martedì 27 ottobre 2020

Don Roberto Malgesini raccontato da Roberto Saviano, Nello Scavo e Chiara Giaccardi

Don Roberto Malgesini raccontato da 
Roberto Saviano, Nello Scavo e Chiara Giaccardi 


“Il 15 settembre, poco dopo le sette del mattino, è stato ucciso a coltellate vicino alla chiesa di San Rocco a Como da un uomo di origine tunisina affetto da problemi psichici... Quando lo hanno interrogato ha raccontato che don Roberto, dopo aver ricevuto le prime pugnalate, gli avrebbe chiesto perdono se non era riuscito ad aiutarlo abbastanza. Quando è stato ucciso don Roberto stava caricando l'auto con le provviste da portare ai senzatetto. Lui era quello che viene comunemente definito ‘un prete di strada’, perché la sua missione pastorale si svolgeva sulla strada. Così ogni mattina si svegliava alle 5, diceva la messa e si preparava per portare la colazione ai senzatetto di Como: tra di loro c’è chi è rimasto improvvisamente senza lavoro ed è finito per strada, e in strada c’è il freddo, c’è la solitudine, c’è la vergogna e allora arrivano l’alcol e le droghe, gli analgesici della disperazione; poi ci sono migranti che non riescono a entrare nei circuiti di accoglienza. A tutti loro Don Roberto, insieme a un gruppo di volontari di Como, forniva cibo, medicine, assistenza. Lui non giudicava, partecipava alla loro sofferenza, accoglieva la loro vita. ...”. 

Con queste parole Roberto Saviano ha iniziato a raccontare domenica sera (25 ottobre) a tutta l’Italia don Roberto Malgesini che ha ricevuto, postuma, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella la Medaglia d’Oro al Merito Civile.


“Ci sembra oggi impossibile immaginarci un bene non proclamato, o non condiviso pubblicamente, un bene che si compie occhi negli occhi, nella ferita curata, nella compagnia. Invece la storia di don Roberto è la storia di un bene che, se non ci fosse stata questa tragedia, non avremmo forse neanche conosciuto, eppure è proprio grazie ad azioni come questa che il nostro dannato mondo viene riparato” ha concluso mostrando il video in cui il parroco di San Rocco curava le ferite al piede di un povero.

Guarda il video

Al termine dell'intervento di Roberto Saviano è seguito quello di Nello Scavo e di don Roberto Bartesaghi grande amico di don Roberto Malgesini.


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Don Roberto ha pagato per molti, placando la sete di vendetta del suo assassino. La morte del sacerdote comasco ha impedito almeno altri due omicidi all’arma bianca. Perché Radhi Mahmoudi aveva in mente una mattanza. E non era dal prete che voleva cominciare.

In cima alla lista delle sue manie persecutorie c’erano due avvocati comaschi, da lui accusati di non essere riusciti a impedire l’espulsione verso la Tunisia, che oramai era data per certa. Un odio che il 53enne serbava anche nei confronti del prefetto Ignazio Coccìa, a suo dire reo di non avere respinto il provvedimento di rimpatrio e di avere partecipato a una congiura ai suoi danni. ...

Leggi tutto l'articolo di Nello Scavo: Il sacrificio di don Roberto ha evitato una mattanza

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Il responsabile della Caritas Roberto Bernasconi, ricordando don Roberto, ha detto che “la città e il mondo non hanno capito la sua missione”.
È una riflessione che condivido abbastanza. Il povero è sempre una provocazione ed è più facile nascondere la polvere sotto il tappeto piuttosto che occuparsene. Don Roberto ci avrebbe costretti a entrare nella complessità di un problema che, tante volte, vogliamo risolvere con degli slogan precostituiti. La sua è stata una figura dirompente.

In che cosa?
Lo è stata dal punto di vista evangelico perché lui, impiegato di banca con una vita normalissima, un bel giorno ha deciso di abbandonare tutto e dedicarsi ai poveri stando per strada non con un’associazione organizzata ma come prete, intendendo la carità come forma di preghiera. E dirompente anche dal punto di vista mediatico, perché di lui non c’è traccia sui media, nessuna intervista, nessuna dichiarazione. Ma non era la scelta di chi si nasconde, bensì quella di chi ha altro da fare e preferisce testimoniare con le opere.

Si potrebbe ribattere che è quello che ogni prete dovrebbe fare. Cosa rende invece così speciale l’opera di don Roberto?
La più grande provocazione per me non è solo che un prete fosse in questo modo, un po’ un “santo della porta accanto”, ma che tanti laici gli stessero accanto con questo stesso stile, lavorando in silenzio nell’ingratitudine della città.
...

Ho l’impressione che don Roberto sia riuscito a fare un piccolo grande miracolo, al di là dei proclami. Perché se dici che il suo esempio non deve andare perduto, vuol dire che domattina qualcuno deve portare la colazione alla gente, non che vai a fare i rastrellamenti per portarli nei centri di rimpatrio del sud come suggerisce qualcuno (il consigliere comunale di Fratelli d’Italia Sergio De Santis, Ndr). Questo sacrificio ha fatto emergere una serie di contraddizioni, ho visto molto arrampicarsi sugli specchi ma anche segnali di apertura più o meno inconsci. Ripartiamo da qui.

Cosa può fare la politica comasca, oggi, per onorare davvero l’esempio di don Roberto?
Ci sono in città esponenti della destra sociale che vivono con profondo disagio quello che è successo in questi anni e c’è anche il pasticcere o il barista che magari votano Lega ma che a don Roberto non riuscivano a dire no e gli regalavano le brioches. Non credo che le cose possano cambiare dall’oggi al domani ma è come se don Roberto ci avesse dimostrato che la vita reale è molto diversa da quello che si dice “social” e la politica dovrebbe prendere esempio dal suo silenzio operoso. E se il sindaco, che in questi giorni ha usato parole di buonsenso, volesse farsi promotore di un nuovo confronto superando i dogmi di partito non verrebbe ricordato per quello che ha dato la multa a don Roberto.

Leggi tutto l'articolo con l'intervista a Nello Scavo: 

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... Forse la Chiesa si vede proprio in questi momenti, quando il senso della mancanza è così forte che diventa presenza che unisce, e desiderio di bene. Colpisce il contrasto tra il numero e la varietà delle persone in preghiera e il carattere di un sacerdote che non era social, che non rilasciava dichiarazioni, che non faceva polemica anche di fronte ad azioni ispirate al principio del 'decoro urbano' più che della carità cristiana.

Mai una parola, solo una quotidianità umile e concreta. La sua magrezza dice quanto poco tenesse per sé di quel che aveva. Il sorriso però non gli mancava mai. Ci sono tanti registri della comunicazione, e il suo era il più autentico. Una vita che parla, e che proprio per questo ha la forza dell’esempio. Che può ispirare altri, dando fiducia che ciascuno può fare qualcosa per rispondere alle sfide di questo tempo, e per rispondere del legame che ci unisce. Un messaggio inequivocabile: la vita, ogni vita, è una storia sacra, e quindi vale la pena spendere la propria perché questo valore sia riconosciuto, soprattutto laddove appare negato. Una comunità orante, quella di lunedì sera, unita attorno al mistero del legame inestricabile tra la vita e la morte. Chi è disposto a perdere la propria vita la trova, dice il Vangelo.

È il dilemma tra sicurezza (dove in nome di una sopravvivenza individuale che diventa non-vita ci si barrica contro gli altri) e salvezza (dove in nome di una pienezza che è di tutti si è disposti persino a perdere la propria vita). Don Roberto ha scommesso sulla salvezza, e la sua morte violenta, per mano di una della tante persone che aveva aiutato, è una sconfitta solo apparente. E che non sia una sconfitta dipende anche da noi. Che chi ami ti può uccidere lo sapevamo già, ne abbiamo tanti esempi nella storia e nel presente. Questo trauma ci consegna un mandato che sta a noi raccogliere: non rassegnatevi all’indifferenza, non girate la testa dall’altra parte lasciando che crescano zone grigie di odio, risentimento e sfruttamento, ma fate la vostra parte. Per ricucire anziché separare, per soccorrere anziché abbandonare, per accompagnare ed essere così accompagnati a prendersi cura della propria umanità altrimenti atrofizzata. Siamo paralitici, e don Roberto, con la sua vita e con la sua morte, ci dice che possiamo prendere il nostro lettuccio e camminare. ...


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Vedi anche i post precedenti (all'interno link ad altri post):
L’incontro commovente tra il Papa e la famiglia di don Roberto Malgesini