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venerdì 20 maggio 2016

A vent'anni dal martirio dei trappisti di Tibhirine. Testimoni di dialogo e fratellanza

A vent'anni dal martirio dei trappisti di Tibhirine. 
Testimoni di dialogo e fratellanza

«Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici»
Con questa citazione del vangelo di Giovanni si apre la prefazione firmata da Papa Francesco al libro "Tibhirine. L’héritage" (a cura di Christophe Henning, Paris, Bayard, 2016), una raccolta di testimonianze di diverse personalità sui frutti del messaggio di pace e di convivenza tra Cristianesimo e Islam di sette monaci trappisti francesi, sequestrati e uccisi in Algeria nel 1996. 
Servizio, amore e testimonianza: sono queste le virtù che il Pontefice vede brillare negli esempi dei monaci e di altri dodici religiose e religiosi uccisi (tra cui il vescovo Pierre Claverie) in quegli anni difficili in Algeria. Il monaci trappisti erano presenti a Tibhirine fin dal 1938 e si erano insediati in un'area non troppo diversa da quelle scelte dalle prime comunità monastiche cristiane, l'aspra regione dell'Atlas algerino non fu però scelta come deserto dove isolarsi ma come luogo dove inserirsi "da oranti tra oranti", all'interno di una grande comunità musulmana. 
Un'integrazione saldatasi con la preghiera e con la vocazione cistercense al punto che - durante gli anni difficili della guerra civile - la comunità monastica rifiutò immediatamente l'ipotesi di abbandonare la regione. La loro vita di preghiera e lavoro continuava; sette volte al giorno, nella loro cappella, si levava la lode della loro preghiera, fino a quando - la notte tra il 26 e il 27 marzo 1996 - sette dei nove monaci vennero rapiti da membri del Gruppo islamico armato (GIA) e tenuti prigionieri per alcune settimane. Sarà lo stesso GIA a comunicare, il 21 maggio seguente, la morte dei trappisti. Christian de Chergé, il priore della comunità, Luc Dochier, Christophe Lebreton, Michel Fleury, Bruno Lemarchand, Célestin Ringeard, Paul Favre-Miville hanno vissuto la loro vocazione fino all'estrema testimonianza; pur consapevoli della situazione di pericolo (erano già stati più volte minacciati dai gruppi fondamentalisti islamici) decisero di non abbandonare il monastero per fedeltà alla loro missione. Questa vocazione li ha condotti all'estrema testimonianza, quel martirio che tutti hanno abbracciato perché, nelle parole di Papa Francesco, "hanno combattuto la violenza con le armi dell'amore, dell’accoglienza fraterna, della preghiera comunitaria." 
Dopo il sequestro e l'uccisione dei monaci trappisti la vita contemplativa si è praticamente ritirata dall'Algeria ma a vent'anni di distanza il ricordo dei martiri di Tibhirine resta vivo, tanto nella comunità locale musulmana quanto in Francia. Il prossimo 30 maggio, ventesimo anniversario del ritrovamento dei resti dei monaci, verrà intitolato a Parigi un giardino in memoria dei Martiti di Tibhirine. La cerimonia avverrà alla presenza del sindaco Anne Hildalgo e dei familiari dei religiosi uccisi. 
La piazza intitolata ai trappisti è davanti alla parrocchia di Saint Ambroise e si trova nello stesso arrondissement del teatro Bataclan, colpito dai terroristi lo scorso 13 novembre 2015. Due luoghi della memoria uniti da un unico messaggio: non di rifiuto o distacco dal diverso, ma di costante ricerca di fratellanza e conoscenza di esso. Perché amicizia, apertura e dialogo sono le uniche risposte ai drammi che vive la nostra società.
(Fonte: Il Sismografo 19/05/2016)