lunedì 13 settembre 2021

Viaggio di Papa Francesco a Budapest e in Slovacchia (12-15 settembre 2021) Bratislava Arrivo e accoglienza - Incontro Ecumenico - Incontro privato con i gesuiti (testi, foto e video)

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
A BUDAPEST, IN OCCASIONE DELLA SANTA MESSA CONCLUSIVA
DEL 52.mo CONGRESSO EUCARISTICO INTERNAZIONALE, E IN SLOVACCHIA
12-15 SETTEMBRE 2021


Domenica, 12 settembre 2021

BRATISLAVA

15:30 Arrivo all'Aeroporto Internazionale di Bratislava
15:30 Accoglienza ufficiale presso l’Aeroporto Internazionale di Bratislava
16:30 Incontro Ecumenico presso la Nunziatura Apostolica a Bratislava
17:30 Incontro privato con i membri della Compagnia di Gesù presso la Nunziatura Apostolica a Bratislava


Papa Francesco è arrivato in Slovacchia, seconda tappa del suo 34° viaggio apostolico, l’aereo con a bordo il Santo Padre è atterrato alle 15.30 all’aeroporto di Bratislava, i primi a salutarlo, ancora a bordo dell'A320 dell'Alitalia, sono il nunzio apostolico monsignor Giacomo Guido Ottonello, e il capo del Protocollo slovacco. Sceso dalla scala anteriore del velivolo, il Papa è accolto da presidente della Repubblica Zuzana Čaputová. e da due bambini in abito tradizionale, che gli hanno offerto il pane e il sale – tradizionale gesto dell’ospitalità slava – e i fiori. Al termine, in auto separate, la presidente e il Papa i recano nella Sala Vip dell’aeroporto per un breve incontro.





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Il Santo Padre si è poi recato in auto alla nunziatura apostolica, distante 11 chilometri, che in Slovacchia esiste dal 1993 per volere di Giovanni Paolo II. Qui ha avuto luogo l’incontro ecumenico, il primo nel Paese, nel suo discorso Francesco ha guardato agli anni bui della persecuzione ateista ed alla forza della Chiesa di Cristo, chiamata oggi all’unità, alla testimonianza, alla fraternità e vicinanza a chi è bisognoso. 

INCONTRO ECUMENICO

Nunziatura Apostolica (Bratislava)





DISCORSO DEL SANTO PADRE 


Cari Membri del Consiglio Ecumenico delle Chiese nella Repubblica Slovacca,

vi saluto cordialmente e vi ringrazio per aver accolto l’invito ed essermi venuti incontro: io pellegrino in Slovacchia, voi graditi ospiti in Nunziatura! Sono contento che il primo incontro sia con voi: è un segno che la fede cristiana è – e vuole essere – in questo Paese germe di unità e lievito di fraternità. Grazie Beatitudine, Fratello Rastislav, per la sua presenza; grazie, caro Vescovo Ivan, Presidente del Consiglio Ecumenico, per le parole che mi ha rivolto e che testimoniano l’impegno di voler continuare a camminare insieme per passare dal conflitto alla comunione.

Il cammino delle vostre comunità è ripartito dopo gli anni della persecuzione ateista, quando la libertà religiosa era impedita o messa a dura prova. Poi, finalmente, è arrivata. E ora vi accomuna un tratto di percorso nel quale sperimentate quanto sia bello, ma al tempo stesso difficile, vivere la fede da liberi. C’è infatti la tentazione di ritornare schiavi, non certo di un regime, ma di una schiavitù ancora peggiore, quella interiore.

È ciò da cui metteva in guardia Dostoevskij in un racconto celebre, la Leggenda del Grande Inquisitore. Gesù è ritornato sulla Terra e viene imprigionato. L’inquisitore rivolge parole sferzanti: l’accusa che gli muove è proprio quella di aver dato troppa importanza alla libertà degli uomini. Gli dice: «Tu vuoi andare nel mondo e ci vai a mani vuote, con la promessa di una libertà che essi, nella loro semplicità e nel loro disordine innato, non possono neppure concepire, della quale hanno paura e terrore, perché nulla è mai stato più intollerabile della libertà per l’uomo!» (I Fratelli Karamazov, Milano 2012, p. 338). E rincara la dose, aggiungendo che gli uomini sono disposti a barattare volentieri la loro libertà con una schiavitù più comoda, quella di assoggettarsi a qualcuno che decida per loro, pur di avere pane e sicurezze. E così arriva a rimproverare Gesù di non aver voluto diventare Cesare per piegare la coscienza degli uomini e stabilire la pace con la forza. Invece, ha continuato a preferire per l’uomo libertà, mentre l’umanità reclama “pane e poco altro”.

Cari Fratelli, non ci accada questo; aiutiamoci a non cadere nella trappola di accontentarci di pane e di poco altro. Perché questo rischio sopraggiunge quando la situazione si normalizza, quando ci siamo stabilizzati e ci adagiamo ambendo a mantenere il quieto vivere. Allora, ciò a cui si punta non è più «la libertà che abbiamo in Cristo Gesù» (Gal 2,4), la sua verità che ci fa liberi (cfr Gv 8,32), ma l’ottenere spazi e privilegi. Che, secondo il Vangelo, è “pane e poco altro”. Qui, dal cuore dell’Europa, viene da chiedersi: noi cristiani abbiamo un po’ smarrito l’ardore dell’annuncio e la profezia della testimonianza? È la verità del Vangelo a farci liberi oppure ci sentiamo liberi quando ricaviamo comfort zone che ci permettono di gestirci e di andare avanti tranquilli senza particolari contraccolpi? E ancora, accontentandoci di pane e sicurezze, abbiamo forse perso lo slancio nella ricerca dell’unità implorata da Gesù, unità che certamente richiede la libertà matura di scelte forti, rinunce e sacrifici, ma è la premessa perché il mondo creda (cfr Gv 17,21)? Non interessiamoci solo di quanto può giovare alle nostre singole comunità. La libertà del fratello e della sorella è anche la nostra libertà, perché la nostra libertà non è piena senza di lui e di lei.

Qui l’evangelizzazione è sorta in modo fraterno, portando impresso il sigillo dei santi fratelli di Tessalonica Cirillo e Metodio. Essi, testimoni di una cristianità ancora unita e infuocata dall’ardore dell’annuncio, ci aiutino a proseguire nel cammino coltivando la comunione fraterna tra di noi nel nome di Gesù. D’altronde, come possiamo auspicare un’Europa che ritrovi le proprie radici cristiane se siamo noi per primi sradicati dalla piena comunione? Come possiamo sognare un’Europa libera da ideologie, se non abbiamo il coraggio di anteporre la libertà di Gesù alle necessità dei singoli gruppi dei credenti? È difficile esigere un’Europa più fecondata dal Vangelo senza preoccuparsi del fatto che non siamo ancora pienamente uniti tra noi nel continente e senza avere cura gli uni degli altri. Calcoli di convenienza, ragioni storiche e legami politici non possono essere ostacoli irremovibili sul nostro cammino. Ci aiutino i Santi Cirillo e Metodio, «precursori dell’ecumenismo» (S. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Slavorum Apostoli, 14), a prodigarci per una riconciliazione delle diversità nello Spirito Santo; per un’unità che, senza essere uniformità, sia segno e testimonianza della libertà di Cristo, il Signore che scioglie i lacci del passato e ci guarisce da paure e timidezze.

Ai loro tempi, Cirillo e Metodio hanno permesso che la Parola divina si incarnasse in queste terre (cfr Gv 1,14). Vorrei condividere con voi due suggerimenti in questa prospettiva, consigli fraterni per diffondere il Vangelo della libertà e dell’unità oggi. Il primo consiglio, il primo suggerimento riguarda la contemplazione. Un carattere distintivo dei popoli slavi, che sta a voi custodire insieme, è il tratto contemplativo, che va oltre le concettualizzazioni filosofiche e anche teologiche, a partire da una fede esperienziale, che sa accogliere il mistero. Aiutatevi a coltivare questa tradizione spirituale, di cui l’Europa ha tanto bisogno: in particolare ne ha sete l’Occidente ecclesiale, per ritrovare la bellezza dell’adorazione di Dio e l’importanza di non concepire la comunità di fede anzitutto sulla base di un’efficienza programmatica e funzionale.

Il secondo consiglio riguarda invece l’azione. L’unità non si ottiene tanto con i buoni propositi e con l’adesione a qualche valore comune, ma facendo qualcosa insieme per quanti ci avvicinano maggiormente al Signore. Chi sono? Sono i poveri, perché in loro Gesù è presente (cfr Mt 25,40). Condividere la carità apre orizzonti più ampi e aiuta a camminare più spediti, superando pregiudizi e fraintendimenti. Ed è anch’esso un tratto che trova genuina accoglienza in questo Paese, dove a scuola s’impara a memoria una poesia, che contiene, tra gli altri, un passaggio molto bello: «Quando alla nostra porta bussa la mano straniera con sincera fiducia: chiunque sia, se viene da vicino oppure da lontano, di giorno o di notte, sul nostro tavolo ci sarà il dono di Dio ad attenderlo» (Samo Chalupka, Mor ho!, 1864). Il dono di Dio sia presente sulle tavole di ciascuno perché, mentre ancora non siamo in grado di condividere la stessa mensa eucaristica, possiamo ospitare insieme Gesù servendolo nei poveri. Sarà un segno più evocativo di molte parole, che aiuterà la società civile a comprendere, specialmente in questo periodo sofferto, che solo stando dalla parte dei più deboli usciremo davvero tutti insieme dalla pandemia.

Cari fratelli, vi ringrazio per la vostra presenza e per il vostro cammino: il carattere mite e accogliente, tipico del popolo slovacco, la tradizionale convivenza pacifica tra di voi e la vostra collaborazione per il bene del Paese sono preziosi per il fermento del Vangelo. Vi incoraggio ad andare avanti nel cammino ecumenico, tesoro prezioso e irrinunciabile. Vi assicuro il mio ricordo nella preghiera e vi chiedo, per favore, di pregare per me. Grazie.

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 Incontro privato con i membri della Compagnia di Gesù


Papa Francesco ha concluso la prima giornata del viaggio, sempre presso la Nunziatura apostolica, con un incontro privato con i membri della Compagnia di Gesù.

Li ha accolti con un sorriso i 53 confratelli gesuiti di tutta la Slovacchia. Un appuntamento, quello con i membri della Compagnia di Gesù della Chiesa locale, che è ormai consolidata tradizione di ogni viaggio apostolico. Francesco ha ascoltato le loro domande, ne ha poste alcune pure lui stesso, ha incoraggiato la loro missione in un’epoca di secolarizzazione e calo delle vocazioni. Mai una volta si è mostrato stanco, come raccontano i presenti, nonostante il tour de force del primo giorno di trasferta che, in 24 ore, l’ha visto prima a Budapest e poi a Bratislava.

Tutto è durato circa un’ora e mezza. “È andato molto bene, in un’atmosfera serena”, racconta padre Jozef Bartkovjak, responsabile della sezione slovacca di Radio Vaticana–Vatican News e inviato a Bratislava, che era presente a questo appuntamento che definisce “un incontro di famiglia”. Nonostante non avesse ancora cenato e fosse reduce da un impegnativo incontro con il Consiglio Ecumenico delle Chiese, il Santo Padre “si è mostrato abbastanza fresco. Aveva già fatto diverse cose, ma era pienamente presente, scherzava, era vivace. Ci ha dato l’impressione di come se ci fossimo riuniti con una persona molto cara, con la quale è un piacere stare insieme. Una persona che conosciamo ma che non conoscevamo da vicino. Abbiamo ascoltato le sue parole e gli abbiamo potuto dire cosa desideriamo, cosa facciamo”.


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