lunedì 13 settembre 2021

Viaggio di Papa Francesco a Budapest e in Slovacchia (12-15 settembre 2021) Budapest S. Messa e Angelus (testi, foto e video)

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
A BUDAPEST, IN OCCASIONE DELLA SANTA MESSA CONCLUSIVA
DEL 52.mo CONGRESSO EUCARISTICO INTERNAZIONALE, E IN SLOVACCHIA
12-15 SETTEMBRE 2021

Domenica, 12 settembre 2021

BUDAPEST

11:30 Santa Messa nella Piazza degli Eroi a Budapest
14:30 Cerimonia di congedo presso l’Aeroporto Internazionale di Budapest




Le immagini sembrano quelle dei soliti viaggi del Papa prima della pandemia. Erano attese 75 mila persone, ma sono molte di più (100mila solo in piazza degli Eroi, secondo gli organizzatori, più gli altri fedeli che partecipano alla Messa dalle aree limitrofe) quelle che si assembrano lungo i bordi della strada. Senza mascherine, come prevede la legislazione ungherese, i fedeli seguono il Pontefice e gli presentano i bambini più piccoli perché li benedica e li baci.
Papa Francesco giunge a bordo della papamobile in Piazza degli Eroi, luogo simbolo della capitale ungherese, della sua storia, della sua fede, dove spiccano le statue, tra le quali quella di Santo Stefano, il re che si impegnò a diffondere il cristianesimo in Ungheria e al quale oggi si guarda per rinnovare l’annuncio cristiano.  Il Papa fa il giro della piazza cercando di salutare un po’ tutti e, tra gli applausi, i saluti dei fedeli, una breve sosta per baciare un bimbo, arriva dopo circa 30 minuti di giro per concludere un evento che ha le sue radici nel 1881 a Lille, in Francia.
Poi comincia la Messa solenne, celebrata tutta in latino, per la chiusura del 52° Congresso Eucaristico Internazionale alla presenza del patriarca Bartolomeo e di vescovi provenienti da tutti i Paesi del mondo.


Domina il bianco delle vesti dei concelebranti, dei copricapi del coro di mille elementi guidato dal maestro Marco Frisina, rettore della Basilica di Santa Maria in Trastevere e fondatore del coro della diocesi di Roma. Il dono di partecipare alla celebrazione è l’indulgenza plenaria con la remissione dei peccati impartita al termine della Statio Orbis.



“Questa celebrazione eucaristica di oggi è un fortissimo simbolo che segna la nostra unità attorno a Cristo, sotto il successore di San Pietro con i vescovi provenienti da tutto il mondo, con i sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose e con tutti i fedeli”. Lo ha detto il card. Peter Erdo, arcivescovo di Budapest e primate d’Ungheria, salutando il Papa all’inizio della messa in piazzale degli Eroi, momento culminante e conclusivo del Congresso eucaristico e delle sette ore passate dal Santo Padre nella capitale ungherese. “La rappresentanza ecumenica dimostra il nostro comune desiderio di unità di tutti i battezzati”, ha proseguito Erdo: “È una gioia speciale poter avere qui, oggi, insieme a noi, Sua Beatitudine Bartolomeo I, Patriarca di Costantinopoli”. “Budapest, nel centro dell’Ungheria e dell’Europa, è una città di ponti”, ha ricordato il cardinale: “Sentiamo la vocazione di essere ponti tra Oriente e Occidente, tra diversi mondi culturali e religiosi e tra varie nazioni. Per questo abbiamo firmato 15 anni fa l’atto di riconciliazione e di amicizia tra le Conferenze episcopali ungherese e slovacca, seguito da una solida esperienza comune di fratellanza e collaborazione reciproca”. 
Poi Erdo ha citato il percorso della Croce Missionaria attraverso l’Ungheria e nei Paesi vicini: “Le reliquie dei Santi e Beati della nostra regione hanno risvegliato la coscienza di poter vivere la santità anche oggi, seguendo l’esempio dei grandi Martiri e Confessori dell’ultimo secolo”. Oltre a quelli già canonizzati, il porporato ha ricordato “con venerazione i grandi pastori come il card. Stefan Wyszynski, di cui la beatificazione si sta svolgendo a Varsavia in queste ore”, e il venerabile Servo di Dio card. József Mindszenty, “che ha dato un grande esempio di intrepida fedeltà a Cristo, alla Chiesa e al suo popolo”. E proprio una copia missionaria è il dono che il card. Erdo ha fatto a Papa Francesco. 
Alla messa sono presenti, in pria fila, il presidente ungherese, Janos Ader, e il primo ministro Viktor Orban, con le loro rispettive famiglie.

SANTA MESSA

  Piazza degli Eroi (Budapest)

Il Papa parla dall’altare alla cristianità intera per rinnovare il discepolato attraverso tre momenti che vanno dall’annuncio di Gesù al discernimento fino al camminare dietro a Lui. E l’omelia inizia con una domanda diretta, la stessa che Gesù fa ai discepoli e che Francesco invita a porsi.



OMELIA DEL SANTO PADRE 


A Cesarea di Filippo Gesù chiede ai discepoli: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Mc 8,29). Questa domanda mette alle strette i discepoli e segna una svolta nel loro cammino dietro al Maestro. Essi conoscevano bene Gesù, non erano più dei principianti: avevano familiarità con Lui, erano stati testimoni di molti miracoli compiuti, rimanevano colpiti dal suo insegnamento, lo seguivano dovunque andava. Eppure, non pensavano ancora come Lui. Mancava il passaggio decisivo, quello dall’ammirazione per Gesù all’imitazione di Gesù. Anche oggi il Signore, fissando lo sguardo su ognuno di noi, ci interpella personalmente: “Ma io chi sono davvero per te?”. Chi sono per te? È una domanda che, rivolta a ciascuno di noi, non chiede solo una risposta esatta, da catechismo, ma una risposta personale, una risposta di vita.

Da questa risposta nasce il rinnovamento del discepolato. Esso avviene attraverso tre passaggi, che fecero i discepoli e possiamo compiere anche noi: l’annuncio di Gesù il primo, il discernimento con Gesù il secondo, il cammino dietro a Gesù il terzo.

1. L’annuncio di Gesù. A quel “Ma voi, chi dite che io sia?” rispose Pietro, come rappresentante dell’intero gruppo: «Tu sei il Cristo». Pietro dice tutto in poche parole, la risposta è giusta, ma sorprendentemente, dopo questo riconoscimento Gesù ordina «severamente di non parlare ad alcuno di lui» (v. 30). Ci domandiamo: perché un divieto così drastico? Per una ragione precisa: dire che Gesù è il Cristo, il Messia, è esatto ma incompleto. C’è sempre il rischio di annunciare una falsa messianicità, secondo gli uomini e non secondo Dio. Perciò, a partire da quel momento, Gesù comincia a rivelare la sua identità, quella pasquale, quella che troviamo nell’Eucaristia. Spiega che la sua missione sarebbe culminata, sì, nella gloria della risurrezione, ma passando attraverso l’umiliazione della croce. Si sarebbe cioè svolta secondo la sapienza di Dio, «che – dice San Paolo – non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo» (1 Cor 2,6). Gesù impone il silenzio sulla sua identità messianica, non però sulla croce che lo attende. Anzi – annota l’evangelista – Gesù comincia ad insegnare «apertamente» (Mc 8,32) che «il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere» (v. 31).

Di fronte a questo annuncio di Gesù, annuncio sconvolgente, possiamo rimanere anche noi esterrefatti. Anche noi vorremmo un messia potente anziché un servo crocifisso. L’Eucaristia sta davanti a noi per ricordarci chi è Dio. Non lo fa a parole, ma concretamente, mostrandoci Dio come Pane spezzato, come Amore crocifisso e donato. Possiamo aggiungere tanta cerimonia, ma il Signore rimane lì, nella semplicità di un Pane che si lascia spezzare, distribuire e mangiare. È lì: per salvarci si fa servo; per darci vita, muore. Ci fa bene lasciarci sconvolgere dall’annuncio di Gesù. E chi si apre a questo annuncio di Gesù, si apre al secondo passaggio.

2. Il discernimento con Gesù. Di fronte all’annuncio del Signore, la reazione di Pietro è tipicamente umana: quando si profila la croce, la prospettiva del dolore, l’uomo si ribella. E Pietro, dopo aver confessato la messianicità di Gesù, si scandalizza delle parole del Maestro e tenta di dissuaderlo dal procedere sulla sua via. La croce non è mai di moda. Cari fratelli e sorelle, la croce non è mai di moda: oggi come in passato. Ma guarisce dentro. È davanti al Crocifisso che sperimentiamo una benefica lotta interiore, l’aspro conflitto tra il “pensare secondo Dio” e il “pensare secondo gli uomini”. Da un lato, c’è la logica di Dio, che è quella dell’amore umile. La via di Dio rifugge da ogni imposizione, ostentazione, da ogni trionfalismo, è sempre protesa al bene altrui, fino al sacrificio di sé. Dall’altro lato c’è il “pensare secondo gli uomini”: è la logica del mondo, della mondanità, attaccata all’onore e ai privilegi, rivolta al prestigio e al successo. Qui contano la rilevanza e la forza, ciò che attira l’attenzione dei più e sa farsi valere di fronte agli altri.

Abbagliato da questa prospettiva, Pietro prende in disparte Gesù e si mette a rimproverarlo (cfr v. 32). Prima lo aveva confessato, adesso lo rimprovera. Può capitare anche a noi di mettere il Signore “in disparte”, di metterlo in un angolo del cuore, continuando a ritenerci religiosi e per bene e ad andare avanti per la nostra strada senza lasciarci conquistare dalla logica di Gesù. Ma c’è una verità: Egli però ci accompagna, ci accompagna in questa lotta interiore, perché desidera che, come gli Apostoli, scegliamo la sua parte. C’è la parte di Dio e c’è la parte del mondo. La differenza non è tra chi è religioso e chi no. La differenza cruciale è tra il vero Dio e il dio del nostro io. Quanto è distante Colui che regna in silenzio sulla croce dal falso dio che vorremmo regnasse con la forza e riducesse al silenzio i nostri nemici! Quanto è diverso Cristo, che si propone solo con amore, dai messia potenti e vincenti adulati dal mondo! Gesù ci scuote, non si accontenta delle dichiarazioni di fede, ci chiede di purificare la nostra religiosità davanti alla sua croce, davanti all’Eucaristia. Ci fa bene stare in adorazione davanti all’Eucaristia per contemplare la fragilità di Dio. Dedichiamo tempo all’adorazione. È un modo di pregare che si dimentica troppo. Dedichiamo tempo all’adorazione. Lasciamo che Gesù Pane vivo risani le nostre chiusure e ci apra alla condivisione, ci guarisca dalle nostre rigidità e dal ripiegamento su noi stessi; ci liberi dalla schiavitù paralizzante del difendere la nostra immagine, ci ispiri a seguirlo dove Lui vuole condurci. Non dove voglio io. Eccoci così giunti al terzo passaggio.

3. Il cammino dietro a Gesù, anche il cammino con Gesù. «Va’ dietro a me, Satana» (v. 33). Così Gesù riconduce Pietro a sé, con un comando accorato, forte. Ma il Signore, quando comanda qualcosa, in realtà è lì, pronto a donarla. E Pietro accoglie la grazia di fare “un passo indietro”. Il cammino cristiano non è una rincorsa al successo, ma comincia con un passo indietro – ricordate questo: il cammino cristiano comincia con un passo indietro –, con un decentramento liberatorio, con il togliersi dal centro della vita. Allora Pietro riconosce che il centro non è il suo Gesù, ma il vero Gesù. Cadrà ancora, ma di perdono in perdono riconoscerà sempre meglio il volto di Dio. E passerà dall’ammirazione sterile per Cristo all’imitazione concreta di Cristo.

Che cosa vuol dire camminare dietro a Gesù? È andare avanti nella vita con la sua stessa fiducia, quella di essere figli amati di Dio. È percorrere la stessa via del Maestro, venuto per servire e non per essere servito (cfr Mc 10,45). Camminare dietro a Gesù è muovere ogni giorno i nostri passi incontro al fratello. Lì ci spinge l’Eucaristia: a sentirci un solo Corpo, a spezzarci per gli altri. Cari fratelli e sorelle, lasciamo che l’incontro con Gesù nell’Eucaristia ci trasformi, come ha trasformato i Santi grandi e coraggiosi che onorate, penso a Santo Stefano e Santa Elisabetta. Come loro, non accontentiamoci di poco; non rassegniamoci a una fede che vive di riti e di ripetizioni, apriamoci alla novità scandalosa del Dio crocifisso e risorto, Pane spezzato per dare vita al mondo. Saremo nella gioia; e porteremo gioia.

Questo Congresso Eucaristico Internazionale è un punto di arrivo di un percorso, ma sia soprattutto un punto di partenza. Perché il cammino dietro a Gesù invita a guardare avanti, ad accogliere la svolta della grazia, a far rivivere ogni giorno in noi quell’interrogativo che, come a Cesarea di Filippo, il Signore rivolge a ognuno di noi suoi discepoli: Ma voi, chi dite che io sia?

Guarda il video dell'omelia

A conclusione della celebrazione eucaristica, prima di recitare l'Angelus, Papa Francesco ha pronunciato il suo ultimo discorso pubblico in Ungheria.

ANGELUS


Cari fratelli e sorelle,

Eucaristia significa “azione di grazie” e al termine di questa Celebrazione, che chiude il Congresso Eucaristico e la mia visita a Budapest, vorrei di cuore rendere grazie. Grazie alla grande famiglia cristiana ungherese, che desidero abbracciare nei suoi riti, nella sua storia, nelle sorelle e nei fratelli cattolici e di altre Confessioni, tutti in cammino verso la piena unità. A questo proposito saluto di cuore il Patriarca Bartolomeo, Fratello che ci onora con la sua presenza. Grazie, in particolare, ai miei amati Fratelli vescovi, ai sacerdoti, ai consacrati e alle consacrate, e a tutti voi, cari fedeli! Un ringraziamento grande a chi tanto si è adoperato per la realizzazione del Congresso Eucaristico e di questa giornata.

Nel rinnovare la gratitudine alle Autorità civili e religiose che mi hanno accolto, vorrei dire köszönöm [grazie]: grazie a te, popolo di Ungheria. L’Inno che ha accompagnato il Congresso si rivolge a te così: «Per mille anni la croce fu colonna della tua salvezza, anche ora il segno di Cristo sia per te la promessa di un futuro migliore». Questo vi auguro, che la croce sia il vostro ponte tra il passato e il futuro! Il sentimento religioso è la linfa di questa nazione, tanto attaccata alle sue radici. Ma la croce, piantata nel terreno, oltre a invitarci a radicarci bene, innalza ed estende le sue braccia verso tutti: esorta a mantenere salde le radici, ma senza arroccamenti; ad attingere alle sorgenti, aprendoci agli assetati del nostro tempo. Il mio augurio è che siate così: fondati e aperti, radicati e rispettosi. Isten éltessen! [Auguri!] La “Croce della missione” è il simbolo di questo Congresso: vi porti ad annunciare con la vita il Vangelo liberante della tenerezza sconfinata di Dio per ciascuno. Nella carestia di amore di oggi, è il nutrimento che l’uomo attende.

Oggi, non lontano da qua, a Varsavia, vengono proclamati Beati due testimoni del Vangelo: il Cardinale Stefan Wyszyński ed Elisabetta Czacka, fondatrice delle Suore Francescane Serve della Croce. Due figure che conobbero da vicino la croce: il Primate di Polonia, arrestato e segregato, fu sempre pastore coraggioso secondo il cuore di Cristo, araldo della libertà e della dignità dell’uomo; Suor Elisabetta, che giovanissima perse la vista, dedicò tutta la vita ad aiutare i ciechi. L’esempio dei nuovi Beati ci stimoli a trasformare le tenebre in luce con la forza dell’amore.

Infine preghiamo l’Angelus, nel giorno in cui veneriamo il santissimo nome di Maria. Anticamente, per rispetto, voi ungheresi non pronunciavate il nome di Maria, ma la chiamavate con lo stesso titolo onorifico utilizzato per la regina. La “Beata Regina, vostra antica patrona” vi accompagni e vi benedica! La mia Benedizione, da questa grande città, vuole raggiungere tutti, in particolare i bambini e i giovani, gli anziani e gli ammalati, i poveri e gli esclusi. Con voi e per voi dico: Isten, áldd meg a magyart! [Dio benedica gli ungheresi!]

Guarda il video integrale

Dopo aver celebrato la Santa Messa a conclusione del 52° Congresso Eucaristico Internazionale, Papa Francesco si è trasferito in auto all’Aeroporto Internazionale di Budapest dove, alle ore 14.30, ha avuto luogo la cerimonia di congedo dall’Ungheria.

******************************