Leone XIV firma la Lettera Apostolica
“Disegnare mappe di speranza”
per il 60° anniversario Concilio Vaticano II
che ha aperto la Chiesa al dialogo ecumenico e interreligioso

Un testo per riaffermare il dialogo tra le religioni e l’impegno educativo nel costruire ponti di fraternità e di pace
Nel cuore della basilica di San Pietro, davanti a migliaia di studenti, docenti e religiosi riuniti per la messa del Giubileo del mondo educativo, Papa Leone XIV ha firmato nel pomeriggio del 27 ottobre la lettera apostolica Disegnare mappe di speranza. Un gesto compiuto a sorpresa, prima dell’inizio della celebrazione, ma che racchiude un forte valore simbolico e spirituale: riaffermare, sessant’anni dopo la dichiarazione conciliare Nostra Aetate, l’urgenza del dialogo interreligioso e della cooperazione tra culture e fedi diverse in un tempo segnato da guerre, divisioni e smarrimento etico.
Il documento, pubblicato il giorno seguente in coincidenza con l’anniversario della storica dichiarazione del Concilio Vaticano II sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, vuole indicare — come ha spiegato il Papa nei giorni scorsi — “nuove rotte di fraternità”, invitando credenti e non credenti a riscoprire la responsabilità comune verso la pace e la dignità umana.
L’iniziativa nasce nel solco della tradizione conciliare, ma la prospettiva è pienamente contemporanea. Leone XIV, fin dall’inizio del suo pontificato, ha sottolineato la necessità di un rinnovato impegno per l’educazione al dialogo e alla solidarietà universale, ribadendo che “ogni muro culturale o religioso è un ostacolo alla pace”. Con la lettera Disegnare mappe di speranza, il Pontefice sembra voler aggiornare l’eredità del Concilio Vaticano II, adattandola a un mondo globalizzato, attraversato da tensioni etniche e crisi geopolitiche che minacciano la convivenza pacifica tra i popoli.
La scelta di firmare il documento nel contesto del Giubileo dedicato al mondo educativo non è casuale. Leone XIV ha più volte richiamato le università e le istituzioni formative a diventare “laboratori di dialogo”, capaci di unire la ricerca della verità con la costruzione di relazioni umane fondate sulla reciproca stima. L’educazione, secondo il Papa, resta la chiave per disegnare davvero “mappe di speranza”, cioè percorsi di riconciliazione e di incontro tra culture.
L’atto di oggi, dunque, non è solo una celebrazione della memoria conciliare, ma anche un atto programmatico: un invito a riprendere il cammino di fraternità tracciato sessant’anni fa e a tradurlo nelle sfide del presente. In un tempo in cui tornano le logiche di esclusione e di conflitto, Leone XIV indica la rotta di un umanesimo condiviso, in cui la fede non divide, ma illumina la strada comune dell’umanità.
In occasione dell’anniversario della enciclica Nostra Aetate, il Vaticano renderà pubblico il testo integrale della lettera apostolica, destinata a diventare una pietra miliare del pontificato di Leone XIV, il Papa che fin dal primo giorno invita la Chiesa e il mondo a “non smettere di credere nella pace e di disegnarne insieme le mappe”.
Sessant’anni di “Nostra aetate”: il coraggio del dialogo che continua
A sessant’anni dalla dichiarazione Nostra aetate, il documento conciliare che cambiò per sempre i rapporti tra la Chiesa cattolica e le altre religioni, il messaggio di apertura e fraternità che ne scaturì risuona oggi con una forza nuova. La recente lettera apostolica di Papa Leone XIV, Disegnare mappe di speranza, ne raccoglie l’eredità, ma la rilancia in un mondo segnato da nuovi muri e da conflitti identitari che rischiano di oscurare la speranza.
Quando il 28 ottobre 1965 Paolo VI promulgò la Nostra aetate, il Concilio Vaticano II decise di guardare alle religioni non cristiane non più come a rivali della verità, ma come a interlocutori nel cammino verso il senso ultimo dell’esistenza. Fu una rivoluzione teologica e pastorale. Per la prima volta la Chiesa riconobbe esplicitamente “quanto di vero e di santo si trova” nelle altre fedi, respingendo ogni forma di antisemitismo e ogni discriminazione fondata su razza o religione.
Sessant’anni dopo, Papa Leone XIV riprende quello spirito con parole che invitano a rimettere al centro “la dignità dell’uomo come immagine di Dio” e la comune responsabilità di credenti e non credenti nella costruzione della pace. La Nostra aetate – ha ricordato il Pontefice nei giorni scorsi – “non è una reliquia conciliare, ma una mappa ancora aperta”, un orizzonte che chiede di essere tradotto in gesti concreti di fraternità.
Il contesto storico è radicalmente diverso, ma le sfide non sono meno drammatiche. Allora si usciva da due guerre mondiali e dall’orrore della Shoah; oggi il mondo è lacerato da conflitti in Medio Oriente, da persecuzioni religiose, da nuove forme di esclusione culturale e tecnologica. In entrambe le epoche, la tentazione è la stessa: cedere alla paura dell’altro.
Per questo la *Nostra aetate* rimane un testo profetico. Il suo invito a “superare ogni inimicizia e a collaborare per la giustizia e la pace” è più attuale che mai. Non fu solo un documento di dottrina, ma una conversione dello sguardo: la consapevolezza che la verità non si difende chiudendosi, ma aprendosi al dialogo.
Papa Leone XIV prosegue su questa linea, rafforzando l’idea che il dialogo interreligioso non è una diplomazia spirituale, ma una forma di testimonianza evangelica. “Il cristiano che incontra l’altro – ha detto recentemente – non rinuncia alla propria fede, ma la purifica dall’orgoglio e dalla paura”.
L’impatto della Nostra aetate è stato profondo: ha aperto la via ai rapporti con l’ebraismo, con l’islam, con l’induismo e il buddismo, fino al dialogo con le culture secolari e laiche. Ha ispirato gesti concreti come la visita di Giovanni Paolo II alla sinagoga di Roma nel 1986, l’incontro interreligioso di Assisi e, più recentemente, il “Documento sulla fratellanza umana” firmato da Papa Francesco ad Abu Dhabi nel 2019. Leone XIV, oggi, prosegue quel cammino indicando il dialogo come “condizione di sopravvivenza spirituale” in un’epoca di fratture globali.
La Nostra aetate continua dunque a parlare al mondo: è la voce di una Chiesa che non rinuncia alla propria identità, ma la vive come servizio e incontro. E in questo anniversario, la nuova lettera di Leone XIV rappresenta non un ritorno al passato, ma una chiamata a un futuro di responsabilità condivisa.
Sessant’anni dopo, l’appello conciliare a riconoscere “gli uomini come fratelli” non ha perso la sua forza rivoluzionaria. Anzi, in un tempo di guerre e diffidenze, suona come un monito e una promessa: solo tornando allo spirito della Nostra aetate si può davvero “disegnare mappe di speranza” per il XXI secolo.
(fonte: Faro di Roma, articolo di Chiara Lonardo 27/10/2025)
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Leggi anche il testo integrale della lettera apostolica DISEGNARE NUOVE MAPPE DI SPERANZA