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sabato 18 febbraio 2017

Ecumenismo della carità fraterna. Strada di fedeltà di Enzo Bianchi

Ecumenismo della carità fraterna. 
Strada di fedeltà 
di Enzo Bianchi

Con un’iniziativa insolita nella tradizione dei rapporti ecumenici, il patriarcato di Mosca e la Santa Sede hanno voluto commemorare il primo anniversario dell’incontro tra papa Francesco e il patriarca Kirill, avvenuto a Cuba lo scorso febbraio. 

Così i responsabili dei rispettivi dipartimenti per i rapporti ecumenici – il cardinale Kurt Koch e il metropolita Hilarion, entrambi presenti all’incontro di Cuba – si sono ritrovati domenica all’Università di Friburgo in Svizzera per riaffermare la comune volontà di proseguire sul cammino della fraternità e della solidarietà cristiana di fronte alle sfide che il mondo contemporaneo pone alle Chiese.

Come hanno ribadito i due presuli, non si tratta del dialogo teologico propriamente detto, per il quale esistono apposite istanze multilaterali e in particolare una commissione teologica mista la cui componente ortodossa riunisce, sotto la presidenza del rappresentante del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, tutte le quattordici Chiese dell’ortodossia. Si tratta invece di intensificare i legami fraterni, di incoraggiare la collaborazione tra le prassi caritative generate dalla medesima sollecitudine per i poveri e le vittime delle guerre e delle violenze, di conoscere sempre più il cuore dell’altro, condizione indispensabile per giungere ad amarlo di più.

Il metropolita Hilarion ha ricordato che l’incontro di un anno fa a Cuba non è stato voluto «per stringersi la mano e posare davanti alle telecamere» perché questo sarebbe stato cedere alla logica della mondanità, alla curiosità mediatica che privilegia l’apparire sull’essere, allo svilire gesti profetici riducendoli a sceneggiature a effetto. Noi peraltro sappiamo anche con quale ostinata insistenza papa Francesco volle che si arrivasse all’incontro con il patriarca Kirill, quanto vi abbia anelato e quante rinunce sia stato disposto a compiere pur di fissare il proprio sguardo in quello del fratello e poter insieme volgerlo all’unico Signore. Sappiamo anche quante critiche ha ricevuto per quel "segno" posto con convinzione e tenacia, obbedendo alle parole di Gesù: «Se uno ti chiede di fare un miglio con lui, tu fanno due» (Mt 5,41).

A maggior ragione l’incontro di Friburgo non ha cercato risonanza mediatica, ma resta proteso verso un sempre più quotidiano sentirsi fratelli, dialogando su quanto sta a cuore alle rispettive Chiese. È quello che il cardinal Koch ha definito il «dialogo della carità» che affianca il «dialogo della verità» senza sostituirlo, è l’ecumenismo dell’amore fraterno invocato da papa Francesco ogni volta che incontra chi è a capo di una Chiesa sorella o rappresenta una comunione di chiese o comunità ecclesiali. 

Quando due cristiani si incontrano, e ancor più quando lo fanno un Papa e un Patriarca posti dal Signore a presiedere e guidare nella carità milioni di fedeli, al centro non stanno le loro figure né i progetti delle rispettive Chiese, ma solo il Vangelo, solo il desiderio di seguire fedelmente il Signore Gesù Cristo e di obbedire alla sua parola che chiede ai suoi discepoli di essere «una cosa sola perché il mondo creda» (Gv 17,21). Proprio di fronte alle sfide che la società odierna pone a tutte le persone di buona volontà, ogni cristiano dovrebbe sentire che dall’amore reciproco concretamente vissuto anche a caro prezzo, senza temere le umiliazioni, dipende l’essere discepoli di Cristo ed essere riconosciuti come tali da chi cristiano non è.

L’augurio è che incontri commemorativi come quello di Friburgo non scadano a routine celebrativa, ma sappiano incoraggiare le Chiese a camminare verso la piena comunione, rinunciando a logiche confessionali e attuando le riforme chieste dal Vangelo. 

Il dialogo della verità nel cristianesimo non può mai essere disgiunto dalla carità, perché Cristo è l’una e l’altra, e non c’è possibile affermazione della verità senza la carità. Oggi le Chiese tutte cominciano a comprendere che l’ecumenismo significa innanzitutto conversione, riforma delle Chiese stesse in obbedienza al Vangelo: più ogni Chiesa è fedele a Cristo, più le Chiese si avvicineranno e si saranno in comunione tra loro.
(fonte: Avvenire)