Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



sabato 13 gennaio 2018

Nella diocesi di Albano parte il progetto “Per essere ancora papà” - Una casa per i separati di Enzo Bianchi - L’8 per mille della Chiesa in aiuto ai padri separati di Paolo Rodari

Verrà inaugurata nel pomeriggio di sabato 13 gennaio dal vescovo di Albano, mons. Marcello Semeraro, la casa di accoglienza “Monsignor Dante Bernini”, realizzata dalla diocesi di Albano in una sede sul litorale di Tor San Lorenzo (Ardea). La struttura, che sarà destinata ad ospitare papà separati, è di proprietà della Provincia italiana centro nord – Mozambico delle Suore di Gesù Buon Pastore (Pastorelle) ed è stata ceduta in comodato d’uso gratuito alla diocesi di Albano per la realizzazione del progetto “Per essere ancora papà”, attuato anche grazie ai fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica destinati alle attività caritative. La casa sarà gestita dalla Caritas diocesana attraverso la Aps onlus (Associazione per la promozione della solidarietà) e “rappresenta – si legge in una nota – il segno concreto di solidarietà nella Chiesa di Albano, frutto del Giubileo straordinario della Misericordia, durante il quale papa Francesco ha chiesto che in ogni diocesi nascesse un’opera concreta e duratura di solidarietà a ricordo dell’Anno Santo”. Casa “Monsignor Dante Bernini”, prosegue la nota, “accoglierà padri rimasti senza una abitazione in seguito alla separazione o al divorzio: una nuova e sempre più pressante forma di povertà che la diocesi di Albano sta affrontando sul proprio territorio”. A disposizione degli ospiti oltre venti stanze e spazi per le riunioni e le attività, oltre a uno sbocco sulla spiaggia. 
Alla cerimonia di inaugurazione, in programma alle 16.30, parteciperanno anche il direttore della Caritas diocesana, don Gabriele D’Annibale, rappresentanti istituzionali, presidente ed equipe dell’Associazione padri separati (con sede a Bologna). Saranno presenti anche gli otto papà, 7 dei quali italiani, che dal 15 gennaio inizieranno ad abitare nella casa di accoglienza.
(fonte: Sir)

Una casa per i separati 
di Enzo Bianchi 

Sarebbe bello che in ogni diocesi restasse un’opera strutturale di misericordia come ricordo di questo Anno Santo”. L’augurio di papa Francesco all’apertura del Giubileo della misericordia ha trovato terreno fertile in molte diocesi italiane. Del resto la prossimità quotidiana agli uomini e alle donne del loro tempo da sempre consente a diocesi, parrocchie, associazioni e organismi come la Caritas, a presbiteri e laici di cogliere sul nascere i disagi e le difficoltà in cui si trovano o cadono repentinamente molte persone, guardando anche al di là e più in profondità della varie “emergenze” evidenziate dai mass media. 
La chiesa italiana può essere una chiesa che fa ancora fatica a sintonizzarsi sulla “conversione pastorale” chiesta da papa Francesco, ma va riconosciuto che nell’impegno verso i bisognosi mostra una rara capacità di ascolto. Basterebbe pensare a quanti, anche poco noti, fanno la vita di “preti di strada”, capaci di prestare ascolto e dare voce ai sofferenti, ai poveri, agli scarti della società, a quante iniziative vengono prese e rinnovate con intelligenza e compassionevole carità. 
Come dimenticare, agli albori della crisi del 2008, la tempestiva creazione da parte del cardinale Tettamanzi a Milano di un fondo diocesano di solidarietà per le famiglie di lavoratori disoccupati? E se oggi la chiesa è accusata di “buonismo unidirezionale” nei confronti dei migranti è anche perché ha saputo cogliere, prima e meglio di altre istituzioni, l’impatto devastante che una gestione irrazionale del fenomeno migratorio avrebbe avuto sul tessuto sociale. Così domani apre ad Albano una “opera strutturale di misericordia” che risponde efficacemente a una povertà nascosta: quella degli uomini separati che, pur avendo magari conservato un lavoro e il necessario alla semplice sussistenza, hanno perso una casa in cui vivere
Il progetto “Per essere ancora papà” offrirà un tetto e un focolare ad alcuni uomini – a scanso di obiezioni xenofobe, va sottolineato che sette su otto sono italiani – ritrovatisi soli, così da metterli in condizione di condurre un’esistenza dignitosa e poter, per esempio, accogliere con calore i figli affidati all’altro coniuge nei giorni in cui questo è loro consentito. È un gesto semplice che ha richiesto un’elaborazione complessa e che testimonia come la chiesa si sforzi sempre di vedere l’essere umano in difficoltà, senza giudicarlo, senza discriminare su eventuali “ colpe” che lo hanno condotto in una determinata situazione. 
È il vangelo che riprende il suo primato sulla legge, sulla dottrina e sulla disciplina, necessarie sì, ma non sufficienti ad aprire cammini di speranza e di comunione per quelli che si sentono ai margini o addirittura condannati ed esclusi. Un vangelo che non piace ai rigoristi né a chi ama esercitare un ministero di condanna, ma che è il vangelo di Gesù Cristo. 
La cura per le persone e la ricerca di alleviare la sofferenza ha il primato su ogni teoria o considerazione: così, di fronte a una famiglia andata in frantumi, non ci si interroga solo su un eventuale precetto violato né si soppesano le percentuali di colpevolezza, ma ci si fa carico anzitutto del peso che grava sul cuore delle persone, a cominciare dai più deboli. E questo, per essere fatto con intelligenza, necessita anche di strutture, di programmazione, di attenzione agli aspetti più concreti e quotidiani, come l’iniziativa assunta da monsignor Semeraro nella diocesi di Albano. È un segno tangibile di quella “pastorale” che, lungi dall’ignorare la dottrina, si fa carico di calare nella carne viva delle persone i principi e i valori che nascono dal vangelo. 
Per fare questo è indispensabile una prossimità quotidiana, un discernimento delle necessità anche nascoste, un ascolto del grido di dolore anche quando è sommesso e soffocato, una vigilanza sul tessuto sociale che si deteriora a poco a poco. Così il segno posto si rivela capace di andare al di là di ogni appartenenza confessionale: i cristiani nella società sono chiamati a restare vicini ai più deboli, a venire incontro ai bisogni dei più poveri, per quanto non appariscente e silenziosa possa essere la loro povertà e la loro sofferenza.

(fonte: articolo pubblicato in “la Repubblica” del 12 gennaio 2018)



L’8 per mille della Chiesa in aiuto ai padri separati
di Paolo Rodari

Come in Kramer contro Kramer, il film del 1979 tratto da libro di Avery Corman, spesso dopo le separazioni restano solo macerie. In particolare quelle dei padri, costretti a combattere con l'indigenza se non, addirittura, a vivere per strada dormendo in macchina. Se ne sono accorte tante diocesi italiane che da qualche mese hanno deciso di utilizzare per i separati e i divorziati i fondi dell' 8 per mille destinati alla carità. L' ultima diocesi in ordine di tempo è Albano.
Sabato, monsignor Marcello Semeraro, vescovo della cittadina laziale e segretario del C9, il Consiglio dei cardinali che aiuta il Papa nella riforma della Curia, inaugurerà la casa " Monsignor Dante Bernini". Situata sul litorale di Tor San Lorenzo, ospiterà otto uomini (sette gli italiani) divorziati e separati - « non faccio distinzioni » , dice Semeraro - che potranno vivere lì anche con i propri figli durante il tempo in cui sono loro affidati. « La carità non va in vacanza » , disse Francesco a Varginha, nel 2013, durante una visita nella favela di Rio de Janeiro. 
Lo sanno i tanti presuli che tutti i giorni vedono padri separati bussare alle proprie porte. Spesso usano le mense della Caritas per mangiare insieme ai figli. Ma la sofferenza più grande, per loro, è non avere un luogo in cui poter vivere insieme, una casa in cui poter dormire assieme. 

Dal 2013, a Fano, grazie a 65mila euro messi a disposizione dalla Cei, la parrocchia San Cristofaro ha potuto realizzare un centro di accoglienza per quelli che il parroco, don Mauro Bargnesi, fondatore della casa "Padre sempre", definisce «i nuovi poveri». Così a Foggia, la diocesi ha messo a disposizione quella che per molti anni è stata la Casa del clero. Per i separati, è stata prevista anche una «coppia tutor» incaricata di cercare di migliorare il rapporto con la coniuge e i figli. Per i vescovi, infatti, così anche ad Albano, lo scopo non è soltanto quello di dare accoglienza, ma se possibile di aiutare i separati a recuperare il rapporto interrotto. 
La " Casa Francesco" per padri separati di Prato è stata inaugurata dalla Caritas della parrocchia di Santa Maria delle Carceri con l'associazione "Insieme per la famiglia". Ha spiegato monsignor Carlo Stancari: «È una riposta ai papà separati. Esistono strutture per minori o donne ma non per quegli uomini che si sono divisi dalle rispettive mogli. Queste persone hanno subìto un fallimento affettivo con la separazione, ma è giusto che continuino ad avere un rapporto con i loro figli. Abbiamo voluto, quindi, dare una risposta, un aiuto a quei papà che hanno uno o più figli». La Caritas di Palermo ha messo a disposizione un appartamento. La struttura può ospitare fino a dieci persone. Anch' essa si avvale dei fondi dell' 8 per mille e rientra nel programma " Housing first" che coinvolge 15 Caritas siciliane. Michele - il nome è di fantasia - è stato il primo padre separato a essere accolto. Quando ha bussato alle porte del centro d'ascolto aveva 51 anni. Aveva perso il lavoro e dopo mesi di crisi con la moglie, con cui è sposato da 30 anni, era in fase di separazione. Dopo la permanenza nell'appartamento ha ritrovato il lavoro ed è riuscito a riavvicinarsi alla moglie. Dice: «Essermi ritrovato a 50 anni senza un'occupazione, dopo aver lavorato una vita intera e con le difficoltà economiche che un licenziamento ha comportato, è stato anche motivo di forte crisi familiare e coniugale. Adesso desidero ricostruire la mia famiglia».

(fonte: articolo pubblicato in “la Repubblica” dell'11 gennaio 2018)