Noi crediamo in un solo Dio
Padre e Madre
Gregorio Battaglia
29.10.2025 - Secondo dei Mercoledì della Spiritualità 2025
VIVERE NELL’OGGI CON PROFEZIA
IL SIMBOLO DELLA FEDE
promossi dalla Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto
Il simbolo della fede, che proclamiamo nelle nostre assemblee domenicali, si apre con il confessare apertamente che il Dio in cui crediamo è uno ed uno solo. Si tratta di una professione di fede che afferma con fermezza il monoteismo e tutto questo ci accomuna ai nostri fratelli ebrei e musulmani. Sullo sfondo si sente chiaramente la risonanza dello “Shēmāʻ Ysrā’ēl”: «Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore» (Dt 6,4). Queste parole noi le ritroviamo sulla bocca di Gesù, quando viene interrogato da uno degli scribi su quale sia il primo comandamento: «Il primo è: Ascolta Israele. Il Signore nostro Dio è l’unico Signore». È interessante la reazione dello scriba, che assentendo dice: «Hai detto bene Maestro e secondo verità che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di Lui» (Mc 12,28-32).
..
L’essere innestati in Cristo Gesù, il Figlio in cui il Padre «ha posto il suo compiacimento» (Mc 1,11), fa di noi delle membra di quell’unico corpo glorioso, che è il suo, per cui a dire “Padre” è Lui in noi e con noi. Si può ben dire che il Padre ci riconosce come figli, perché Gesù, il Figlio, nel suo dono di amore ci ha legati a sé con vincoli di fraternità, che non saranno mai più spezzati. Così Paolo aprirà sempre le sue lettere sempre con la stessa formula: «grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo».
In Cristo Gesù, nostro fratello e Signore, noi tutti possiamo dire: “Padre nostro”. Ma, scanso di equivoci, nella lettera agli Efesini l’apostolo Paolo afferma che Dio è «Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef 4,5-6). Restringere il possessivo “nostro” al semplice gruppo dei credenti, significa non aver compreso “il mistero di Cristo” e cioè il disegno salvifico che il Padre ha tenuto nascosto per secoli e che interessa tutta l’umanità (cf. Ef 1,9-10).
Trovo quanto mai interessante richiamare quanto afferma B. Forte: «Non può confessare Dio come Padre chi non rispetta la libertà dei figli di Dio e non opera con tutto il suo impegno per la liberazione degli oppressi»[1]. Chi è cresciuto dentro una società cosiddetta cristiana fa enorme fatica a rendersi conto della grande contraddizione in cui cade, quando si rivolge a Dio chiamandolo “Padre nostro” ed allo stesso tempo condivide in modo attivo tutte le politiche volte a contrastare in ogni modo la presenza di persone migranti nel nostro territorio. Nella logica del “Padre nostro” quella persona migrante, a qualsiasi religione appartenga, è da considerarsi come un proprio fratello o sorella, di cui, possibilmente, prendersi cura.
...
GUARDA IL VIDEO
Incontro integrale