sabato 28 febbraio 2015

"Abramo amico di Dio, amico degli uomini" di Gregorio Battaglia, ocarm (VIDEO INTEGRALE)

"Abramo amico di Dio,
 amico degli uomini"
 di Gregorio Battaglia, ocarm 
(VIDEO INTEGRALE)


I MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA – 2015
della Fraternità Carmelitana 
di Barcellona P.G. (ME)


AFFIDATI AD UNA PROMESSA
Il cammino umano e di fede dei Patriarchi




4 FEBBRAIO 2015

ABRAHAMO: L’UOMO DELL’OSPITALITÀ E DELL’AMICIZIA

Abrahamo è soprattutto l’uomo della tenda. Essa serve ad illustrare in modo plastico la sua condizione di “straniero e pellegrino”. E’ vero che egli ha avuto la promessa di una terra, ma adesso egli la percorre in lungo ed in largo senza poter avanzare alcuna pretesa su di essa. Così egli impara a crescere nella fiducia nel “Dio della promessa”, ben sapendo che i tempi del compimento sono conosciuti unicamente da Lui.
Questa sua condizione di uomo senza diritti lo porta a sperimentare la gratuità ed anche il valore dell’essere accolti. Man mano che egli va invecchiando scopre, con grande suo stupore, che il mondo non è soltanto il luogo dell’inimicizia e dell’invidia, ma è anche uno spazio ospitale. L’inizio del capitolo XVII si premura di farci sapere che Abrahamo ha già raggiunto la bella età di “novantanove anni”, ma l’invecchiamento fisico corrisponde in lui ad una acquisizione sempre più profonda di una grande maturità umana.
Ed è proprio in questo capitolo che per la prima volta si parla del “sorridere” di Abramo. Dio si è fatto ancora presente nella vita di Abrahamo, apparendogli e rinnovando con lui la sua alleanza, il suo patto ed in più cambiandogli il suo nome: “Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abraham” (Gen 17,5). Il cambiamento di nome sembra in effetti un piccolo dettaglio poco significativo, tanto che nelle traduzioni il nome resta sempre lo stesso, ma l’inserimento di una “h”, che è una lettera aspirata, significa che la sua vita è interiormente mossa dallo Spirito. La maturità che Abrahamo lascia trasparire, è allo stesso tempo frutto della sua esperienza di vita, ma, ancor di più, è dono che gli viene conferito dalla presenza del Dio vivente. Di fronte alle contraddizioni che chiudono gli orizzonti della sua vita in modo brutale ed umiliante, egli impara man mano a scoprire nel mistero delle cose la luminosità affiorante di un sorriso: il sorriso di Dio. Egli va rendendosi conto che più impara a sostare e a guardarsi attorno e più il mondo gli sorride, anzi è lo steso sorriso di Dio a venirgli incontro. Così di fronte all’annuncio divino della prossima maternità della moglie Sara egli può aprirsi ad un sorriso contenuto e disteso: “Allora Abrahamo si prostrò con la faccia a terra e rise” (Gen 17,17).
Alla soglia dei cento anni Abrahamo si presenta come un uomo, che è sempre meno tentato dalla fretta o dalla voglia di fare da sé. Il suo prostrarsi a terra e l’accettazione del rito della circoncisione sono espressione significativa del suo stato interiore, sempre più aperto a credere che non c’è “qualcosa impossibile per il Signore” (Gen 18,14).

1. Abrahamo: dal sentirsi ospitato al dare ospitalità
Nel suo peregrinare di luogo in luogo Abrahamo ha potuto sperimentare le doppiezze e le ipocrisie degli uomini, ma allo stesso tempo ha potuto gustare il dono dell’accoglienza, che gli ha permesso di poter abitare una terra, che gli è stata promessa, ma che di fatto non gli appartiene. Egli è un semplice “immigrato”, che riceve tutto come dono, ma è proprio questa esperienza a far maturare in lui la sapienza dell’ospitalità. Abrahamo ha già dimostrato di saper condurre una guerra, quando si è trattato di intervenire a favore del nipote Lot (cf Gen 14, 1-16), ma nel prosieguo del cammino ha sempre meglio compreso il valore dell’ospitalità, che ormai per lui è una legge, che condiziona le sue scelte ed il suo modo di stare in questo mondo.
Tutta la tradizione ebraica vede in Abrahamo un’autentica vocazione all’ospitalità. Essa ha la forza di infrangere i labirinti delle diffidenze e delle chiusure autoreferenziali per andare incontro all’altro senza paura della sua diversità. In effetti la via dello shalom, della fecondità della vita è strettamente legata alla pratica dell’ospitalità, che tenta di costruire una società dove le diversità si possano riconciliare ed integrare tra di loro.
La legge dell’ospitalità permette di superare quell’inevitabile insicurezza, che la venuta dell’estraneo produce in chi si sente di casa nel proprio territorio. Essa costituisce, in effetti, il più importante codice sociale, che in tante culture permette di trasformare la paura ed il sospetto in apertura di credito all’altro, anche se non è stata ancora possibile una sia pur minima conoscenza. La legge dell’ospitalità colloca di fatto tutti e due,    ...

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Guarda anche il video già pubblicato:
- "Abramo, uomo di fede" di Gregorio Battaglia,ocarm (VIDEO INTEGRALE)




"LA CHIESA NELLA CITTÀ: TRA COMPAGNIA E PROFEZIA" - IN DIALOGO CON LA CITTÀ - 2015 CUSTODI DELL’UMANO

IN DIALOGO CON LA CITTÀ -  2015   
CUSTODI DELL’UMANO
VICARIATO DI BARCELLONA P.G. (ME)

Sabato 7 marzo h. 19.00 

"LA CHIESA NELLA CITTÀ:
 TRA COMPAGNIA E PROFEZIA" 

Arte, fede e cultura
CHIESA DI S. GIOVANNI BATTISTA 
IN BARCELLONA P.G. (ME)


Presiede e modera: sac. Giuseppe Turrisi, vicario foraneo.

Intervengono: Gino Trapani e Andrea Italiano della Pro Loco “Alessandro Manganaro”,
  fr. Egidio Palumbo, carmelitano.



Guarda anche la locandina:

“Non abbandonateci, non lasciateci soli!” è il grido che ci giunge dalla martoriata Siria

“Non abbandonateci, non lasciateci soli”: lo ripete come un mantra, monsignor Jean-Clement Jeanbart, arcivescovo greco-melkita di Aleppo, una delle città martiri della guerra civile in Siria, mentre dall’altro capo del telefono si sentono chiaramente gli scoppi dei mortai. “È appena caduto un razzo katiuscia - dice mentre la sua voce viene quasi del tutto coperta dal boato - siamo a circa cento metri dalla linea di demarcazione, al confine della città antica. Ogni giorno muore qualcuno”. La notizia del rapimento di 90 cristiani - “sono 87” corregge prontamente - da parte dello Stato Islamico che ha conquistato alcuni villaggi cristiani nel Khabour (Siria), è arrivata fino ad Aleppo e adesso sale la preoccupazione per la loro sorte. “Speriamo che possano essere liberati e tornare così alle loro case ma dopo quello che abbiamo visto fare a questi barbari dell’Is in Libia, in Siria, in Iraq c’è da aspettarsi di tutto”. Purtroppo, le notizie che giungono non sono rassicuranti e parlano già di alcuni uccisi.

Per un attimo mons. Jeanbart sembra dimenticare quanto gli accade intorno e attacca senza mezzi termini l’inazione europea: “Quando accadono fatti come decapitazioni, crocifissioni, esecuzioni sommarie, voi in Europa siete soliti dormire per non vederli. La gravissima strage di Parigi, a Charlie Hebdo, invece ha richiamato in meno di 24 ore i potenti del mondo. Ma per questa gente innocente, colpevole solo di professare la fede cristiana, nessuno spende mai una parola e ciò è davvero terribile”. La stessa commozione il presule la riserva per la sua città, la più antica del mondo, Aleppo, che non ha mai pensato di abbandonare. E parla di “grave emergenza umanitaria”.
...


Papa Francesco, ad Ariccia per gli esercizi spirituali, sta seguendo con preoccupazione la situazione in Siria, da dove continuano a giungere notizie drammatiche per la popolazione civile e in particolare per la piccola minoranza cristiana. L’avanzata dei jihadisti del cosiddetto Stato islamico nel Nord-Est della Siria ha fatto terra bruciata di numerosi villaggi abitati in prevalenza da cristiani: sono saliti a circa 250 i cristiani, tra cui anche donne e bambini, catturati dai miliziani integralisti. Ascoltiamo il nunzio apostolico a Damasco, Mario Zenari, al microfono di Sergio Centofanti per Radio Vaticana...



venerdì 27 febbraio 2015

Una scintilla di pace da Favara per scacciare la paura e promuovere dialogo e speranza tra cristiani e musulmani


"Nous Sommes"
Favara 26/2/2015

Neanche la pioggia ha fermato la marcia della pace di ieri pomeriggio a Favara che ha visto insieme le comunità cattoliche e islamiche unite nella lotta al terrorismo.
Un segnale forte quello che è stato lanciato dal centro favarese, giunto in un periodo particolarmente critico, e che ha dimostrato come il dialogo tra i popoli possa essere l'unica arma disponibile se si vuole raggiungere veramente la concordia e la pace...


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Un imam marocchino che indossa, sopra il classico caffetano arabo, un saio francescano e tiene in mano il Vangelo. Un frate francescano siciliano che infila il fez e l’abito bianco tradizionale dell’Islam sopra la veste marrone, imbracciando il Corano. Accanto un cardinale, Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, che elargisce sorrisi bonari, canta e fa festa con il popolo e, infine, abbraccia calorosamente l’imam. Una scena che a vederla con i propri occhi ha dell’incredibile. Eppure è vera, nel cuore della Sicilia di Pirandello e di Camilleri, a 13 km da Agrigento: siamo a Favara, piccola cittadina di 33mila abitanti, una realtà “difficile”, per non dire altro. In questa terra la parola mafia quasi non si pronuncia ma si conosce molto bene. Perfino le suore di Madre Teresa di Calcutta svolgono qui un servizio nascosto tra gli ultimi degli ultimi, i cosiddetti “linticchieddi” (“piccole lenticchie”, chiamati così per le lentiggini e i capelli rossi), gente poverissima di mezzi e di cultura, forse discendenti di una etnia rom venuta a Favara nell’Ottocento (ma le ipotesi sono diverse), emarginati e nuovi paria di questa società. Qui passano anche i migranti africani venuti dal mare e a volte mettono radici e si fermano. E proprio qui è accaduto un piccolo miracolo di dialogo interreligioso di base. Dal convento dei Frati minori di Favara è partito un grido di dialogo e speranza, con una Marcia per la pace tra musulmani e cristiani e migliaia di partecipanti.

“No” alla paura dell’altro. Molti migranti dell’Africa sub-sahariana sono arrivati da Agrigento con i pullman. C’erano centinaia di marocchini residenti in zona, e i senegalesi che sono riusciti ad aprire un ristorante in centro con l’aiuto dei frati. E poi loro, gli abitanti di Favara, “linticchieddi” compresi. Hanno marciato dalle quattro del pomeriggio sotto il vento e la pioggia, tra nuvole nere, sorpresi ogni tanto da arcobaleni improvvisi. Arrivati al convento, da cui si gode una spettacolare vista della cittadina con squarci di barocco siciliano e favela brasiliana, si sono riuniti tutti in un grande salone, straripante di gente, di umanità schietta, genuina. Musiche ebraiche, simboli dell’Islam e del cristianesimo, testimonianze, cori di studenti delle scuole, autorità in prima fila e tanto entusiasmo per dire “no” alla paura dell’altro, al terrore propagandato dai gruppi estremisti come l’Isis che praticano la violenza bestemmiando il nome di Dio e danneggiando l’intera comunità musulmana, che vuole solo vivere in pace.

“Non avere paura di vivere insieme”. Ospite d’onore il neo-cardinale Montenegro, “don Franco” per tutti, come non si stanca mai di ripetere. “Non dobbiamo avere paura di vivere gli uni accanto agli altri”, ha detto, introducendo l’incontro con una preghiera cristiana. Perché lui sa bene che l’ecumenismo e il dialogo, a livello di base, “funzionano meglio e spesso sono vita vissuta”, anche se nascosta o sottaciuta. Questa volta i francescani, insieme alla comunità marocchina locale, hanno voluto fare un gesto eclatante, dopo i terribili fatti di cronaca, Charlie Hebdo e i barbarici gesti e le minacce dello Stato islamico. Anche l’imam Majoub Rezlane, della nuova moschea di Agrigento-Favara, dal palco, ha recitato la sua preghiera in arabo chiedendo a Dio di “allontanare le guerre, il terrorismo, i criminali”, ricordando che “l’Islam è una religione di pace, amore, dialogo”. Altri rappresentanti della comunità islamica hanno raccontato quanto si sentano “musulmani ma anche italiani”, esprimendo la loro paura e preoccupazione. Una ragazza marocchina, parlando con marcato accento siciliano, ha ribadito: “I terroristi dell’Isis non sono dei veri musulmani”. Un altro giovane della comunità maghrebina, citando a più riprese il Corano, ha sottolineato che l’Islam vuole la pace soprattutto tra “la gente del Libro”: ebrei, cristiani, musulmani. E ha lanciato una serie di appelli alla classe dirigente, “per promuovere l’integrazione, la legalità e la convivenza civile”, ai religiosi per “trovare una piattaforma comune” e agli stessi immigrati che vivono in Italia: “Abbiamo il dovere di sacrificare il nostro sangue per il nostro Paese di accoglienza”.

Un esempio di convivenza. ...

Si vive insieme, sotto una stesso tetto e intorno a una stessa tavola. Perché “non si può essere cristiani e indifferenti agli immigrati”. Parola di cardinale.

UNA SCINTILLA DI PACE


Tanto… non ci posso fare niente!?? (lettera del Coordinatore nazionale di Pax Christi)


Tanto… non ci posso fare niente!??
(lettera del Coordinatore nazionale di Pax Christi)

“E io? E noi? Cosa possiamo fare? Niente!”. Davanti alle atrocità, uccisioni e violenze anche di questi giorni in Siria, Iraq, Libia, Ucraina… ci si sente impotenti. Ma non è vero che non possiamo fare niente! 
Possiamo non essere complici della vendita di armi! 

Oltre alla preghiera, al digiuno e alla carità, in questa Quaresima possiamo:

- Accogliere e tradurre in scelte concrete l’appello di mons Warduni, amico da tanto tempo, vescovo di Baghdad, (intervista ad Avvenire del 24 febbraio scorso): “Purtroppo quanto sta accadendo in Siria, nei villaggi cristiani assiri nella regione del Khabour non mi sorprende. Tutto il mondo sa chi è l'Is, lo Stato islamico, che compie cose orribili, impensabili, contro la giustizia e l'umanità. Allora chiedo: dov’è la comunità internazionale?”… “Quanto accade è perché – continua – Usa e Europa continuano ad armare questi barbari. Basta vendere armi a questi terroristi. È il modo migliore per disinnescare la violenza e sconfiggerli. Basta con il commercio di armi. Occupiamoci dell'emergenza umanitaria e dei milioni di persone che hanno perso tutto”. 

- Accogliere e tradurre in scelte concrete le parole di papa Francesco a S. Marta, lo scorso 17 febbraio: “Abbiamo questa possibilità di distruzione, questo è il problema. Poi, nelle guerre, nel traffico delle armi… ‘Ma, siamo imprenditori!’ Sì, di che? Di morte? E ci sono i Paesi che vendono le armi a questo, che è in guerra con questo, e le vendono anche a questo, perché così continui la guerra”.

- La Quaresima – si legge nel comunicato (www.banchearmate.it) – “è fin dalle sue origini tempo di revisione della propria esistenza e di conversione dei cuori. Un tempo propizio, dunque, anche per ripensare alle proprie scelte, sia individuali che comunitarie, in campo economico a cominciare dalla scelta della banca in cui teniamo i nostri risparmi”.

Pax Christi, che fin dagli inizi nel 2000 ha promosso la Campagna di pressione alle ‘banche armate’ con la rivista Mosaico di Pace insieme a Nigrizia e Missione Oggi, rilancia l’appello in occasione della Quaresima: «Chiediamo alle diocesi, alle parrocchie, alle comunità religiose e ai singoli credenti, e anche i non credenti, di accogliere il nostro invito a verificare se la banca di cui si servono ha emanato direttive sufficienti per un’effettiva limitazione delle operazioni di finanziamento e d’appoggio alle esportazioni di armi». 
Sui siti www.banchearmate.it, www.paxchristi.it, www.mosaicodipace.it è possibile trovare tutte le informazioni e anche il fac-simile della lettera da spedire alla propria banca. Inoltre, è in distribuzione anche un depliant che riassume bene e in modo documentato tutta la questione del coinvolgimento delle banche nell’export di armi.
Quindi ognuno, personalmente o con la propria comunità può fare qualcosa che va proprio a toccare i meccanismi profondi della guerra: scrivere alla propria banca.

Sono gesti magari piccoli ma importanti.

Come la firma per una Difesa civile non armata e nonviolenta: www.difesacivilenonviolenta.org.
Come la pressione perché anche L’Italia riconosca lo Stato di Palestina e il ricordare anche con momenti di preghiera, il 1° marzo, l’anniversario dell’inizio della costruzione del muro: www.bocchescucite.org.
Come il viaggio che il Presidente di Pax Christi, mons. Giovanni Ricchiuti, farà a Gaza nei primi giorni della prossima settimana.

Gesti concreti per vivere la Quaresima, per non assuefarsi alla  'globalizzazione dell’indifferenza'.

Buona Quaresima!

Firenze, 26 febbraio 2015
d. Renato Sacco, 
coordinatore nazionale di Pax Christi
348/3035658 drenato@tin.it

Vedi anche il nostro post precedente:


Mafia: Chiesa in silenzio?

La corruzione in Italia «non è mai stata efficacemente combattuta perché non era considerata un reato grave, ma anzi per troppo tempo tacitamente accettata e la mafia se n’è servita». E per questo «è dilagata, perché mafioso e corrotto hanno un terreno comune: arricchirsi». 

Parole durissime quelle del procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, che al Senato ha presentato la Relazione annuale della Dna, assieme alla presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi. Un documento che proprio sulla corruzione non fa sconti a nessuno schieramento politico. Perché, si legge, mentre «negli ultimi venti anni si è fatto molto contro la criminalità mafiosa... il contrasto alla corruzione e alla criminalità economica non è mai entrato nelle strategie e negli obiettivi di alcun governo». Anzi, «vi è stato un deciso arretramento su questo fronte quando sono state assicurate ampie prospettive di impunità per il falso in bilancio, che è la premessa di ogni accumulazione di denaro nero finalizzato al pagamento delle tangenti a politici e mafiosi». Accuse molto nette di taglio "politico", anche se Roberti le definisce «valutazioni tecniche», ma non le uniche perché il procuratore denuncia anche, «e lo dico da cattolico», le responsabilità della Chiesa «che avrebbe potuto fare moltissimo» nella lotta alle mafie «ma per troppo tempo non lo ha fatto ed è stata in silenzio. Anche dopo l’invettiva di Giovanni Paolo II nella valle dei templi o dopo le uccisioni di don Puglisi e don Diana: reazione zero. Solo ora si è mossa con Papa Francesco che ha scomunicato i mafiosi. Speriamo bene...».

Accuse che Rosy Bindi ha in parte ammorbidito...



... Dopo il gesto profetico di papa Francesco, che con la scomunica ai mafiosi ha indicato una direzione per il cammino della Chiesa, un prete palermitano che ha guidato la parrocchia di Brancaccio prima di don Giuseppe Puglisi – ucciso da Cosa Nostra nel 1993 – riflette su una ferita aperta e si interroga su alcune questioni pastorali non sempre chiare nel rapporto tra comunità ecclesiale e mentalità mafiosa...



"La questione della mafia, ancora adesso,
 non è centrale nelle comunità ecclesiali"
(Rosario Giuè, prete)

GUARDA L'INTERVISTA INTEGRALE


Nella Chiesa noi abbiamo davanti agli occhi tanti esempi di chi vive il Vangelo con radicalità e senza accomodamenti. Pronti a dare la vita per combattere le mafie. Come è capitato in passato, capita oggi e capiterà in futuro". Risponde così, don Luigi Ciotti, presidente di Libera, a chi gli chiede un commento sulle parole con le quali il Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti, aveva accusato la Chiesa di essere stata per decenni in silenzio"sul fenomeno mafia ed avere gravi responsabilità".


Don Ciotti è chiaro:" Se dobbiamo parlare di silenzi - che ad onor del vero nella Chiesa ci sono stati, comprese anche alcune connivenze - dobbiamo, però, parlare anche dei silenzi, delle complicità, delle reticenze, da parte di ampi settori della politica, della società civile e di organizzazioni istituzionali del nostro Paese che hanno colpe pesantissime. Questo è il vero problema. La Chiesa ha le sue fragilità ma anche testimoni bellissimi come don Pino Puglisi, per citarne solo uno".

Sulla stessa lunghezza d'onda anche don Giacomo Panizza, fondatore della Comunità Progetto Sud di Lamezia Terme e da anni impegnato contro la 'ndrangheta. Don Giacomo ricorda che a mettere la propria vita a repentaglio per sbarrare la strada ai boss non ci sono solo preti, ma anche laici impegnati nelle parrocchie, nelle Caritas, nei centri d'ascolto. "E tutto questo lavoro - afferma con decisione e senza tema di smentita - si deve per forza fare sotto silenzio. Per esempio, se si aiuta una persona a rompere i legami con la criminalità e a riportarlo sulla retta via in un contesto sociale difficile come quello calabrese o siciliano, non si può finire sui giornali. Anzi non si deve". 

"Tutto questo impegno - assicura un altro prete da anni in lotta con le cosche, don Cosimo Scordato, rettore di San Francesco Saverio all'Albergheria di Palermo - è molto più diffuso di quanto si può vedere. Spesso è anche anonimo e vive della fedeltà ai propri impegni. E al Vangelo"

Ascolta l'audio della trasmissione "Aldilà della notizia" da Radio Vaticana : La Chiesa combatte le mafie con la forza del Vangelo


Vedi anche alcuni dei nostri post precedenti:



giovedì 26 febbraio 2015

QUARESIMA/ E ora parrocchie disarmate

QUARESIMA
E ora parrocchie disarmate


Quaresima disarmata

Questa Quaresima diventi l’occasione per convocare i consigli pastorali, i consigli per gli affari economici o le assemblee aperte per approfondire e sensibilizzare sulle spese per gli armamenti e sul coinvolgimento delle proprie banche – e, quindi, dei propri soldi – in questo mercato di morte. La Campagna di pressione alle banche armate, dopo l’appello di gennaio, si rivolge alle comunità cattoliche. L’attenzione all’etica e al tema dell’export di armi sia, a partire da questa quaresima, priorità anche per le comunità parrocchiali e le diocesi.

Campagna di pressione alle banche armate

“Scrivete tutti alle banche armate”. Una proposta di Nigrizia, Missione oggi e Mosaico di pace ai parroci, ai vescovi, ai responsabili di istituti religiosi”. 
Iniziava così l’appello lanciato all’inizio del 2000 e continuava: “Sono numerose le banche italiane che hanno sostenuto l’export bellico... L’appuntamento del giubileo – che vuole essere un momento di conversione autentica – può diventare l’occasione per fare chiarezza e cambiare strada anche sui risparmi. Questo è possibile se le diocesi, le parrocchie, le comunità religiose, i singoli credenti (e ovviamente anche i non credenti) chiederanno esplicitamente alle banche presso cui hanno i propri depositi se sono o meno coinvolte nel commercio delle armi”.
Questo appello – in particolare alle parrocchie, alle diocesi, alle comunità religiose – lo rilanciamo, a quindici anni di distanza, in occasione della Quaresima Un tempo forte, per tutti i credenti, di riflessione e di conversione. Perché allora non mettere in calendario e organizzare nelle parrocchie un incontro specifico proprio sul tema delle spese per gli armamenti e sulle nostre responsabilità? Istintivamente siamo portati a pensare che non possiamo fermare il mondo,  ...

Leggi tutto:
- E ora parrocchie disarmate

- leggi il comunicato stampa integrale  (PDF)

- Lettera alla “banca armata” - (Fac-simile)



Papa Francesco ha duramente condannato quegli «imprenditori di morte» che vendono armi a paesi in conflitto e che dunque hanno interesse che le battaglie proseguano.
Leggi:
Monito del Papa: «Basta paesi che vendono armi a chi è in guerra»

Per approfondire
Lanciata nel 2000 in occasione del Grande Giubileo da tre riviste (Missione Oggi, Mosaico di pace e Nigrizia), la Campagna di pressione alle “banche armate” compie quindici anni. È tempo di fare un bilancio, ma anche di rinnovare alcune proposte oggi ancor più necessarie ed urgenti, come quella della “quaresima disarmata”    

Leggi tutto:
Disarmiamo i nostri conti di Giorgio Beretta (PDF)

Vai al sito ufficiale:
Banche armate

mercoledì 25 febbraio 2015

Papa Francesco: "I tariffari in chiesa sono uno scandalo" ma...

... «penso allo scandalo — ha affermato Francesco — che possiamo dare alla gente con il nostro atteggiamento, con le nostre abitudini non sacerdotali nel tempio: lo scandalo del commercio, lo scandalo delle mondanità». Infatti «quante volte vediamo che entrando in una chiesa, ancora oggi, c’è lì la lista dei prezzi: battesimo, tanto; benedizione, tanto; intenzioni di messa, tanto...». E «il popolo si scandalizza».
...
È un fatto: «quando quelli che sono nel tempio — siano sacerdoti, laici, segretari che hanno da gestire nel tempio la pastorale del tempio — divengono affaristi, il popolo si scandalizza». E «noi siamo responsabili di questo, anche i laici: tutti». Perché, ha spiegato Francesco, «se io vedo che nella mia parrocchia si fa questo, devo avere il coraggio di dirlo in faccia al parroco», altrimenti «la gente soffre quello scandalo». Ed «è curioso», ha aggiunto il Papa, che «il popolo di Dio sa perdonare i suoi preti, quando hanno una debolezza, scivolano su un peccato». Ma «ci sono due cose che il popolo di Dio non può perdonare: un prete attaccato ai soldi e un prete che maltratta la gente. Non ce la fa a perdonare» lo scandalo della «casa di Dio» che diventa una «casa di affari»...


Nell'omelia del 21 novembre 2014 a Santa Marta Papa Francesco ha definito uno scandalo il cosiddetto tariffario per le sante messe che indica precisamente i costi che i fedeli devono pagare per le funzioni sacre, eppure ancora oggi in molte diocesi se ne fa uso. 
Si sono occupati di questo problema Fabio e Mingo, inviati del programma satirico "Striscia La Notizia".
Nella puntata andata in onda ieri sera (24/02/2015) su canale 5, è stato mostrato il tariffario di una chiesa di Corato, un vero e proprio prezzario per le "offerte" a seconda della messa scelta, 10, 15, 20 euro a messa o addirittura 330 euro per un mese di messe gregoriane. 
Nel servizio sono state chieste spiegazioni all'Arcivescovo, Mons. Giovan Battista Picchieri, vescovo di Trani...

Per guardare il servizio "Tariffe sacrosante?" cliccare qui


Willy ora non dorme più in Piazza S. Pietro, ma riposa nel più antico cimitero germanico tra principi, cavalieri e nobili d'altro lignaggio.


Papa Francesco: "Il clochard non ha una tomba: 
diamogli una degna sepoltura in Vaticano"

Ancora una volta Papa Francesco apre le porte agli emarginati per eccellenza, i clochard. Dopo l'apertura del barbiere e delle docce dedicate ai senzatetto, il Santo Padre ha deciso di dare degna sepoltura a uno dei barboni più conosciuti a Piazza S. Pietro riservandogli un posto tra le tombe dei nobili benefattori della Chiesa.

Come racconta il Messaggero, Willy Herteleer era uno dei tanti barboni che affollano i vialetti e le arcate della città santa. Era un uomo mite e dal temperamento docile e innocuo, tanto che era conosciuto e benvoluto dai negozianti, dai portieri degli stabili della Città Leonina e dai sacerdoti. Come tanti altri nella sua condizione tutti i suoi averi erano concentrati in un piccolo trolley che portava sempre con sé. Le guardie svizzere che montano la guardia a Porta Sant'Anna avevano imparato a riconoscerlo e gli avevano attribuito affettuosamente il soprannome di "Araldo di sant'Anna".

Le sue giornate passavano tra la ricerca di un po' di calore in inverno e di un po' di fresco in estate; religiosi e non si fermavano spesso a salutarlo e in molti, discretamente, gli donavano un po' di denaro, del cibo caldo, una coperta, della frutta.

Willy Herteleer dipinto da mons. Ciani
Fiammingo di nascita, Willy aveva vissuto una vita turbolenta e per molti versi sconosciuta a tutti. Erano ormai decenni che si trovava nella condizione di vivere senza fissa dimora.

Monsignor Ciani, giurista rotale e canonico di San pietro, era diventato suo amico: Willy lo seguiva quando andava in basilica o nella chiesetta di sant'Anna e spesso pregavano insieme. Il canonico spesso si fermava a scambiare due chiacchiere con l'uomo, lo aiutava in ogni modo possibile, lo invitava a pranzo: erano diventati amici.

Durante una notte, lo scorso Gennaio, Willy muore all'ospedale Santo Spirito in Sassia. Il freddo ha la meglio sul suo corpo vecchio e malandato; alcuni passanti, notando la sua agonia, hanno chiamato un'ambulanza e prestato i primi soccorsi. Ma, per Willy, era troppo tardi.

Dopo qualche tempo Monsignor Ciani si è accorto dell'assenza del suo amico e ha iniziato a chiedere in giro se qualcuno sapesse dove fosse. Le indagini lo hanno condotto all'ospedale, dove Willy era ancora in obitorio. Nessuno aveva idea di dove seppellirlo.

"Santità, non sanno dove seppellirlo" - ha confidato il monsignore a Papa Francesco - "Diamogli una degna sepoltura in Vaticano" è stata la sua risposta.

Un evento fuori dalla norma, mai avvenuto prima. La vita di Willy, l'Araldo di sant'Anna, spesa dormendo sui marciapiedi attanagliato dal freddo, si è conclusa con un funerale sfarzoso dove è stato ricordato e onorato da quanti gli volevano bene.
Il clochard riposerà alle spalle della Basilica nel più antico cimitero germanico tra principi, cavalieri e nobili d'altro lignaggio. 
(Fonte: L'HUFFINGTON POST)
Guarda il video

... «Un uomo pulito, onesto, ordinato. Dovremmo prendere esempio da lui. Che dal cielo Willy interceda per noi e per quanti, come lui, vivono ai margini, vivono a stento non accolti né considerati dalla nostra società egoista» lo ha ricordato monsignor Ciani il giorno del funerale...


Vedi anche i nostri post precedenti:


Papa Francesco ai mafiosi: convertitevi! "Aprite il vostro cuore al Signore!"

Papa Francesco ai mafiosi: convertitevi!  
 "Aprite il vostro cuore al Signore!"
21.02.2015
"A quanti hanno scelto la via del male e sono affiliati a organizzazioni malavitose rinnovo il pressante invito alla conversione". Così il Papa durante l'udienza in Vaticano alla diocesi di Cassano allo Jonio. "Aprite il vostro cuore al Signore!", ha aggiunto il Pontefice, sempre rivolgendo le sue parole ai mafiosi.

"...Vorrei riaffermare un pensiero che vi ho suggerito durante la mia visita: chi ama Gesù, chi ne ascolta e accoglie la Parola e chi vive in maniera sincera la risposta alla chiamata del Signore non può in nessun modo darsi alle opere del male. O Gesù o il male! Gesù non invitava a pranzo i demoni: li cacciava via, perché erano il male. O Gesù o il male! Non si può dirsi cristiani e violare la dignità delle persone; quanti appartengono alla comunità cristiana non possono programmare e consumare gesti di violenza contro gli altri e contro l’ambiente. I gesti esteriori di religiosità non accompagnati da vera e pubblica conversione non bastano per considerarsi in comunione con Cristo e con la sua Chiesa. I gesti esteriori di religiosità non accompagnati da vera e pubblica conversione non bastano per considerarsi in comunione con Cristo e con la sua Chiesa. I gesti esteriori di religiosità non bastano per accreditare come credenti quanti, con la cattiveria e l’arroganza tipica dei malavitosi, fanno dell’illegalità il loro stile di vita. A quanti hanno scelto la via del male e sono affiliati a organizzazioni malavitose rinnovo il pressante invito alla conversione. Aprite il vostro cuore al Signore! Aprite il vostro cuore al Signore! Il Signore vi aspetta e la Chiesa vi accoglie se, come pubblica è stata la vostra scelta di servire il male, chiara e pubblica sarà anche la vostra volontà di servire il bene. ..."
Leggi tutto:
DISCORSO AI PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO DELLA DIOCESI DI CASSANO ALLO JONIO


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Servizio del TG3 Sicilia 

Galantino: «Condanna senza riserve per chi uccide la speranza»

La chiarezza di quella condanna «non ha attraversato solo la nostra terra. Non sappiamo quanto quelle parole abbiano toccato il cuore di chi ha scelto di seguire in maniera sistematica la strada del malaffare; sappiamo però - ha porseguito Galantino - che quelle parole hanno contribuito a fare chiarezza anche al nostro interno, a purificare sempre di più le nostre scelte pastorali e ci hanno spinto a intensificare la nostra vigilanza sulle manifestazioni popolari della nostra fede»

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Per decenni “silenzio assoluto” della Chiesa
Parole che non ti aspetti dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, il quale è intervenuto oggi nella Sala degli atti parlamentari della biblioteca del Senato per presentare la relazione annuale della Dna per il 2014. Secco l’attacco alla Chiesa, che “per decenni ha preferito il silenzio assoluto”. Roberti ha ricordato le parole di Papa Giovanni Paolo II contro la mafia nel 1993 pronunciate nella Valle dei Templi, “ma non ebbero seguito. Dopo le uccisioni di don Puglisi e don Diana c’è stato silenzio assoluto e nessuna reazione. Solo nel 2009 la Chiesa ha parlato delle mafie come di ‘strutture di peccato’ e ora Papa Francesco parla di scomunica. La Chiesa avrebbe potuto fare tantissimo ma per decenni non ha fatto niente, adesso con Papa Francesco qualcosa si muove”.
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Per decenni “silenzio assoluto” della Chiesa


martedì 24 febbraio 2015

Omelia di P. Gregorio Battaglia (video)



Omelia di P. Gregorio Battaglia
I Domenica di Quaresima / B
22.02.2015

Fraternità Carmelitana
di Pozzo di Pozzo di Gotto 



... "Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana"
Questo Gesù che si è impastato con noi e non ha schifo della nostra storia umana, una storia di violenza, una storia di diluvio... di morte, di violenza e Lui si immerge in questa nostra realtà e in questa storia così dolorosa, così tenebrosa, Lui si presenta come Colui che ci introduce in quel rapporto così bello con Dio Padre, tanto è vero che dal cielo si sente questa voce: "Questo è il Figlio mio" questo è il Figlio! e adesso si presenta a noi quasi a dire: "Vivi con me questa avventura di figlio, è faticosissima, ma è bella"...
Il deserto, il deserto di tutto, il deserto di sentimenti, il deserto di orizzonti... un deserto dove affiora dovunque l'iniquità, la disonestà, la corruzione, questo è il deserto della nostra storia umana e in questo deserto Gesù si avventura ed è impegnatissimo a vivere come Figlio in obbedienza al Padre che gli chiede una cosa sola: "AMA, ama, quando attorno a te c'è violenza, chiusura, cinismo AMA, non ti tirare indietro, tutti ti diranno, ma chi te lo fa fare, cerca altre soluzioni, cerca altre vie, Tu continua ad amare!"...

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lunedì 23 febbraio 2015

Papa Francesco: Per favore, specialmente in questa settimana degli Esercizi, non dimenticate di pregare per me...


"... La Vergine Santa, modello di docilità allo Spirito, ci aiuti a lasciarci condurre da Lui, che vuole fare di ciascuno di noi una “nuova creatura”.A Lei affido, in particolare, questa settimana di Esercizi Spirituali, che avrà inizio oggi pomeriggio, e alla quale prenderò parte insieme con i miei collaboratori della Curia Romana. Pregate perché in questo “deserto” che sono gli Esercizi possiamo ascoltare la voce di Gesù e anche correggere tanti difetti che tutti noi abbiamo, e fare anche fronte alle tentazioni che ogni giorno ci attaccano. Vi chiedo pertanto di accompagnarci con la vostra preghiera.
...
Per favore, specialmente in questa settimana degli Esercizi, non dimenticate di pregare per me."
Con queste parole durante l'Angelus, Papa Francesco ha comunicato la sua partecipazione agli Esercizi spirituali quaresimali e ha chiesto preghiere per questo periodo fino a venerdì 27 febbraio.
In questi giorni sarà infatti impegnato assieme ai suoi collaboratori della Curia Romana nella Casa Divin Maestro di Ariccia. 




 Servitori e profeti del Dio vivente (una lettura pastorale del profeta Elia) è il tema scelto dal padre carmelitano Bruno Secondin, docente ordinario emerito di Spiritualità moderna e Fondamenti di vita spirituale alla Gregoriana.

Nelle sue meditazioni padre Secondin utilizzerà il metodo della Lectio divina: si tratta della lettura della Sacra Scrittura accompagnata dalla preghiera che realizza quell’intimo colloquio in cui, leggendo, si ascolta Dio che parla e, pregando, gli si risponde con fiduciosa apertura del cuore. “La Lectio divina – ha affermato Benedetto XVI - consiste nel rimanere a lungo sopra un testo biblico, leggendolo e rileggendolo, quasi ‘ruminandolo’ come dicono i Padri, e spremendone, per così dire, tutto il ‘succo’, perché nutra la meditazione e la contemplazione e giunga ad irrigare come linfa la vita concreta. Condizione della lectio divina è che la mente ed il cuore siano illuminati dallo Spirito Santo, cioè dallo stesso Ispiratore delle Scritture, e si pongano perciò in atteggiamento di religioso ascolto”.  

L’immagine di una icona russa del XIX secolo che raffigura Elia, pubblicata anni fa sul mensile Jesus e oggi riportata su legno e un depliant in sei lingue sulla lectio divina saranno il “regalo” che il Papa e i membri della curia (una ottantina di persone in tutto) hanno trovato in camera, ad Ariccia, per essere aiutati nella settimana di esercizi spirituali. 

La partenza in pullman del Papa con circa altre 80 persone della curia è avvenuta alle 16 di domenica dal piazzale del Petriano, davanti all'aula Paolo VI.

Il teologo carmelitano, seguendo il cammino di Elia, svolgerà il tema secondo quattro filoni principali: 
  • Cammini di autenticità, 
  • Sentieri di libertà, 
  • Lasciarsi sorprendere da Dio, 
  • Giustizia e intercessione. 
Le conclusioni di venerdì saranno dedicate a Raccogliere il manto di Elia: profeti di fraternità.

I temi delle meditazioni evidenziano la necessità di “ritornare alle radici” e avere il coraggio di “dire no all’ambiguità”, passando “dagli idoli vani alla pietà vera”, “dalla fuga al pellegrinaggio”. 
In questo cammino c’è il superamento dell’angoscia per inoltrarsi verso la vita. Ma occorre “lasciarsi sorprendere da Dio”, perché il Signore è un vento leggero, una “voce di silenzio lieve”: è diverso da come ce lo immaginiamo. Parlando dell’incontro di Elia con la vedova di Zarepta, padre Secondin ricorderà che i poveri ci evangelizzano. Quindi, indicherà i cristiani come testimoni di giustizia e solidarietà e profeti di fraternità.

Il programma delle giornate

Dopo gli arrivi e le sistemazioni una introduzione dedicata all’uscire dal proprio villaggio. 
Alle 18 l'adorazione eucaristica , i vespri e, alle 19.30 la cena.

Sono previste due meditazioni al giorno, una alle 9.30 e una alle 16. 

Lunedì 23 le meditazioni saranno, al mattino, su Vai verso Oriente, nasconditi...: Ritornare alle radici e, al pomeriggio, su Uscire allo scoperto...: No all'ambiguità, sì al coraggio

Martedì 24, al mattino La mia vita valga qualcosa...: Dagli idoli vani alla pietà vera; al pomeriggio Dalla fuga al pellegrinaggio...: Oltre l'angoscia verso la vita.

Mercoledì 25, al mattino Voce di silenzio lieve...: Dio è diverso e altrove; al pomeriggio Dammi tuo figlio!...: I poveri evangelizzano.

Giovedì 26, al mattino Non ti cederò l'eredità...: Testimoni di giustizia e solidarietà, al pomeriggio Intercedere per il popolo...: Una fatica condivisa.

Gli esercizi terminano alle 10.30 di venerdì con il rientro in Vaticano, ancora a bordo dei pullman

Durante il periodo di ritiro, come di consueto, vengono sospese le udienze private e speciali, compresa l’udienza generale del mercoledì.


Traffico di neonati in Niger: tutti assolti


Traffico di neonati in Niger:
tutti assolti
di Cornelia Isabelle Toelgyes

Il grande scandalo della tratta di neonati in Niger avrebbe dovuto concludersi con condanne esemplari invece il 30 gennaio scorso a Niamey il processo contro una ventina di persone coinvolte in un traffico di neonati dalla vicina Nigeria, si è concluso con un nulla di fatto. La Corte, ha lasciato cadere tutte le accuse e si è dichiarata “incompetente per giudicare un caso del genere”.

...


Durante l’estate del 2014 viene scoperto un traffico di bambini tra la Nigeria e il Niger. Molte le personalità di spicco del mondo politico, degli affari e anche militari coinvolte. (http://www.africa-express.info/2014/12/04/niger-lo-scandalo-del-traffico-dei-neonati-investe-la-politica/)

Hama Amadou, fugge in Francia per paura di essere arrestato, perché accusato di aver partecipato al losco traffico di bambini. Amadou ha sempre sostenuto che si tratta di un complotto politico. Era passato con l’opposizione nel 2013. Tramite i suoi avvocati fa sapere: “Sono un personaggio chiave della politica in Niger e sarò l’avversario numero uno dell’attuale presidente Mahamadou Issoufou durante le prossime presidenziali del 2016”.

Ora tutte le accuse sono cadute, anche quelle nei confronti dell’ex portavoce dell’Assemblea nazionale.
Il giudice del Tribunale, infatti, ha dichiarato quanto segue: “Non è mai emerso nessun caso nel diritto civile dove la maternità di neonati viene attribuita a donne che non li hanno partoriti”. Ovviamente tutti gli imputati hanno accolto la sentenza con un immenso sorriso.

Nessuna giustizia per i neonati, per le loro giovani mamme, che hanno partorito i loro piccoli nelle baby factories nigeriane . L’Africa è anche questa.




Il grido dei 21 martiri copti di Enzo Bianchi

Il grido dei 21 martiri copti 
di Enzo Bianchi


"...Erano persone semplici questi cristiani copti, emigrati per lavoro, preoccupati per le famiglie lasciate a El Minya in Egitto, così come erano semplici operai cattolici quei quattordici croati sgozzati vent’anni fa in un cantiere nei pressi del monastero di Tibhirine in Algeria, al culmine dell’incubo fondamentalista vissuto da quel paese. Come tutti i loro confratelli, questi copti – di cui ci è caro riportare qui tutti nomi: Milad, Abanub, Maged, Yusuf, Kirollos, Bishoy e suo fratello Somaily, Malak, Tawadros, Girgis, Mina, Hany, Bishoy, Samuel, Ezat, Loqa, Gaber, Esam, Malak, Sameh e un operaio “del villaggio di Awr” rimasto senza nome – portavano sul polso fin dal loro battesimo un unico tatuaggio, la croce di Cristo, affinché, se anche le parole non avessero potuto esprimere la loro fede, questa era testimoniata dalla loro carne. È l’ecumenismo del sangue sovente evocato da papa Francesco: dai brutali assassini viene il paradossale riconoscimento che i discepoli di Signore sono “una cosa sola”, tra loro e con il loro Signore. Nessuna differenza di lingua, di riti, di calendari, di formulazioni teologiche, nessuna disputa secolare resiste di fronte al fatto che questi copti – come tutti i loro confratelli martiri di altre confessioni – sono semplicemente “cristiani”, discepoli di Cristo con tutta la loro vita, fino a morirne. A volte il martire viene eliminato perché le sue parole e i suoi gesti hanno disturbato chi opera impunemente il male – si pensi al vescovo Romero o a don Pino Puglisi – viene cioè ucciso per quello che “ha fatto”, altre volte, come qui, semplicemente per quello che “è” e non rinuncia a essere: un testimone di Cristo.

Infine, un’ultima annotazione: nella tradizione ortodossa, la quaresima è contrassegnata dalla “dolorosa gioia”, dall’attesa nella contrizione e nel pentimento della luminosa esultanza di Pasqua, festa della vittoria della vita sulla morte affermata una volta per tutte dalla resurrezione di Gesù. È l’attesa di poter essere resi partecipi di questa vita nuova che sgorga dal sepolcro vuoto e che colma di pace le sofferenze sopportate. Ebbene, è questa “dolorosa gioia”, così difficile da capire e perfino da immaginare da parte di noi smaliziati occidentali, che stanno vivendo i fedeli copti nelle loro chiese: è una festa segnata dalla lacrime, lacerata dal dolore, ma festa autenticamente cristiana perché quei loro ventun fratelli – che erano anche padri, figli, amici – sono stati assimilati all’agnello immolato senza colpa, resi conformi al loro Signore che hanno glorificato finché hanno avuto fiato nelle loro gole. Un dipinto naif circola da qualche giorno sui media: Gesù rivestito da una tunica arancione cade a terra sotto il peso della croce, dietro a lui una processione in cui uomini con la medesima tunica arancione sono affiancati da figure coperte di nero: sembra la riproduzione di un fermo immagine del video cruento dell’IS, in realtà è la reinterpretazione della Via crucis, la via dell’uomo vittima della violenza. E noi ci chiediamo ogni giorno sempre più spesso: dov’è l’uomo? Dov’è finita la sua umanità?


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Il grido dei 21 martiri copti di Enzo Bianchi


La Chiesa copta considera martiri i 21 uomini uccisi in Libia

di fra Mamdouh Chehab ofm

La Chiesa copta, nella sua ufficialità, non ha tardato ad esprimersi. Il patriarca Tawadros ha sottolineato che questi egiziani sono stati uccisi perché professavano la fede cristiana. E ha annunciato che i nomi delle vittime saranno inseriti nel Sinassario, l’equivalente orientale del martirologio romano. Una procedura che equivale alla canonizzazione nella Chiesa latina.

Il martirio di questi 21 fedeli verrà commemorato l’8 di Amshir del calendario copto (il 15 febbraio del calendario gregoriano), che è anche la festa della Presentazione di Gesù al tempio.


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FEDE E PERSECUZIONI.La preghiera dei cristiani uccisi dall'Isis "Signore Gesù Cristo" -"Dio li accolga come martiri" Papa Francesco