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mercoledì 17 gennaio 2018

17 gennaio la Chiesa cattolica in Italia celebra la giornata dell’ebraismo. Alleati in progetti di pace

Il 17 gennaio la Chiesa cattolica in Italia 
celebra la giornata dell’ebraismo. 
Alleati in progetti di pace

di Norbert Hofmann, 
Segretario della Commissione 
per i rapporti religiosi con l’ebraismo


La giornata dell’ebraismo che la Chiesa in Italia celebra il 17 gennaio è segno del grande apprezzamento della Chiesa cattolica nei confronti del giudaismo. Questa giornata intende offrire ai cristiani l’opportunità di ricordare con gratitudine le radici ebraiche della loro fede, come pure di sensibilizzarsi al dialogo attualmente in corso con l’ebraismo. Oltre che in Italia, si celebra il 17 gennaio anche in Polonia, Austria e Paesi Bassi, introdotta dalle rispettive conferenze episcopali.
L’anno scorso ha avuto luogo un evento particolarmente degno di nota. Il 31 agosto 2017 Papa Francesco ha ricevuto in Vaticano una delegazione di rappresentanti di tre importanti organizzazioni ebraiche, i quali gli hanno consegnato un documento comune, contenente le posizioni dell’ebraismo ortodosso sul dialogo ebraico-cattolico, iniziato ufficialmente nel 1965 con la dichiarazione Nostra aetate (n. 4) del concilio Vaticano II. Non essendoci, all’interno dell’ebraismo, una gerarchia ufficiale o un’istanza centrale per il dialogo interreligioso riconosciuta universalmente, non possono essere neppure pubblicati, da parte ebraica, documenti istituzionali a cui si ascrive un’autorità vincolante. Alla luce di ciò, è ancora più apprezzabile il fatto che la Conference of European Rabbis, il Rabbinical Council of America e la Commissione di dialogo del Gran rabbinato di Israele abbiano lavorato insieme per redigere questo documento, intitolato Fra Gerusalemme e Roma. Per la prima volta nella storia del dialogo ebraico-cattolico, alcune organizzazioni ebraiche ortodosse hanno espresso, in un documento, la loro posizione sul processo di dialogo con la Chiesa cattolica e hanno presentato quelle che a loro parere sono le prospettive future di tale dialogo.

Questa dichiarazione è stata pubblicata in occasione del cinquantesimo anniversario di Nostra aetate, che ha avuto luogo nel 2015, e anche come risposta adeguata al documento della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo intitolato Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (Rm 11, 29), del 10 dicembre 2015. Una prima reazione da parte ebraica a tale documento vi era già stata nel dicembre dello stesso anno con la dichiarazione Fare la volontà del nostro Padre in cielo: verso un partenariato tra ebrei e cristiani. Questo testo ha un taglio generale e non tratta nello specifico singole tematiche. In esso si riscontra un profondo apprezzamento del cristianesimo, come pure la conferma della disponibilità a impegnarsi in favore dell’intensificazione di un partenariato tra le due religioni, per far fronte insieme al compito comune «di perfezionare il mondo sotto la sovranità dell’Onnipotente, di modo che tutta l’umanità appelli il suo Nome e l’abominio sia cancellato dalla terra» (punto 4). Tuttavia, questa dichiarazione non era stata redatta da organizzazioni ebraiche ortodosse: era frutto dell’iniziativa personale di singoli rabbini. Al momento della sua pubblicazione è stata firmata da venticinque famosi rabbini ortodossi, ai quali, in seguito, si sono aggiunti molti altri firmatari.
Paragonabile alle due prese di posizione ebraiche ortodosse sopra menzionate, esiste solo un altro documento comparso precedentemente. Si tratta della dichiarazione Dabru Emet (“Direte la verità”) pubblicata sul «New York Times» del 10 settembre 2000 e firmata da quattro autori ebrei appartenenti al mondo accademico. Il testo, articolato in quattro punti, si esprime in maniera positiva sul cristianesimo e sulle relazioni tra ebrei e cristiani. A differenza dei due documenti più recenti che sono stati redatti a livello internazionale da rabbini ortodossi, Dabru Emet è stata elaborata da ebrei statunitensi di tendenza liberale, aventi già esperienza del dialogo ebraico-cristiano, ai quali si sono aggiunti in un secondo momento altri rabbini. Inoltre, mentre Dabru Emet si sofferma su diverse tematiche, elucidandole punto per punto, le prese di posizione dei rabbini ortodossi, che presentano un discorso più generale, mirano soprattutto a ribadire l’importanza di approfondire il partenariato esistente tra ebrei e cristiani.
Papa Francesco, nel ricevere il documento Fra Gerusalemme e Roma il 31 agosto scorso, lo ha collegato alla dichiarazione conciliare Nostra aetate (n. 4) e ne ha sottolineato la grandissima importanza per il dialogo ebraico-cattolico. Nel discorso tenuto in tale occasione, egli ha osservato: «È un testo che tributa particolari riconoscimenti alla dichiarazione conciliare Nostra aetate, che nel suo quarto capitolo costituisce per noi la “magna charta” del dialogo col mondo ebraico: infatti la sua progressiva attuazione ha permesso ai nostri rapporti di diventare sempre più amichevoli e fraterni. Nostra aetate ha messo in luce che gli inizi della fede cristiana si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti e che, essendo grande il patrimonio spirituale che abbiamo in comune, va promossa fra noi la mutua conoscenza e stima, soprattutto attraverso studi biblici e colloqui fraterni (cfr. n. 4). Nel corso degli ultimi decenni ci siamo così potuti avvicinare, dialogando in modo efficace e fruttuoso; abbiamo approfondito la nostra conoscenza reciproca e intensificato i nostri vincoli di amicizia».
Il nuovo documento dell’ebraismo ortodosso riconosce il crescente partenariato con la Chiesa cattolica ed esprime la speranza che l’amicizia possa essere approfondita e possa contribuire concretamente alla costruzione di un mondo più giusto. Il testo esorta non a livellare le differenze teologiche, ma a rispettarle. Al riguardo, Papa Francesco ha affermato, davanti alla delegazione ebraica: «La dichiarazione Fra Gerusalemme e Roma non nasconde, comunque, le differenze teologiche delle nostre tradizioni di fede. Tuttavia esprime la ferma volontà di collaborare più strettamente oggi e in futuro. Il vostro documento si rivolge ai cattolici chiamandoli “partner, stretti alleati, amici e fratelli nella ricerca comune di un mondo migliore che possa godere pace, giustizia sociale e sicurezza”. Un altro passo riconosce che “nonostante profonde differenze teologiche, cattolici ed ebrei condividono credenze comuni” e “l’affermazione che le religioni devono utilizzare il comportamento morale e l’educazione religiosa — non la guerra, la coercizione o la pressione sociale — per esercitare la propria capacità di influenzare e di ispirare”. È tanto importante questo: possa l’Eterno benedire e illuminare la nostra collaborazione perché insieme possiamo accogliere e attuare sempre meglio i suoi progetti, “progetti di pace e non di sventura”, per “un futuro pieno di speranza” (Geremia, 29, 11)».
Papa Francesco si è inoltre rallegrato dell’apprezzamento da parte degli ebrei ortodossi del processo di dialogo con la Chiesa cattolica e ha ribadito la sua volontà di intraprendere ulteriori passi verso l’approfondimento dell’amicizia tra le due tradizioni religiose. La collaborazione dovrà essere intensificata, anche alla luce dei valori spirituali condivisi, presenti già nelle rispettive sacre Scritture.
Il documento Fra Gerusalemme e Roma si suddivide in quattro parti: 1) Preambolo, 2) Una svolta – Nostra aetate, 3) Valutazione e rivalutazione, 4) La strada verso il futuro. Nel preambolo figura in primo piano il destino del popolo ebraico, di cui viene evidenziato il duplice compito: essere una luce per le nazioni (cfr. Isaia, 49, 6) e tutelare il proprio futuro nonostante l’odio e la violenza del mondo. Vengono ricordati la tragedia umana della Shoah, la fondazione dello Stato di Israele e il riavvicinamento tra le diverse tradizioni religiose dopo la fine della seconda guerra mondiale. Al punto 2, la dichiarazione conciliare Nostra aetate è descritta come una svolta decisiva nelle relazioni tra la Chiesa cattolica e l’ebraismo. Sono menzionati il ruolo di Papa Giovanni XXIII nella redazione della dichiarazione, gli sforzi compiuti da Papa Giovanni Paolo II per la riconciliazione con l’ebraismo, come pure l’atteggiamento e alcune affermazioni di Papa Francesco, che già come arcivescovo di Buenos Aires contava tra le sue amicizie personali molti ebrei. Come particolarmente importante è ricordata l’affermazione di Nostra aetate(n. 4) secondo la quale il popolo ebraico è amato da Dio, essendo i suoi doni e la sua missione irrevocabili e, dunque, non può essere presentato come respinto o maledetto da Dio. Della dichiarazione si menziona inoltre la ferma condanna di ogni forma di antisemitismo e l’intento di promuovere la reciproca conoscenza e il mutuo rispetto attraverso il dialogo fraterno. Quali preziosi frutti di Nostra aetate (n. 4) vengono riconosciuti l’istituzione della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo nell’ottobre del 1974, come pure il riconoscimento dello Stato di Israele da parte della Santa Sede nel dicembre del 1993.
Al punto 3, il tema centrale è il riavvicinamento dell’ebraismo ortodosso con la Chiesa cattolica. Questa fraternità tra le due comunità religiose non cancella le rispettive tradizioni di fede. Si afferma infatti che «le differenze dottrinali sono di carattere essenziale e non possono essere discusse o negoziate». Occorre promuovere il rispetto reciproco per le convinzioni di fede di ciascun partner affinché possa aver luogo una pacifica collaborazione per il bene di tutti. Al punto 4, si sottolinea l’importanza di una cooperazione tra ebrei e cattolici in una società sempre più secolarizzata. Gli uomini di fede che condividono uno stesso fondamento di valori devono testimoniare insieme l’amore di Dio nel mondo. Tra i compiti cruciali vi è la valorizzazione della sacralità della vita e dell’importanza della famiglia in senso tradizionale, come pure la difesa della libertà religiosa di fronte alla crescente secolarizzazione e all’estremismo religioso. Infine si ribadisce l’intento di approfondire il dialogo e il partenariato con la Chiesa cattolica e di promuovere la comprensione reciproca.
Il documento Fra Gerusalemme e Roma e l’importanza che esso riveste sono stati al centro delle conversazioni che hanno avuto luogo a Gerusalemme dal 12 al 14 novembre 2017 tra una delegazione del Gran rabbinato di Israele e una delegazione della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo. In una dichiarazione congiunta rilasciata alla fine dell’incontro, si afferma: «La dichiarazione Fra Gerusalemme e Roma è il primo documento ufficiale pubblicato dalle organizzazioni mondiali dell’ebraismo ortodosso che esprime apprezzamento per questa trasformazione e ribadisce l’importanza della collaborazione tra la Chiesa cattolica e il popolo ebraico nel combattere i violenti fenomeni che colpiscono il mondo contemporaneo e nel lavorare insieme per un mondo migliore per tutta l’umanità. […] Con il crescente riconoscimento, all’interno del mondo ebraico, dell’importanza strategica delle relazioni con la Chiesa cattolica e anche della necessità teologica e morale di approfondire questa reciproca relazione, diventa un nostro imperativo comune collaborare per la realizzazione del Regno di Dio sulla terra». 
Ebrei e cristiani possono dunque perorare con maggiore efficacia la causa di Dio nella società odierna se rendono insieme un’autentica testimonianza della presenza di Dio e se attingono ai valori religiosi che condividono per migliorare il mondo.

(Fonte: L'Osservatore Romano, 15-16 gennaio 2018)