mercoledì 26 luglio 2023

La memoria dei santi Gioacchino e Anna ci ricorda il valore del matrimonio, dell’unità e dell’amore familiare.

Catechesi nell'arte

I Santi Gioacchino e Anna
Rappresentati da Giotto a Padova nella Cappella Scrovegni

Giotto, Sant'Anna e San Gioacchino, 1303-1304

La Vergine, donna immacolata e dolcissima, non poteva che nascere da genitori santi. Anziani, emarginati dalla società perché sterili, eppure ripieni di speranza e di fede. La memoria dei santi Gioacchino e Anna ci ricorda il valore del matrimonio, dell’unità e dell’amore familiare.

Il 26 luglio ricorre la memoria dei santi Gioacchino e Anna. È stato san Papa Paolo VI a riunire i due coniugi nella medesima festività, nel 1969, in occasione della riforma del nuovo calendario liturgico. Prima, infatti, erano ricordati in giorni separati: per Anna la ricorrenza era uguale all’odierna, mentre quella di Gioacchino cadeva il 16 agosto.

È indubbio che in questa scelta di unione si sia voluta porre l’attenzione sul loro essere coniugi e quindi famiglia. Genitori di Maria e nonni di Gesù. Nelle Scritture, Anna e Gioacchino non appaiono mai ma, secondo i Padri orientali della Chiesa, la loro storia è simile a quella di Elkanà e Anna del Primo libro di Samuele (1-28), dove le preghiere di lei, sterile, vengono ascoltate dal Signore che le concede un figlio.

Le storie dei genitori di Maria sono invece raccontate diffusamente nei Vangeli apocrifi, per la prima volta nel Protovangelo di Giacomo, risalente alla metà del II secolo d.C. e quindi nel Vangelo dello Pseudo-Matteo e nell’Evangelium de nativitate Mariae, poi penetrati nella medioevale Legenda Aurea di Iacopo da Varazze. Nei racconti ci si sofferma a ricostruire la loro genealogia e il loro stato sociale perché diventi chiaro il filo del tempo che, dalla tribù di Levi per Anna e la stirpe di Davide per Gioacchino, conduce alla nascita di Gesù Cristo, Dio venuto sulla terra ma anche Uomo della storia. La presenza di Gioacchino è meno frequente rispetto ad Anna, la cui devozione appare più intensa e affonda nel tempo con radici profonde. Un po’ come con la Vergine e san Giuseppe, a lei è riservata una maggiore importanza, dimostrando come la maternità sia stata sempre fondamentale e tenuta in gran conto, anche nei contesti storici e sociali patriarcali.

Nel VI secolo, Giustiniano fece costruire una chiesa dedicata alla madre di Maria, mentre a Roma troviamo le sue reliquie e alcuni dipinti nella chiesa di Santa Maria Antiqua, nel Foro Romano, risalente al VI secolo. Si tratta dell’affresco con le sante Madri: la Vergine con il Bambino, Sant’Anna con Maria Bambina ed Elisabetta con san Giovannino.

Infine, Papa Leone III, nell’VIII secolo, avrebbe donato una tovaglia d’altare alla basilica di Santa Maria Maggiore, ricamata con scene dell’Annunciazione e i santi Gioacchino e Anna.

L’iconografia che appare più spesso è quella della sola Maria affiancata dalla madre Anna e il Figlio. Una delle immagini più diffuse di sant’Anna, la cosiddetta Metterza tra Maria e il Bambino, lei è raffigurata alle spalle di Maria, leggermente in ombra, e il Bambino al centro in basso, delineando una piramide temporale oltre che gerarchica. Nel Medioevo, si diffondono le vicende della coppia di sposi narrate dagli apocrifi: la cacciata di Gioacchino dal tempio perché senza prole, il suo ritiro tra i pastori, il sacrificio di un agnello, il suo sogno e la visione dell’angelo che gli preannuncia la nascita di Maria. Ancora, l’angelo che appare ad Anna ci riporta all’Annunciazione di Maria. Momento finale e culminante della narrazione è l’incontro dei due coniugi presso la Porta Aurea di Gerusalemme: gli anziani coniugi si riuniscono nella gioia perché nascerà loro una figlia.

Il ciclo delle Storie di Gioacchino e Anna, affrescate da Giotto tra il 1303 e il 1305 nella Cappella degli Scrovegni a Padova, è il più celebre. Figurazioni “esatte”, che sembrano dare vita alle parole della Legenda Aurea traducendole perfettamente, momento dopo momento, alla lettera.

Colpisce anche come le alcune figurazioni di Gioacchino e Anna siano specchio delle narrazioni di Giuseppe e Maria, sempre – ma non solo – negli Scrovegni. Gioacchino, che accoglie nel sogno la visione dell’angelo, è dipinto nell’identica posizione accovacciata di Giuseppe che sogna a sua volta e sant’Anna appare simile a Maria nell’annuncio dell’angelo, immersa in una simile ambientazione, in una stanza. L’iconografia più ricorrente è comunque l’incontro di Gioacchino e Anna presso la porta Aurea. Il momento secondo il quale, nel loro abbraccio, sarebbe avvenuto il concepimento di Maria. Dopo un periodo di separazione, dove Anna pensava anche di essere divenuta vedova, la gioia prorompe con la certezza di fede che le loro preghiere sono state ascoltate.

Gli artisti rappresentano questo momento mentre si prendono per le mani, l’uno di fronte all’altro. Il modello sembra ricalcare quello classico della “concordia degli sposi” di matrice classica, ravvisabile nei sarcofagi di età romana imperiale. Il bacio che si scambiano Gioacchino e Anna è anche il primo bacio d’amore dipinto nel mondo cristiano. Occhi negli occhi, le mani di lei al collo, proprio come descritto negli apocrifi, che cingono lo sposo teneramente. Il loro volto sembra fuso in uno solo, come una sola carne: una rappresentazione geniale che rappresenta pienamente l’intento nuziale come sacramento.
(Fonte: Il Cittadino, articolo di Ilaria Brigati 24/07/2023)

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