domenica 31 marzo 2024

"Un cuore che ascolta - lev shomea" n° 20 - 2023/2024 anno B

"Un cuore che ascolta - lev shomea"

"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)



Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino


DOMENICA DI PASQUA - RISURREZIONE DEL SIGNORE ANNO B 

Vangelo:

Gv 20,1-9


«Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove lo hanno posto», è il grido angosciato di Maria di Magdala che, immersa ancora nelle tenebre della sua notte oscura, cerca invano tra i morti Colui che è Vivente. Il sepolcro, luogo della memoria (mneméion) della morte dove tutti un giorno saremo riuniti, ugualmente sconfitti, è vuoto. E' la grande sorpresa del mattino di Pasqua, presupposto fondativo della nostra fede in Gesù, Messia, Figlio di Dio, che pone come destino ultimo dell'uomo non la morte, ma la resurrezione per la vita eterna. «Se Cristo non è risorto, allora vana è la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede» (1Cor 15,14). Ma il Signore Gesù è Vivente, E' il grido incontenibile di coloro che, nella loro vita, fanno esperienza di Gesù, Crocifisso e Risorto; di quanti credono che la vita ha un inizio, ma non avrà mai fine perché la vita è più forte della morte, che «il sepolcro vuoto è solo il talamo nuziale dove il Signore della vita si è unito a tutti gli uomini comunicando loro il suo Profumo» (cit.). Gesù è il Vivente - ieri, oggi, sempre - perché è vissuto ed è morto amando tutti, senza odiare, senza maledire coloro che lo oltraggiavano e lo inchiodavano a una croce. Per questo amore, segno della sua fedeltà al Padre e ai fratelli, «Dio lo esaltò e gli donò il Nome che è al di sopra di ogni altro nome» resuscitandolo dai morti.


sabato 30 marzo 2024

L'ODORE DELLA VITA - Pasqua è il tema più arduo e bello di tutta la Bibbia. ... Pasqua: “Il buon profumo di Cristo è odore di vita per la vita” - DOMENICA DI PASQUA ANNO B- Commento al Vangelo a cura di P. Ermes Ronchi

L'ODORE DELLA VITA
 

Pasqua è il tema più arduo e bello di tutta la Bibbia. ... 
Pasqua: “Il buon profumo di Cristo è odore di vita per la vita” 


Maria di Màgdala si recò al sepolcro quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!» (...). Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo giunse per primo al sepolcro. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario. Allora entrò anche l’altro discepolo, e vide e credette. Giovanni 20,1-9

L'ODORE DELLA VITA
 
Pasqua è il tema più arduo e bello di tutta la Bibbia. ... 
Pasqua: “Il buon profumo di Cristo è odore di vita per la vita”
 

Pasqua è il tema più arduo e bello di tutta la Bibbia. Arduo perché va contro ogni evidenza, bello perché rotola via i massi dall’imboccatura del cuore.

Pasqua non porta solo la salvezza che ci estrae dalle acque limacciose, ma la redenzione, che è molto di più, che trasforma la debolezza in forza, la maledizione in benedizione, il rinnegamento di Pietro in atto di fede, il mio difetto in energia nuova, la mia fuga in corsa intrepida.

Maria di Magdala esce di casa avvolta nel buio, del cielo e del cuore. Non ha niente tra le mani, non aromi come le altre donne, ma soltanto il suo amore impastato al dolore, che si ribella all'assenza di Gesù.

E vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.

Nel fresco dell'alba il sepolcro è spalancato, vuoto e risplendente, affacciato sulla primavera. Un sepolcro aperto come il guscio di un seme, che prima di posarsi ha imparato a volare.

Maria corse da Simone e dall’altro discepolo, che Gesù amava... correvano insieme Pietro e Giovanni.

Perché tutti corrono in quel mattino di Pasqua?

Perché tutto ciò che riguarda Gesù non sopporta mezze misure, e si merita tutta la fretta dell’amore, che è sempre in ritardo sulla fame di abbracci. Corrono perché hanno ansia di luce che sia vita.

L’altro discepolo, quello che Gesù amava, corse più veloce. Giovanni arriva prima di Pietro a capire il senso della risurrezione, e a crederci. Il discepolo amato ha «intelletto d’amore» (Dante), l’intelligenza del cuore. Chi ama capisce di più, capisce prima, capisce più a fondo. Infatti i sapienti camminano, i giusti corrono ma gli innamorati volano.

Vide i teli posati là.

Giovanni entrò, vide e credette. Anche di Pietro è detto che vide, ma non che credette. Giovanni crede perché i segni sono eloquenti solo per il cuore che sa leggerli, e il suo brucia la distanza tra Gerusalemme e il giardino, tra i segni e il loro significato, tra i teli posati là e il corpo assente.

È pronto alla fede perché si sa amato: «ti vedrò nell’amore avuto e dato./ Ma se altro è il tuo cielo/ non ti vedrò Signore» (C. Cremonesi).

Il primo segno di Pasqua è il corpo assente. Nella storia umana manca un corpo, per pareggiare il conto degli uccisi. Ma Gesù non è semplicemente il Risorto, non è l'attore di un evento che si è consumato una volta per tutte nel giardino di fronte Gerusalemme. Pasqua non è conclusa. Se noi tutti formiamo il corpo di Cristo, allora come mi è contemporanea la croce, così lo è anche la Risurrezione. Chi vive in lui, è lui com-preso, cioè preso-dentro il suo risorgere.

Pasqua solleva allora questo nostro pianeta di tombe verso un mondo dove il male non vince, dove il carnefice non ha ragione della sua vittima in eterno, dove le piaghe della vita possono distillare luce.

Pasqua: “Il buon profumo di Cristo è odore di vita per la vita” (2 Cor 2,16).

Il sabato santo del tempo che viviamo

Sergio Di Benedetto
Il sabato santo del tempo che viviamo

Un prolungato silenzio di Dio è esperienza di tutti, ma sembra anche la nota dominante di questo scorcio di storia


C’è un silenzio di Dio con cui ognuno, prima o poi, deve fare i conti. È un silenzio che nasce da un’assenza, da un’avventura conclusa, da una speranza caduta. È il silenzio in cui Dio non appare più, non si fa sentire. Il Dio nascosto si è reso ancora più nascosto: non solo manca la sua voce, ma anche quel soffio leggero di vento che eravamo soliti percepire pare ormai scomparso.
Chi, onestamente, può dire di non avere mai sperimentato il silenzio di Dio? Forse, se abbiamo il coraggio di entrare nella nostra fatica, nelle nostre ombre, dobbiamo riconoscere che la vita è spesso un lungo sabato santo, quando viene meno un Dio a cui avevamo cucito addosso qualche immagine, a cui avevamo attribuito qualche volontà e qualche azione, e un altro Dio ancora non appare all’orizzonte. C’è sempre, nell’esistenza del cristiano, il momento in cui Dio non si rivela come pensavamo e, alla caduta di una narrazione, di una costruzione, di un mito — leale, giusto, non per forza sbagliato – segue il silenzio. Anche se avevamo dato fiducia, avevamo confidato, avevamo affidato.
C’è il tempo del silenzio di Dio, in ogni biografia.

E, forse, questo scorcio di storia che attraversiamo è ugualmente un tempo di silenzio di Dio. Tra malvagità diffuse e violenze, tra morti e disorientamenti globali, tra paure e sconfitte, dove è la voce di Dio? Se facciamo scorrere il calendario degli ultimi anni, ricordiamo e vediamo pandemie e guerre, terrorismo e speculazioni, barbarie di gesti e parole, scandali e tensioni; la speranza, la carità, la fede sembrano affondate nell’indifferenza, nel consumismo, nella superficialità. Chi ancora ha il coraggio di osare parole come ‘bontà’, ‘misericordia’, ‘pace’, ‘giustizia’? Se ci guardiamo attorno con franchezza, oltre le emotività e i devozionalismi consolanti, oltre le apparenze e le ipocrisie dei ruoli, come negare spazio al dubbio? Come non ammettere che il Dio in cui avevamo fede sembra che non solo si sia addormentato sulla barca, ma che davvero sia sepolto in una tomba? Una tomba di molte nostre idee su Dio e sull’uomo.

È il sabato santo il giorno che tratteggia il nostro momento attuale: non è ancora tempo di luce. È tempo di silenzio di Dio, in una società che annaspa sommersa dalla parola vuota, dal pettegolezzo, dalla calunnia, dalla falsità, dal mercimonio delle verità, dalle comunicazioni false, dalle idolatrie più varie.
È il tempo del silenzio in una società che non riesce più a dare valore al silenzio.

Forse la fede comincia quando cessa la voce di Dio e si aprono le ampiezze del silenzio, perché lì, senza rete, dobbiamo concedere qualcosa di noi stessi a chi non avvertiamo più. È qui, forse, il mistero del sabato santo? È qui la misura quotidiana e ripetuta della nostra fede, tra il già del Dio morto e il non ancora del Dio risorto? Abitiamo un lungo sabato santo che domanda speranza, che genera fede? È questa la preghiera più vera, quella che nasce dal silenzio nostro di fronte al silenzio di Dio?

«Rabbi Moshe Löb diceva: Cerchi il fuoco? Lo troverai nella cenere» (Martin Buber).
Che ciascuno possa sperimentare la cenere senza perdere la speranza di trovare il fuoco.
(fonte: Vino Nuovo 30/03/2024)


“Dio non si apprende”: sulla via della croce con Madeleine Delbrêl


“Dio non si apprende”:
sulla via della croce con Madeleine Delbrêl

Accostiamoci alla Passione di Cristo facendoci guidare dalle parole di Madeleine Delbrêl, nel centenario della sua conversione


Il 29 marzo di quest’anno ricorrono i cento anni dalla conversione di Madeleine Delbrêl (1904-1964), poetessa, mistica, assistente sociale francese; donna di grande profezia, scelse di vivere nella periferia parigina, a “Ivry la rossa”, secondo una vita donata nel mondo, a servizio del Vangelo. A Ivry Madeleine entrò in dialogo con la città atea, comunista e capitalista, toccando con mano le molteplici povertà del mondo moderno. Da quella sua immersione quotidiana, scaturì una spiritualità incandescente, coraggiosa, basata sul lento procedere dei giorni, nelle fatiche ordinarie di ogni esistenza, in ogni stato di vita, nell’amore libero e fedele per la Chiesa.
Ricordiamo i cento anni della sua conversione meditando la Passione di Gesù con alcune riflessioni tratte dagli scritti di questa piccola donna, grande ‘santa’ del quotidiano.


Prima stazione: Gesù nel Getsemani

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo,
perché con l’offerta della tua vita hai redento il mondo

Giunsero a un podere chiamato Getsèmani ed egli disse ai suoi discepoli: “Sedetevi qui, mentre io prego”. Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: “La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate”. Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. E diceva: “Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu”.

(Mc 14, 32-26)

Poiché troviamo nell’amore un’occupazione sufficiente, non abbiamo cercato il tempo per classificare gli atti in preghiere e in azioni. Troviamo che la preghiera è un’azione e l’azione una preghiera; ci sembra che l’azione veramente amorosa è tutta piena di luce. Ci sembra che di fronte ad essa l’anima è come una notte tutta protesa verso la luce che sta per venire. E quando la luce si fa – il volere di Dio chiaramente compreso – ecco l’anima viverla con dolcezza piena, con pacatezza piena, guardando Dio animarsi e agire in essa. Ci sembra che l’azione sia anche una preghiera d’implorazione[…]
I nostri passi camminano in una strada, ma il nostro cuore batte nel mondo intero. È per questo che i nostri piccoli atti, nei quali non sappiamo distinguere fra azione e preghiera, uniscono così perfettamente l’amore di Dio e l’amore dei nostri fratelli.
(Noi delle strade)

Padre nostro…


Seconda stazione: Gesù e Pilato

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo,
perché con l’offerta della tua vita hai redento il mondo

Allora Pilato gli disse: “Dunque tu sei re?”. Rispose Gesù: “Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”. Gli dice Pilato: “Che cos’è la verità?”.
(Gv 18, 37-38)

Quando di uno si dice «È qualcuno», ci si capisce subito. Dio è «Qualcuno» è per me la migliore traduzione dell’ «Io credo in Dio». questo dice un po’ qualcosa, mentre tutte le altre parole che vogliono «dare un’idea di Dio» parlano in effetti di un Dio che sarebbe un’idea, non vivente, non attiva, non effettuale, in due parole, non qualcuno. Per molti che non sono cristiani «Dio è qualcuno». Non lo hanno inventato, ma indovinato attraverso quella sua opera che è la vita. Costoro, più amano la vita, più indovinano Dio. Checché sia quel che amano nella realtà dela vita. […] Ma niente di tutto questo può insegnarci Dio. Dio non si apprende. Non si apprende qualcuno.
(Manifesto del cristiano al mondo ateo)

Padre nostro…


Terza stazione: Gesù è condannato a morte

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo,
perché con l’offerta della tua vita hai redento il mondo.

Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.
(Lc 23, 23-25)

La fede, quella vera, tiene bene. […]. Sarebbe assurdo pensare che il cristiano sia fatalmente condotto a perdere la fede nei contesti in cui la fede non è stata annunciata. […] Talvolta ci ricordiamo che la fede è nel tempo e per il tempo. Allora siamo tentati di renderla completamente temporale, di naturalizzarla. Altre volte, abbagliati da quanto la fede ci apporta di eterno, pensiamo di essere fedeli attraverso l’immobilità. Ora, se Dio è immutabile, non è l’immobilità che ci rende simili a Lui. La fede, quella vera, è per intero fatta per condurci dal tempo, per farci vivere dal tempo verso la vita eterna, nella vita eterna. Ma non possiamo accedere per la fede a questa vita eterna che nel tempo e attraverso il tempo, poiché la fede è essa stessa temporale. La fede deve passare, san Paolo lo dice: “Essa passerà”. La fede è una passante; nessun tempo le è refrattario, essa non è refrattaria a nessun tempo, è fatta per il tempo, è destinata a ciascun tempo, e quando un tempo sembra esserle refrattario, è a noi che è senza dubbio refrattario perché trasciniamo con noi il residuo di un altro tempo che si trova ad essere in contraddizione col tempo che dobbiamo vivere. Tuttavia, la fede vera, nuda, non trova nel tempo un’accoglienza confortevole. La fede nel nostro tempo recepisce le domande di questo tempo, ne viene sottoposta a domande, sovente ne viene messa in questione. È la regola del gioco, è la legge della Redenzione.
(Tempo d’oggi, tempo della nostra fede)

Padre nostro…


Quarta stazione: Gesù cade lungo la via della croce

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo,
perché con l’offerta della tua vita hai redento il mondo

Per il superbo l’umiltà è obbrobrio,
così per il ricco è obbrobrio il povero.
Se il ricco vacilla, è sostenuto dagli amici,
ma l’umile che cade è respinto dagli amici
(Sap 13, 20-21)

La passione, la nostra passione, sì, noi l’attendiamo. Noi sappiamo che deve venire, e naturalmente intendiamo viverla con una certa grandezza.
Il sacrificio di noi stessi: noi non aspettiamo altro che ne scocchi l’ora.
Come un ceppo nel fuoco, così noi sappiamo di dover essere consumati. Come un filo di lana tagliato dalle forbici, così dobbiamo essere separati. Come un giovane animale che viene sgozzato, così dobbiamo essere uccisi.
La passione, noi l’attendiamo. Noi l’attendiamo, ed essa non viene.
Vengono, invece, le pazienze.
Le pazienze, queste briciole di passione, che hanno lo scopo di ucciderci lentamente per la tua gloria, di ucciderci senza la nostra gloria.
Fin dal mattino esse vengono davanti a noi:
sono i nostri nervi troppo scattanti o troppo lenti,
è l’autobus che passa affollato,
il latte che trabocca,
gli spazzacamini che vengono,
i bambini che imbrogliano tutto.
Sono gl’invitati che nostro marito porta a casa
e quell’amico che, proprio lui, non viene;
è il telefono che si scatena;
quelli che noi amiamo e non ci amano più;
è la voglia di tacere e il dover parlare,
è la voglia di parlare e la necessità di tacere;
è voler uscire quando si è chiusi
è rimanere in casa quando bisogna uscire;
è il marito al quale vorremmo appoggiarci
e che diventa più fragile dei bambini;
è il disgusto della nostra parte quotidiana,
è il desiderio febbrile di tutto quanto non ci appartiene.
Così vengono le nostro pazienze, in ranghi serrati o in fila indiana, e dimenticano sempre di dirci che sono il martirio preparato per noi.
E noi le lasciamo passare con disprezzo, aspettando – per dare la nostra vita – un’occasione che ne valga la pena.
Perché abbiamo dimenticato che come ci son rami che si distruggono col fuoco, così ci son tavole che i passi lentamente logorano e che cadono in fine segatura.
Perché abbiamo dimenticato che se ci son fili di lana tagliati netti dalle forbici, ci son fili di maglia che giorno per giorno si consumano sul dorso di quelli che l’indossano.
Ogni riscatto è un martirio, ma non ogni martirio è sanguinoso: ce ne sono di sgranati da un capo all’altro della vita.
È la passione delle pazienze.
(La passione delle pazienze)

Padre nostro…


Quinta stazione: Simone di Cirene aiuta Gesù a portare la croce

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo,
perché con l’offerta della tua vita hai redento il mondo

Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo.
(Mc 15,21)

Partite nella vostra giornata
Senza idee prefabbricate e senza presagio di stanchezza;
senza progetti su Dio,
senza memoria a suo riguardo,
senza entusiasmo
senza biblioteca
incontro a lui.
Partite senza mappa per scoprirlo,
sapendo che egli è lungo il cammino e non alla fine.
Non cercate di trovarlo con formule originali,
ma lasciatevi trovare da Lui nella povertà di una vita banale.
La monotonia è una povertà: accettatela!
Non cercate i bei viaggi immaginari.
La varietà del Regno di Dio vi basti e vi rallegri.
Disinteressatevi della vostra vita,
poiché preoccuparsene è una ricchezza.
(Beati i poveri in spirito)

Padre nostro…


Sesta stazione: la Veronica asciuga il volto di Gesù

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo,
perché con l’offerta della tua vita hai redento il mondo

Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il mio cuore ripete il tuo invito:
“Cercate il mio volto!”.
Il tuo volto, Signore, io cerco.
(Sal 27, 7-8)

È la ricchezza di coloro che debbono diffondere il Vangelo ad ostacolare la sua diffusione, sono i cristiani “ricchi”, in qualsiasi modo ciò avvenga. Bisogna, per annunciare il Vangelo, impoverire se stessi. Non è un mondo povero che fa da ostacolo all’espansione del Vangelo, ma i settori ricchi della Chiesa. Predicate il Vangelo: la Buona Novella del Regno di Dio e non quella di un mondo migliore. Non dobbiamo dimenticare il “senso unico” della salvezza, la quale non può venire che da Dio mediante il Cristo. Non si deve mescolare il Vangelo della salvezza con le ricette di felicità che il mondo propina. Non si deve riconoscere al mondo la paternità di certe idee forza, che sono in realtà particelle di Vangelo separate dal loro contesto e prese in carico da determinati settori umani. Non si deve saldare il messaggio del Cristo ad altri messaggi, farne un elemento della salvezza dell’uomo mediante l’uomo, mettere il Vangelo a servizio di cause che non sono puramente e semplicemente quelle della salvezza. Il Vangelo ci grida da un capo all’altro che solo Dio è, che l’uomo non produce da sé né vita, né verità, né amore. Il Regno dei cieli è l’amore personale di Dio, nel Cristo, per ciascuno di noi e di ciascuno di noi per ciascuno degli altri. È attraverso l’amore di ciascuno che noi possiamo amare l’umanità. È ciascuno che deve ricevere il Vangelo. La salvezza non è un’astrazione collettiva.(Chiesa e missione)

Padre nostro…


Settima stazione: Gesù muore in croce

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo,
perché con l’offerta della tua vita hai redento il mondo

A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: “Elì, Elì, lemà sabactàni?”, che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: “Costui chiama Elia”. E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: “Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!”. Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.
(Mt 27, 45-50)

L’amore sa di essere più forte di tutto. Ama combattere. Combattendo si prende gioco di sé, vedendo le proporzioni rovesciarsi, fra i più grandi del mondo, di cui ognuno valuta la forza, ed esso, che quanto più vuole restare solo, tanto più si riduce. Non bisogna dimenticare tutto questo, quando si parla dell’amore. Ed è d’amore che si tratta. Dell’amore di Dio. Senza la solitudine, forse non sapremo mai se abbiamo cercato d’amore Dio o abbiamo fatto della letteratura, della filosofia o un romanzo storico.
Ma bisogna riconoscere la solitudine, la nostra solitudine, quella che non cerchiamo, quella che Dio ci porta dove noi siamo. Se non la riconosciamo, rischiamo che ci manovri senza che ce ne rendiamo conto, o che manchiamo all’appuntamento con Dio che essa è, sempre.
(Lettera del 1954)

Padre nostro…


Epilogo: La sera di Pasqua, nel cenacolo

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi!”. 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. 22Detto questo, soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”.
(Gv 20,19-23)

Il mondo non sempre è un ostacolo a pregare per il mondo.
Se certuni lo devono lasciare per trovarlo E sollevarlo verso il cielo, altri visi devono immergere per levarsi con lui verso il medesimo cielo. Nel cavo dei peccati del mondo Tu fissi loro un appuntamento: incollati al peccato, con Te essi vivono un cielo che li respinge e li attira.
Mentre Tu continui a visitare in loro la nostra scura terra, con Te essi scalano il cielo, votati a un’assunzione pesante, inguaiati nel fango, bruciati dal Tuo spirito, legati a tutti, legati a Te, incaricati di respirare nella vita eterna, come alberi con radici che affondano.

Padre Nostro…
(fonte: Vino Nuovo, articolo di Sergio Di Benedetto 22/03/2024)

venerdì 29 marzo 2024

In preghiera con Gesù sulla via della croce - Il testo integrale delle meditazioni della Via Crucis, scritte da Papa Francesco, che si celebra stasera al Colosseo

Il testo della Via Crucis che si celebra stasera al Colosseo

In preghiera con Gesù sulla via della croce


Le meditazioni scritte per la prima volta da Papa Francesco

«Solo il Signore può darci la conferma di quanto valiamo. Ce lo dice ogni giorno dalla croce: è morto per noi, per mostrarci quanto siamo preziosi ai suoi occhi. Non c’è ostacolo o fallimento che possano impedire il suo tenero abbraccio». Lo scrive oggi, 29 marzo, Papa Francesco con un post sull’account @Pontifex, rilanciando l’hashtag #VenerdìSanto. 


Dopo aver avviato ieri i riti del Triduo pasquale con la messa vespertina in Coena Domini presso la Casa circondariale femminile di Rebibbia — durante la quale ha lavato i piedi a dodici detenute — nel pomeriggio odierno il Pontefice presiede nella basilica Vaticana la celebrazione della Passione del Signore, con la tradizionale adorazione della croce. Come di consueto l’omelia viene pronunciata dal predicatore della Casa pontificia, il cardinale cappuccino Raniero Cantalamessa. Successivamente, in serata, il vescovo di Roma si recherà al Colosseo per il pio esercizio della Via Crucis, le cui meditazioni, per la prima volta, sono state scritte dallo stesso Papa Bergoglio, che le ha intitolate «In preghiera con Gesù sulla via della croce».

Di seguito il testo integrale delle meditazioni

VENERDÌ SANTO
«PASSIONE DEL SIGNORE»

VIA CRUCIS

COLOSSEO
ROMA, 29 MARZO 2024

“In preghiera con Gesù sulla via della croce”


Introduzione

Signore Gesù, guardiamo la tua croce e capiamo che hai dato tutto per noi. Noi ti dedichiamo questo tempo. Vogliamo trascorrerlo vicini a te, che dal Getsemani al Calvario hai pregato. Nell’Anno della preghiera ci uniamo al tuo cammino di preghiera.

Dal Vangelo secondo Marco (14,32-37)
Giunsero a un podere chiamato Getsemani […]. Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: “[…] Restate qui e vegliate". Poi, andato un po' innanzi, cadde a terra e pregava […]: "Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu". Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: "[…] Non sei riuscito a vegliare una sola ora?”

Signore, hai preparato con la preghiera ogni tua giornata e ora nel Getsemani prepari la Pasqua. Abbà! Padre! Tutto è possibile a te – dici – perché la preghiera è anzitutto dialogo e intimità; ma è anche lotta e richiesta: allontana da me questo calice! Ed è affidamento e dono: Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu. Così, in preghiera, sei entrato nella porta stretta del nostro dolore e l’hai attraversata fino in fondo. Hai sentito «paura e angoscia» (Mc 14,33): paura di fronte alla morte, angoscia sotto il peso del nostro peccato che hai provato su di te, mentre un’amarezza infinita ti invadeva. Ma nel pieno della lotta hai pregato «più intensamente» (Lc 22,44): così hai trasformato la veemenza del dolore in offerta d’amore.

Una cosa sola ci hai domandato: restare con te, vegliare. Non ci chiedi l’impossibile, ma la vicinanza. Eppure, quante volte ho preso le distanze da te! Quante volte, come i discepoli, anziché vegliare ho dormito, quante volte non ho avuto tempo o voglia di pregare, perché stanco, anestetizzato dalle comodità, assonnato nell’anima. Gesù, ripeti ancora a me, a noi tua Chiesa: «Alzatevi e pregate» (Lc 22,46). Svegliaci, Signore, destaci dal torpore del cuore, perché anche oggi, soprattutto oggi, hai bisogno della nostra preghiera.

1. Gesù è condannato a morte

Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all'assemblea, interrogò Gesù dicendo: "Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?". Ma egli taceva e non rispondeva nulla. […] Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: "Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!". Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito (Mc 14,60-61;15,4-5).

Gesù, tu sei la vita e sei condannato a morte; sei la verità e subisci un falso processo. Ma perché non reclami? Perché non alzi la voce e non spieghi le tue ragioni? Perché non confuti i dotti e i potenti come hai sempre fatto con successo? La tua reazione stupisce, Gesù: nel momento decisivo non parli, taci. Perché più il male è forte, più la tua risposta è radicale. E la tua risposta è il silenzio. Ma il tuo silenzio è fecondo: è preghiera, è mitezza, è perdono, è la via per redimere il male, per convertire ciò che soffri in un dono che offri. Gesù, mi accorgo che ti conosco poco perché non conosco abbastanza il tuo silenzio; perché nella frenesia di correre e fare, assorbito dalle cose, preso dalla paura di non stare a galla o dalla smania di mettermi al centro, non trovo il tempo per fermarmi e rimanere con te: per lasciare agire te, Parola del Padre che operi nel silenzio. Gesù, il tuo silenzio mi scuote: m’insegna che la preghiera non nasce dalle labbra che si muovono, ma da un cuore che sa stare in ascolto: perché pregare è farsi docili alla tua Parola, è adorare la tua presenza.

Preghiamo dicendo: Parla al mio cuore, Gesù
Tu che rispondi al male col bene Parla al mio cuore, Gesù
Tu che spegni il clamore con la mitezza Parla al mio cuore, Gesù
Tu che detesti le chiacchiere e le lamentele Parla al mio cuore, Gesù
Tu che mi conosci nell’intimo Parla al mio cuore, Gesù
Tu che mi ami più di quanto io mi ami Parla al mio cuore, Gesù


2. Gesù è caricato della croce

Egli portò i nostri peccati nel suo corpo
sul legno della croce,
perché, non vivendo più per il peccato,
vivessimo per la giustizia;
dalle sue piaghe siete stati guariti (1 Pt 2,24).

Gesù, portiamo anche noi delle croci, a volte molto pesanti: una malattia, un incidente, la morte di una persona cara, una delusione affettiva, un figlio che si è perso, il lavoro che manca, una ferita interiore che non guarisce, il fallimento di un progetto, l’ennesima attesa andata a vuoto… Gesù, come si fa a pregare lì? Come fare quando mi sento schiacciato dalla vita, quando un peso mi grava sul cuore, quando sono sotto pressione e non ho più la forza di reagire? La tua risposta sta in una proposta: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). Venire a te; io, invece, mi chiudo in me: rimugino, rivango, mi piango addosso, sprofondo nel vittimismo, campione di negatività. Venite a me: dircelo non è bastato e allora ecco che ci vieni incontro e ti carichi sulle spalle la nostra croce, per togliercene il peso. Tu questo desideri: che gettiamo in te fatiche e affanni, perché vuoi che ci sentiamo liberi e amati in te. Grazie, Gesù. Unisco la mia croce alla tua, ti porto la mia stanchezza e le mie miserie, getto in te ogni peso del cuore.

Preghiamo dicendo: Io vengo a te, Signore
Con la mia storia Io vengo a te, Signore
Con le mie fatiche Io vengo a te, Signore
Con i miei limiti e le mie fragilità Io vengo a te, Signore
Con le mie paure Io vengo a te, Signore
Riponendo ogni fiducia nel tuo amore Io vengo a te, Signore


3. Gesù cade la prima volta

In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto (Gv 12,24).

Gesù, sei caduto: a cosa pensi, come preghi col viso nella polvere? Ma soprattutto, cosa ti dà la forza di rialzarti? Mentre sei con la faccia a terra e non vedi più il cielo, ti immagino ripetere nel cuore: Padre, che sei nei cieli. Lo sguardo d’amore del Padre che si posa su di te è la tua forza. Ma immagino anche che, mentre baci la terra arida e fredda, pensi all’uomo, tratto dalla terra, a noi, che siamo al centro del tuo cuore; e che ripeti le parole del tuo testamento: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi» (Lc 22,19). L’amore del Padre per te e il tuo per noi: l’amore, ecco la molla che ti fa rialzare e andare avanti. Perché chi ama non resta a terra, riparte; chi ama non si stanca, corre; chi ama vola. Gesù, ti chiedo sempre tante cose, ma una sola mi serve: saper amare. Cadrò nella vita, ma con l’amore potrò rialzarmi e andare avanti, come hai fatto tu, che sei esperto di cadute. La tua vita, infatti, è stata un continuo cadere verso di noi: da Dio a uomo, da uomo a servo, da servo a crocifisso, fino al sepolcro; sei caduto in terra come seme che muore, sei caduto per rialzarci da terra e portarci in cielo. Tu che risollevi dalla polvere e fai rinascere la speranza, dammi la forza di amare e ricominciare.

Preghiamo dicendo: Gesù, dammi la forza di amare e ricominciare
Quando prevale la delusione Gesù, dammi la forza di amare e ricominciare
Quando i giudizi degli altri si abbattono su di me Gesù, dammi la forza di amare e ricominciare
Quando le cose non vanno e divento insofferente Gesù, dammi la forza di amare e ricominciare
Quando mi sembra di non farcela più Gesù, dammi la forza di amare e ricominciare
Quando mi opprime il pensiero che nulla cambierà Gesù, dammi la forza di amare e ricominciare


4. Gesù incontra la madre

Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse […] al discepolo: “Ecco tua madre!”. E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé (Gv 19,26-27).

Gesù, i tuoi ti hanno abbandonato, Giuda ti ha tradito, Pietro rinnegato: sei rimasto solo con la croce. Ma ecco tua madre. Non servono parole, bastano i suoi occhi, che sanno guardare in faccia la sofferenza e farsene carico. Gesù, nello sguardo pieno di lacrime e di luce di Maria ritrovi la memoria della tenerezza, delle carezze, delle braccia amorevoli che ti hanno sempre accolto e sostenuto. Lo sguardo materno è lo sguardo della memoria, che ci fonda nel bene. Non si può fare a meno di una madre che ci mette al mondo, ma neppure di una madre che ci rimette a posto nel mondo. Tu lo sai e dalla croce ci dai la tua stessa madre. Ecco tua madre, dici al discepolo, a ognuno di noi: dopo l’Eucaristia, ci dai Maria, dono estremo prima di morire. Gesù, il tuo cammino è stato confortato dal ricordo del suo amore; anche il mio cammino ha bisogno di fondarsi nella memoria del bene. Mi accorgo, però, che la mia preghiera è povera di memoria: veloce, sbrigativa, una lista di bisogni per oggi e domani. Maria, ferma la mia corsa, aiutami a fare memoria: a custodire la grazia, a ricordare il perdono e i prodigi di Dio, a ravvivare il primo amore, a riassaporare le meraviglie della provvidenza, a piangere di gratitudine.

Preghiamo dicendo: Signore, ravviva in me il ricordo del tuo amore
Quando riemergono le ferite del passato Signore, ravviva in me il ricordo del tuo amore
Quando smarrisco il senso e il filo delle cose Signore, ravviva in me il ricordo del tuo amore
Quando perdo di vista i doni che ho ricevuto Signore, ravviva in me il ricordo del tuo amore
Quando perdo di vista il dono che sono Signore, ravviva in me il ricordo del tuo amore
Quando mi dimentico di ringraziarti Signore, ravviva in me il ricordo del tuo amore


5. Gesù viene aiutato dal Cireneo

Mentre [i soldati] lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù (Lc 23,26).

Gesù, quante volte, davanti alle sfide della vita, presumiamo di farcela da soli! Com’è difficile chiedere una mano, per paura di dare l’impressione di non essere all’altezza, noi sempre attenti ad apparire bene e a metterci in bella mostra! Non è facile fidarsi, ancor meno affidarsi. Ma chi prega sa di essere bisognoso e tu, Gesù, sei abituato ad affidarti nella preghiera. Così non disdegni l’aiuto del Cireneo. Esponi le tue fragilità a lui, un uomo semplice, un contadino al ritorno dai campi. Grazie perché, facendoti sostenere nel bisogno, cancelli l’immagine di un dio invulnerabile e distante. Non sei inarrestabile nel potere, ma invincibile nell’amore, e ci insegni che voler bene significa soccorrere gli altri proprio lì, nelle debolezze di cui si vergognano. Allora le fragilità si trasformano in opportunità. È accaduto al Cireneo: la tua debolezza gli ha cambiato la vita e lui si accorgerà un giorno di aver soccorso il suo Salvatore, di essere stato redento mediante quella croce che ha portato. Perché anche la mia vita cambi, ti prego, Gesù: aiutami ad abbassare le difese e a lasciarmi amare da te: lì, dove più mi vergogno di me.

Preghiamo dicendo: Guariscimi, Gesù!
Da ogni presunzione di autosufficienza Guariscimi, Gesù!
Dal pensare di farcela senza te e senza gli altri Guariscimi, Gesù!
Dalle smanie del perfezionismo Guariscimi, Gesù!
Dalla ritrosia nell’affidarti le mie miserie Guariscimi, Gesù!
Dalla fretta di fronte ai bisognosi che incontro nel cammino Guariscimi, Gesù!


6. Gesù riceve conforto dalla Veronica che gli asciuga il volto

Sia benedetto Dio […] Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione […]. Poiché, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione (2 Cor 1,3-5).

Gesù, tanti seguono il barbaro spettacolo della tua esecuzione e, senza conoscerti e senza conoscere la verità, emettono giudizi e condanne, gettando su di te infamia e disprezzo. Accade anche oggi, Signore, e non serve nemmeno un macabro corteo: basta una tastiera per insultare e pubblicare sentenze. Ma, mentre tanti urlano e giudicano, una donna si fa strada in mezzo alla folla. Non parla: agisce. Non inveisce: s’impietosisce. Va controcorrente: sola, con il coraggio della compassione, rischia per amore, trova il modo di passare tra i soldati solo per darti sul volto il conforto di una carezza. Il suo gesto passerà alla storia ed è un gesto di consolazione. Quante volte invoco consolazione da te, Gesù! Ma la Veronica mi ricorda che pure tu ne hai bisogno: tu, Dio vicino, chiedi la mia vicinanza; tu, mio consolatore, vuoi essere consolato da me. Amore non amato, anche oggi cerchi tra la folla cuori sensibili alla tua sofferenza, al tuo dolore. Cerchi veri adoratori, che in spirito e verità (cfr Gv 4,23) rimangano con te (cfr Gv 15), Amore abbandonato. Gesù, accendi in me il desiderio di stare con te, di adorarti e consolarti. E fa’ che, nel tuo nome, io sia consolazione per gli altri.

Preghiamo dicendo: Rendimi testimone della tua consolazione
Dio di misericordia, vicino a chi ha il cuore ferito Rendimi testimone della tua consolazione
Dio di tenerezza, che ti commuovi per noi Rendimi testimone della tua consolazione
Dio di compassione, che detesti il disinteresse Rendimi testimone della tua consolazione
Tu, che ti rattristi quando punto il dito contro gli altri Rendimi testimone della tua consolazione
Tu, che non sei venuto a condannare ma a salvare Rendimi testimone della tua consolazione


7. Gesù cade ancora sotto il peso della croce

[Il figlio minore] ritornò in sé e disse: […] Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato […]. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: "Padre, ho peccato […]; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse […]: “Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,17-18.20-22.24)Gesù, la croce pesa: porta il carico della sconfitta, del fallimento, dell’umiliazione. Lo capisco quando mi sento schiacciato dalle cose, bersagliato dalla vita e incompreso dagli altri; quando avverto il peso eccessivo e snervante della responsabilità e del lavoro, quando sono compresso nella morsa dell’ansia, assalito dalla malinconia, mentre un pensiero soffocante mi ripete: non ne esci, stavolta non ti rialzi. Ma c’è di peggio. Mi accorgo che tocco il fondo quando ci ricasco: quando ricado nei miei sbagli, nei miei peccati, quando mi scandalizzo degli altri e poi mi accorgo che non sono diverso. Non c’è niente di peggio che essere delusi di sé stessi, schiacciati dal senso di colpa. Ma tu, Gesù, sei caduto più volte sotto il peso della croce per starmi vicino quando ricado. Con te la speranza non finisce mai e dopo ogni caduta si risale, perché quando sbaglio non ti stanchi di me, ma ti fai più vicino a me. Grazie perché mi attendi; grazie perché ricado tante volte e mi perdoni infinite volte: sempre. Ricordami che le cadute possono diventare momenti cruciali del cammino, perché mi portano a capire l’unica cosa che conta: che ho bisogno di te. Gesù, incidimi nel cuore la certezza più importante: che mi rialzo davvero solo quando tu mi rialzi, quando mi liberi dai peccati. Perché la vita non ricomincia dalle mie parole, ma dal tuo perdono.

Preghiamo dicendo: Rialzami, Gesù!
Quando, paralizzato dalla sfiducia, provo tristezza e sconforto Rialzami, Gesù!
Quando vedo la mia inadeguatezza e mi sento inutile Rialzami, Gesù!
Quando prevalgono la vergogna e la paura di non farcela Rialzami, Gesù!
Quando sono tentato di perdere la speranza Rialzami, Gesù!
Quando dimentico che la mia forza sta nel tuo perdono Rialzami, Gesù!


8. Gesù incontra le donne di Gerusalemme

Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui (Lc 23,27).

Gesù, chi ti segue fino alla fine lungo la via della croce? Non i potenti, che ti aspettano sul Calvario, non gli spettatori che stanno lontano, ma le persone semplici, grandi ai tuoi occhi e piccole a quelli del mondo. Sono le donne, a cui hai dato speranza: non hanno voce ma si fanno sentire. Aiutaci a riconoscere la grandezza delle donne, loro che a Pasqua sono state fedeli e vicine a te, ma che ancora oggi vengono scartate, subendo oltraggi e violenze. Gesù, le donne che incontri si battono il petto e fanno lamenti su di te. Non si piangono addosso, ma piangono per te, piangono sul male e sul peccato del mondo. La loro preghiera fatta di lacrime arriva al tuo cuore. E la mia preghiera sa piangere? Mi commuovo davanti a te, crocifisso per me, davanti al tuo amore mite e ferito? Piango le mie falsità e la mia incostanza? Di fronte alle tragedie del mondo il mio cuore è di ghiaccio o si scioglie? Come reagisco alla follia della guerra, a volti di bimbi che non sanno più sorridere, a madri che li vedono denutriti e affamati e non hanno più lacrime da versare? Tu, Gesù, hai pianto su Gerusalemme, hai pianto sulla durezza del nostro cuore. Scuotimi dentro, dammi la grazia di piangere pregando e di pregare piangendo.

Preghiamo dicendo: Gesù, sciogli il mio cuore indurito
Tu che conosci i segreti del cuore Gesù, sciogli il mio cuore indurito
Tu che ti rattristi davanti alla durezza degli animi Gesù, sciogli il mio cuore indurito
Tu che ami i cuori umili e contriti Gesù, sciogli il mio cuore indurito
Tu che hai asciugato col perdono le lacrime di Pietro Gesù, sciogli il mio cuore indurito
Tu che trasformi il pianto in canto Gesù, sciogli il mio cuore indurito


9. Gesù è spogliato delle vesti

“Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. […] Risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me” (Mt 25,37-40).

Gesù, sono le parole che hai detto prima della Passione. Ora capisco questa tua insistenza nell’immedesimarti coi bisognosi: tu sei stato carcerato; tu straniero, condotto fuori della città per esser crocifisso; tu sei nudo, spogliato delle vesti; tu, malato e ferito; tu, assetato sulla croce e affamato d’amore. Fa’ che ti veda nei sofferenti e che veda i sofferenti in te, perché tu sei lì, in chi è spogliato di dignità, nei cristi umiliati dalla prepotenza e dall’ingiustizia, da guadagni iniqui fatti sulla pelle degli altri nell’indifferenza generale. Ti guardo, Gesù, spogliato delle vesti, e capisco che m’inviti a spogliarmi di tante esteriorità. Perché tu non guardi le apparenze, ma il cuore. E non vuoi una preghiera sterile, ma feconda di carità. Dio spogliato, metti a nudo anche me. Perché è facile parlare, ma poi io ti amo veramente nei poveri, tua carne ferita? Prego per chi è spogliato di dignità? O prego per coprire solo i miei bisogni e rivestirmi di sicurezze? Gesù, la tua verità mi mette a nudo e mi porta a mettere a fuoco quel che conta: te crocifisso e i fratelli crocifissi. Dammi di capirlo ora, per non essere trovato spoglio d’amore quando mi presenterò dinanzi a te.

Preghiamo dicendo: Spogliami, Signore Gesù!
Dell’attaccamento alle apparenze Spogliami, Signore Gesù!
Della corazza dell’indifferenza Spogliami, Signore Gesù!
Del credere che soccorrere gli altri non tocchi a me Spogliami, Signore Gesù!
Di un culto fatto di perbenismo ed esteriorità Spogliami, Signore Gesù!
Della convinzione che la vita va bene se va bene a me Spogliami, Signore Gesù!


10. Gesù è inchiodato alla croce

Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. Gesù diceva: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,33-34).

Gesù, ti trapassano braccia e gambe coi chiodi lacerandoti le carni e proprio ora, mentre il dolore fisico è più atroce, dalle tue labbra sgorga la preghiera impossibile: perdoni chi ti sta mettendo i chiodi nei polsi. E non una volta sola, ma tante, come ricorda il Vangelo, con quel verbo che indica un’azione ripetuta: dicevi: “Padre, perdona”. Allora con te, Gesù, anch’io posso trovare il coraggio di scegliere il perdono, che libera il cuore e rilancia la vita. Signore, non ti basta perdonarci, ci giustifichi pure davanti al Padre: non sanno quello che fanno. Prendi le nostre difese, ti fai nostro avvocato, intercedi per noi. Ora che le tue mani, con cui benedicevi e risanavi, sono inchiodate, e che i tuoi piedi, con cui portavi lieti annunci, non possono più camminare, adesso, nell’impotenza, ci riveli l’onnipotenza della preghiera. Sulla vetta del Golgota ci sveli l’altezza della preghiera d’intercessione, che salva il mondo. Gesù, che io preghi non solo per me e per i miei cari, ma per chi non mi vuol bene e mi fa del male; che io preghi, secondo i desideri del tuo cuore, per chi è lontano da te; per riparare e intercedere a favore di quanti, ignorandoti, non conoscono la gioia di amarti e di essere perdonati da te.

Preghiamo dicendo: Padre, abbi misericordia di noi e del mondo intero
Per la dolorosa passione di Gesù Padre, abbi misericordia di noi e del mondo intero
Per la potenza delle sue piaghe Padre, abbi misericordia di noi e del mondo intero
Per il suo perdono sulla croce Padre, abbi misericordia di noi e del mondo intero
Per quanti perdonano per il tuo amore Padre, abbi misericordia di noi e del mondo intero
Per l’intercessione di quanti credono, adorano, sperano e ti amano Padre, abbi misericordia di noi e del mondo intero


11. Gesù grida il suo abbandono

A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: "Elì, Elì, lemà sabactàni?", che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27,45-46).

Gesù, ecco la preghiera inaudita: gridi al Padre il tuo abbandono. Tu, Dio del cielo, non tuoni risposte, ma chiedi perché? Al culmine della Passione avverti la distanza dal Padre e nemmeno più lo chiami Padre, come sempre, ma Dio, quasi a non riuscire più a identificarne il volto. Perché questo? Per immergerti fino in fondo nell’abisso del nostro dolore. Lo hai fatto per me, affinché io, quando vedo solo buio, quando sperimento il crollo delle certezze e il naufragio del vivere, non mi senta più solo, ma creda che tu sei lì con me: tu, Dio della comunione che provi l’abbandono per non lasciarmi più ostaggio della solitudine. Quando hai gridato il tuo perché, lo hai fatto con un Salmo: così hai messo in preghiera persino la desolazione più estrema. Ecco cosa fare nelle tempeste della vita: anziché tacere e tenere dentro, gridare a te. Gloria a te, Signore Gesù, perché non sei fuggito dal mio smarrimento, ma l’hai abitato fino in fondo; lode e gloria a te che, caricandoti di ogni distanza, ti sei fatto vicino a chi è da te più lontano. E io, nel buio dei miei perché, ritrovo te, Gesù, luce nella notte. E nel grido di tante persone sole ed escluse, oppresse e abbandonate, rivedo te, mio Dio: fa’ che ti riconosca e ti ami.

Preghiamo dicendo: Gesù, fa’ che ti riconosca e ti ami
Nei bimbi non nati e in quelli abbandonati Gesù, fa’ che ti riconosca e ti ami
In tanti giovani, in attesa di chi ascolti il loro grido di dolore Gesù, fa’ che ti riconosca e ti ami
Nei troppi anziani scartati Gesù, fa’ che ti riconosca e ti ami
Nei detenuti e in chi è solo Gesù, fa’ che ti riconosca e ti ami
Nei popoli più sfruttati e dimenticati Gesù, fa’ che ti riconosca e ti ami


12. Gesù muore consegnandosi al Padre e consegnando al buon ladrone il paradiso

[Uno dei malfattori appeso alla croce] disse: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno". Gli rispose: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”. […] Gesù, gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo, spirò (Lc 23,42-43.46).

Gesù, un malfattore in paradiso! Si affida a te e tu lo affidi con te al Padre. Dio dell’impossibile, fai di un ladro un santo. E non solo: sul Calvario cambi il corso della storia. Fai della croce, emblema del supplizio, l’icona dell’amore; del muro della morte un ponte sulla vita. Tu trasformi le tenebre in luce, la separazione in comunione, il dolore in danza, e persino il sepolcro, ultima stazione della vita, nel punto di partenza della speranza. Ma questi ribaltamenti li operi con noi, mai senza di noi. Gesù, ricordati di me: questa preghiera sincera ti ha permesso di operare prodigi nella vita di quel malfattore. Potenza inaudita della preghiera. A volte penso che la mia preghiera sia inascoltata e invece l’essenziale è perseverare, avere costanza, ricordarsi di dirti: “Gesù, ricordati di me”. Ricordati di me e il mio male non sarà più un capolinea, ma una ripartenza. Ricordati: mettimi cioè di nuovo nel tuo cuore, anche quando mi allontano, quando mi perdo nella ruota della vita che gira vorticosamente. Ricordati di me, Gesù, perché essere ricordati da te – lo mostra il buon ladrone – è entrare in paradiso. Soprattutto ricordami, Gesù, che la mia preghiera può cambiare la storia.

Preghiamo dicendo: Gesù, ricordati di me
Quando la speranza svanisce e regna la disillusione Gesù, ricordati di me
Quando sono incapace di prendere una decisione Gesù, ricordati di me
Quando perdo fiducia in me e negli altri Gesù, ricordati di me
Quando perdo di vista la grandezza del tuo amore Gesù, ricordati di me
Quando credo che la mia preghiera sia inutile Gesù, ricordati di me


13. Gesù è deposto dalla croce tra le braccia di Maria

Simeone […] a Maria, sua madre, disse: “Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Lc 2,33-35).

Maria, dopo il tuo “sì” il Verbo si fece carne nel tuo grembo; ora adagiata sul tuo grembo c’è la sua carne martoriata: quel bimbo che tenevi tra le braccia è un cadavere straziato. Eppure adesso, nel momento più sofferto, risplende la tua offerta: una spada ti trapassa l’anima e la tua preghiera continua ad essere un “sì” a Dio. Maria, noi siamo poveri di “sì” e ricchi di “se”: se avessi avuto genitori migliori, se fossi stato più compreso e amato, se mi fosse andata meglio la carriera, se non ci fosse quel problema, se solo non soffrissi più, se Dio mi ascoltasse… Perennemente a chiederci il perché delle cose, fatichiamo a vivere il presente con amore. Tu avresti tanti “se” da dire a Dio, ma dici ancora “sì”. Forte nella fede, credi che il dolore, attraversato dall’amore, porta frutti di salvezza; che la sofferenza con Dio non ha l’ultima parola. E mentre tieni tra le braccia Gesù esanime, risuonano in te le ultime parole che ti ha rivolto: Ecco tuo figlio. Madre, sono io quel figlio! Accoglimi tra le tue braccia e chinati sulle mie ferite. Aiutami a dire “sì” a Dio, “sì” all’amore. Madre di pietà, viviamo un tempo spietato e abbiamo bisogno di compassione: tu, tenera e forte, ungici di mitezza: sciogli le resistenze del cuore e i nodi dell’anima.

Preghiamo dicendo: Prendimi per mano, Maria
Quando cedo alla recriminazione e al vittimismo Prendimi per mano, Maria
Quando smetto di lottare e accetto di convivere con le mie falsità Prendimi per mano, Maria
Quando indugio e non trovo il coraggio di dire “sì” a Dio Prendimi per mano, Maria
Quando sono indulgente con me e inflessibile con gli altri Prendimi per mano, Maria
Quando voglio che la Chiesa e il mondo cambino, ma io non cambio Prendimi per mano, Maria


14. Gesù è deposto nel sepolcro di Giuseppe di Arimatea

Venuta la sera, giunse un uomo ricco, di Arimatea, chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. […] Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia (Mt 27,57-60).

Giuseppe: il nome che insieme a Maria sta all’alba del Natale, segna pure l’aurora della Pasqua. Giuseppe di Nazaret sognò e con coraggio prese Gesù per salvarlo da Erode; tu, Giuseppe di Arimatea, ne prendi il corpo, senza sapere che un sogno impossibile e meraviglioso si realizzerà proprio lì, nel sepolcro che hai dato a Cristo quando pensavi che lui non potesse far più nulla per te. Invece è proprio vero che ogni dono fatto a Dio riceve una ricompensa più grande. Giuseppe di Arimatea, sei il profeta del coraggio audace. Per fare il tuo dono a un morto vai dal temuto Pilato e lo preghi, così da poter regalare a Gesù il sepolcro che avevi fatto costruire per te. La tua preghiera è tenace e alle parole seguono le opere. Giuseppe, ricordaci che la preghiera insistente porta frutto e attraversa persino il buio della morte; che l’amore non rimane senza risposta, ma regala nuovi inizi. Il tuo sepolcro che – unico nella storia – sarà fonte di vita, era nuovo, appena scavato nella roccia. E io, che cosa do di nuovo a Gesù in questa Pasqua? Un po’ di tempo per stare con Lui? Un po’ di amore per gli altri? I miei timori e le mie miserie sepolte, che Cristo attende gli offra come hai fatto tu col sepolcro? Sarà davvero Pasqua se donerò qualcosa di mio a Colui che per me ha dato la vita: perché è dando che si riceve; perché la vita si trova quando si perde e si possiede quando si dona.

Preghiamo dicendo: Abbi pietà, Signore
Di me, pigro a convertirmi Abbi pietà, Signore
Di me, che molto amo ricevere e poco donare Abbi pietà, Signore
Di me, incapace di arrendermi al tuo amore Abbi pietà, Signore
Di noi, pronti a servirci delle cose ma lenti nel servire gli altri Abbi pietà, Signore
Del nostro mondo, infestato dai sepolcri dell’egoismo Abbi pietà, Signore


Invocazione conclusiva (il nome di Gesù, 14 volte)

Signore, ti preghiamo come i bisognosi, i fragili e i malati del Vangelo, che ti invocavano con la parola più semplice e familiare: con il tuo nome.

Gesù, il tuo nome salva, perché tu sei la nostra salvezza.

Gesù, sei la mia vita e per non perdere la rotta nel cammino ho bisogno di te, che perdoni e rialzi, che guarisci il mio cuore e dai senso al mio dolore.

Gesù, hai preso su di te il mio male e dalla croce non mi punti il dito contro, ma mi abbracci; tu, mite e umile di cuore, risanami dal livore e dal risentimento, liberami dal sospetto e dalla sfiducia.

Gesù, ti guardo in croce e vedo spalancarsi davanti ai miei occhi l’amore, senso del mio essere e meta del mio cammino: aiutami ad amare e perdonare, a superare l’insofferenza e l’indifferenza, a non lamentarmi.

Gesù, sulla croce hai sete, ed è sete del mio amore e della mia preghiera; ne hai bisogno per portare a compimento i tuoi progetti di bene e di pace.

Gesù, ti rendo grazie per quanti rispondono al tuo invito e hanno la perseveranza di pregare, il coraggio di credere e la costanza di andare avanti nelle difficoltà.

Gesù, ti presento i pastori del tuo popolo santo: la loro preghiera sostiene il gregge; trovino tempo per stare davanti a te, conformino il loro cuore al tuo.

Gesù, ti benedico per le contemplative e i contemplativi, la cui preghiera, nascosta al mondo e a te gradita, custodisce la Chiesa e l’umanità.

Gesù, porto davanti a te le famiglie e le persone che stasera hanno pregato dalle loro case, gli anziani, specialmente quelli soli, gli ammalati, gemme della Chiesa che uniscono le loro sofferenze alla tua.

Gesù, questa preghiera di intercessione raggiunga le sorelle e i fratelli che in tante parti nel mondo soffrono persecuzioni a motivo del tuo nome; coloro che patiscono il dramma della guerra e quanti, attingendo forza in te, portano croci pesanti.

Gesù, con la tua croce hai fatto di tutti noi una cosa sola: stringi nella comunione i credenti, infondi sentimenti fraterni e pazienti, aiutaci a collaborare e a camminare insieme; custodisci la Chiesa e il mondo nella pace.

Gesù, giudice santo che mi chiamerai per nome, liberami dai giudizi temerari, dai pettegolezzi e dalle parole violente e offensive.

Gesù, prima di morire dici: “è compiuto”. Io, nella mia incompiutezza, non potrò dirlo; ma confido in te, perché sei la mia speranza, la speranza della Chiesa e del mondo.

Gesù, ancora una parola voglio dirti e continuare a ripeterti: grazie! Grazie, mio Signore e mio Dio.