giovedì 9 maggio 2024

I doni del grande armonizzatore; la Madonna del Solletico di Masaccio - "Percorsi di Arte e Fede" di Arianna G. Medoro

"Percorsi di Arte e Fede"
di Arianna G. Medoro

I doni del grande armonizzatore;
la Madonna del Solletico di Masaccio



«Il guardare una cosa è ben diverso dal vederla. Non si vede una cosa finché non se ne vede la bellezza» (Oscar Wilde); Papa Francesco ci ricorda come l’arte tocchi i sensi per animare lo spirito e faccia questo attraverso la bellezza, che è «il riflesso delle cose quando sono buone, giuste, vere. È il segno che qualcosa ha pienezza: è infatti allora che ci viene spontaneo dire: “Che bello!”. La bellezza ci fa sentire che la vita è orientata alla pienezza. Nella vera bellezza si comincia così a provare la nostalgia di Dio». 

Non esiste bellezza senza l’idea che la generi e le parole del Pontefice ci ricordano chiaramente quale sia la grande complessità connaturata a questo concetto e soprattutto come essa costituisca la chiave all’esperienza di Dio. Lungi, peraltro, dal voler sceverare in queste righe l’articolata tessitura del pensiero che l’uomo ha prodotto su di essa, basti tuttavia riflettere su quanto la mappa per la comprensione autentica della bellezza medesima non sia mai stata tanto ostica quanto in questo tempo, in cui la dittatura dell’immagine fittizia, manipolata dis-trae i sensi da quella Via pulchritudinis menzionata da Papa Francesco. Un percorso, quello auspicato dal Santo Padre, in cui la bellezza si fa tramite per suscitare quello stupore necessario al fine di predisporre l’animo all’incontro con Dio.

Il potere evocativo delle immagini agisce grandemente nelle profondità dell’inconscio, incidendo di conseguenza sul pensiero e sul conseguente orientamento della volontà umana e pertanto sul nostro atteggiamento nei confronti della realtà che ci circonda. Sant’Agostino definisce l’amore come la bellezza dell’anima; nella tradizione medievale, il bello appare associato al vero e al bene, in quanto tramite le emozioni che esso suscita nell’uomo diviene esso stesso accesso a queste ultime. I segni di cui il linguaggio fa uso sono di fatto gli strumenti che l’uomo esperisce per rappresentare il proprio pensiero e in modo certamente non casuale nelle diverse culture linguistiche i due significati, vale a dire quello di bello e quello di bene/buono si trovano costantemente associati quando non sovrapposti (il giapponese yashi li descrive entrambi).

In ambito occidentale, etimologicamente, l’accezione primitiva di bello riconduce all’ambito semantico di buono, confacente, comodo: bĕllus, è infatti un diminutivo derivato dalla radice duenelus bonulus, vale a dire qualcosa di buono ma inteso nel piccolo, vale a dire mediamente buono; in greco antico il termine kalós appare sovente associato a quello di buono agathòs, fino ad assumermene completamente il significato nella versione contemporanea. La capacità di cogliere il senso delle cose, nella consapevolezza che esse sono giuste e vere e in quanto tali, belle per l’animo umano è quindi un desideratum da recuperare nel coacervo roboante di immagini — falsificate — di cui siamo vittime.

Velocità del consumo, non riflessione, dittatura unidirezionale di modelli di presunta tolleranza, ci allontanano da quella innata e congenita armonia che alimenta il concetto stesso di bellezza, come afferma mirabilmente il Santo Padre: «la bellezza vera, infatti, è riflesso dell’armonia. Essa, (…) è la virtù operativa della bellezza. È il suo spirito di fondo, in cui agisce lo Spirito di Dio, il grande armonizzatore del mondo. L’armonia è quando ci sono delle parti, diverse tra loro, che però compongono un’unità, diversa da ognuna delle parti e diversa dalla somma delle parti. È una cosa difficile, che solo lo Spirito può rendere possibile». La bellezza esercita, pertanto, la propria congenita funzione di esperienza del buono nel momento in cui essa sia in grado di com-muoverci verso di esso facendo appello a canoni assoluti ed imponendoci al contempo uno sforzo di percezione che conduca diritto dall’occhio al cuore, sempre che lo si lasci aperto.

Ne è un delizioso esempio la piccola (24,50 per 18,20 centimetri), ma preziosissima Madonna del Solletico nota anche come Madonna con il Bambino realizzata da Masaccio fra 1426 e 1427. In essa, le due figure della madre e del bambino si rivolgono verso lo spettatore mantenendo al contempo una propria autonomia dinamica di accudente ed accudito, ferme nello spirito e nel cuore tramite la scelta dello sfondo d’oro. Spontanea e naturale la scelta di raffigurare la Madonna ruotata di tre quarti verso l’osservatore (forse il primo esempio in tal senso), delicato ed al contempo denso di valore lo sfondo d’oro destinato a imporre la concertazione unica sulle due figure e l’attenzione ai delicatissimi dettagli come il bordo del mantello decorato in caratteri cufici. Sebbene la Madonna tenga in grembo il bambino in fasce, rivolgendo verso di lui il gesto benedicente, quest’ultimo in un’istantanea di tenerissima realtà, finisce (volutamente o no non ci è dato di sapere) di fatto per solleticare il mento del Piccolo il quale, piacevolmente animato dal gesto materno (inaspettato forse anche nella volontà medesima del pittore) afferra con entrambe le minuscole e paffute manine rispettivamente il polso e l’avambraccio della madre. Belli sono molti dettagli dell’opera, dalle aureole delicatamente incise a mo’ di ricamo al delizioso amuleto in corallo simbolo della duplice natura di Cristo umana e divina, spostato accidentalmente dal gioioso sussulto del piccolo, mentre pende di sbieco dalla spalla di questi; buoni quanto veri sono i segni dell’amore materno che traspare dall’opera.

In questo piccolo oggetto devozionale, presumibilmente appartenuto all’uso personale del cardinale senese Antonio Casini, il cui stemma è dipinto sul retro della tavola, la gioiosa quanto forse inaspettata reazione del Bambino, accudito dalla madre è essa stessa capolavoro. Per vedere la bellezza è pertanto necessario un esercizio che non faccia appello, alle dimensioni dell’opera né tantomeno al prestigio dell’oggetto o al richiamo di canoni estetici a noi coevi: essa risiede, come ci ricorda Papa Francesco, «quell’opera dello spirito che crea l’armonia». Il dono della bellezza risiede nell’essere essa stessa «la dimensione umana dello spirituale»: la mano tesa fra Dio e l’uomo in armonia con il creato.
(Fonte: "L’Osservatore Romano" - 10 aprile 2024)

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mercoledì 8 maggio 2024

Papa Francesco «Chi è animato dalla speranza ed è paziente è in grado di attraversare le notti più buie... chiediamo al Signore ci dia questa grande virtù della speranza, accompagnata dalla pazienza.» Udienza Generale 08/05/2024 (foto, testo e video)

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 8 maggio 2024


Anche oggi il Papa ha cominciato l’udienza generale facendo salire a bordo della papamobile quattro bambini, due maschietti e due femminucce, che si sono goduti il giro tra i vari settori della piazza. Moltissimi i fedeli che hanno creato lunghe file ai varchi d’accesso dal lato del Sant’Uffizio e di via di Porta Angelica. Neanche il tempo incerto su Roma li ha scoraggiati. I posti più ambiti sono quelli lungo le transenne, per essere pronti, al passaggio di Francesco, a scattare le foto ricordo e i selfie. Dopo essersi congedato dai suoi piccoli ospiti, il Papa ha raggiunto la sua postazione al centro del sagrato e ha reso un omaggio floreale ad una statua della Madonna di Lujan, molto venerata in Argentina.






 




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Il testo qui di seguito include anche parti non lette che sono date ugualmente come pronunciate.

Catechesi. I vizi e le virtù. 18. La speranza


Cari fratelli e sorelle!

Nell’ultima catechesi abbiamo cominciato a riflettere sulle virtù teologali. Sono tre: fede, speranza e carità. La volta scorsa abbiamo riflettuto sulla fede, oggi tocca alla speranza.

«La speranza è la virtù teologale per la quale desideriamo il regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull’aiuto della grazia dello Spirito Santo» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1817). Queste parole ci confermano che la speranza è la risposta offerta al nostro cuore, quando nasce in noi la domanda assoluta: “Che ne sarà di me? Qual è la meta del viaggio? Che ne è del destino del mondo?”.

Tutti ci accorgiamo che una risposta negativa a queste domande produce tristezza. Se non c’è un senso al viaggio della vita, se all’inizio e alla fine c’è il nulla, allora ci domandiamo perché mai dovremmo camminare: da qui nasce la disperazione dell’uomo, la sensazione della inutilità di tutto. E molti potrebbero ribellarsi: mi sono sforzato di essere virtuoso, di essere prudente, giusto, forte, temperante. Sono stato anche un uomo o una donna di fede... A che cosa è servito il mio combattimento se tutto finisce qui?. Se manca la speranza, tutte le altre virtù rischiano di sgretolarsi e di finire in cenere. Se non esistesse un domani affidabile, un orizzonte luminoso, non resterebbe che concludere che la virtù sia una fatica inutile. «Solo quando il futuro è certo come realtà positiva, diventa vivibile anche il presente», diceva Benedetto XVI (Lett. enc. Spe salvi, 2).

Il cristiano ha speranza non per merito proprio. Se crede nel futuro è perché Cristo è morto e risorto e ci ha donato il suo Spirito. «La redenzione ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente» (ivi, 1). In questo senso, ancora una volta, noi diciamo che la speranza è una virtù teologale: non promana da noi, non è una ostinazione di cui vogliamo autoconvincerci, ma è un regalo che viene direttamente da Dio.

A tanti cristiani dubbiosi, che non erano completamente rinati alla speranza, l’apostolo Paolo pone davanti la logica nuova dell’esperienza cristiana: «Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini» (1 Cor 15,17-19). È come se dicesse: se credi nella risurrezione di Cristo, allora sai con certezza che nessuna sconfitta e nessuna morte è per sempre. Ma se non credi nella risurrezione di Cristo, allora tutto diventa vuoto, perfino la predicazione degli Apostoli.

La speranza è una virtù contro cui pecchiamo spesso: nelle nostre cattive nostalgie, nelle nostre malinconie, quando pensiamo che le felicità del passato siano sepolte per sempre. Pecchiamo contro la speranza quando ci abbattiamo davanti ai nostri peccati, dimenticando che Dio è misericordioso ed è più grande del nostro cuore. Non dimentichiamo questo, fratelli e sorelle: Dio perdona tutto, Dio perdona sempre. Siamo noi a stancarci di chiedere perdono. Ma non dimentichiamo questa verità: Dio perdona tutto, Dio perdona sempre. Pecchiamo contro la speranza quando ci abbattiamo davanti ai nostri peccati; pecchiamo contro la speranza quando in noi l’autunno cancella la primavera; quando l’amore di Dio cessa di essere un fuoco eterno e non abbiamo il coraggio di prendere decisioni che ci impegnano per tutta la vita.

Di questa virtù cristiana, il mondo oggi ha tanto bisogno! Il mondo ha bisogno della speranza, come ha tanto bisogno della pazienza, una virtù che cammina a stretto contatto con la speranza. Gli uomini pazienti sono tessitori di bene. Desiderano ostinatamente la pace, e anche se alcuni hanno fretta e vorrebbero tutto e subito, la pazienza ha la capacità dell’attesa. Anche quando intorno a sé molti hanno ceduto alla disillusione, chi è animato dalla speranza ed è paziente è in grado di attraversare le notti più buie. Speranza e pazienza vanno insieme.

La speranza è la virtù di chi ha il cuore giovane; e qui non conta l’età anagrafica. Perché ci sono anche vecchi con gli occhi pieni di luce, che vivono una tensione permanente verso il futuro. Pensiamo a quei due grandi vecchi del Vangelo, Simeone e Anna: non si stancarono mai di attendere e videro l’ultimo tratto del loro cammino benedetto dall’incontro con il Messia, che riconobbero in Gesù, portato al Tempio dai suoi genitori. Che grazia se fosse così per tutti noi! Se dopo un lungo peregrinare, deponendo bisaccia e bastone, il nostro cuore si colmasse di una gioia mai provata prima e anche noi potessimo esclamare: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo / vada in pace, secondo la tua parola, / perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, / preparata da te davanti a tutti i popoli: / luce per rivelarti alle genti / e gloria del tuo popolo, Israele» (Lc 2,29-32).

Fratelli e sorelle, andiamo avanti e chiediamo la grazia di avere la speranza, la speranza con la pazienza. Sempre guardare a quell’incontro definitivo; sempre pensare che il Signore è vicino a noi, che mai, mai la morte sarà vittoriosa! Andiamo avanti e chiediamo al Signore ci dia questa grande virtù della speranza, accompagnata dalla pazienza. Grazie.

Guarda il video della catechesi

Saluti
...
* * *

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto la Guardia di Finanza di L’Aquila, l’Associazione per l’Assistenza alle Forze Armate, il Centro di riabilitazione neuromotoria di Marcianise.

Accolgo con affetto i gruppi di studenti, con un pensiero speciale per quelli dell’Istituto Caboto di Gaeta e dell’Istituto Marconi di Penne.

Oggi la Chiesa eleva la preghiera della “Supplica” alla Madonna del Rosario di Pompei. Invito tutti ad invocare l’intercessione di Maria, affinché il Signore conceda pace al mondo intero, specialmente alla cara e martoriata Ucraina, alla Palestina, e a Israele, al Myanmar. Affido in particolare alla nostra Madre i giovani, gli ammalati, gli anziani e gli sposi novelli che oggi sono qui presenti, ed esorto tutti a valorizzare in questo mese di maggio la preghiera del santo Rosario.

A tutti la mia benedizione!


Guarda il video integrale


#LO STUPIDO - Gianfranco Ravasi

#LO STUPIDO

Gianfranco Ravasi


Quando mai uno stupido è stato innocuo? Lo stupido più innocuo trova sempre un’eco favorevole nel cuore e nel cervello dei suoi contemporanei che sono almeno stupidi quanto lui: e sono sempre parecchi. Se uno stupido afferra un’idea, è fatto: su quella costruirà un sistema e obbligherà gli altri a condividerlo.

Ho avuto la fortuna tanti anni fa di trascorrere un pomeriggio dialogando con Riccardo Bacchelli, il grande autore del Mulino del Po, nella sua abitazione milanese. Al termine, accompagnandomi all’ascensore, mi disse con ironia: «Reverendo, si ricordi che gli stupidi impressionano, non foss’altro che per il numero!». È il tema che attraversa anche la citazione che abbiamo sopra proposto, desumendola dal Diario notturno (1956) di Ennio Flaiano. In essa ritroviamo intatta e vivace, la vena satirica di questo giornalista e critico morto nel 1972, sempre pronto a registrare gli aspetti sconcertanti e paradossali della società contemporanea.

La stupidità con la sua pomposa e affollata presenza ne è una rivelazione incisiva. Difficile è aggiungere altro alle parole sferzanti di Flaiano che si intrecciano pienamente con l’osservazione di Bacchelli. Una volta si diceva in latino che bonum est diffusivum sui, ossia che il bene di sua natura si effonde e si allarga irradiandosi. Si potrebbe ripetere che la stoltezza ha la stessa efficacia dirompente, e l’effetto è grottesco perché genera uno stuolo di adepti. Potremmo, allora, concludere con una fine poetessa, la polacca Wislawa Szymborska: «Le persone si istupidiscono all’ingrosso e rinsaviscono al dettaglio»

(Fonte: “Il Sole 24 Ore - Domenica” -25 febbraio 2024)

in Sole 24 Ore, 25 febbraio 2024


martedì 7 maggio 2024

Smaschilizzare la Chiesa: itinerario di pace

Smaschilizzare la Chiesa: itinerario di pace

Qualche settimana fa, come Redazione di Mosaico di pace, abbiamo inviato una lettera aperta ad Avvenire, pubblicata oggi, sulla necessità di "smaschilizzare la Chiesa", accogliendo l'appello del Papa, per destrutturare un modello patriarcale che l'ha fortemente impregnata nelle sue strutture e modalità. La lettera nasce dal Dossier di ottobre di Mosaico di pace su "Il Maschile, le Chiese e noi".

“Uno dei grandi peccati che abbiamo avuto è ‘maschilizzare’ la Chiesa … È un compito che vi chiedo, per favore. Smaschilizzare la Chiesa”: parlando a braccio, papa Francesco si rivolgeva così alla Commissione Teologica internazionale il 30 novembre 2023.

Smaschilizzare è un neologismo forte. Un preciso modello di maschile ha impregnato e definitivamente plasmato la Chiesa cattolica: nelle istituzioni, nei ministeri, nelle relazioni, nella predicazione, nelle modalità di esercizio della autorità, nella sinodalità, nella missione, nel rappresentare il volto di Dio e dell’essere umano. Questa lunga eredità ha creato dinamiche di prevaricazione e forme di dominio, di repressione di ciò che è altro da sé. Clericalismo e abusi non si possono comprendere al di fuori di questo contesto storico e culturale, il cui superamento, per quanto faticoso, è un traguardo necessario per la Chiesa.

Qualche giorno prima dell’intervento del Papa, il 25 novembre 2023, la teologa Alice Bianchi scriveva sull’Osservatore romano delle voci cattoliche che commentavano gli ultimi casi di femminicidio nei giorni in cui l’Italia era in preda a una sorta di risveglio nazionale, dopo l’uccisione di Giulia Cecchettin: “In questi e in altri discorsi di voci cattoliche, colpisce soprattutto che la Chiesa venga raramente nominata, probabilmente perché qui entrano facilmente in gioco resistenze pre-razionali, costrutti culturali, che rendono difficile guardare fin dentro alle proprie storie, case, comunità. Così i singoli credenti maschi semplicemente si autoregolano per non cadere nelle trappole della società ‘là fuori’, dalla pornografia al lassismo educativo. Tutti noi non vogliamo generare o avvallare violenza, e tanto ci basta per rassicurarci che ciò non accada. Ma è un’ingenuità: dobbiamo riconoscere che nostro malgrado possiamo generare violenza, e possono anche le nostre Chiese. Il 25 novembre serve allora a notare dove gli ambienti ecclesiali contribuiscono a favorire dinamiche di prevaricazione maschile. Chiedersi come nasce la violenza di genere serve per capire cosa possiamo fare. Ma ogni discorso è vano se non si parte da sé e quindi anche dai meccanismi di dominio sulle donne che nostro malgrado si annidano nelle nostre stesse comunità, e dalle forme relazionali che credevamo buone e a volte conservano un’ambiguità”.

Smaschilizzare la Chiesa significa dunque mettere finalmente in discussione il modello egemonico di maschile. La parola richiama un’urgenza non più prorogabile. Non solo perché sarebbe l’ulteriore passo – e un passo radicale – con cui la chiesa cattolica si rende estranea al proprio tempo in quanto roccaforte religiosa del patriarcato, ma perché è ora di ascoltare. Ascoltare non più solo il grido delle donne ma l’urlo degli uomini dentro la Chiesa che si sentono stretti e soffocati da un modello subdolo di maschilità.

Guardando all’esperienza delle donne e a quanto avviene in altre Chiese in Italia bisogna imparare a partire da sé. Un certo modello di maschile è così normale che non lo si vede nemmeno. È come l’aria che respiriamo. Come l’acqua in cui nuotano i pesci. Per questo una riflessione che si limiti solo al livello della critica dei contenuti ma non incontri i corpi non è sufficiente. È ora – c’è ancora domani, c’è stato ricordato di recente – che gli uomini nella Chiesa cattolica, non da soli ma insieme, si rendano disponibili attraverso un processo di autoriflessione a smascherare in ciascuno questo veleno, che ha fatto e continua a far soffrire uomini e donne nella Chiesa. Occorre creare spazi e tempi per processi di costruzione di un modo altro e plurale di essere maschi.

In questo momento non serve un grande progetto, non tutto deve essere chiaro. È il tempo dei singoli, piccoli e concreti passi con i quali si entra in una terra ignota. Può spaventare ma è liberante. Inneschiamo questo indispensabile processo di cambiamento, con coraggio!

Come Mosaico di Pace, rivista di Pax Christi, scriviamo ad Avvenire perché sulle pagine di questa testata vogliamo portare avanti la riflessione che abbiamo solo inaugurato con il dossier di Mosaico di pace di ottobre 2023, "Il maschile, le Chiese e noi", in perfetta linea di anticipo e coerenza con l’appello papale a demaschilizzare la Chiesa.

Intendiamo qui presentare alcune proposte concrete, attuabili in tempi brevi. Non si parte da zero. C’è la preziosa riflessione delle donne nella Chiesa che da anni – con paziente e rigorosa competenza – pungolano su questo terreno. C’è anche l’esperienza feconda di quanto già avviene nelle altre Chiese in Italia, come bene descrive il dossier di Mosaico di pace. Infine, c’è la ricchezza della riflessione sul maschile articolata da tempo in alcuni gruppi di uomini (ad esempio, la associazione Maschile Plurale).
Riteniamo che questi siano i primi passi, urgenti, per intraprendere il cammino di realtà e di emancipazione che indichiamo:
1. Nella formazione dei futuri presbiteri e nei noviziati dare spazio alla teologia di genere. Questo però si lega in maniera necessaria alla creazione di gruppi di autoriflessione maschile nei seminari e nei noviziati non solo per mettere a fuoco le radici della violenza di genere, ma per iniziare quel processo di costruzione di un modello di maschile diverso e plurale.
2. Favorire e sostenere nelle Chiese locali la nascita di simili gruppi di autoriflessione maschile.
3. Mettere a fuoco il tema della teologia di genere e in specifico del “maschile” come riflessione sui linguaggi, sui modelli con cui si racconta il volto di Dio e degli esseri umani, sulla violenza di genere, nella formazione di chi svolge un servizio educativo o di catechesi, nelle comunità cristiane, nelle associazioni e nei movimenti.

Come uomini e donne della Redazione di Mosaico di Pace, insieme al gruppo di collaboratori e collaboratrici della rivista, intendiamo prenderci carico del compito a cui richiamano le parole di papa Francesco, convinti come siamo che questo processo segni la pista di un itinerario di pace. Ci rendiamo pertanto disponibili a innescare e partecipare a questo percorso, dando un contributo reale per il realizzarsi di quanto proponiamo.

La Redazione di Mosaico di Pace

La lettera pubblicata su Avvenire: clicca qui

Il Dossier di ottobre di Mosaico di pace: clicca qui

Per info e commenti: info@mosaicodipace.it

(fonte: Mosaico di Pace 07/05/2024)


Raffaele Di Muro - L’attualità e la forza della preghiera mariana

Raffaele Di Muro*
L’attualità e la forza della preghiera mariana

La preghiera mariana ha origine dalla vicinanza della Vergine ad ogni persona, dalla sua dolcissima maternità che si effonde su ognuno. Questa verità si riscontra nei Vangeli, i quali narrano la premura e la sollecitudine della Madre di Dio. Ciò accade, ad esempio, nell’episodio delle nozze di Cana (Gv 2), nel quale mostra una speciale attenzione verso gli sposi in difficoltà: è pronta a capire il loro disagio e ad intervenire invocando suo Figlio. Questa stessa cura dimostra quando si reca da Elisabetta per sostenerla ed aiutarla nel tempo del parto, secondo la puntuale descrizione “lucana” (Lc 1, 39-56). La ammiriamo al fianco di Gesù, nell’accompagnarlo in ogni evento della sua vita: dalla culla al Calvario. Sul Gòlgota è con Lui nel condividere il momento del dolore e della massima oblazione.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

La preghiera mariana ha origine dalla vicinanza della Vergine ad ogni persona, dalla sua dolcissima maternità che si effonde su ognuno. 

Questa verità si riscontra nei Vangeli, i quali narrano la premura e la sollecitudine della Madre di Dio. Ciò accade, ad esempio, nell’episodio delle nozze di Cana (Gv 2), nel quale mostra una speciale attenzione verso gli sposi in difficoltà: è pronta a capire il loro disagio e ad intervenire invocando suo Figlio. 
Questa stessa cura dimostra quando si reca da Elisabetta per sostenerla ed aiutarla nel tempo del parto, secondo la puntuale descrizione “lucana” (Lc 1, 39-56). 
La ammiriamo al fianco di Gesù, nell’accompagnarlo in ogni evento della sua vita: dalla culla al Calvario. Sul Gòlgota è con Lui nel condividere il momento del dolore e della massima oblazione. Egli si offre per la salvezza di tutti e Maria è pienamente inserita in questo incredibile mistero d’amore. 

La carità della Vergine verso tutti si manifesta fin dagli albori della Chiesa. Lo sanno bene i discepoli che, dopo l’Ascensione di Gesù al Cielo, fanno esperienza della sua vicinanza. 
Lo sanno bene i primi cristiani che si recano in pellegrinaggio nei luoghi mariani di Terra Santa per “celebrare” la sua maternità. 
La sappiamo bene noi, oggi, che invochiamo il suo aiuto in ogni evento del nostro cammino.

Storicamente, attraverso le sue molteplici apparizioni in ogni parte del mondo, ha dato un segno della sua vicinanza ai fratelli e alle sorelle di ogni popolo. Ovunque ci sono santuari e luoghi significativi che attestano solennemente la sua delicatezza materna pronta a rivelarsi nella storia di ogni persona.

Altro importante fondamento della preghiera mariana è costituito dallo speciale ruolo di Maria nella storia della salvezza. Lei è scelta da Dio per cooperare alla redenzione dell’umanità e per questo entra pienamente nel progetto d’amore da Lui pensato per il bene di ognuno. È l’Immacolata concezione chiamata da Dio perché Gesù si incarni ed entri nella storia dell’umanità. È la Madre di Dio mediante la quale il Cristo fa il suo ingresso nel mondo per portare a tutti la certezza della vita eterna. 
Tutta questa meraviglia si realizza grazie alla disponibilità della Vergine, che aderisce in pieno al meraviglioso progetto divino. Per questa ragione è definita mediatrice di grazie e di bene a favore dei fratelli e delle sorelle di ogni latitudine, di ogni tempo.

Ci sono stati santi che sono arrivati ad affidare alla Vergine tutta la loro esistenza. Essi ci fanno comprendere in che modo mirabile Ella agisce in noi e quanti miracoli può realizzare nel nostro cammino di fede. Ricordo l’esempio di S. Massimiliano Kolbe (1894-1941), martire di Auschwitz. Da giovane frate in formazione, con altri sei frati, si “consacra” all’Immacolata e fonda la Milizia dell’Immacolata (Roma 1917). Il santo dà vita ad un apostolato senza precedenti, fondando nel 1927 una vera e propria Città dell’Immacolata in Polonia. Si tratta di un centro di irradiazione del messaggio cristiano a mezzo stampa e radio. Questi si dona ancora generosamente, affidandosi a Maria, offrendo la propria disponibilità per la missione giapponese (1930-1936). Ad Auschwitz il santo polacco ha la forza di sostituirsi ad un padre di famiglia nella pena capitale. Tanta forza e tanta determinazione derivano proprio dal fatto di aver posto la propria esistenza nelle mani dell’Immacolata. 

Con Lei nel cuore tutto è un miracolo e anche gli intenti pastorali più difficili si realizzano prodigiosamente. La forza che la Vergine dona è un potente baluardo, la luce che da Lei promana è foriera di gesti eroici, come quello del santo polacco nel campo di sterminio. Sperimentando, passo dopo passo, la delicatezza della Vergine, è possibile rendere la propria vita un dono, un’oblazione. La vita di Massimiliano Kolbe, come quella di tanti santi che si sono affidati alla Madre di Dio, è la conferma che abbandonarsi nelle mani di Maria conduce al porto sicuro della comunione con il Signore e ad un cammino spirituale ed apostolico altamente significativo.
(fonte: Sir 4 Maggio 2024)

*Fra Raffaele Di Muro è il preside della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” Seraphicum, la più antica realtà accademica francescana, lo ha nominato la Congregazione per l’educazione cattolica della Santa Sede.
Nato a Lucera, in provincia di Foggia, il 25 marzo 1969, fra Di Muro emette nel 2000 la professione solenne nell’Ordine dei Frati Minori Conventuali e l’anno successivo viene ordinato presbitero. Laureato in Scienze politiche all’Università di Bari, nel 2001 consegue il diploma di Grafologo alla Scuola Superiore “Girolamo Moretti” di Roma e nel 2004 il dottorato in Sacra Teologia alla Facoltà che oggi è chiamato a guidare. Diversi gli incarichi accademici ricoperti, tra i quali quello di docente ordinario di Teologia Spirituale e di Spiritualità Francescana alla Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura”, dove è direttore della Cattedra Kolbiana, coordinatore della Licenza in Francescanesimo e direttore della “Scuola di Grafologia Seraphicum”. È inoltre docente invitato di Teologia mistica all’Istituto di Spiritualità della Pontificia Facoltà Teologica Teresianum, di Storia della Spiritualità all’Istituto Francescano di Spiritualità presso la Pontificia Università Antonianum e di Teologia Spirituale e Storia della Spiritualità all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.
«Molto vivace l’attività di studio e ricerca – informano dal Seraphicum -, che registra una ricca bibliografia sulla spiritualità e sul francescanesimo, con una particolare attenzione rivolta a santa Chiara d’Assisi, al confratello san Massimiliano Kolbe e ai mistici, francescani ma non solo. In ambito editoriale, fra Di Muro è direttore responsabile ed editoriale di Miscellanea Francescana (la più antica rivista di studi francescani, a carattere scientifico, a livello nazionale e internazionale) e dell’omonima casa editrice, riveste inoltre l’incarico di direttore editoriale delle riviste Miles Immaculata e Luce Serafica, oltre che di redattore del mensile San Bonaventura informa».
Ancora, già assistente spirituale della Milizia dell’Immacolata internazionale (di cui è stato anche presidente), dal 2014, con nomina di Papa Francesco, è Consultore della Congregazione per le Cause dei Santi.


Impegniamoci per una pace fondata sull'infinita e inalienabile dignità della persona

Impegniamoci per una pace fondata sull'infinita e inalienabile dignità della persona

Parte da Trieste - in vista delle settimane sociali di Luglio - l'appello dalle associazioni cattoliche ai candidati alle elezioni europee. «L’Unione Europea» si legge nel documento, «sognata sulle macerie della guerra, costruita sull’utopia della pace, ha un ruolo decisivo»


«Ci siamo incontrati, in questi giorni a Trieste» si legge nel documento delle associazioni cattoliche ai candidati alle elezioni europee firmato sabato 4 maggio «per riflettere sul tema della prossima Settimana Sociale, dal titolo Al cuore della democrazia (dal 3 al 7 Luglio, ndr), e abbiamo condiviso l’urgenza di rivolgere insieme un appello accorato per la Pace ai leader dei Governi, ai rappresentanti delle istituzioni e, in particolare, a coloro che si candidano a guidare l’Unione Europea. Emerga con decisione un impegno condiviso per una Pace fondata sul riconoscimento dell'infinita e inalienabile dignità della persona».

Un documento che vede tra i primi firmatari Acli, Agesci, Azione cattolica italiana, Comunione e Liberazione, Comunità di Sant’Egidio, Movimento cristiano lavoratori, Movimento politico per l’unità, Rinnovamento nello Spirito. E prosegue citando le parole del Papa: «Solo pochi giorni fa papa Francesco ha ribadito in modo inequivocabile: “Non dimentichiamoci delle guerre. Preghiamo per la pace. La guerra è sempre una sconfitta, sempre!”. La guerra non è mai stata la soluzione dei conflitti e delle tensioni tra popoli e nazioni, ma ha sempre causato morte e sofferenza per tutti e, in particolare, per i più deboli che pagano e pagheranno sempre il prezzo più alto».

La guerra è una sconfitta «del diritto e della comunità internazionale e dell’umanità intera. Conflitti imperversano alle nostre porte, in Ucraina, in Terra Santa e in tanti altri posti, del mondo, con armi sempre più potenti e dagli effetti devastanti per le persone e per l’ambiente. In questa ora così terribile per il mondo sentiamo di essere chiamati a una conversione profonda e a dare un giudizio comune e chiaro: la Pace è il dovere della politica. Un ostinato e creativo dovere».

Guardando alle elezioni di Giugno coclude: «l’Unione Europea, sognata sulle macerie della guerra, costruita sull’utopia della pace, ha un ruolo decisivo. E tutti noi ci sentiamo responsabili dell’eredità di politici europei, credenti e non, che hanno anteposto la vita e le ragioni che uniscono dinanzi a ciò che divide. Lo ha ricordato recentemente anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Il mondo ha bisogno di pace, stabilità, progresso, e l’Unione europea è chiamata a dare risposte concrete alle aspirazioni di quei popoli che guardano al più imponente progetto di cooperazione concepito sulle macerie del secondo conflitto mondiale”. Per questo facciamo appello alle forze politiche e a chi si candida alle imminenti elezioni europee perché si assuma esplicitamente la responsabilità di porsi come interlocutore per la Pace, proponendo senza riserve la via diplomatica e della vera politica.
Non possiamo rassegnarci al fatto che la retorica bellicistica e la non-cultura dello scontro invada la nostra vita dalle relazioni personali alle relazioni sociali e politiche. Continueremo a impegnarci sul terreno educativo e formativo, nella solidarietà concreta verso i più deboli e le vittime delle ingiustizie, nel dialogo per il bene comune con le donne e gli uomini di buona volontà. Oggi più che mai, la politica è “la più alta forma di carità” se persegue la Pace».
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Chiara Pelizzoni 05/05/2024)


lunedì 6 maggio 2024

Alessandro Ricciardi - Maria, modello e maestra di vita spirituale

Alessandro Ricciardi*
Maria, modello e maestra di vita spirituale

Mi ha sempre colpito quello che potrei definire un “punto comune” nelle numerose apparizioni mariane approvate dalla Chiesa, ossia il fatto che la Madonna scenda dal Cielo per ricordare, innanzitutto, agli uomini, la necessità della preghiera. Sembra che la Madonna venga a ricordarci qual è la cosa più importante, direi vitale, per ogni cristiano, quella cosa che Lei stessa ha messo come “primo punto” della propria vita spirituale, al di sopra e prima di ogni altra: la preghiera.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

La Vergine Maria donna orante: è il titolo di una delle catechesi che papa Francesco ha dedicato nel 2020 al tema della preghiera. Donna orante: bellissima icona della Madre di Dio! “La Madonna pregava. Quando ancora il mondo la ignora,… Maria prega.… Possiamo immaginare la giovane di Nazareth raccolta nel silenzio, in continuo dialogo con Dio… Maria è in preghiera, quando l’arcangelo Gabriele viene a portarle l’annuncio… Maria accompagna in preghiera tutta la vita di Gesù, fino alla morte e alla risurrezione; e alla fine continua, e accompagna i primi passi della Chiesa nascente”. Anche ora, “Maria è lì, a pregare per noi, a pregare per chi non prega. A pregare con noi. Perché? Perché lei è la nostra Madre” (Papa Francesco, 18 novembre 2020).

Mi ha sempre colpito quello che potrei definire un “punto comune” nelle numerose apparizioni mariane approvate dalla Chiesa, ossia il fatto che la Madonna scenda dal Cielo per ricordare, innanzitutto, agli uomini, la necessità della preghiera.

Guardando solo alle recenti, più conosciute, sue manifestazioni, come non notare il gesto di approvazione che la Vergine fa con il capo, a Lourdes, quando la piccola Bernardette Soubirous prende in mano il rosario e si inginocchia per la preghiera? Ma anche il segnarsi stesso di Maria con il segno della Croce – immagino con quale fede e devozione – e il suo prendere in mano il rosario, che portava al braccio, per unirsi poi alla piccola veggente nella recita del Gloria. Non era forse un richiamare all’importanza di quella preghiera?

Anche a Fatima, Nostra Signora è venuta a chiedere preghiera e penitenza, dicendo ai tre pastorelli: “Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori… Recitate il Rosario ogni giorno…”.

E, infine, solo per citarne un’altra più recente, quella di Kibeho, dove nell’ultima apparizione, il 28 novembre 1989, la Vergine dei Dolori ripete per tre volte l’invito: “Figli miei, pregate, pregate, pregate!”.

Sembra, dunque, che la Madonna venga a ricordarci qual è la cosa più importante, direi vitale, per ogni cristiano, quella cosa che Lei stessa ha messo come “primo punto” della propria vita spirituale, al di sopra e prima di ogni altra: la preghiera.

“Chi prega si salva”

Qual è il motivo per cui Maria ci invita così ripetutamente alla preghiera?

Perché la Madonna sa che cosa è davvero necessario nella nostra vita. Perché sa – per dirla con la massima coniata da sant’Alfonso Maria de’ Liguori – che solo “chi prega si salva”, mentre “chi non prega si danna”. La preghiera, infatti, scrive il santo campano, è “il mezzo necessario e sicuro per ottenere la salvezza e tutte le grazie di cui abbiamo bisogno per conseguirla… Il salvarsi senza pregare è difficilissimo, anzi impossibile … ma, pregando, il salvarsi è cosa sicura e facilissima”.

La preghiera è necessaria alla salvezza e, poiché la buona Mamma del Cielo vuole che tutti i suoi figli vadano in Paradiso, ci invita accoratamente a praticarla.

Con l’invito, poi, a pregare per “i poveri peccatori” (Fatima, 13 luglio 1917) ci spinge a risvegliare anche la consapevolezza della nostra appartenenza al Corpo mistico di Cristo, aiutandoci, così, a liberarci dal “virus” dell’individualismo, che tanto insidia la nostra umanità.

Maria ci consegna la “Sua” preghiera.

La preghiera che la Madonna raccomanda sempre è la recita del Santo Rosario, perché è una preghiera «destinata a portare frutti di santità» (RVM, 1). Il Rosario, orazione dal cuore cristologico, è la preghiera di Maria. L’evangelista Luca, infatti, ci dice che Ella vive con gli occhi su Cristo e fa tesoro di ogni sua parola: “serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19). “La contemplazione di Cristo ha in Maria il suo modello insuperabile… Alla contemplazione del volto di Cristo nessuno si è dedicato con altrettanta assiduità di Maria” (RVM, 10). Questo pensare, questo meditare i vari momenti trascorsi accanto al Figlio costituisce il “rosario” che Ella stessa ha costantemente pregato nei giorni della sua vita terrena. Con la corona del Rosario, la Vergine “Maria ripropone continuamente ai credenti i ‘misteri’ del suo Figlio, col desiderio che siano contemplati, affinché possano sprigionare tutta la loro forza salvifica. Quando recita il Rosario, la comunità cristiana si sintonizza col ricordo e con lo sguardo di Maria” (RVM, 11).

Amati da Dio

Alla scuola di Maria, siamo così spinti a contemplare la bellezza del volto di Cristo e fare esperienza della profondità del suo amore (cfr. RVM, 1).

La contemplazione delle mirabilia Dei nella propria vita e nella storia dell’umanità ci spinge alla fiducia e alla lode. Per questo Maria loda Dio nel Magnificat, facendo “teologia della storia”.

“Tutto ciò che le capita intorno finisce con l’avere un riflesso nel profondo del suo cuore: i giorni pieni di gioia, come i momenti più bui, quando anche lei fatica a comprendere per quali strade debba passare la Redenzione. Tutto finisce nel suo cuore, perché venga passato al vaglio della preghiera e da essa trasfigurato” (Papa Francesco).

La scoperta dell’amore di Dio, poi, spinge a fare la sua volontà e a dire: ““Signore, quello che Tu vuoi, quando Tu vuoi e come Tu vuoi”… Se nella preghiera comprendiamo che ogni giorno donato da Dio è una chiamata, allora allarghiamo il cuore e accogliamo tutto. Si impara a dire: “Quello che Tu vuoi, Signore. Promettimi solo che sarai presente ad ogni passo del mio cammino”” (Papa Francesco).

La “liturgia” della vita

La preghiera fatta bene, dunque, ci aiuta, come Maria, ad abbracciare la volontà di Dio in ogni cosa e a trasformare tutto in offerta a Lui gradita.

Quanto “soave profumo” saliva quotidianamente al Cielo dalla vita di Maria! La Sua grandezza non era nell’esteriorità – apparentemente era una donna come tutte le altre –, ma nell’interiorità; infatti, “Dio ricerca piuttosto l’intenzione, con la quale compiamo le nostre azioni, che l’opera medesima che noi facciamo… L’offerta spirituale che purifica noi e sale gradita a Dio, non è tanto l’opera delle nostre mani in se stessa, quanto il sacrificio spirituale che si immola nel tempio del cuore, ravvivato dalla presenza e dal compiacimento di Cristo Signor nostro” (san Lorenzo Giustiniani). Nulla è piccolo di ciò che è fatto per amore. E quanto amore era nel Cuore di Maria!

“Volete offrirvi a Dio…”, chiese la Vergine SS.ma a Fatima, il 13 maggio 1917. Senza esitazione alcuna, la piccola Lucia, a nome dei tre pastorelli, rispose con un sì incondizionato alla Madonna che, anche qui, veniva a proporre il suo proprio stile di vita:

ossia una santità fatta non di eventi straordinari, ma di normalità, di semplicità, di offerta a Dio di tutta la propria esistenza, in virtù del sacerdozio battesimale, proprio di ogni cristiano.

Una chiamata a vivere in pienezza il “comandamento” dell’amore, verso Dio e verso il prossimo, vero segno di autenticità dell’orazione.

*Servi del Cuore Immacolato di Maria
(fonte: Sir 4 Maggio 2024)

Papa Francesco «Il Signore ci vuole bene, come amico vuole il nostro bene e ci vuole partecipi del suo.» Regina Caeli 05/05/2024 (testo e video)

REGINA CAELI

Piazza San Pietro
VI Domenica del Tempo di Pasqua, 5 maggio 2024


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi il Vangelo ci parla di Gesù che dice agli Apostoli: “Non vi chiamo più servi, ma amici” (cfr Gv 15,15). Cosa significa questo?

Nella Bibbia i “servi” di Dio sono persone speciali, a cui Egli affida missioni importanti, come ad esempio Mosè (cfr Es 14,31), il re Davide (cfr 2 Sam 7,8), il profeta Elia (cfr 1 Re 18,36), fino alla Vergine Maria (cfr Lc 1,38). Sono persone nelle cui mani Dio pone i suoi tesori (cfr Mt 25,21). Ma tutto questo non basta, secondo Gesù, per dire chi siamo noi per Lui, non basta, ci vuole di più, qualcosa di più grande, che va al di là dei beni e degli stessi progetti: ci vuole l’amicizia.

Fin da bambini impariamo quanto è bella questa esperienza: agli amici offriamo i nostri giocattoli e i doni più belli; poi crescendo, da adolescenti, confidiamo loro i primi segreti; da giovani offriamo lealtà; da adulti condividiamo soddisfazioni e preoccupazioni; da vecchi condividiamo i ricordi, le considerazioni e i silenzi di lunghe giornate. La Parola di Dio, nel Libro dei Proverbi, ci dice che «profumo e incenso allietano il cuore e il consiglio dell’amico addolcisce l’animo» (27,9). Pensiamo un momento ai nostri amici, alle nostre amiche, e ringraziamone il Signore! Uno spazio per pensare a loro…

L’amicizia non è frutto di calcolo, e neanche di costrizione: nasce spontaneamente quando riconosciamo nell’altro qualcosa di noi. E, se è vera, l’amicizia è tanto forte che non viene meno neanche di fronte al tradimento. «Un amico vuol bene sempre» (Pr 17,17) – afferma ancora il Libro dei Proverbi –, come ci mostra Gesù quando a Giuda, che lo tradisce con un bacio, dice: «Amico, per questo sei qui!» (Mt 26,50). Un vero amico non ti abbandona, nemmeno quando sbagli: ti corregge, magari ti rimprovera, ma ti perdona e non ti abbandona.

E oggi Gesù, nel Vangelo, ci dice che noi per Lui siamo proprio questo, amici: persone care al di là di ogni merito e di ogni attesa, alle quali tende la mano e offre il suo amore, la sua Grazia, la sua Parola; con le quali – con noi, amici – condivide quello che ha di più caro, tutto quello che ha udito dal Padre (cfr Gv 15,15). Fino a farsi fragile per noi, a mettersi nelle nostre mani senza difese e senza pretese, perché ci vuole bene. Il Signore ci vuole bene, come amico vuole il nostro bene e ci vuole partecipi del suo.

E allora chiediamoci: che volto ha per me il Signore? Il volto di un amico o di un estraneo? Mi sento amato da Lui come una persona cara? E qual è il volto di Gesù che testimonio agli altri, specialmente a quelli che sbagliano e hanno bisogno di perdono?

Maria ci aiuti a crescere nell’amicizia col suo Figlio e a diffonderla attorno a noi.
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DOPO REGINA CAELI

Cari fratelli e sorelle!

Invio con tanto affetto i miei auguri ai fratelli e alle sorelle delle Chiese Ortodosse e di alcune Chiese Cattoliche Orientali che oggi, secondo il calendario giuliano, celebrano la Santa Pasqua. Il Signore risorto colmi di gioia e di pace tutte le comunità, e conforti quelle che sono nella prova. A loro, Buona Pasqua!

Assicuro la mia preghiera per le popolazioni dello Stato di Rio Grande do Sul, in Brasile, colpite da grandi inondazioni. Il Signore accolga i defunti e conforti i familiari e quanti hanno dovuto lasciare le loro case.

Saluto i fedeli di Roma e di diverse parti d’Italia e del mondo, in particolare i pellegrini provenienti dal Texas, dall’arcidiocesi di Chicago e da Berlino; gli studenti della Scuola Saint-Jean de Passy di Parigi e il gruppo Human Life International. Saluto i giovani di Certaldo e Lainate; i fedeli di Ancona e Rossano Cariati; i ragazzi della Cresima di Cassano D’Adda, dell’Unità pastorale del Tesino e della parrocchia S. Maria del Rosario in Roma. E saluto e ringrazio tanto le bande musicali di varie parti d’Italia: grazie a voi, che avete suonato tanto bene, e spero che continuate a suonare un po’. Grazie! Saluto il gruppo “Francigeni Monteviale”; come pure i cittadini di Livorno e Collesalvetti, che da tempo attendono la bonifica dei territori più inquinati, preghiamo per loro.

Un saluto caloroso rivolgo alle nuove Guardie Svizzere e ai loro familiari, in occasione della festa di questo storico e benemerito Corpo. Un applauso alle Guardie Svizzere!

Accolgo con piacere l’Associazione “Meter”, impegnata nel contrasto ad ogni forma di abuso sui minori. Grazie, grazie per il vostro impegno! E continuate con coraggio la vostra importante attività.

E per favore, continuiamo a pregare per la martoriata Ucraina – soffre tanto! – e anche per Palestina e Israele, che ci sia la pace, affinché il dialogo si rafforzi e porti buoni frutti. No alla guerra, sì al dialogo!

Auguro a tutti una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Saluto i ragazzi dell’Immacolata, così bravi. Buon pranzo e arrivederci!

Guarda il video



domenica 5 maggio 2024

Preghiera dei Fedeli - Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto (ME) - VI Domenica di Pasqua ANNO B

Fraternità Carmelitana 
di Pozzo di Gotto (ME)

Preghiera dei Fedeli


VI Domenica di Pasqua ANNO B

5 maggio 2024 

Per chi presiede

Fratelli e sorelle, il Signore Gesù, il Risorto, il Vivente, ci ha comandato di rimanere in Lui, di fare casa in Lui e con Lui, per imparare a vivere come suoi discepoli l’amore reciproco e accogliente. Per questo rivolgiamo con fiducia al Signore Gesù le nostre preghiere ed insieme diciamo:


R/   Signore, donaci il tuo amore

  

Lettore

- Signore Gesù, tu ami la tua Chiesa di un amore sponsale. Fa’ che essa non si allontani mai da Te, ma sappia vivere del tuo stesso amore, che è amore gratuito, fedele ed eterno, per comunicare all’umanità di oggi il gusto della gratuità e dell’accoglienza dell’altro come figlio e figlia di Dio Padre. Preghiamo.

- Fa’, o Signore Gesù, che in questo tempo così tragico, segnato da cinismo, violenze e guerre, l’umanità ritrovi il coraggio di riscoprire la Pace come il valore primario e la condizione indispensabile per disarmare ogni forma di odio e di potere arrogante e violento, e così poter riprendere a vivere relazioni umane autentiche di amicizia e di solidarietà. Preghiamo.

- Sostieni ed accompagna, Signore Gesù, quanti sono impegnati nel volontariato. Fa’ che le organizzazioni non governative, i gruppi missionari e le singole persone contribuiscano a far crescere in coloro di cui si prendono cura il senso della loro dignità ed una maggiore consapevolezza delle loro ricchezze attitudinali e culturali. Preghiamo.

- Ti affidiamo, Signore Gesù, i nostri parenti, i nostri amici e tutte le persone, che vivono un grave momento di prova. Ricordati, soprattutto, dei malati, dei disabili e degli anziani, in particolare di coloro che vivono nella solitudine senza il conforto della vicinanza altrui. Preghiamo.

- Davanti a Te, Gesù, Figlio amato del Padre e nostro Fratello, ci ricordiamo dei nostri parenti e amici defunti [pausa di silenzio]; ci ricordiamo anche di coloro che muoiono nell’abbandono e nella solitudine, come pure nella disperazione del suicidio. A tutti dona di contemplare il tuo Volto di Amore e Mitezza. Preghiamo.


Per chi presiede

Signore Gesù, ascolta le suppliche della tua Chiesa in preghiera. Illumina le nostre coscienze, affinché, come veri tuoi amici e discepoli, impariamo a vivere il comandamento dell’amore vicendevole e a servirti con cuore puro e buona coscienza. Te lo chiediamo perché tu sei il nostro Signore e Maestro, vivente nei secoli dei secoli.  AMEN.


"Un cuore che ascolta - lev shomea" n° 25 - 2023/2024 anno B

"Un cuore che ascolta - lev shomea"

"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)



Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino


VI DOMENICA DI PASQUA ANNO B 

Vangelo:


E' il vertice della rivelazione dell'amore, unico e totale, che il Padre ha per il Figlio e che il Figlio ha per ognuno di noi. Lo scopo di tutta l'esistenza di Gesù è quello di comunicare la gioia dell'amore dell'Uno per l'Altro che è lo Spirito Santo. Ma perché lo Spirito di Dio dimori in noi è necessario che custodiamo i comandamenti di Gesù, che in realtà è un solo comandamento: che ci amiamo gli uni gli altri come Lui ci ama. Infatti, «Chi edifica la sua vita sull'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui» (1Gv 4,16). Ecco cosa domandare al Padre nel Nome del Figlio: che possiamo amare i fratelli col Suo stesso amore, perché fino a quando non è reciproco, l'amore rimane dimezzato. L'amore di Dio diviene in noi autentico, credibile e creduto solo quando lo investiamo amandoci reciprocamente come Lui ci ha amati, fino alla fine, fino al dono totale di sé. L'Amore di Dio, infatti, non è un vago sentimento, una speculazione filosofica, una illuminazione intellettuale, l'Amore di Dio è vita concreta, spezzata e spesa nell'amore per i fratelli. L'amore si prova con i fatti più che con i sentimenti e con le parole, proprio per questo Gesù giunge ad affermare: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13)