverso il confronto e gli sforzi di condurre gli incontri in maniera non violenta tra chi è coinvolto nei conflitti. Questo è il mio pensiero.


Donald Trump, secondo lei, è davvero come sostiene di essere il presidente della pace?

Lui si professa religioso, ma questa è una grande bestemmia; lo dico proprio, è una bestemmia gigantesca. E' qualcosa di blasfemo. Da un po' di tempo avverto che qualcuno ha arruolato Dio. Ma dove siamo? Quale passo indietro si sta compiendo nella storia se Dio viene appunto arruolato dai vari eserciti? Stiamo ascoltando quello che ci giunge dall'America, quello che ci perviene ogni giorno in immagini e parole da questa persona: perché è un essere umano , è un uomo, è un politico, ma ormai assume l'aspetto del dittatore, dell'imperatore del mondo. Essendo così, credendosi imperatore, è chiaro che Dio, ma lui stesso non ha bisogno di ricorrere ad una trascendenza che non ha niente a che vedere con qualsiasi sua visione. A mio parere, ciò che sta accadendo in America con le parole e gli atteggiamenti di questo presidente Trump è davvero scandaloso. Ancora più scandaloso è che si professi cristiano. Quel giorno che la vescova (Mariann Budde, vescova battista. NdR) gli ha detto: "Cosa stai combinando? " e gli ha proposto una parola: “Mercy”. Pietà. Ha parlato di deportazione degli immigrati. ma niente, anche lui non ascolta nessuno. Ecco la blasfemia: in nome di Dio stanno ammazzando, sterminando, stanno compiendo, insieme a Netanyahu, dei genocidi. Quindi lasci stare Dio: Trump è pregato di lasciare stare Dio e di pensare possibilmente a questa umanità. Ero presente anch'io alla messa esequiale di Papa Francesco; non so davvero con che coraggio con che coraggio e con che dignità lui ed altri capi di stato si siano presentati lì. E' stato davvero uno schiaffo a noi che la pensiamo in modo completamente diverso da questa politica. Come anche Papa Leone ha detto ben chiaro in un suo intervento: "Disarmare le parole, disarmare le menti, disarmare la terra ". Credo che Trump e i suoi complici siano davvero estranei, volutamente estranei, sempre per timore, ovviamente, di ledere gli interessi dell'industria criminale delle armi.


In Medio Oriente, in particolare in Terra Santa, le forze israeliane sembrano ben poco propense al dialogo. Che cosa ne pensa di questo?

Nel 2015 ebbi la possibilità di andare a Gaza a marzo e non la feci sfuggire. Già nell'agosto dell'anno precedente c'era stato quello che c'era stato. Io ho visto con i miei occhi quello che rimaneva nelle città devastate di Gaza. Poi l'anno scorso con la diocesi di Bologna capofila siamo andati in Terra Santa in 160, realizzando un pellegrinaggio di pace e giustizia a Gerusalemme, a Betlemme ed in alcuni villaggi palestinesi. Per quest'anno ho già il biglietto aereo, nella speranza che non blocchino di nuovo i voli: io spero di poter andarci, anche se i voli di luglio sono stati tutti annullati. Per ora il volo è confermato. Voglio andare in Terra Santa perché, come abbiamo detto anche in Pax Christi, una delegazione, per quanto piccola, può sempre essere un segnale. In Pax Christi lottiamo per la giustizia e per la pace: per la giustizia, perché questo popolo palestinese non può essere schiacciato e sterminato in questo modo da decenni. Dobbiamo andare in Palestina - quella è la parola geograficamente più esatta.- perché Israele, pian piano, ha occupato una terra che non è sua. Il problema è questo. Quello che sta accadendo lì in Medio Oriente è davvero scandaloso: mi indigna e mi fa soffrire. Quando parliamo di Israele, per favore non parliamo solo di Netanyahu; parliamo, ad esempio, dei suoi generali e del suo esercito. E' vero, c'è una frangia che non è d'accordo, ma purtroppo ha pochissimo spazio per dire a Netanyahu di fermarsi. Come si può assistere ogni giorno a questi massacri continui, anche mentre la gente si accalca per un po' di cibo? Mentre sparano su donne e bambini? A che livello di disumanità siamo arrivati ? Ce lo stiamo chiedendo in Pax Christi, ce lo stiamo chiedendo nella Rete Italiana di Pace e Disarmo, con il Movimento Non Violento , in tantissime associazioni, cattoliche, non cattoliche, laiche. Perché nessuno ferma la mano di Netanyahu? Perché, ancora una volta, vediamo stringere quella mano? Vediamo i nostri attuali governanti che non si esprimono, che non parlano con coraggio.

Una volta siamo andati durante l'Intifada, nel 1990, con un mio amico che oggi è presidente della Prociv Italia, Don Antonio Dell'Olio. Siamo andati in un mercato e stavamo passeggiando. Don Antonio ha scattato delle foto davanti ad una pattuglia di soldati israeliani. Uno di loro ha puntato il fucile quasi all'altezza del petto di Don Antonio chiedendogli “Why?” . Quando siamo andati a Gaza , abbiamo visto cosa hanno combinato i coloni israeliani in alcuni villaggi. Esiste un movimento palestinese che si chiama Kairos Palestine, un movimento ecumenico in cui diverse confessioni cristiane si uniscono per affermare il diritto dei palestinesi a vivere nella loro terra. Loro sono venuti in Italia lo scorso febbraio; io dovevo incontrarli ed accompagnarli da Papa Francesco, ma purtroppo lui era stato ricoverato, ed il 19 di febbraio la visita è saltata. Ci siamo comunque incontrati a Roma e loro mi hanno fatto dono di un medaglione in legno, di circa 20 centimetri di diametro fatto di legno d'olivo. Era destinato a Francesco come dono di Kairos Palestine e proveniva da un ulivo palestinese segato alla base, alle radici, dai coloni israeliani. Lo scorso 17 giugno c'è stato un incontro di Papa Leone con i vescovi italiani: l'ho regalato a Papa Leone dicendo : "Santità, era destinato al suo predecessore, ma ora io lo do a lei. " Gli ho raccontato brevemente, ed il Papa ha reagito con una smorfia di amarezza e tristezza. Gli ho detto: "Santità, purtroppo così vanno le cose.”

Oltre alla guerra guerreggiata ci sono altri elementi di guerra, in particolare tornando a Donald Trump i dazi ma anche e soprattutto le sanzioni che a tutti gli effetti possono essere considerate uno strumento di guerra. Secondo lei fermarle potrebbe favorire il dialogo e la reciproca comprensione?

Certamente sì. Un esperto di cui ho letto diceva che nella storia, quando si supera il 4% del prodotto interno lordo in spese militari, questo è un segnale di una guerra imminente, e di una possibile deflagrazione a livello mondiale. Stiamo assistendo da anni alla guerra delle sanzioni e da settimane a questa guerra dei dazi, oltre che all'aumento delle spese militari. Una delle poche voci contrarie che si è elevata è stata quella dello spagnolo Sanchez, dicendo “il 2,1% e non di più”. E poi le sanzioni. Mi chiedo ancora una volta: è possibile che questa America sia giunta a questo livello? È possibile che gli amici americani che hanno contribuito 80 anni fa a liberarci dal nazismo oggi diventino un po' nemici nel mondo? Qualche giorno fa leggevo che già per la questione dei dazi, ha fatto guadagnare all'America 80 miliardi di dollari. Questa guerra che avviene in un momento in cui forse l'umanità sognerebbe una giustizia sociale che salvaguardi i poveri. Quando leggo di un tizio è venuto a Venezia a spendere milioni di dollari per un matrimonio. io sono scandalizzato. Quando un giornalista ha chiesto a delle persone, queste hanno risposto con tanta tranquillità: "Portano soldi, portano lavoro" Ma è possibile che nessuno si ponga il problema? Il dramma, lo scandalo è che questi pochi miliardari detengono il 90% della ricchezza disponibile, ed il 90% della popolazione deve accontentarsi delle briciole. Così, non solo devono lottare per il cibo, ma forse anche suicidarsi nella ricerca di esso. Come cristiano, come prete, prego regolarmente affinché ci sia giustizia e pace. Ma intanto tutti si sono genuflessi davanti a Trump? No, è poco dire genuflessi, è prostrazione completa, tutti prostrati davanti a questo nuovo idolo.

A suo avviso le guerre che si stanno combattendo a ridosso del Mediterraneo, molto vicino all'Italia, anche da un punto di vista geografico, che influenza hanno sulla situazione sociale del nostro paese?

Mi sembra che sia sotto gli occhi di tutti. Anche con Papa Francesco si sono fatti dei tentativi per riconsiderare un po' il Mediterraneo, come dicevano i romani, “mare nostrum”: un mare di fratellanza, di solidarietà: un crocevia di culture, tradizioni e religioni. Invece, cosa stiamo vedendo? Da un po' di anni è diventato un cimitero di tanti naufraghi e naufraghe, con eventi che tutti conosciamo bene. Perché questo Mediterraneo fa così gola a questi potenti della Terra? C'è ancora da parte nostra, un sogno, una visione di un Mediterraneo che diventi questo immenso tavolo intorno a cui soffrire. vivere e gioire insieme. E invece che cosa stanno facendo?


Si aumentano le spese militari e si abbandonano a loro stessi i nostri poveri, i nostri operai, e le nostre fabbriche, non di armi, ma di lavoro. E la nostra sanità e la nostra scuola. Si chiudono gli occhi. perché se è vero che non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire, non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere, e non c'è peggior muto di chi non vuol parlare: questo è quello che un po' spaventa per il futuro. Perché dobbiamo far diventare il Mare Mediterraneo un mare di morte, e non invece un mare di vita? Così era stato immaginato, e così invece non è più. Per cui, davvero, c'è questa sete, questo desiderio di attraversarlo, questo Mediterraneo, ma non con portaerei, motovedette, e con navi cariche di armi che vanno e vengono continuamente. E meno male che in più di un porto italiano gli operai si sono rifiutati di scaricare e di caricare armi. Sono atti davvero eroici; soprattutto a Genova è successa questa cosa. Tant'è che Papa Francesco chiamò questi operai e li ricevette in un'udienza generale: lì indicò alla gente che era lì quel giorno come coraggiosi operai di pace, ricevendo un applauso scosciante nell'Aula Nervi. Atti eroici, coraggiosi, come quelli dei pochi giornalisti che parlano e scrivono liberamente, spesso con tanto rischio, mentre molti altri stanno dalla parte dei potenti. Non sono i pacifisti gli illusi, è la politica ad aver sbagliato. Aggiungo questo auspicio, ancora una volta devo dirlo, questa frase che mi è suonata dai profeti di pace: "Se tu vuoi la pace, devi preparare la pace". E invece stiamo ascoltando altri che si sono fatti latinisti e hanno ripreso che, se vuoi la pace, devi preparare la guerra. È davvero una pazzia.

(Fonte: L'AntiDiplomatico)