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martedì 18 agosto 2015

BIBBIA APERTA - Parresia - Giuseppe Trotta, SJ


BIBBIA APERTA 
Parresia 

Giuseppe Trotta, SJ




La parresia è una virtù di chi desidera incidere sulla realtà, trasformarla nei suoi aspetti lontani dalla verità e dalla giustizia, ... Papa Francesco ne ha fatto un elemento qualificante del suo papato e ha sollecitato anche i vescovi a praticarla, per procedere verso quella maggiore collegialità nel governo della Chiesa voluta dal Concilio (cfr Evangelii gaudium, n. 32). La parresia, infatti, unisce in sé l’atteggiamento religioso e quello politico della ricerca e della comunicazione della verità e perciò può essere risolutiva in tutti i processi di riforma, dentro e fuori la Chiesa.




" ... Nel descrivere i due atteggiamenti necessari alla sinodalità – dire apertamente ciò che si pensa e ascoltare umilmente quello che gli altri hanno da dire – il Papa ha fatto riferimento alla parresia, il modo diretto e franco con cui i primi cristiani annunciavano il Vangelo. Il Nuovo Testamento impiega spesso questo termine per connotare la predicazione degli apostoli e ne fa una delle chiavi del suo successo, nonostante le resistenze degli oppositori. Il termine, però, non nasce nell’ambito della religione, ma in quello della politica: era uno dei pilastri della democrazia ateniese ed era impiegato dai filosofi per descrivere la ricerca e la comunicazione della verità per mezzo del dialogo privato e del dibattito pubblico. Pertanto, il richiamo del Papa, riletto alla luce dell’origine del concetto e della pratica a cui rimanda, può essere di ispirazione anche fuori dalla Chiesa, ovunque si tratti di costruire il bene comune nello spazio pubblico. 
Parresia e libertà 
La parresia, infatti, è una qualità del discorso che manifesta il rapporto personale di chi parla con la verità. Esprimersi con parresia significa dire apertamente ciò che si pensa e si ritiene vero, anche se questo è rischioso per la propria incolumità fisica o la propria reputazione, compromettendosi in prima persona, senza preoccuparsi delle conseguenze. 
La si può illustrare bene a partire da un episodio degli Atti degli apostoli. Pietro e Giovanni proclamano nel tempio a Gerusalemme di aver guarito un paralitico per la fede nella resurrezione di Gesù; vengono arrestati e interrogati dai sacerdoti, dagli scribi e dai capi del popolo e anche a loro fanno lo stesso discorso apertamente (cfr Atti 3,1-4,12). Il sinedrio resta sconcertato non tanto dalla risposta degli apostoli, quanto dalla loro parresia (termine tradotto con franchezza nella versione italiana della CEI)..
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La spontaneità della parresia, invece, è frutto di esercizio, è una virtù acquisita assoggettandosi alla disciplina della verità, si fa carico del rischio dell’impopolarità e rende credibile ciò che viene detto perché credibile è diventato chi lo dice. In questo senso, quindi, la parresia non coincide con la verità, ma è una via etica verso il suo riconoscimento e la sua comunicazione, giocata su due livelli: quello interiore (la sincerità verso se stessi, l’onestà intellettuale e la rettitudine morale) e quello esteriore (la parola aperta e franca). 
Parresia e dibattito 
In più occasioni papa Francesco ci ha sorpreso con il suo linguaggio semplice e diretto, che ad alcuni è apparso provocatorio e inappropriato. Ma la provocazione – ammesso che di questo si tratti – non è certo nell’intenzione comunicativa del Papa, quanto piuttosto in un modo di esprimersi con franchezza che chiama direttamente in causa chi ascolta e al quale non ci si può sottrarre ricorrendo al politically correct. 
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