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domenica 5 febbraio 2017

39ª Giornata Nazionale per la vita - “Donne e uomini per la vita nel solco di Santa Teresa di Calcutta”

“Donne e uomini per la vita 
nel solco di Santa Teresa di Calcutta”

Questo il titolo del Messaggio del Consiglio Permanente per la 39ª Giornata Nazionale per la vita, celebrata domenica 5 febbraio 2017.

Il testo integrale:

Il coraggio di sognare con Dio 

Alla scuola di Papa Francesco s’impara a sognare. Spesso nelle udienze fa riferimento ai sogni dei bambini e dei giovani, dei malati e degli anziani, delle famiglie e delle comunità cristiane, delle donne e degli uomini di fronte alle scelte importanti della vita. Sognare con Dio e con Lui osare e agire! Quando il Papa commenta la Parola di Dio al mattino o quando tiene discorsi nei vari viaggi apostolici, non manca di incoraggiare a sognare in grande. È nota la sua devozione a san Giuseppe, che considera uomo del “sogno” (Cfr. Mt 1,20.24). Quando si rivolge alle famiglie, ricorda loro che il sogno di Dio “continua a realizzarsi nei sogni di molte coppie che hanno il coraggio di fare della loro vita una famiglia; il coraggio di sognare con Lui, il coraggio di costruire con Lui, il coraggio di giocarci con Lui questa storia, di costruire un mondo dove nessuno si senta solo, nessuno si senta superfluo o senza un posto”. 

I bambini e i nonni, il futuro e la memoria 

Per Papa Francesco il sogno di Dio si realizza nella storia con la cura dei bambini e dei nonni. I bambini “sono il futuro, sono la forza, quelli che portano avanti. Sono quelli in cui riponiamo la speranza”; i nonni “sono la memoria della famiglia. Sono quelli che ci hanno trasmesso la fede. Avere cura dei nonni e avere cura dei bambini è la prova di amore più promettente della famiglia, perché promette il futuro. Un popolo che non sa prendersi cura dei bambini e dei nonni è un popolo senza futuro, perché non ha la forza e non ha la memoria per andare avanti”. 

Una tale cura esige lo sforzo di resistere alle sirene di un’economia irresponsabile, che genera guerra e morte. Educare alla vita significa entrare in una rivoluzione civile che guarisce dalla cultura dello scarto, dalla logica della denatalità, dal crollo demografico, favorendo la difesa di ogni persona umana dallo sbocciare della vita fino al suo termine naturale. È ciò che ripete ancora oggi Santa Teresa di Calcutta con il famoso discorso pronunciato in occasione del premio Nobel 1979: “Facciamo che ogni singolo bambino sia desiderato”; è ciò che continua a cantare con l’inno alla vita: “La vita è bellezza, ammirala. La vita è un’opportunità, coglila. La vita è beatitudine, assaporala. La vita è un sogno, fanne una realtà. … La vita è la vita, difendila”. 

Con Madre Teresa 

La Santa degli ultimi di Calcutta ci insegna ad accogliere il grido di Gesù in croce: “Nel suo ‘Ho sete’ (Gv 19,28) possiamo sentire la voce dei sofferenti, il grido nascosto dei piccoli innocenti cui è preclusa la luce di questo mondo, l’accorata supplica dei poveri e dei più bisognosi di pace”[1]. Gesù è l’Agnello immolato e vittorioso: da Lui sgorga un “fiume di vita” (Ap 22,1.2), cui attingono le storie di donne e uomini per la vita nel matrimonio, nel sacerdozio o nella vita consacrata religiosa e secolare. Com’è bello sognare con le nuove generazioni una Chiesa e un Paese capaci di apprezzare e sostenere storie di amore esemplari e umanissime, aperte a ogni vita, accolta come dono sacro di Dio anche quando al suo tramonto va incontro ad atroci sofferenze; solchi fecondi e accoglienti verso tutti, residenti e immigrati. Un tale stile di vita ha un sapore mariano, vissuto come “partecipazione alla feconda opera di Dio, e ciascuno è per l’altro una permanente provocazione dello Spirito. I due sono tra loro riflessi dell’amore divino che conforta con la parola, lo sguardo, l’aiuto, la carezza, l’abbraccio”.
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Che cosa significa difendere la vita e farsi promotori di una cultura per la vita? Prendiamo un esempio. Che è stato anche canonizzato: Madre Teresa di Calcutta. Questa donna non ha distillato un pensiero pro-life, ma con tutto il suo essere e in tutta la sua esistenza si è resa a tutti disponibile attraverso l’accoglienza spazzando via da sé le distinzioni di fedi, di razza, di origine, di cultura, di lingua o di stato sociale, secondo l’apertura universalistica del Vangelo. Si è prodigata per ogni vita umana, da quella non nata a quella abbandonata e scartata, non solo proclamando incessantemente che «chi non è ancora nato è il più debole, il più piccolo, il più misero», ma anche chinandosi in prima persona sulle persone sfinite, scartate, lasciate morire ai margini delle strade, riconoscendo la dignità che Dio aveva dato loro. La vita è anzitutto un dono. Sì, ma non al vento delle parole: Madre Teresa con la sua testimonianza ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini della miseria creata da loro nel deturpare questo dono. Per lei «essere rifiutati è la peggiore malattia che un essere umano possa provare». Particolare attenzione ha quindi voluto dedicare all’isolamento sociale, e per questo motivo le sue iniziative sono sempre state inclusive, anche in relazione alle diversità di cultura, lingua e religione.

Testimonianza o ideologia
Madre Teresa non è mai caduta nella tentazione di isolare e trasformare qualcuno dei principi morali in luce dal quale far provenire tutte le altre verità della fede: non ne ha perciò fatto un’ideologia. Ha reso testimonianza dell’unica dottrina: la Persona di Cristo, e solo Cristo in lei traspariva, servito e amato nel prossimo, soprattutto nelle piaghe dei poveri, dai quali lo ha ricevuto. ...