domenica 7 giugno 2020

“Cara maestra…” scrivono le ex allieve quarant’anni dopo. L’impronta indelebile della relazione


“Cara maestra…” scrivono le ex allieve quarant’anni dopo.
L’impronta indelebile della relazione



“Se siamo quelle che siamo è anche per la fortuna di averla incontrata sulla nostra strada…”
Per parlare di scuola prendo a prestito questa frase che conclude una lettera riportata da un giornale locale e rivolta alla “Cara maestra”, dalle sue allieve. Un gruppo di alunne della metà degli anni Settanta del Novecento ha preso carta e penna per salutare quella donna, quell’insegnante “mitica” che aveva saputo accompagnarle negli anni della scuola elementare e che in questi terribili mesi se ne è “andata”, vittima anche lei, probabilmente, del Coronavirus. 

Una maestra davvero all’avanguardia anche per gli anni Settanta – ricordano le sue ex allieve – ma soprattutto una persona umanamente straordinaria che ha lasciato su di noi un’impronta indelebile”.

Colpisce questo ricordo in un tempo in cui le scuole sono chiuse e si riducono prevalentemente a collegamenti via internet, corredati da innumerevoli discussioni sulla didattica a distanza e, tra l’altro, dalle polemiche sulla possibilità o meno di vivere “l’ultimo giorno di scuola” come un momento di passaggio importante nella vita dei nostri ragazzi e non solo loro.

Colpisce perché le parole delle ex allieve vanno al cuore della questione scolastica che non è costituito dalla didattica, bensì – quante volte è stato ripetuto – dalla relazione.

Certo che la didattica conta, nel bene e nel male. Certo che le tecnologie hanno tanti aspetti positivi insieme ad altrettante criticità. Tuttavia il vero problema della scuola in questo tempo di Coronavirus è proprio quello della mancanza e/o della trasformazione delle relazioni, con differenze non da poco riguardo alle età delle persone coinvolte. Non è infatti la stessa cosa trovarsi su una piazza virtuale per studenti delle superiori o per piccoli allievi della primaria. Non sono in ballo le stesse questioni, e le necessità delle persone coinvolte restano differenti.

Tuttavia l’importanza della relazione – vissuta con le diversità delle età e delle fasi di sviluppo – resta quella costante che trasforma lo stare insieme di un gruppo di pari e di adulti con loro, in una vera e proficua esperienza umana e scolastica.

Lo sanno bene gli insegnanti, che anche attraverso i monitor dei pc hanno provato anzitutto a costruire e coltivare relazioni prima ancora che trasmettere nozioni di matematica o di italiano. Hanno provato, con più o meno successo – forse era la prima volta per molti e nessuno “nasce imparato” – a “bucare” quel video dietro il quale si nascondono e si svelano insieme persone già conosciute e nello stesso tempo inaspettatamente nuove. Non è infatti la stessa cosa che incontrarsi in classe l’introdursi nelle case, nelle stanze “privatissime” di quei ragazzi – si pensi in particolare agli adolescenti – che hanno la capacità di trasformarsi radicalmente a seconda degli ambienti che frequentano.

Su queste dinamiche – oltre naturalmente su tutti gli aspetti di sicurezza, fattibilità eccetera eccetera – bisogna tenere accesa l’attenzione pensando alla ripartenza della scuola a settembre. Non si tratta di garantire l’istruzione. Almeno, non solo questo.

In gioco c’è la questione cruciale della crescita umana, personale, delle nuove generazioni. Con la mascherina o senza, ma necessariamente da “incontrare” e accompagnare in modo concreto, perché possano dire anche loro, tra tanti anni, di conservare “un’impronta indelebile” dei loro insegnanti e più in generale del tempo della scuola.
(fonte: Sir, articolo di Alberto Campoleoni 06/06/2020)