giovedì 25 ottobre 2018

«Vicino a una negra non ci sto» - «Non voglio essere servita da un negro» - «Vai dietro sei di un altro colore e di un'altra religione» - Episodi di razzismo quotidiano sempre più frequenti - Ritroviamo la civiltà dei nostri padri e delle nostre madri finché siamo in tempo!!!


«Mia figlia Shanthi insultata sul treno.
Ma il razzismo ha già perso»

Il racconto di Paola Crestani, presidente dell'ente adottivo Ciai, sull'atto di discriminazione di cui è stata vittima sua figlia

Shanthi, la ragazza di 23 anni insultata sul treno:
«Vicino a una negra non mi ci siedo»
le ha detto una signora,
chiedendole di farle vedere il biglietto
«Vicino a una negra non ci sto». Ha fatto il giro del web, nelle ultime ore, l'episodio toccato a Shanthi, una ragazza di 23 anni sul treno Frecciarossa da Milano a Trieste. La signora seduta accanto a lei ha prima messo in dubbio che la giovane possedesse il biglietto, poi le ha chiesto di poterlo vedere. Quindi le ha detto che non sarebbe rimasta accanto a una persona di colore e si è spostata.

La denuncia è partita dalla madre della ragazza, Paola Crestani, che è anche presidente del Centro Italiano Aiuti all'Infanzia, uno fra i più importanti enti del terzo settore autorizzato per le adozioni internazionali. «La dolcissima ragazza nella foto è mia figlia - ha scritto Crestani su Facebook, pubblicando la fotografia della ragazza sorridente -. Ieri pomeriggio l'ho accompagnata in stazione centrale a Milano e ha preso il Frecciarossa in direzione Trieste. Poco dopo mi manda questo messaggio: "Mi sono seduta al mio posto e la signora vicino a me mi fa: ma lei è in questo posto? E le faccio sì signora ... e lei: posso vedere il biglietto... gliel'ho fatto vedere e mi fa: ah beh io non voglio stare vicino a una negra e si è spostata... Assurdo"». Parole a cui Crestani ha aggiunto: «Che ne siano consapevoli o no, il mondo di oggi e del futuro è questo: un insieme di persone di tutti i colori, di diverse lingue, di culture differenti. Non solo nelle strade, negli autobus, nei treni o negli aerei ma anche nel business, nella finanza, nella moda, nelle università, nello sport. Quindi, razzisti, che vi piaccia o no, avete già perso!».

Paola Crestani, presidente dell'ente adottivo
Ciai, ha denunciato su Facebook
quello che è accaduto a sua figlia
Paola Crestani non pensava che la denuncia, fatta a titolo personale, sollevasse tanto clamore: «Sono stata contattata da decine di giornalisti, ho ricevuto centinaia di attestazioni di solidarietà. Il bello è che l'unica cosa che ora mi chiede mia figlia è di starsene in pace». La ragazza, che ha 23 anni ed è stata adottata all'età di 2 («L'unica lingua che parla da quando è nata l'italiano, è facile capire come un insulto di questo tipo possa averla lasciata...» racconta ancora la mamma), è di origini indiane. A Milano ha studiato e tutti i giorni vi si reca da Vicenza, in questo periodo, per dei colloqui di lavoro: «Mi aveva già detto di ammiccamenti, di qualche atteggiamento guardingo notato nei suoi confronti - continua Crestani -. Ma arrivare a tanto, sembra incredibile. È evidente che si sta ponendo con forza il tema dell'accoglienza nel nostro Paese, e per noi impegnati nel campo delle adozioni come famiglie e come enti è il momento di riaffermare con forza questo valore».

Ora Shanthi è ferita. Ha paura. «Sono gli stessi sentimenti che animano molti ragazzi della sua età, figli adottivi come lei - continua Crestani -. Tra loro si raccontano continuamente di episodi analoghi, non sono certo sporadici». Ragazzi grandi, che hanno superato le difficoltà legate all'adozione, all'integrazione nei percorsi scolastici, e che ora vedono messa in discussione la loro identità di italiani a tutti gli effetti «e si chiedono perché».

Tra le moltissime reazioni al messaggio (quasi 20mila post e 6mila condivisioni in poche ore) ci sono tante frasi di solidarietà, ma c'è anche chi ha dubitato del fatto. «Siamo alla deriva - si legge - L'Italia è un fallimento totale. Chiedo perdono a questa bellissima ragazza e a tutte le persone che hanno un colore diverso da questo sporco bianco di cui inizio a vergognarmi», «Qui non si tratta di razzismo ma di idiozia, perché sono convinto che al mondo, e l'Italia non fa eccezione, ci sono più idioti di quanto si possa immaginare». «Tua figlia è splendida e secondo me è un onore starle accanto». Ma anche «è una bufala, non cascateci», «balle, basta, l'Italia non è razzista», «non credo a una sola parola di questo racconto» e addirittura «fantomatica signora, ci provi che è vero». 
(fonte: Avvenire, articolo di Viviana Daloiso 22/10/2018)

Vedi anche alcune segnalazioni di altri gravi episodi di razzismo in questi ultimi giorni:
Razzismo a Trento: senegalese cacciato in fondo al bus: "Vai dietro, sei di un altro colore"

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Ezio Mauro: «Vi spiego perché in Italia c'è razzismo»

Senza accorgerci, abbiamo tollerato piccoli e grandi episodi di razzismo. E adesso l’«uomo bianco» è diventato un tema anche italiano. Lo spiega Ezio Mauro nel suo ultimo saggio

Sono tornati a mangiare insieme ai loro compagni grazie a una colletta spontanea di oltre 60 mila euro: i bambini di Lodi, esclusi dalla mensa per l’impossibilità dei loro genitori di pagare la retta «ridotta» – dovevano reperire nei Paesi di origine e tradurre dei documenti sui redditi difficilmente ottenibili –, «sono solo l’ultimo caso di discriminazione nel nostro Paese». Ezio Mauro, giornalista, 70 anni il 24 ottobre, ha appena pubblicato L’uomo bianco (Feltrinelli, pagg. 138, € 15), saggio che indaga la «mutazione» razzista in Italia.

«L’espressione “uomo bianco” l’ho usata la prima volta nel 2010, quando furono feriti tre braccianti di colore a Rosarno». Nel 2018 ci sono state altre fucilate: i casi di Macerata (spara Luca Traini, sei feriti) e di San Calogero, in provincia di Vibo Valentia (un cecchino uccide il maliano Soumaila Sacko).

La violenza nei confronti del «negro» è anche quotidiana, e va dai ragazzini di Bari che vogliono «sbiancare» il compagno con la schiuma alla signora di Varese che aggredisce il cassiere di colore perché «non voglio essere servita da un negro». Come siamo arrivati fino qui?

«Non sono episodi di razzismo che succedono a caso, ci sono delle piccole infrazioni quotidiane che non avvertiamo più. L’intolleranza razziale strisciante trova ora una legittimazione istituzionale. In pochi lo dicono, ma c’è stato un cambio di egemonia culturale evidente, che si è spostata a destra, e una destra non moderata ma crudele. C’è una pratica di discriminazione costante, si distingue lo straniero dall’italiano, lo si seleziona e lo si mette in un girone a parte. Il caso di Lodi, in questo senso, è illuminante: si indica una minoranza, che in questo caso sono i migranti, si trasforma questa minoranza in colpevole perché povera, poi la sua condizione viene presentata come un privilegio, un abuso, una “pacchia” – il povero deve provare che è povero, per il ministro dell’Interno sono “furbetti” – e quindi si passa a ristabilire l’ordine inteso come condizioni di favore per gli italiani. E la gente, in tv, si sente libera di definire i bambini degli immigrati delle “zecche”».

Lo slogan sovranista «prima gli italiani» significa anche «secondi tutti gli altri».

«Si parla solo di italiani, italiani, italiani. Ma la cosa più italiana che viene messa fuori gioco è la civiltà dei nostri padri e delle nostre madri. Proviamo a prendere per buona la paura dello straniero, il bisogno di protezione, lo sgomento per la globalizzazione: questa ferocia contro gli immigrati, nel linguaggio e nelle azioni, non si giustifica».

Come si combatte il razzismo ogni giorno?

«Si deve combattere la paura e dare un dato, ossia che nella prima metà del 2018 in Italia sono sbarcati 55 mila migranti in meno rispetto al 2017, meno 77%. Ma il dato, da solo, non serve se non diventa parte della vita delle persone, se non si aprono le porte, se non torna la fiducia. È stata raccontata una bugia, la menzogna dell’emergenza, che si è insediata sul trono vacante di una politica che ha abbandonato i suoi compiti».

Il caso di Lodi mostra però anche un’Italia che non ha paura, solidale.

«Premesso che lo Stato deve garantire il welfare e non ci si può affidare alla carità, questo gesto di solidarietà può indicare una strada, si può partire da qui per fare una nuova opposizione popolare, e politica. Non c’è una bandiera, ma è ora che uno organizzi quel campo, anche perché i cittadini ci sono, i valori ci sono, un elettorato di centrosinistra esiste e vuole trovare una guida».

Chi potrebbe esserlo?

«Questa è una domanda a cui vorrei sottrarmi, è difficile trovare qualcuno in grado».

L’ultima regina dello sport italiano è la pallavolista Paola Egonu, di origine nigeriana.

«Quando vediamo questi campioni siamo orgogliosi, fa piacere che il nostro Paese attiri persone da altri mondi, persone a cui ha dato la nostra cultura, la nostra Costituzione, i nostri valori. È una cosa bellissima. Credo che sia quello che pensavano i padri costituenti e i nostri antenati migranti. Lo stiamo gettando via. È un peccato».
(fonte: Vanity Fair, articolo di Silvia Bombino del 24/10/2018)

Vedi anche alcuni post precedenti (all'interno altri link):