lunedì 15 dicembre 2025

Giubileo dei Detenuti, Leone XIV: nessuno sia perduto, concedere amnistie o indulto - "Nessun essere umano coincide con ciò che ha fatto." (sintesi/commento, testo e video integrali)

GIUBILEO DEI DETENUTI

SANTA MESSA

Basilica di San Pietro
III Domenica di Avvento, 14 dicembre 2025

*********************

Giubileo dei Detenuti, il Papa:
nessuno sia perduto, concedere amnistie o indulto

Nella Messa presieduta nella Basilica di San Pietro, Leone XIV rilancia il desiderio espresso da Francesco nella "Spes non confundit", la bolla di indizione dell'Anno santo. Auspica che a tutti siano offerte reali opportunità di reinserimento sociale, pur consapevole delle criticità del sistema carcerario: "Nessun essere umano coincide con ciò che ha fatto. La giustizia è sempre un processo di riparazione"


Papa Leone XIV durante la Messa per il Giubileo dei detenuti (@Vatican Media)

Non perdere la speranza, perché da ogni caduta ci si deve poter rialzare e la giustizia è sempre un processo di riparazione e riconciliazione. Nella Domenica "della gioia", quella che la liturgia definisce "Gaudete", Papa Leone XIV celebra la Messa per il Giubileo dei Detenuti nella Basilica vaticana e a quanti sono privati della libertà e a tutti coloro che si prendono cura della realtà penitenziaria chiede di guardare avanti e in alto. Con speranza, appunto.

L'ancora della speranza

A tal proposito il Papa, nell'omelia della celebrazione alla quale partecipano circa 5 mila persone, ricorda il predecessore Papa Francesco quando il 26 dicembre 2024 ha aperto la Porta Santa nella Chiesa del Padre nostro, nella Casa circondariale di Rebibbia. In quella liturgia densa di significato il Pontefice argentino rivolgeva a tutti un invito che oggi Leone XIV rilancia: "Due cose vi dico. Primo: la corda in mano, con l’àncora della speranza. Secondo: spalancate le porte del cuore". "Facendo riferimento all’immagine di un’ancora lanciata verso l’eternità, al di là di ogni barriera di spazio e di tempo, ci invitava a mantenere viva la fede nella vita che ci attende, e a credere sempre nella possibilità di un futuro migliore. Al tempo stesso, però, ci esortava a essere, con cuore generoso, operatori di giustizia e di carità negli ambienti in cui viviamo", sottolinea il Pontefice.

Il Papa durante la Messa per il Giubileo per il mondo carcerario (@Vatican Media)

Condono della pena, amnistia, reinserimento

E ancora in continuità con Francesco, rilancia il desiderio espresso nella Spes non confundit, la bolla di indizione del Giubileo e cioè che, in queste ultime settimane dell'Anno Santo, si possano ancora concedere "forme di amnistia o condono della pena" e "a tutti opportunità di reinserimento".

Confido che in molti Paesi si dia seguito al suo desiderio. Il Giubileo, come sappiamo, nella sua origine biblica era proprio un anno di grazia in cui ad ognuno, in molti modi, si offriva la possibilità di ricominciare.

La misericordia può far sbocciare fiori dal peccato

indica poi il criterio dell'amore quale orientamento che deve abitare anche in ambienti come le carceri. Da atteggiamenti di compassione, attenzione, sapienza e responsabilità, in comunità come a livello istituzionale, possono nascere dei veri e propri miracoli. L'importante, afferma il Pontefice, è guardare all'umanità di Gesù. Rispetto e capacità di misericordia e perdono possono capovolgere destini e il Giubileo può essere l'occasione propizia:

Quando si custodiscono, pur in condizioni difficili, la bellezza dei sentimenti, la sensibilità, l’attenzione ai bisogni degli altri, il rispetto, la capacità di misericordia e di perdono, allora dal terreno duro della sofferenza e del peccato sbocciano fiori meravigliosi e anche tra le mura delle prigioni maturano gesti, progetti e incontri unici nella loro umanità.

Dio è Colui che riscatta e libera

Si tratta di "un lavoro sui propri sentimenti e pensieri necessario alle persone private della libertà," ma prima ancora a chi ha il grande onere di rappresentare presso di loro e per loro la giustizia", spiega il Papa. "Il Giubileo è una chiamata alla conversione e proprio così è motivo di speranza e di gioia", ripete. È vero che il panorama carcerario presenta diverse criticità, ammette Leone XIV: "C'è ancora tanto da fare". Ma confidando in Dio, Colui "che riscatta e libera", si può e deve osare:

Il carcere è un ambiente difficile e anche i migliori propositi vi possono incontrare tanti ostacoli. Proprio per questo, però, non bisogna stancarsi, scoraggiarsi o tirarsi indietro, ma andare avanti con tenacia, coraggio e spirito di collaborazione. Sono molti, infatti, a non comprendere ancora che da ogni caduta ci si deve poter rialzare, che nessun essere umano coincide con ciò che ha fatto e che la giustizia è sempre un processo di riparazione e di riconciliazione

La Messa per il Giubileo dei detenuti nella Basilica di San Pietro (@Vatican Media)

"Che tutti siano salvati"

Ancora, il Papa nella sua riflessione cita Sant'Agostino, quando scriveva un famoso commento all'episodio evangelico dell'adultera sottolineando che al termine dell'incontro con Gesù che la perdona rimasero "la misera e la misericordia". Si rivolge quindi ai ristretti e ai responsabili del mondo carcerario, ribadendo che si tratta di un compito "non facile":

I problemi da affrontare sono tanti. Pensiamo al sovraffollamento, all’impegno ancora insufficiente di garantire programmi educativi stabili di recupero e opportunità di lavoro. E non dimentichiamo, a livello più personale, il peso del passato, le ferite da medicare nel corpo e nel cuore, le delusioni, la pazienza infinita che ci vuole, con sé stessi e con gli altri, quando si intraprendono cammini di conversione, e la tentazione di arrendersi o di non perdonare più.

Eppure, in queste desolazioni, rimarca il Successore di Pietro, deve risuonare interiormente la certezza che il Signore desidera la salvezza di tutti. E ripete anche oggi: "Che nessuno vada perduto! Che tutti siano salvati".

Non siamo soli

Mentre si avvicina il Natale, Papa Leone esorta dunque ad "abbracciare" con ancora più forza, il "sogno" di Dio, "costanti nel nostro impegno e fiduciosi".

Perché anche di fronte alle sfide più grandi non siamo soli: il Signore è vicino, cammina con noi e, con Lui al nostro fianco, sempre qualcosa di bello e gioioso accadrà.
(fonte: Vatican News, articolo di Antonella Palermo 14/12/2025)

*********************

OMELIA DI LEONE XIV


Cari fratelli e sorelle, celebriamo oggi il Giubileo della speranza per il mondo carcerario, per i detenuti e per tutti coloro che si prendono cura della realtà penitenziaria. Con una scelta densa di significato, lo facciamo nella Terza domenica di Avvento, che la liturgia definisce “Gaudete!”, dalle parole con cui inizia l’Antifona d’ingresso della Santa Messa (cfr Fil 4,4). Questa, nell’Anno liturgico, è la domenica “della gioia”, che ci ricorda la dimensione luminosa dell’attesa: la fiducia che qualcosa di bello, di gioioso accadrà.

In proposito, il 26 dicembre dello scorso anno, Papa Francesco, aprendo la Porta Santa nella Chiesa del Padre nostro, nella Casa circondariale di Rebibbia, lanciava a tutti un invito: «Due cose vi dico – affermava –. Primo: la corda in mano, con l’àncora della speranza. Secondo: spalancate le porte del cuore». Facendo riferimento all’immagine di un’ancora lanciata verso l’eternità, al di là di ogni barriera di spazio e di tempo (cfr Eb 6,17-20), ci invitava a mantenere viva la fede nella vita che ci attende, e a credere sempre nella possibilità di un futuro migliore. Al tempo stesso, però, ci esortava a essere, con cuore generoso, operatori di giustizia e di carità negli ambienti in cui viviamo.

Mentre si avvicina la chiusura dell’Anno giubilare, dobbiamo riconoscere che, nonostante l’impegno di molti, anche nel mondo carcerario c’è ancora tanto da fare in questa direzione, e le parole del profeta Isaia che abbiamo ascoltato – «ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo» (Is 35,10) – ci ricordano che Dio è Colui che riscatta, che libera, e suonano come una missione importante e impegnativa per tutti noi. Certo, il carcere è un ambiente difficile e anche i migliori propositi vi possono incontrare tanti ostacoli. Proprio per questo, però, non bisogna stancarsi, scoraggiarsi o tirarsi indietro, ma andare avanti con tenacia, coraggio e spirito di collaborazione. Sono molti, infatti, a non comprendere ancora che da ogni caduta ci si deve poter rialzare, che nessun essere umano coincide con ciò che ha fatto e che la giustizia è sempre un processo di riparazione e di riconciliazione.

Quando però si custodiscono, pur in condizioni difficili, la bellezza dei sentimenti, la sensibilità, l’attenzione ai bisogni degli altri, il rispetto, la capacità di misericordia e di perdono, allora dal terreno duro della sofferenza e del peccato sbocciano fiori meravigliosi e anche tra le mura delle prigioni maturano gesti, progetti e incontri unici nella loro umanità. Si tratta di un lavoro sui propri sentimenti e pensieri necessario alle persone private della libertà, ma prima ancora a chi ha il grande onere di rappresentare presso di loro e per loro la giustizia. Il Giubileo è una chiamata alla conversione e proprio così è motivo di speranza e di gioia.

Per questo è importante guardare prima di tutto a Gesù, alla sua umanità, al suo Regno, in cui «i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano […], ai poveri è annunciato il Vangelo» (Mt 11,5), ricordando che, se a volte tali miracoli avvengono con interventi straordinari di Dio, più spesso essi sono affidati a noi, alla nostra compassione, all’attenzione, alla saggezza e alla responsabilità delle nostre comunità e delle nostre istituzioni.

E questo ci porta a un’altra dimensione della profezia che abbiamo ascoltato: l’impegno a promuovere in ogni ambiente – e oggi sottolineiamo particolarmente nelle carceri – una civiltà fondata su nuovi criteri, e ultimamente sulla carità, come diceva San Paolo VI alla conclusione dell’Anno giubilare del 1975: «Questa – la carità – vorrebbe essere, specialmente sul piano della vita pubblica, […] il principio della nuova ora di grazia e di buon volere, che il calendario della storia ci apre davanti: la civiltà dell’amore!» (Udienza generale, 31 dicembre 1975).

A tal fine Papa Francesco auspicava, in particolare, che si potessero concedere, per l’Anno santo, anche «forme di amnistia o di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in sé stesse e nella società» (Bolla Spes non confundit, 10), e ad offrire a tutti reali opportunità di reinserimento (cfr ibid.). Confido che in molti Paesi si dia seguito al suo desiderio. Il Giubileo, come sappiamo, nella sua origine biblica era proprio un anno di grazia in cui ad ognuno, in molti modi, si offriva la possibilità di ricominciare (cfr Lv 25,8-10).

Anche il Vangelo che abbiamo ascoltato ci parla di questo. Giovanni il Battista, mentre predicava e battezzava, invitava il popolo a convertirsi e ad attraversare di nuovo, simbolicamente, il fiume, come al tempo di Giosuè (cfr Gs 3,17), per entrare in possesso della nuova “terra promessa”, cioè di un cuore riconciliato con Dio e con i fratelli. Ed è eloquente, in questo senso, la sua figura di profeta: era retto, austero, franco fino ad essere imprigionato per il coraggio delle sue parole – non era «una canna sbattuta dal vento» (Mt 11,7) –; eppure al tempo stesso era ricco di misericordia e di comprensione verso chi, sinceramente pentito, cercava con fatica di cambiare (cfr Lc 3,10-14).

Sant’Agostino, in proposito, in un suo famoso commento all’episodio evangelico dell’adultera perdonata (cfr Gv 8,1-11), conclude dicendo: «Partiti gli accusatori, sono state lasciate […] la misera e la misericordia. E a quella disse il Signore: […] va’ e non peccare più (Gv 8,10-11)» (Sermo 302, 14).

Carissimi, il compito che il Signore vi affida – a tutti, detenuti e responsabili del mondo carcerario – non è facile. I problemi da affrontare sono tanti. Pensiamo al sovraffollamento, all’impegno ancora insufficiente di garantire programmi educativi stabili di recupero e opportunità di lavoro. E non dimentichiamo, a livello più personale, il peso del passato, le ferite da medicare nel corpo e nel cuore, le delusioni, la pazienza infinita che ci vuole, con sé stessi e con gli altri, quando si intraprendono cammini di conversione, e la tentazione di arrendersi o di non perdonare più. Il Signore, però, al di là di tutto, continua a ripeterci che una sola è la cosa importante: che nessuno vada perduto (cfr Gv 6,39) e che tutti «siano salvati» (1Tm 2,4).

Che nessuno vada perduto! Che tutti siano salvati! Questo vuole il nostro Dio, questo è il suo Regno, a questo mira il suo agire nel mondo. Mentre si avvicina il Natale, vogliamo abbracciare anche noi, con ancora più forza, il suo sogno, costanti nel nostro impegno (cfr Gc 5,8) e fiduciosi. Perché sappiamo che anche di fronte alle sfide più grandi non siamo soli: il Signore è vicino (cfr Fil 4,5), cammina con noi e, con Lui al nostro fianco, sempre qualcosa di bello e gioioso accadrà.

*********************

Guarda il video integrale della Messa