martedì 23 febbraio 2021

Ruolo delle donne nella Chiesa - Piccoli importanti (e sottovalutati) passi avanti di Francesco

Ruolo delle donne nella Chiesa
Piccoli importanti (e sottovalutati)
passi avanti di Francesco
 

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PRIMA SOTTOSEGRETARIA AL SINODO

Ruolo chiave a una donna Svolta del Papa 
di Giovanni Panettiere

Che il Papa non sfugga alla retorica del genio femminile, di wojtyliana memoria, è una sacrosanta verità. Più volte l’abbiamo sentito dire che Maria "è più importante degli apostoli" e che "la Chiesa è donna". Sulla necessità di conferire spazi maggiori alle eredi della Maddalena, la prima testimone della Resurrezione e per questo apostola del cuore della fede cristiana, i buoni propositi hanno avuto per lo più il sopravvento sui fatti concreti. Bergoglio non è tipo da vedere e agire in simultanea. E non solo, perché come Papa è chiamato a tenere unito l’equipaggio (prima ancora che i passeggeri) della barca di Pietro: per non sbagliare, da gesuita predica il discernimento che necessita dei suoi tempi. Anche lunghi come quelli che l’hanno spinto a costituire una flemmatica commissione di studio sulle diaconesse, ma anche a siglare due (attese) riforme nelle ultime settimane dopo che lo scorso anno aveva preferito (temendo ripercussioni sulla Chiesa universale) non assecondare i vescovi dell’Amazzonia che chiedevano l’istituzione di nuovi ministeri femminili in un contesto ecclesiale a trazione fortemente rosa.

Così Francesco prima ha avvicinato le donne all’altare, togliendo del tutto ai maschi il monopolio sul lettorato e l’accolitato, poi ha nominato una suora sottosegretario del Sinodo dei vescovi (l’organismo d’indirizzo della Chiesa sulle sfide della modernità). Poco importa se la prescelta sia o meno un’obbediente alla linea. Conta che per la prima volta una donna sarà uguale ai maschi (vescovi), avrà diritto di voto nell’istituzione chiave per la sinodalità bergogliana e dei successori. Sono svolte simboliche, non si nega, ma Ecclesia non facit saltus. Le riforme si conquistano a piccoli passi. Figurarsi nella Chiesa dove Francesco passerà alla storia per l’avvio dei cambiamenti (dalla pastorale familiare alla questione di genere) più che per la loro completa realizzazione.

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Il Papa nomina la prima donna con diritto di voto al Sinodo
di Francesco Lepore

La scelta di Natalie Becquart, suora dell’Istituto La Xavière di spiritualità ignaziana, è storica ma non così sorprendente. Da anni il Pontefice argentino identifica quello della sinodalità come «il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio»



«Esorto tutti, autorità pubbliche e società civile, a supportare le vittime della violenza nella famiglia: sappiamo purtroppo che sono le donne, sovente insieme ai loro figli, a pagare il prezzo più alto». È questo il solo riferimento esplicito, e di peso, alle donne – anche se non ne mancano indirettamente in relazione alle diverse forme di sfruttamento e alla tratta delle persone – che Papa Francesco ha fatto nel discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Discorso che, muovendosi sul duplice binario della fraternità e dell’umanesimo integrale quale antidoto unico alle crisi contemporanee (sanitaria, politica, ambientale, economico-sociale e, soprattutto dei rapporti umani), può definirsi, senza tema di smentita, come uno dei più completi e politicamente importanti degli ultimi anni.

E alla testimonianza di una donna, l’ex schiava sudanese Bakhita poi divenuta religiosa canossiana e canonizzata da Giovanni Paolo II nel 2000, si è richiamato sempre ieri Bergoglio per invitare «a mettere al centro le persone trafficate, le loro famiglie, le loro comunità» nel video messaggio per la 7° Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta delle persone.

Ma il vero segnale di attenzione alle donne e di rinnovamento bergogliano al femminile, sia pur a piccoli passi, è giunto il 6 febbraio con la nomina di Nathalie Becquart a sottosegretaria della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi. Si tratta infatti di un’assoluta novità da quando un tale organismo permanente fu istituito da Paolo VI (15 settembre 1965). Ma anche di un messaggio chiaro e inequivocabile da parte di Francesco: da anni il Papa argentino identifica quello della sinodalità come «il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio» e, non a caso, sul tema della sinodalità della Chiesa ha indetto per il 2022 la XVI° Assemblea generale del Sinodo dei vescovi.

La nomina di suor Becquart, notificata insieme con quella dell’agostiniano Luis Marín de San Martín (ulteriore novità perché è la prima volta che la Segreteria del Sinodo ha due sottosegretari), risponde infatti – come dichiarato dal cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi – alla chiara volontà del Papa, «che ha, più volte, sottolineato l’importanza che le donne siano maggiormente coinvolte nei processi di discernimento e di decisione ecclesiali; e già negli ultimi Sinodi il numero di donne partecipanti come esperte o uditrici è aumentato».

Una scelta quanto mai indovinata quella di Natalie Becquart, suora dell’Istituto La Xavière di spiritualità ignaziana, fondato cent’anni fa a Marsiglia da Claire Monestès.

Nata a Fointenblaeu nel 1969, si è diplomata all’École des Hautes Études commerciales di Parigi nel 1992 ed è entrata 1995 tra le Xavières nel 1995 dopo un anno di volontariato in Libano e due anni di esperienza professionale come consulente di marketing e comunicazione. Ha studiato filosofia e teologia al Centre Sèvres – Facultés Jésuites e sociologia all’École des Hautes Études en Sciences sociales (Ehess) a Parigi, conseguendo poi la licenza in Ecclesiologia con una tesi sulla sinodalità presso il Boston College School of Theology and Ministry.

Diversi gli incarichi ricoperti nell’ambito del marketing e nella formazione dei giovani: direttrice spirituale della Rete della Gioventù ignaziana, coordinatrice nazionale del Programma di scoutismo per i giovani delle zone urbane e direttrice del Servizio nazionale per l’Evangelizzazione dei giovani e per le Vocazioni (Snejv) in seno alla Conferenza episcopale fancese (2012-2018). Dal 2015 al 2018 è stata inoltre membro del Consiglio episcopale della diocesi di Nanterre su designazione del vescovo Michel Aupetit.

Autrice di numerose pubblicazioni, suor Nathalie Becquart è stata particolarmente impegnata nella preparazione del Sinodo su giovani, fede e discernimento vocazionale sia in Francia sia in Vaticano. Al di là del Tevere ha svolto il ruolo di coordinatrice generale del pre-sinodo nel marzo 2018 e di uditrice al Sinodo sui giovani nell’ottobre 2018. Nel maggio 2019 è stata nominata da Papa Francesco consultrice della Segreteria Generale del Sinodo dei vescovi.

Ma la nomina della Xavière segna anche un ulteriore passo in avanti verso l’ottenimento di quanto chiesto ripetutamente da uditrici e consultrici: il riconoscimento alle donne del diritto di voto al Sinodo, di cui suor Becquart gode in virtù dell’incarico di sottosegretaria. È da capire se un tale diritto sarà esteso ad altre donne, che parteciperanno al Sinodo del 2022 ma è indubitabile che la strada è stata aperta.

Il tema fu dibattuto il 7 novembre scorso tra il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, e la sociologa Paola Lazzarini, fondatrice di Donne per la Chiesa, durante il Festival de Linkiesta. In quell’occasione il porporato «Il Papa sta insistendo molto sulla sinodalità come esercizio del nostro camminare insieme. Credo che si troveranno dei meccanismi per cui chiunque partecipa al Sinodo abbia poi piena responsabilità di esprimere il proprio pensiero anche con i voti».

A distanza di mesi Paola Lazzarini, che al Festival aveva insistito sull’inaccettabilità di una tale limitazione per le sole donne, dichiara oggi a Linkiesta: «Sono molto felice della notizia della nomina di suor Nathalie Becquart a sottosegretaria del Sinodo dei vescovi e anche più del fatto che le verrà riconosciuto il diritto di votare il documento finale della prossima Assemblea generale. È dall’ottobre del 2018 che il nostro gruppo, insieme a tante altre donne di tutto il mondo, si spende per portare alla luce la profonda incongruenza di una partecipazione femminile ai sinodi che non preveda il diritto di voto. Sapere che suor Nathalie voterà ci riempie di speranza, direi che ci fa sentire ascoltate! Ora attendiamo notizie certe rispetto all’allargamento di questo diritto a tutte le donne che parteciperanno. Vorrei però che fosse chiaro che non si tratta di un passo avanti per le donne, ma per tutta la Chiesa. Quella Chiesa sinodale di cui Papa Francesco non si stanca di parlare e che noi donne vogliamo aiutarlo a costruire».

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Grammatica e sintassi del ministero ecclesiale. 
“Spiritus Domini” come “cambio di paradigma”
di Andrea Grillo


Il compito della teologia - come dice una lunga tradizione e come di recente è stato sintetizzato da papa Francesco nel famoso discorso alla Collegio degli scrittori della Civiltà Cattolica (cfr. qui) – è servizio ecclesiale che si nutre di tre “i”: inquietudine, incompletezza e immaginazione. Ovviamente il magistero della cattedra pastorale si nutre in modi differenziati del lavoro teologico. Lo assume, lo studia, lo tollera e talvolta lo contrasta. A sua volta il magistero della cattedra teologica, che elabora la tradizione nel senso più completo e più libero, si trova a interagire con il magistero episcopale e papale in forme ora più pacate, ora più conflittuali.

Resta comunque la grande differenza tra la “immediata efficacia” del magistero episcopale e la “efficacia mediata” del magistero teologico. In tal senso proseguire sulla strada aperta dalle proposizioni del magistero è una parte del lavoro che la teologia compie “per mestiere”. Non ha carattere eventuale, ma necessario.

In questo caso vorrei soffermarmi sulla rilettura di due testi, che nei giorni 10-11 gennaio 2021 – meno di un mese fa – papa Francesco ha firmato sul tema dei “ministeri istituiti” e che rappresentano, per la teologia cattolica del ministero ecclesiale, un passaggio che non è esagerato definire “di svolta”. Siamo di fronte ad un “cambio di paradigma”, sui cui effetti facciamo fatica ad esercitare una adeguata immaginazione.

Come sempre, anche di Cristoforo Colombo, si potrebbe dire: è stato un errore, voleva andare in India e ha fallito. Anche di questi due testi recenti si è potuto leggere: nulla di nuovo, ci si limita a registrare quello che si fa da 50 anni, siamo sempre in ritardo, una cosa ridicola…

In realtà in questi due testi troviamo, per la prima volta espresso in modo ufficiale nella lunga storia della chiesa cattolica antica, medievale, moderna e contemporanea, il superamento di una “riserva maschile del ministero ecclesiale” che è stata considerata, per molti secoli, elemento che apparteneva alla “sostanza del ministero stesso”. Questo passo ha un valore in sé, che supera una “evidenza classica”, assumendo una nuova visione. Perciò vorrei presentare i punti di novità dei due testi e porre in luce come appaiano ufficialmente forme argomentative la cui fecondità non sarà facile arrestare in futuro.

a) Il Motu Proprio “Spiritus Domini”

Con una tecnica non rara, il primo documento, direttamente operativo, è assai breve e si limita a compiere, con la autorità di un “motu proprio”, una modifica del Codice di Diritto canonico (can. 230), del quale fa cadere la “riserva maschile” stabilita per quelli che venivano chiamati, prima del 1972, “ordini minori” e che da allora sono chiamata “ministeri istituiti”. E’ evidente che questa “svolta” – che fa cessare la esclusiva maschile per l’accesso a lettorato e accolitato – si basa sul grande “cambio di paradigma” che prima il Concilio Vaticano II aveva realizzato sul piano degli “ordini maggiori”, e che Ministeria quaedam di Paolo VI ha realizzato sul piano degli “ordini minori”. Riassumiano sinteticamente questi due passaggi:

- Il Concilio rilegge gli ordini maggiori in modo assai articolato: recupera l’episcopato all’interno del sacramento dell’ordine come suo vertice; esclude il suddiaconato; supera la strutturale distinzione tra “potestas ordinis” e “potestas iurisdictionis”.

- Con Ministeria quaedam non solo si riducono a “due” gli ordini minori (da 4 o 5 che erano), ma essi vengono scorporati dal sacramento dell’ordine e incardinati sul sacramento del battesimo. Non sono più “gradi inferiori” del ministero ordinato, ma “articolazioni ufficiali” dei carismi dei battezzati.

Si tratta di una rilettura potente, sistematicamente e praticamente assai audace, i cui effetti lentamente stanno prendendo corpo e forma. Ma in quella riforma, che pure aveva così profondamente ripensato la tradizione, la “riserva maschile” ad ogni grado del ministero – istituito o ordinato – restava degna di venerazione e dunque non superata.

b) La lettera che accompagna “Spiritus Domini”

In una lettera, che reca la data del giorno successivo, papa Francesco espone le argomentazioni che hanno condotto al provvedimento del giorno precedente. E nel testo si trova una appassionata rilettura della tradizione ministeriale della Chiesa, la quale, nella storia, senza mai deflettere dalla fedeltà alla parola ricevuta dal Signore, interpreta diversamente le forme della autorità e l’esercizio di “uffici” per la vita della Chiesa. La “interpretazione che la chiesa dà di sé” fa parte della sua tradizione. E così, senza che vi sia infedeltà, è possibile che alcune forme siano sostituite da altre: anche questo non è “superamento”, ma “inveramento” della tradizione. Sul piano ermeneutico il testo lavora con finezza sulla pretesa “riserva maschile”, in vista di una comprensione più ampia. Si passa da una visione più stretta ad una più larga del ministero fondato su battesimo, cresima e eucaristia.

Al centro della lettera vi è una frase che ha un valore decisivo: “Essendo il sacramento dell’Ordine riservato ai soli uomini, ciò era fatto valere anche per gli ordini minori.” Sul piano teologico si tratta di una “descrizione” di ciò che “per secoli” si è ritenuto vincolante e, diremmo, sostanziale. Ma, se esaminiamo dal punto di vista sistematico, le novità con cui oggi facciamo i conti sono almeno tre:

- gli ordini minori non sono più tali, ma sono, appunto, ministeri istituiti, che discendono dalla iniziazione cristiana, non dal sacramento dell’ordine;

- la riserva agli uomini oggi non riguarda il “sacramento dell’ordine”, ma la “ordinazione sacerdotale”, ossia il grado dell’episcopato e del presbiterato, non quello del diaconato;

- la relazione tra ministeri ordinati e ministeri istituiti non è parallela alla evidenza della riserva maschile: il grado del diaconato, pur essendo interno ai “ministeri ordinati”, non è coperto dalla riserva citata dalla Lettera e risalente a “Ordinatio sacerdotalis” del 1994.

Questo significa che, tra la distinzione interna al ministero operata da Paolo VI nel 1972 e le parole di Giovanni Paolo II sul sacerdozio non vi è completa sovrapposizione. L’esercizio della parola autorevole, nella Chiesa, non è riservata soltanto a battezzati di sesso maschile. Ciò che è stato venerabile, come la riserva, non è “di sostanza” per l’esercizio del ministero. E questo è, appunto, un vero cambio di paradigma.

c) Le parole definitive e le nuove evidenze

Anche la sociologia, o la fisiologia, come la geografia o la fisica, ha le sue “nuove evidenze”. La antica prassi di “ordinare” al lettorato e all’accolitato solo uomini aveva trovato, nella storia, diverse argomentazioni. La donna non è dotata di autorità; la donna, nel generare, è puramente passiva; la donna non deve avvicinarsi alle cose sacre perché, almeno una volta al mese, risulta impura. Un universo di cultura sociologica, fisiologica, biologica ha fatto sentire la sua autorità anche presso i teologi. Alcuni di essi continuano a frequentare questi pregiudizi, come se fossero parola di Dio.

Singolarissimo è osservare come queste visioni abbiano avuto la forza di convincere anche i più saggi tra gli uomini del passato: sul divieto di battezzare e di insegnare della donna Tertulliano è stato un maestro molto ascoltato, e quando Tommaso d’Aquino ha avuto la forza di correggerlo, ha dovuto ricorrere ad una evidenza non teologica, ma sociologica. Usando la sua “arte del distinguere” il Dottore Angelico ha formalizzato uno “spazio di autorità femminile” rigorosamente privato. Alla donna si poteva riconoscere autorità, ma solo residuale e mai in pubblico. Questa argomentazione, che prima non esisteva, ha resistito fino al XIX secolo. Così, un secolo dopo, poco prima della sua morte, Giovanni XXIII, in Pacem in terris, poteva riconoscere nella “entrata della donna nello spazio pubblico” uno dei “segni dei tempi” della nostra epoca. Per questo la piccola variazione testuale proposta da “Spiritus Domini” è un cambio di paradigma. La donna entra ufficialmente, con tutti i crismi, nello spazio pubblico della autorità ecclesiale. Non saranno certo le distinzioni sistematiche antiche o recenti a poter precludere a questo inizio tutto il suo sviluppo, pastorale ed ecclesiale. La riserva maschile, che è stata ritenuta sostanziale all’esercizio di ogni autorità ecclesiale, non è più, in quanto tale, una garanzia per la tradizione. Questo è un punto di non ritorno, per riflettere sul quale non basta una pur preziosa “teologia di autorità”, ma occorre che la teologia metta in campo tutta la sua autorità, senza paura e con molta pazienza.

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Per approfondire riproponiamo solo alcuni dei nostri numerosi post, a partire dai più recenti, sul ruolo delle donne nella Chiesa: