sabato 30 ottobre 2021

Gesù, Buon Samaritano, ci rivela la vera umanità. Riflessione sul cap. 2 di Fratelli tutti - Alberto Neglia, ocarm (VIDEO)

Gesù, Buon Samaritano, 
ci rivela la vera umanità.
 Riflessione sul cap. 2 di Fratelli tutti 
Alberto Neglia, Carmelitano 
(VIDEO)

Terzo dei Mercoledì della Spiritualità 2021
tenuto il 27 ottobre 2021
e promosso dalla
Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto

RISCOPRIRE IL VOLTO FRATERNO DELL’UMANITÀ
A confronto con la “Fratelli tutti” di papa Francesco


1. Introduzione

     Nel capitolo 1 dell’enciclica Fratelli tutti di papa Francesco, viene messo in evidenza – come abbiamo visto – il paradosso della nostra epoca: a una crescente globalizzazione corrisponde una frammentazione e un isolamento molto elevati che la pandemia del Covid-19 ha reso ancora più evidente. Viene sottolineato: «Malgrado si sia iper-connessi, si è verificata una frammentazione che ha reso più difficile risolvere i problemi che ci toccano tutti» (n. 7).

    Al n. 12 viene evidenziato ancora di più che si tratta di una dinamica che attraversa tutte le dimensioni della vita sociale: «I conflitti locali e il disinteresse per il bene comune vengono strumentalizzati dall’economia globale per imporre un modello culturale unico. Tale cultura unifica il mondo ma divide le persone e le nazioni, perché “la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli”».

    Quindi, nonostante gli apparenti legami, «siamo più soli che mai in questo mondo massificato che privilegia gli interessi individuali e indebolisce la dimensione comunitaria dell’esistenza. Aumentano piuttosto i mercati, dove le persone svolgono il ruolo di consumatori o di spettatori. L’avanzare di questo globalismo favorisce normalmente l’identità dei più forti che proteggono sé stessi, ma cerca di dissolvere le identità delle regioni più deboli e povere, rendendole più vulnerabili e dipendenti. In tal modo la politica diventa sempre più fragile di fronte ai poteri economici transnazionali che applicano il “divide et impera”» (n. 12).

       Di fronte a questa situazione, per tanti versi drammatica perché crea divisione e scarti nella società, nell’enciclica, al capitolo 2, papa Francesco propone di prendere come riferimento la parabola del Buon Samaritano: «Nell’intento di cercare una luce in mezzo a ciò che stiamo vivendo, e prima di impostare alcune linee di azione, intendo dedicare un capitolo a una parabola narrata da Gesù duemila anni fa. Infatti, benché questa Lettera sia rivolta a tutte le persone di buona volontà, al di là delle loro convinzioni religiose, la parabola si esprime in modo tale che chiunque di noi può lasciarsene interpellare» (n. 56).

...

5. La parabola del Buon Samaritano icona del vissuto di Gesù.

   Mi piace vedere in questa parabola una sintesi allegorica del Volto di Dio rivelato nell’AT che Gesù ha pienamente espresso, reso visibile, attraverso il suo vissuto e i gesti quotidiani.

    A leggere il brano in questa prospettiva siamo invitati e aiutati da alcuni Padri della Chiesa, a partire almeno dal II secolo e con una certa continuità, tra di essi: Origene, Agostino, Ambrogio e Ireneo di Lione, che vedono nel buon samaritano Gesù stesso, immagine vivente della misericordia del Padre.

    Il samaritano è una persona non gradita ai custodi della Legge e del tempio, ma qui è Gesù che dalla Samaria ha indurito il suo volto verso Gerusalemme (cf. Lc 9,51), Lui, che con disprezzo viene indicato come «samaritano e indemoniato» (Gv 8,48), sta viaggiando verso Gerusalemme. Lui che è disceso si fa vicino e condivide la sventura dell’uomo.

    «Mosso a compassione»: l’umanità di Gesù è presenza di misericordia, segno della compassione di Dio per i deboli, per i vacillanti: si fa vicino a loro. Nei Vangeli spesso viene evidenziato che Gesù si commuove: «Gli si avvicina un lebbroso e lo supplica in ginocchio dicendogli: “Se vuoi puoi purificarmi”. Mosso a compassione (splancnisthéis), Gesù stese la mano, lo toccò: “Sì lo voglio; sii purificato”» (Mc 1,40-41). Più avanti Marco registra: «Sbarcando, egli vide una grande folla e ne ebbe compassione (esplancnìsthe) poiché erano come pecore che non hanno pastore. Allora incominciò a insegnare loro molte cose» (Mc 6,34).

     Gesù, col suo vissuto umano racconta la misericordia/compassione che esprime la vita stessa di Dio: in Es 34,6, Dio passa davanti a Mosè proclamando: «JHWH, JHWH, Dio di misericordia e di grazia, lento all’ira e ricco di amore e fedeltà». E lo farà con profonda libertà interiore (Mt 22,16).

     Misericordia/compassione e libertà, quindi, caratterizzeranno il vissuto pubblico di Gesù, con questi atteggiamenti racconta il volto del Padre (Gv 1,18).

    La misericordia di Dio, però, non è la lacrimuccia, frutto di emozione momentanea! È presenza rigeneratrice. Misericordia traduce la parola ebraica: rachamim, che incontriamo tante volte nella Bibbia. Rachamim è il plurale di rechem che designa il grembo materno in cui il bambino viene formato e portato, prima della nascita. Indica, quindi lo spazio fatto in sé alla vita dell’altro, spazio di comunione profonda di con-sentire, di com-patire, di con-gioire. Ma indica anche l’amore materno e paterno verso il figlio, il legame tra fratelli, designa, dunque sempre un rapporto che non può venir meno, forte come il legame viscerale. La misericordia è dunque la più radicale protesta contro l’indifferenza, l’individualismo, il rifiuto dell’altro. La misericordia è mistero che genera vita e comunione, è dinamica di condivisione.

      Gesù con il suo vissuto rende umano e palpabile il volto misericordioso del Padre
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