martedì 30 giugno 2015

"Gesù include.Gesù non emargina mai alcuno, mai! Così anche i cristiani devono .." Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - 26.06.2015

"Gesù include.Gesù non emargina mai alcuno, mai! 
Così anche i cristiani devono .."
 Papa Francesco


Foto di reportorio

 S. Messa Cappella

 della Casa Santa Marta 

 26.06.2015




I cristiani devono avvicinarsi e tendere la mano a coloro che la società tende a escludere, come fece Gesù con gli emarginati del suo tempo. Questo rende la Chiesa una vera “comunità”. Lo ha affermato Papa Francesco all’omelia della Messa in Casa Santa Marta del 26 giugno 2015.

«Vicinanza», ha spiegato il Pontefice, è una «parola tanto importante: non si può fare comunità senza vicinanza; non si può fare pace senza vicinanza; non si può fare il bene senza avvicinarsi». In realtà Gesù avrebbe potuto dirgli: «Sii guarito!». Invece gli si è avvicinato e lo ha toccato. «Di più: nel momento in cui Gesù toccò l’impuro, divenne impuro». E «questo è il mistero di Gesù: prende su di sé le nostre sporcizie, le nostre cose impure».

È una realtà, ha proseguito il Papa, che san Paolo dice bene quando scrive: «Essendo uguale a Dio, non stimò un bene irrinunciabile questa divinità; annientò se stesso». E, poi, Paolo va oltre affermando che «si fece peccato»: Gesù si è fatto peccato, Gesù si è escluso, ha preso su di sé l’impurità per avvicinarsi all’uomo. Quindi «non stimò un bene irrinunciabile essere uguale a Dio», ma «si annientò, si avvicinò, si fece peccato, si fece impuro».

«Tante volte penso — ha confidato Francesco — che sia non dico impossibile, ma molto difficile fare del bene senza sporcarsi le mani». E «Gesù si sporcò» con la sua «vicinanza». Ma poi, racconta Matteo, andò anche oltre, dicendo all’uomo liberato dalla malattia: «Vai dai sacerdoti e fa’ quello che si deve fare quando un lebbroso viene guarito».

Insomma, «quello che era escluso dalla vita sociale, Gesù include: include nella Chiesa, include nella società». Gli raccomanda: «Vai, perché tutte le cose siano come devono essere». Dunque «Gesù non emargina mai alcuno, mai!». Di più, Gesù «emargina sé stesso per includere gli emarginati, per includere noi, peccatori, emarginati, con la sua vita». Ed è «bello questo», ha commentato il Pontefice.




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Chiesa è di Cristo, nessun Erode ne spegnerà la fede - Papa Francesco - Omelia solennità degli apostoli Pietro e Paolo- 29.06.2015

Chiesa è di Cristo,
 nessun Erode ne spegnerà la fede 
Papa Francesco

Omelia 
SANTA MESSA E BENEDIZIONE 
DEI PALLI PER I NUOVI METROPOLITI
NELLA SOLENNITÀ DEI 
SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO
e Angelus
29.06.2015


La lettura tratta dagli Atti degli Apostoli ci parla della prima comunità cristiana assediata dalla persecuzione. Una comunità duramente perseguitata da Erode che «fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni» e «fece arrestare anche Pietro … Lo fece catturare e lo gettò in carcere» (12,2-4).

Tuttavia, non vorrei soffermarmi sulle atroci, disumane e inspiegabili persecuzioni, purtroppo ancora oggi presenti in tante parti del mondo, spesso sotto gli occhi e nel silenzio di tutti. Vorrei invece oggi venerare il coraggio degli Apostoli e della prima comunità cristiana; il coraggio di portare avanti l’opera di evangelizzazione, senza timore della morte e del martirio, nel contesto sociale di un impero pagano; venerare la loro vita cristiana che per noi credenti di oggi è un forte richiamo alla preghiera, alla fede e alla testimonianza.
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la Chiesa non è dei Papi, dei vescovi, dei preti e neppure dei fedeli, è soltanto di Cristo
....Cari Arcivescovi che oggi ricevete il pallio, esso è il segno che rappresenta la pecora che il pastore porta sulle sue spalle come il Cristo, Buon Pastore, ed è pertanto simbolo del vostro compito pastorale ...La Chiesa vi vuole uomini di testimonianza. Diceva san Francesco ai suoi frati: predicate sempre il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole! (cfr Fonti Francescane, 43). Non c’è testimonianza senza una vita coerente! Oggi non c’è tanto bisogno di maestri, ma di testimoni coraggiosi, convinti e convincenti; testimoni che non si vergognano del Nome di Cristo e della sua Croce né di fronte ai leoni ruggenti né davanti alle potenze di questo mondo
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Angelus


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

L’odierna solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo è celebrata, come sapete, dalla Chiesa universale, ma è vissuta con gioia tutta particolare dalla Chiesa di Roma, perché nella loro testimonianza, sigillata col sangue, essa ha le proprie fondamenta. Roma nutre speciale affetto e riconoscenza per questi uomini di Dio, venuti da una terra lontana ad annunciare, a costo della vita, quel Vangelo di Cristo al quale si erano totalmente dedicati. La gloriosa eredità di questi due Apostoli è motivo di spirituale fierezza per Roma e, al tempo stesso, è richiamo a vivere le virtù cristiane, in modo particolare la fede e la carità: la fede in Gesù quale Messia e Figlio di Dio, che Pietro professò per primo e Paolo annunciò alle genti; e la carità, che questa Chiesa è chiamata a servire con orizzonte universale.

Nella preghiera dell’Angelus, al ricordo dei santi Pietro e Paolo associamo anche quello di Maria, immagine vivente della Chiesa, sposa di Cristo, che i due Apostoli «hanno fecondato con il loro sangue» (Antifona d’ingresso della Messa del giorno). Pietro conobbe personalmente Maria e nel colloquio con lei, specialmente nei giorni che precedettero la Pentecoste (cfr At 1,14), poté approfondire la conoscenza del mistero di Cristo. Paolo, nell’annunciare il compimento del disegno salvifico «nella pienezza del tempo», non mancò di ricordare la “donna” da cui il Figlio di Dio era nato nel tempo (cfr Gal 4,4). Nella evangelizzazione dei due Apostoli qui a Roma ci sono anche le radici della profonda e secolare devozione dei romani alla Vergine, invocata specialmente come Salus Populi Romani. Maria, Pietro e Paolo: sono nostri compagni di viaggio nella ricerca di Dio; sono nostre guide nel cammino della fede e della santità; loro ci spingono verso Gesù, per fare tutto ciò che Egli ci chiede. Invochiamo il loro aiuto, affinché il nostro cuore possa sempre essere aperto ai suggerimenti dello Spirito Santo e all’incontro con i fratelli.
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ANGELUS -29 giugno 2015


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lunedì 29 giugno 2015

Omelia di P. Gregorio Battaglia (video) - XIII Domenica del Tempo Ordinario / B 28.06.2015

foto di repertorio

Omelia di P. Gregorio Battaglia
XIII Domenica del Tempo Ordinario / B
28.06.2015


Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto





... Gesù cosa può fare difronte alla morte? (perché di fatto Marco vuole portarci a parlare di queste cose) e noi cosa possiamo fare difronte alla morte? la morte non è l'ultima parola? non chiude tutto?
Gesù da una parte ci dice è vero che la morte sembra chiudere tutto, ma è come se adesso il Signore ci voglia prendere per mano e dire: se tu ti affidi a me io ti condurrò ad un altro modo di vedere la morte, non più come una disgrazia, non più come un destino su cui non possiamo fare nulla, ma il Signore vuole prenderci per mano e portarci verso una nuova esperienza del morire... ci aiuta a capire che c'è un modo di vedere la morte che è diverso, la morte in Lui acquista tutta un'altra forza, tutta un'altra dimensione, morire con Lui è dare la vita... e dare la vita è un tutt'uno con amare... 


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Angelus del 28 giugno 2015 - Testo e video

 28 giugno 2015 


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il Vangelo di oggi presenta il racconto della risurrezione di una ragazzina di dodici anni, figlia di uno dei capi della sinagoga, il quale si getta ai piedi di Gesù e lo supplica: «La mia figlioletta sta morendo; vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva» (Mc 5,23). In questa preghiera sentiamo la preoccupazione di ogni padre per la vita e per il bene dei suoi figli. Ma sentiamo anche la grande fede che quell’uomo ha in Gesù. E quando arriva la notizia che la fanciulla è morta, Gesù gli dice: «Non temere, soltanto abbi fede!» (v. 36). Dà coraggio questa parola di Gesù! E la dice anche a noi, tante volte: “Non temere, soltanto abbi fede!”. Entrato nella casa, il Signore manda via tutta la gente che piange e grida e si rivolge alla bambina morta, dicendo: «Fanciulla, io ti dico: alzati!» (v. 41). E subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare. Qui si vede il potere assoluto di Gesù sulla morte, che per Lui è come un sonno dal quale ci può risvegliare.

All’interno di questo racconto, l’Evangelista inserisce un altro episodio: la guarigione di una donna che da dodici anni soffriva di perdite di sangue. A causa di questa malattia che, secondo la cultura del tempo, la rendeva “impura”, ella doveva evitare ogni contatto umano: poverina, era condannata ad una morte civile. Questa donna anonima, in mezzo alla folla che segue Gesù, dice tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata» (v. 28). E così avviene: il bisogno di essere liberata la spinge ad osare e la fede “strappa”, per così dire, al Signore la guarigione. Chi crede “tocca” Gesù e attinge da Lui la Grazia che salva. La fede è questo: toccare Gesù e attingere da Lui la grazia che salva. 

Ci salva, ci salva la vita spirituale, ci salva da tanti problemi. Gesù se ne accorge e, in mezzo alla gente, cerca il volto di quella donna. Lei si fa avanti tremante e Lui le dice: «Figlia, la tua fede ti ha salvata» (v. 34). E’ la voce del Padre celeste che parla in Gesù: “Figlia, non sei maledetta, non sei esclusa, sei mia figlia!”. E ogni volta che Gesù si avvicina a noi, quando noi andiamo da Lui con la fede, sentiamo questo dal Padre: “Figlio, tu sei mio figlio, tu sei mia figlia! Tu sei guarito, tu sei guarita. Io perdono tutti, tutto. Io guarisco tutti e tutto”.

Questi due episodi – una guarigione e una risurrezione – hanno un unico centro: la fede. Il messaggio è chiaro, e si può riassumere in una domanda: crediamo che Gesù ci può guarire e ci può risvegliare dalla morte?
...

Chiediamo al Signore, per intercessione della Vergine Maria, il dono di una fede forte e coraggiosa, che ci spinga ad essere diffusori di speranza e di vita tra i nostri fratelli.

Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

rivolgo il mio saluto a tutti voi, romani e pellegrini!

...

Auguro a tutti una buona domenica e un buon pranzo. Per favore, non dimenticate di pregate per me. Arrivederci!


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domenica 28 giugno 2015

Preghiera dei Fedeli - Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto (ME) - XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

Fraternità Carmelitana 




di Barcellona Pozzo di Gotto (ME)



 


XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)



28 giugno 2015

"Un cuore che ascolta - lev shomea" - n. 28/2014-2015 (B) di Santino Coppolino

'Un cuore che ascolta - lev shomea'
Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)


Traccia di riflessione
sul Vangelo della domenica
di Santino Coppolino



Vangelo: Mc 5,21-43








Questa lunga pericope contiene la narrazione di due miracoli compiuti da Gesù che sono disposti a sandwich, l'uno cioè è inserito all'interno dell'altro. I due episodi, quello della donna affetta da perdite di sangue - l'emorroissa - e quello della figlioletta di Giairo, si illustrano e illuminano a vicenda sui diversi aspetti di un unico messaggio: "che cosa significa avere fede e come dalla fede scaturisca la vita, infrangendo anche la barriera della morte"(S.Fausti). 
I due personaggi femminili simboleggiano la comunità; essi sono figura dell'antico Israele e del nuovo, la Chiesa.  Una delle cose infatti che unisce le due donne è la cifra "dodici", numero che simboleggia sia Israele(le dodici tribù) sia la Chiesa(i dodici apostoli). Entrambe le comunità fanno quotidianamente l'esperienza del limite e della morte, malattia che nessun medico può sanare se non il Signore solo, lo Sposo, perché innamorato fino alla follia. Solamente l'incontro con il Signore, "sfiorare il lembo del suo mantello" simbolo della sua Parola (cfr.Lc 8,44), lasciarsi guidare con fiducia dalla sua voce sanante e vivificante tenendo ben stretta la sua mano, potrà introdurci nell'abisso d'amore che Gesù ci ha comunicato nel suo mistero pasquale, attraverso il battesimo che ci unisce a Lui trasformandoci realmente in "corpo di Cristo" (1Cor 12,13).   

venerdì 26 giugno 2015

Sulla roccia dell’amore di Gesù Cristo.Prima di tutto ascoltare - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - 25.06.2015


Sulla roccia dell’amore di Gesù Cristo

Prima di tutto ascoltare

Papa Francesco


S. Messa


Cappella della Casa Santa Marta


25.06.2015



"... la chiave per riconoscere i falsi profeti: «Dai loro frutti li conoscerete». Cioè, ha detto il Papa, «dal loro atteggiamento: tante parole, parlano, fanno prodigi, fanno cose grandi ma non hanno il cuore aperto per ascoltare la parola di Dio, hanno paura del silenzio della parola di Dio». Sono questi «gli pseudocristiani, gli pseudopastori», che «fanno cose buone», ma «gli manca la roccia».

La preghiera colletta del giorno recita: «Tu non abbandoni mai chi si affida alla roccia del tuo amore». A questi «pseudocristiani», invece, manca proprio «la roccia dell’amore di Dio, la roccia della parola di Dio». E, ha aggiunto Francesco, «senza questa roccia non possono profetizzare, non possono costruire: fanno finta, perché alla fine tutto crolla».

Si tratta, ha detto il Papa, dei «pseudopastori, i pastori mondani, i pastori o i cristiani che parlano troppo» — forse perché «hanno paura del silenzio» — e che «fanno forse troppo». Incapaci di agire a partire «dall’ascolto», operano a partire da loro stessi, «non da Dio».

Quindi, ha sintetizzato il Pontefice, «uno che parla e fa, solamente, non è un vero profeta, non è un vero cristiano, e alla fine crollerà tutto», perché «non è sulla roccia dell’amore di Dio, non è “roccioso”». Invece «uno che sa ascoltare e dall’ascolto fa, con la forza della parola di un altro, non della propria», costui «rimane saldo come la roccia: benché sia una persona umile, che non sembra importante», è grande. E «quanti di questi grandi ci sono nella Chiesa!» ha sottolineato il Papa, aggiungendo: «Quanti vescovi grandi, quanti sacerdoti grandi, quanti fedeli grandi che sanno ascoltare e dall’ascolto fanno!».

Francesco ha anche portato un esempio dei nostri giorni richiamando la figura di Teresa di Calcutta, la quale «sentiva la voce del Signore: non parlava e nel silenzio ha saputo ascoltare» e quindi agire. «Ha fatto tanto» ha assicurato il Pontefice. E, come la casa costruita sulla roccia, «non è crollata né lei né la sua opera». Dalla sua testimonianza si capisce che «i grandi sanno ascoltare e dall’ascolto fanno, perché la loro fiducia e la loro forza» sono «sulla roccia dell’amore di Gesù Cristo».
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MEDITAZIONE MATTUTINA - 25 giugno 2015




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LAUDATO SI' - NON A SPESE DEI POVERI E DELLA TERRA di Raniero La Valle

LAUDATO SI' -

NON A SPESE DEI POVERI


E DELLA TERRA



di Raniero La Valle



C’è un debito estero dei Paesi poveri che non viene con­do­nato, e anzi si è tra­sfor­mato in uno stru­mento di con­trollo mediante cui i Paesi ric­chi con­ti­nuano a depre­dare e a tenere sotto scacco i Paesi impo­ve­riti, dice il papa (e la Gre­cia è lì a testi­mo­niare per lui). Ma il “debito eco­lo­gico” che il Nord ricco e dis­si­pa­tore ha con­tratto nel tempo e soprat­tutto negli ultimi due secoli nei con­fronti del Sud che è stato spo­gliato, nei con­fronti dei poveri cui è negata per­fino l’acqua per bere e nei con­fronti dell’intero pia­neta avviato sem­pre più rapi­da­mente al disa­stro eco­lo­gico, all’inabissamento delle città costiere, alla deva­sta­zione delle bio­di­ver­sità, non viene pagato, dice il papa ( e non c’è Troika o Euro­zona o Banca Mon­diale che muova un dito per esigerlo).
La denun­cia del papa («il mio appello», dice Fran­ce­sco) non è gene­rica e rituale, come quella di una certa eco­lo­gia “super­fi­ciale ed appa­rente” che si limita a dram­ma­tiz­zare alcuni segni visi­bili di inqui­na­mento e di degrado e magari si lan­cia nei nuovi affari dell’economia “verde”, ma è estre­ma­mente cir­co­stan­ziata e pre­cisa: essa arriva a lamen­tare che la deser­ti­fi­ca­zione delle terre del Sud cau­sata dal vec­chio colo­nia­li­smo e dalle nuove mul­ti­na­zio­nali, pro­vo­cando migra­zioni di ani­mali e vege­tali neces­sari al nutri­mento, costringe all’esodo anche le popo­la­zioni ivi resi­denti; e que­sti migranti, in quanto vit­time non di per­se­cu­zioni e guerre ma di una mise­ria aggra­vata dal degrado ambien­tale, non sono rico­no­sciuti e accolti come rifu­giati, ma sbat­tuti sugli sco­gli di Ven­ti­mi­glia o al di là di muri che il mondo anche da poco appro­dato al pri­vi­le­gio si affretta ad alzare, come sta facendo l’Ungheria. L’«appello» del papa giunge poi fino ad accu­sare che lo sfrut­ta­mento delle risorse dei Paesi colo­niz­zati o abu­sati è stato tale che dalle loro miniere d’oro e di rame sono state pre­le­vate le ric­chezze e in cam­bio si è lasciato loro l’inquinamento da mer­cu­rio e da dios­sido di zolfo ser­viti per l’estrazione.

Que­sta enci­clica rap­pre­senta un salto di qua­lità nella rifles­sione sull’ambiente, si potrebbe dire che apre una seconda fase nella ela­bo­ra­zione del discorso eco­lo­gico, così come accadde nel costi­tu­zio­na­li­smo quando dalla prima gene­ra­zione dei diritti, quelli rela­tivi alle libertà civili e poli­ti­che, si passò alla con­si­de­ra­zione dei diritti di seconda e terza gene­ra­zione, sociali, eco­no­mici, ambien­tali, e cam­biò il con­cetto stesso di democrazia.
... con que­sta enci­clica il gioco di far finta di non capire non sarà più pos­si­bile. Biso­gnerà stare o dalla parte di Fran­ce­sco o con­tro di lui, per­ché non sta facendo una pre­dica, sta chie­dendo una scelta. E que­sto vale non solo per i poli­tici, per gli opi­nio­ni­sti, per i gior­nali, vale anche per i vescovi, per i car­di­nali. E vale anche per i sem­plici fedeli per­ché, scrive Fran­ce­sco «dob­biamo rico­no­scere che alcuni cri­stiani impe­gnati e dediti alla pre­ghiera, con il pre­te­sto del rea­li­smo e della prag­ma­ti­cità, spesso si fanno beffe delle pre­oc­cu­pa­zioni per l’ambiente».
Quello che infatti da Fran­ce­sco è posto davanti al mondo è il pro­blema vero: «il grido della terra» è anche il «grido dei poveri», ma nel monito che si leva dai poveri per­ché la loro vita non vada per­duta, c’è un monito che riguarda tutti, per­ché senza un rime­dio, senza un cam­bia­mento, senza un’assunzione di respon­sa­bi­lità uni­ver­sale la vita di tutti sarà perduta.
Ed è per que­sto che l’enciclica di papa Fran­ce­sco è rivolta a «ogni per­sona che abita que­sto pia­neta»: non ai cat­to­lici, e nem­meno agli «uomini di buona volontà», come faceva la «Pacem in ter­ris» di Gio­vanni XXIII, in cui si poteva sospet­tare ancora un resi­duo di esclu­sione, nei con­fronti di qual­cuno che even­tual­mente fosse di volontà non buona. Qui papa Fran­ce­sco abbrac­cia vera­mente tutti (come ne sono figura essen­zia­lis­sima per il cri­stiano le brac­cia di Cri­sto aperte sulla croce) e si pone non come capo di una Chiesa, e nem­meno come pro­feta dei cre­denti, ma come padre della intera uma­nità. Per­ché il mes­sag­gio è il seguente: non que­sta o quella Potenza o Isti­tu­zione, non que­sto o quello Stato, non quel par­tito o movi­mento, ma solo l’unità umana, solo la intera fami­glia umana giu­ri­di­ca­mente costi­tuita e agente come sog­getto poli­tico può pren­dere in mano la terra e assi­cu­rarne la vita per l’attuale e le pros­sime generazioni.

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NON A SPESE DEI POVERI E DELLA TERRA di Raniero La Valle  

Leggi anche i post già pubblicati:
- LETTERA ENCICLICA LAUDATO SI’ DEL SANTO PADRE FRANCESCO
SULLA CURA DELLA CASA COMUNE (TESTO E VIDEO)


- LAUDATO SI' - Intervento della teologa Cristina Simonelli


- LAUDATO SI' - L'undicesimo comandamento di Enzo Bianchi

giovedì 25 giugno 2015

"Scartare gli anziani è peccato sociale grave!" Papa Francesco - INCONTRO CON GLI AMMALATI E I DISABILI - Cottolengo -Visita pastorale a Torino / 4 - 21.06.2015


"Scartare gli anziani è peccato sociale grave!"
Papa Francesco 

INCONTRO CON GLI AMMALATI E I DISABILI 
- Cottolengo -
Visita pastorale a Torino / 4

21.06.2015




Papa Francesco nella Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino, conosciuta come “Cottolengo”, ha incontrato gli anziani, i malati e i disabili. Da lui parole di compassione per quelli che ha definito “membra preziose della Chiesa” e di denuncia contro la cultura dello scarto e quel sistema sbagliato che non pone più l’uomo al centro ma il consumo e gli interessi economici.

Cari fratelli e sorelle,
non potevo venire a Torino senza fermarmi in questa casa: la Piccola Casa della Divina Provvidenza, fondata quasi due secoli fa da san Giuseppe Benedetto Cottolengo. Ispirato dall’amore misericordioso di Dio Padre e confidando totalmente nella sua Provvidenza, egli accolse persone povere, abbandonate e ammalate che non potevano essere accolte negli ospedali di quel tempo
L’esclusione dei poveri e la difficoltà per gli indigenti a ricevere l’assistenza e le cure necessarie, è una situazione che purtroppo è presente ancora oggi. Sono stati fatti grandi progressi nella medicina e nell’assistenza sociale, ma si è diffusa anche una cultura dello scarto, come conseguenza di una crisi antropologica che non pone più l’uomo al centro, ma il consumo e gli interessi economici (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 52-53).
Tra le vittime di questa cultura dello scarto vorrei qui ricordare in particolare gli anziani, che sono accolti numerosi in questa casa; gli anziani che sono la memoria e la saggezza dei popoli. La loro longevità non sempre viene vista come un dono di Dio, ma a volte come un peso difficile da sostenere, soprattutto quando la salute è fortemente compromessa. Questa mentalità non fa bene alla società, ed è nostro compito sviluppare degli “anticorpi” contro questo modo di considerare gli anziani, o le persone con disabilità, quasi fossero vite non più degne di essere vissute. Questo è peccato, è un peccato sociale grave. Con che tenerezza invece il Cottolengo ha amato queste persone! 
Qui possiamo imparare un altro sguardo sulla vita e sulla persona umana!

Il Cottolengo ha meditato a lungo la pagina evangelica del giudizio finale di Gesù, al capitolo 25 di Matteo. E non è rimasto sordo all’appello di Gesù che chiede di essere sfamato, dissetato, vestito e visitato.

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servizio CTV



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L'abbraccio di Papa Francesco a Michele, malato di Sla





La Famiglia - 20. Ferite (I) - Papa Francesco UDIENZA GENERALE 24 giugno 2015 - Foto, testo e video

La Famiglia - 20. Ferite (I)
Papa Francesco 
UDIENZA GENERALE  
24 giugno 2015 - 





Nell’udienza generale di oggi in Piazza San Pietro, il Papa ha proseguito la sua catechesi sulla famiglia riflettendo “sulle ferite che si aprono proprio all’interno della convivenza famigliare. Quando cioè – ha detto - nella famiglia stessa, ci si fa del male. La cosa più brutta!”.
Le ferite familiari trascurate possono diventare lacerazioni profonde



"Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Nelle ultime catechesi abbiamo parlato della famiglia che vive le fragilità della condizione umana, la povertà, la malattia, la morte. Oggi invece riflettiamo sulle ferite che si aprono proprio all’interno della convivenza famigliare. Quando cioè, nella famiglia stessa, ci s fa del male. La cosa più brutta!
Sappiamo bene che in nessuna storia famigliare mancano i momenti in cui l’intimità degli affetti più cari viene offesa dal comportamento dei suoi membri. Parole e azioni (e omissioni!) che, invece di esprimere amore, lo sottraggono o, peggio ancora, lo mortificano. Quando queste ferite, che sono ancora rimediabili, vengono trascurate, si aggravano: si trasformano in prepotenza, ostilità, disprezzo. E a quel punto possono diventare lacerazioni profonde, che dividono marito e moglie, e inducono a cercare altrove comprensione, sostegno e consolazione. Ma spesso questi “sostegni” non pensano al bene della famiglia!
Lo svuotamento dell’amore coniugale diffonde risentimento nelle relazioni. E spesso la disgregazione “frana” addosso ai figli.
....
Quando gli adulti perdono la testa, quando ognuno pensa solo a sé stesso, quando papà e mamma si fanno del male, l’anima dei bambini soffre molto, prova un senso di disperazione. E sono ferite che lasciano il segno per tutta la vita.
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UDIENZA GENERALE del 24 giugno 2015



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mercoledì 24 giugno 2015

INCONTRO CON I SALESIANI E LE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE - Visita pastorale a Torino / 3 - 21.06.2015

 Visita pastorale a Torino / 3 - 21.06.2015
INCONTRO CON I SALESIANI
E LE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE


"Ho pensato tanto a cosa dirvi e l'ho scritto, ma e' troppo formale. Lo consegno al Rettor maggiore". Sono le prime parole di Papa Francesco nella basilica di Maria Ausiliatrice a Torino, dove il pontefice si e' recato nella prima tappa del pomeriggio, per rendere omaggio a don Bosco, di cui ricorrono i 200 anni dalla nascita.


Leggi il testo integrale:
Discorso preparato dal Santo Padre   


Il Papa, parlando a braccio, ha ricordato il profondo legame della sua famiglia con i Salesiani, la sua formazione imperniata sul modello educativo di don Bosco. Il Pontefice ha detto che i “Salesiani lo hanno aiutato ad affrontare la vita senza paure, ad andare avanti nella gioia e nella preghiera. Oggi i ragazzi più poveri – ha spiegato - hanno bisogno di un’educazione a misura di crisi. E’ necessaria una educazione di emergenza in grado di fornire, in poco tempo le competenze, necessarie per imparare un mestiere:

“Non pensiamo che questi ragazzi di strada, oggi, come stanno lì – io penso alla mia patria, che è dove li conosco – possano andare subito a fare il liceo classico, lo scientifico. Ma diamo loro qualcosa che sia fonte di lavoro”.

E in un mondo segnato dalla piaga della disoccupazione, è particolarmente prezioso per i giovani – ha osservato il Pontefice – il modello di formazione proposto dai Salesiani:
“La creatività salesiana deve fare – so che fa, eh?, so che fa abbastanza! – prendere nelle mani queste sfide, queste sfide di oggi: educare. Ma anche portarli alla gioia, con la gioia salesiana, che è un’altra cosa che io ho imparato: quello della gioia salesiana non lo dimentico mai”.

"Il vostro carisma è di grande attualità: prendete decisioni rischiose e non abbiate paura, come ha fatto san Giovanni Bosco."  E' urgente educare all'affettività ...  ha invitato gli eredi spirituali del santo piemontese, a duecento anni dalla nascita, a rinnovare ogni giorno la creatività salesiana, affrontando due sfide fondamentali: 
educare e portare alla gioia.


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Il commento dell'attrice e autrice Laura Curino
IL VIDEO 



martedì 23 giugno 2015

LAUDATO SI' - Un'enciclica sul potere (che è la vera questione ambientale) di Giorgio Bernardelli e Gli otto schiaffi dell'enciclica di Angelo Perfetti


LAUDATO SI'



Un'enciclica sul potere

 (che è la vera questione ambientale) 


di Giorgio Bernardelli



".... c'è una questione cruciale che è un po' la chiave di tutto ed è la riflessione sul tema del potere. Può sembrare un riferimento astratto e invece non lo è: proprio il rapporto con l'ambiente che ci circonda è infatti il paradigma intorno al quale definiamo la nostra idea di potere. E papa Francesco è molto chiaro nell'enciclica nell'indicare il parallelismo tra lo sfruttamento indiscriminato dei beni della terra e quella cultura dello scarto, che si ripercuote pari pari anche sulle persone e sui popoli. Indica in una comprensione sbagliata del biblico «soggiogate la terra» la radice di tanti mali del mondo di oggi.

E allora la domanda diventa dov'è il potere oggi? Perché nonostante la crescita della consapevolezza dell'emergenza ambientale in questi ultimi decenni, tutti i vertici internazionali dedicati a questo tema si sono risolti in un fallimento? La risposta di papa Francesco sta in una lettura profonda del nostro tempo che chiama in causa in prima istanza la crisi della politica: il Papa denuncia la sudditanza dei governi a quella che chiama «la globalizzazione del paradigma tecnocratico». Parla dello strapotere dell'economia e della tecnologia nelle nostre società, che sottomette a uno sguardo legato a obiettivi piccoli e immediati di consenso le stesse élite di governo.
 ...

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Gli otto schiaffi dell'enciclica 
di Angelo Perfetti

In un mondo di mezze misure, di relativismo, di politically correct, sentire qualcuno che chiama le cose col proprio nome provoca sorpresa. Se poi a farlo è il Papa, questo Papa, allora l’effetto è dirompente. Ancor più quando ad essere chiamati in causa sono i grandi della Terra, i potenti, le lobby. Eppure il Santo Padre non parla in generale, non spara nel mucchio: richiama ciascuno di noi alle proprie singole e personali responsabilità, singole umanità facenti parte di un tutto che è il Creato, in costante osmosi con la nostra madre Terra. L’umanità e la Natura non sono disgiunte, se si ammala l’una ne soffre l’altra, unite in un unico destino.

Francesco dunque parla senza “nascondere” i concetti, perché in ballo c’è la Vita stessa dell’umanità. Parole che suonano come veri e propri schiaffi, utili per uscire dall’intorpidimento in cui siamo caduti, da quella spensierata irresponsabilità che altro scopo non ha se non quello, effimero, di mantenere i nostri stili di vita


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L’amore di Dio verso di noi è fedele, ricrea tutto. E’ un “amore stabile e sicuro”. Papa Francesco - Visita pastorale a Torino / 2 - 21.06.2015

L’amore di Dio verso di noi è fedele, ricrea tutto. 
E’ un “amore stabile e sicuro”. 
 Papa Francesco 


Visita pastorale a Torino / 2

21.06.2015


Sindone -  Omelia e Angelus



Alcuni densi minuti di silenzio e di preghiera con lo sguardo rivolto alla Sindone. E’ questa una delle emozionanti immagini del primo giorno di visita pastorale di Papa Francesco a Torino. Il Papa ha toccato con delicatezza e tenerezza la teca che contiene il sacro telo prima di pregare davanti alla tomba del beato Pier Giorgio Frassati. Poi il centro storico di Torino, gremito di fedeli e pellegrini, è diventato una grande basilica a cielo aperto per la Messa presieduta dal Santo Padre in piazza Vittorio. Una folla silenziosa e orante di circa 100.000 persone ha partecipato alla celebrazione eucaristica. L’amore di Dio verso di noi – ha detto il Santo Padre - è fedele, ricrea tutto. E’ un “amore stabile e sicuro”.


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"Francesco a Torino non ha dedicato lunghi discorsi al telo di lino che porta impressa l'immagine di un uomo crocifisso esattamente come descritto nei Vangeli: ma dopo aver pregato per alcuni minuti, ha voluto toccare la teca che lo contiene e si è fatto il segno della croce" (Andrea Tornielli)
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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
OMELIA DEL SANTO PADRE
Piazza Vittorio -Domenica, 21 giugno 2015 


Nell’Orazione Colletta abbiamo pregato: «Dona al tuo popolo, o Padre, di vivere sempre nella venerazione e nell’amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua grazia coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore». E le Letture che abbiamo ascoltato ci mostrano come è questo amore di Dio verso di noi: è un amore fedele, un amore che ricrea tutto, un amore stabile e sicuro.

Il Salmo ci ha invitato a ringraziare il Signore perché «il suo amore è per sempre». Ecco l’amore fedele, la fedeltà: è un amore che non delude, non viene mai meno. Gesù incarna questo amore, ne è il Testimone. Lui non si stanca mai di volerci bene, di sopportarci, di perdonarci, e così ci accompagna nel cammino della vita, secondo la promessa che fece ai discepoli: «Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Per amore si è fatto uomo, per amore è morto e risorto, e per amore è sempre al nostro fianco, nei momenti belli e in quelli difficili. Gesù ci ama sempre, sino alla fine, senza limiti e senza misura. E ci ama tutti, al punto che ognuno di noi può dire: “Ha dato la vita per me”. Per me! La fedeltà di Gesù non si arrende nemmeno davanti alla nostra infedeltà. Ce lo ricorda san Paolo: «Se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare sé stesso» (2 Tm 2,13). Gesù rimane fedele, anche quando abbiamo sbagliato, e ci aspetta per perdonarci: Lui è il volto del Padre misericordioso. Ecco l’amore fedele.

Il secondo aspetto: l’amore di Dio ri-crea tutto, cioè fa nuove tutte le cose, come ci ha ricordato la seconda Lettura. Riconoscere i propri limiti, le proprie debolezze, è la porta che apre al perdono di Gesù, al suo amore che può rinnovarci nel profondo, che può ri-crearci. La salvezza può entrare nel cuore quando noi ci apriamo alla verità e riconosciamo i nostri sbagli, i nostri peccati; allora facciamo esperienza, quella bella esperienza di Colui che è venuto non per i sani, ma per i malati, non per i giusti, ma per peccatori (cfr Mt 9,12-13); sperimentiamo la sua pazienza – ne ha tanta! - la sua tenerezza, la sua volontà di salvare tutti. E quale è il segno? Il segno che siamo diventati “nuovi” e siamo stati trasformati dall’amore di Dio è il sapersi spogliare delle vesti logore e vecchie dei rancori e delle inimicizie per indossare la tunica pulita della mansuetudine, della benevolenza, del servizio agli altri, della pace del cuore, propria dei figli di Dio. Lo spirito del mondo è sempre alla ricerca di novità, ma soltanto la fedeltà di Gesù è capace della vera novità, di farci uomini nuovi, di ri-crearci.

Infine, l’amore di Dio è stabile e sicuro, come gli scogli rocciosi che riparano dalla violenza delle onde. Gesù lo manifesta nel miracolo narrato dal Vangelo, quando placa la tempesta, comandando al vento e al mare (cfr Mc 4,41). I discepoli hanno paura perché si accorgono di non farcela, ma Egli apre il loro cuore al coraggio della fede. Di fronte all’uomo che grida: “Non ce la faccio più”, il Signore gli va incontro, offre la roccia del suo amore, a cui ognuno può aggrapparsi sicuro di non cadere. Quante volte noi sentiamo di non farcela più! Ma Lui è accanto a noi con la mano tesa e il cuore aperto.

Cari fratelli e sorelle torinesi e piemontesi, i nostri antenati sapevano bene che cosa vuol dire essere “roccia”, cosa vuol dire “solidità”.
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OMELIA - 21 giugno 2015




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ANGELUS  - Domenica, 21 giugno 2015

Piazza Vittorio - Torino

Al termine di questa celebrazione, il nostro pensiero va alla Vergine Maria, madre amorosa e premurosa verso tutti i suoi figli, che Gesù le ha affidato dalla croce, mentre offriva Sé stesso nel gesto di amore più grande. Icona di questo amore è la Sindone, che anche questa volta ha attirato tanta gente qui a Torino. La Sindone attira verso il volto e il corpo martoriato di Gesù e, nello stesso tempo, spinge verso il volto di ogni persona sofferente e ingiustamente perseguitata. Ci spinge nella stessa direzione del dono di amore di Gesù. “L’amore di Cristo ci spinge”: questa parola di san Paolo era il motto di san Giuseppe Benedetto Cottolengo.

Richiamando l’ardore apostolico dei tanti sacerdoti santi di questa terra, a partire da Don Bosco, di cui ricordiamo il bicentenario della nascita, saluto con gratitudine voi, sacerdoti e religiosi. Voi vi dedicate con impegno al lavoro pastorale e siete vicini alla gente e ai suoi problemi. Vi incoraggio a portare avanti con gioia il vostro ministero, puntando sempre su ciò che è essenziale nell’annuncio del Vangelo. E mentre ringrazio voi, fratelli Vescovi del Piemonte e della Valle d’Aosta, per la vostra presenza, vi esorto a stare accanto ai vostri preti con affetto paterno e calorosa vicinanza.

Alla Vergine Santa affido questa città e il suo territorio e coloro che vi abitano, perché possano vivere nella giustizia, nella pace e nella fraternità. In particolare affido le famiglie, i giovani, gli anziani, i carcerati e tutti i sofferenti, con un pensiero speciale per i malati di leucemia nell’odierna Giornata Nazionale contro leucemie, linfomi e mieloma. Maria Consolata, regina di Torino e del Piemonte, renda salda la vostra fede, sicura la vostra speranza e feconda la vostra carità, per essere “sale e luce” di questa terra benedetta, della quale io sono nipote. 

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- "No all'economia dello scarto"- "Il lavoro è per la persona umana, per la sua dignità, per la sua cittadinanza e anche per l’inclusione sociale" Papa Francesco - Visita pastorale a Torino / 1 - incontro con il mondo del lavoro


lunedì 22 giugno 2015

Omelia di P. Aurelio Antista (VIDEO) - 21.06.2015 - XXII DOM. T.O.(B)


Omelia di P. Aurelio  Antista 
(VIDEO) 

21.06.2015 -  XXII DOM. T.O. (B)


Fraternità Carmelitana 
di Barcellona Pozzo di Gotto




"...lo presero (Gesù) con sé, così com’era, nella barca ...". Senza la pretesa di volerlo strumentalizzare, senza la pretesa di volerlo condurre a proprio piacimento, ma accogliendo come Signore della vita e della Storia, sicuri che Egli sarà presenza di vita per noi. ..
Ma come affrontare la "tempesta" che si scatena? I problemi che ci schiacciano? La paura? ...  e come i discepoli vedono dormire il Signore, per noi é possibile sperimentare il cosiddetto  "silenzio di Dio" nella nostra vita e nella storia.
Il Signore tace, ma é presente. Si prende cura di noi ...

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"No all'economia dello scarto"- "Il lavoro è per la persona umana, per la sua dignità, per la sua cittadinanza e anche per l’inclusione sociale" Papa Francesco - Visita pastorale a Torino / 1 - incontro con il mondo del lavoro

"No all'economia dello scarto"
"Il lavoro non è necessario solo per l’economia,
 ma per la persona umana, per la sua dignità,
 per la sua cittadinanza e anche per l’inclusione sociale" 
 Papa Francesco 


Visita pastorale a Torino / 1  

21.06.2015

Incontro con il mondo del lavoro





Appena giunto nel capoluogo piemontese, accolto dal sindaco Piero Fassino e dalle altre autorità locali, Papa Francesco ha incontrato il mondo del lavoro. Dopo i saluti di un’operaia, di un agricoltore e di un imprenditore, il Pontefice ha detto con forza: “No” a un’economia dello scarto, no all’idolatria del denaro, alla corruzione, all’iniquità che genera violenza”, si ad un patto sociale e generazionale per un lavoro a misura dell’uomo.


"... La mia visita a Torino inizia con voi. E anzitutto esprimo la mia vicinanza ai giovani disoccupati, alle persone in cassa-integrazione o precarie; ma anche agli imprenditori, agli artigiani e a tutti i lavoratori dei vari settori, soprattutto a quelli che fanno più fatica ad andare avanti.

Il lavoro non è necessario solo per l’economia, ma per la persona umana, per la sua dignità, per la sua cittadinanza e anche per l’inclusione sociale. Torino è storicamente un polo di attrazione lavorativa, ma oggi risente fortemente della crisi: il lavoro manca, sono aumentate le disuguaglianze economiche e sociali, tante persone si sono impoverite e hanno problemi con la casa, la salute, l’istruzione e altri beni primari. L’immigrazione aumenta la competizione, ma i migranti non vanno colpevolizzati, perché essi sono vittime dell’iniquità, di questa economia che scarta e delle guerre. Fa piangere vedere lo spettacolo di questi giorni, in cui esseri umani vengono trattati come merce!

In questa situazione siamo chiamati a ribadire il “no” a un’economia dello scarto, che chiede di rassegnarsi all’esclusione di coloro che vivono in povertà assoluta – a Torino circa un decimo della popolazione. Si escludono i bambini (natalità zero!), si escludono gli anziani, e adesso si escludono i giovani (più del 40% di giovani disoccupati)! Quello che non produce si esclude a modo di “usa e getta”.

Siamo chiamati a ribadire il “no” all’idolatria del denaro, che spinge ad entrare a tutti i costi nel numero dei pochi che, malgrado la crisi, si arricchiscono, senza curarsi dei tanti che si impoveriscono, a volte fino alla fame.

Siamo chiamati a dire “no” alla corruzione, tanto diffusa che sembra essere un atteggiamento, un comportamento normale. Ma non a parole, con i fatti. “No” alle collusioni mafiose, alle truffe, alle tangenti, e cose del genere.

E solo così, unendo le forze, possiamo dire “no” all’iniquità che genera violenza. Don Bosco ci insegna che il metodo migliore è quello preventivo: anche il conflitto sociale va prevenuto, e questo si fa con la giustizia.
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Mi è piaciuto tanto che voi tre abbiate parlato della famiglia, dei figli e dei nonni. Non dimenticare questa ricchezza! I figli sono la promessa da portare avanti: questo lavoro che voi avete segnalato, che avete ricevuto dai vostri antenati. E gli anziani sono la ricchezza della memoria. Una crisi non può essere superata, noi non possiamo uscire dalla crisi senza i giovani, i ragazzi, i figli e i nonni. Forza per il futuro, e memoria del passato che ci indica dove si deve andare. Non trascurare questo, per favore. I figli e i nonni sono la ricchezza e la promessa di un popolo
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Aggiungo una parola che non vorrei che fosse retorica, per favore: coraggio!. Non significa: pazienza, rassegnatevi. No, no, non significa questo. Ma al contrario, significa: osate, siate coraggiosi, andate avanti, siate creativi, siate “artigiani” tutti i giorni, artigiani del futuro! Con la forza di quella speranza che ci dà il Signore e non delude mai. Ma che ha anche bisogno del nostro lavoro. Per questo prego e vi accompagno con tutto il cuore. Il Signore vi benedica tutti e la Madonna vi protegga. E, per favore, vi chiedo di pregate per me! Grazie!

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INCONTRO CON IL MONDO DEL LAVORO DISCORSO DEL SANTO PADRE




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LAUDATO SI' - L'undicesimo comandamento di Enzo Bianchi

LAUDATO SI' 

L'undicesimo comandamento 

di Enzo Bianchi







Laudato si’ è la prima enciclica interamente ascrivibile alla paternità di papa Francesco, un’enciclica dedicata all'ecologia o, meglio, come recita il sottotitolo, alla “cura della casa comune”. Su questo tema il papa intende “entrare in dialogo con tutti”, non solo con i membri della sua chiesa cattolica: Francesco si rivolge a tutti, come fece Giovanni XXIII, papa santo e profeta, con la Pacem in terris quando la emanò dedicandola “a tutti gli uomini di buona volontà”. Così delinea un parallelo tra la tragica minaccia della guerra all'inizio degli anni sessanta, “mentre il mondo vacillava sull'orlo di una crisi nucleare”, e il “deterioramento globale dell'ambiente” che stiamo provocando, “degradazione” già denunciata come “drammatica” e foriera di una possibile “catastrofe ecologica” da Paolo VI nella sua Lettera apostolica Octogesima adveniens del 1971. Ci troviamo cioè di fronte – ci suggerisce papa Francesco – a una minaccia per l'umanità paragonabile alla catastrofe nucleare: per questo il suo monito risuona particolarmente accorato e urgente.
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L’enciclica non teme neppure di denunciare con forza il degrado che si è esteso dai rapporti umani a quello con la natura. Così, pur senza proporre soluzioni tecniche, offre spunti di ispirazione molto concreti per la politica e l’economia. Novità di questo messaggio papale è l’aver saputo coniugare il tema della giustizia sociale con il tema dell’ecologia, finora trattati in modo separato. Questa conversione di approccio operata da Francesco mostra come la cura dell’umanità che abbisogna di liberazione dall’oppressione, dall’ingiustizia, dalla violenza, interseca sempre il rispetto della terra, del lavoro dell’uomo e della sua “cultura”, della salvaguardia del creato.
E pazienza se tutto questo può infastidire coloro per i quali, come dice papa Francesco, “la vita umana pesa meno di petrolio e armi”.
Il testo di Francesco è ricco di tematiche e di ispirazioni, è un grande dono fatto alla chiesa e all’umanità tutta, un dono che rilancia l’anelito all’uguaglianza e alla fraternità, oscurate dal prevalere di un concetto individualista di libertà. Ma è anche un dono fatto alla terra, una risposta dell’accorata supplica che Alano di Lilla, monaco del XII secolo, aveva messo in bocca alla terra: “Uomo, ascolta! Perché offendi me, tua madre? Perché fai violenza a me che ti ho partorito dalle mie viscere? Perché mi violenti con l’aratro, per farmi rendere il centuplo? Non ti bastano le cose che ti do, senza che tu le estragga con la violenza?”. Il messaggio di Francesco è urgente e chiaro: per salvarci, noi umani dobbiamo salvarci assieme alla terra. Da anni ripeto a me stesso un comandamento che accosto a quelli biblici: “Ama la terra come te stesso!”.
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LETTERA ENCICLICA LAUDATO SI’ DEL SANTO PADRE FRANCESCO