martedì 4 novembre 2025

4 NOVEMBRE: La fine di ” una inutile strage” - Comunicato Stampa di Pax CHristi

4 NOVEMBRE: 
La fine di ” una inutile strage” 
Comunicato Stampa di Pax Christi



Comunicato Stampa di Pax Christi Italia

No! Il 4 novembre non è la nostra festa. Non celebriamo una guerra. Tanto meno lo vogliamo fare oggi quando la pace è invocata a voce ma vilipesa nei fatti con l’ONU resa volutamente sempre più impotente, con il diritto internazionale sempre più tradito, il multilateralismo stracciato dalla “legge del più forte” sempre più ostentata e praticata. In quest’ultimo travagliato scorcio del 2025, le donne, gli uomini, i frati, le suore, i preti, i vescovi di Pax Christi scelgono con tono mite ma fermo di far risuonare nuovamente quel grido (« Noi, popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all’umanità…») che 80 anni fa, il 26 giugno 1945, persone sagge vollero all’inizio della Magna Charta dell’ONU. E per impedire a tutti, a noi per primi, di rifugiarsi nella vuota retorica chiediamo:perché l’Italia, pur aderendo al Trattato di non proliferazione nucleare dal 1975. non ha ancora firmato il Trattato per la messa al bando delle armi nucleari del 2017?
perché si sta facendo di tutto per rendere sempre più opaca e inconcludente la legge 185 del 1990 che regola il commercio di armi italiane, mettendo qualche paletto invalicabile che si vuole rimuovere (e intanto, come certifica l’autorevole Istituto di ricerche sulla pace di Stoccolma, il Sipri, tra il 2020 e il 2024 il nostro Paese è diventato sesto esportatore di materiale d’armamento dopo Usa, Francia, Russia, Cina e Germania, superando il Regno Unito)?
Perché l’Italia continua la folle corsa al riarmo? Secondo la Legge di Bilancio, il Ministero della Difesa disporrà nel 2026 di 32,4 miliardi di euro, oltre 1,1 miliardi in più rispetto al 2025 (fonte www.milex.org), in linea con gli impegni NATO, ma in contrasto con la lettera e lo spirito della nostra Costituzione e dei principi fondanti l’Onu e l’Europa unita.

Non stupisca dunque il nostro esprimere dissenso il 4 novembre. Non taciamo proprio perché ci sta a cuore la vita di tutti, proprio perché tentiamo faticosamente, insieme a tanti altri, di costruire una civiltà dell’amore che non si divida più in amici-nemici, che non sia più separata da muri, che non sia più affamata da un’economia selvaggia.

No! Il 4 novembre non è la nostra festa.

Quando si ricordano le stragi di mafia, si fa memoria delle vittime, ma non si celebra la mafia.

Quando si ricordano i morti della Prima guerra mondiale, ‘inutile strage’ come la definì papa Benedetto XV il 1 agosto 1917, si dovrebbe far memoria delle vittime, ma non celebrare la guerra.

In quella guerra persero la vita più di 11 milioni di militari, oltre 21 milioni i feriti. quasi 8 milioni i dispersi e 7 milioni i morti tra i civili. Solo tra gli italiani ci furono circa 650.000 morti e, con le vittime civili, si arriva a circa 1.240.000.

L’unico aspetto positivo è la fine di una guerra, di una strage. Non c’è nessuna vittoria da celebrare.

E oggi respiriamo un clima di guerra sempre più forte e asfissiante! Sempre più soldi per le armi! Miliardi di euro per preparare nuove guerre. Come ha detto il ministro Crosetto il 24 ottobre scorso a Torino durante l’inaugurazione dell’anno accademico degli istituti di formazione dell’Esercito: “ Vedo una follia dilagante nel mondo. E voi, che un giorno avrete responsabilità di comando su altri uomini e donne, dovrete essere pronti ad interpretare tutti i cambiamenti e a difendere il Paese. L’Italia, secondo me, non entrerà mai in guerra. Ma un giorno potrebbe essere costretta a difendersi? Sì, è uno degli scenari possibili, non riesco a dire di no. Per questo dovete essere pronti a quello che accadrà. Fa parte del vostro dovere”.

Siamo fortemente preoccupati per il futuro della Palestina, tuttora sotto occupazione israeliana: E davanti a molte altre guerre più o meno dimenticate, crediamo che la sicurezza dei popoli non coincida con il riarmo, bensì con il riconoscimento dei diritti essenziali delle persone e dei popoli stessi. Più armi non garantiscono pace, ma più guerre. Come abbiamo sempre fatto, continueremo a denunciare la follia del riarmo: per il 2026 la spesa militare italiana è destinata a crescere.

La Prima guerra mondiale fu una sciagurata carneficina sostenuta dalla propaganda bellicista del nazionalismo interventista che prevalse sulla volontà del Paese.

Non possiamo accettare che ancora oggi la propaganda di guerra abbia il sopravvento sul buon senso e sulla coscienza delle persone.

Non possiamo accettare un clima di guerra. Un’economia di guerra. Una cultura di guerra. Una scuola sempre più ‘militarizzata’. Ne è la conferma la decisione del Ministero dell’Istruzione e del Merito di vietare al Cestes il convegno di formazione per docenti “La scuola non si arruola”, oscurandolo dalla piattaforma ministeriale Sofia e ordinando ai dirigenti scolastici di non concedere il permesso di partecipazione. Affermando che il rifiuto della guerra non sarebbe un tema “coerente” con le finalità della formazione dei docenti. Ci sembra una cosa gravissima!

Siamo con Papa Leone che al Colosseo la scorsa settimana ha invocato con fermezza: “ Basta! È il grido dei poveri e il grido della terra. Basta! Signore, ascolta il nostro grido!”. E ricordiamo le parole, tragicamente attuali, di Papa Francesco al Sacrario di Redipuglia, il 13 settembre 2014: “ Anche oggi le vittime sono tante… Come è possibile questo? E’ possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante!”

Sì, gli interessi che muovono la guerra e l’industria delle armi sono enormi.

Per questo invitiamo oggi ad una coscienza dell’obiezione. Per dire no ad ogni guerra e alla sua preparazione. Oggi più che mai abbiamo il dovere di obiettare alla guerra.

Preghiamo per tutti i morti a causa delle guerre. E, ripensando alla Prima guerra mondiale, ricordiamo anche le migliaia di militari ammutinati e disertori passati per le armi sul posto, senza regolare processo. I renitenti alla leva e i disertori (870 mila) furono così numerosi da rendere necessaria un’amnistia, promulgata nel 1919 dal Presidente del Consiglio.

Ricordando gli obiettori di ieri e di oggi, continuiamo il nostro impegno per rifiutare la guerra e gridare la speranza.

Firenze, 3 novembre 2025 – Pax Christi Italia