martedì 25 febbraio 2025

Pregare per il Papa: un atto di carità e di speranza

Pregare per il Papa: un atto di carità e di speranza

Pregare per il Papa è un atto di fede e carità, un gesto di vicinanza che accompagna le cure mediche e rafforza il legame della Chiesa. Fin dall’inizio del suo pontificato, Francesco ha chiesto di pregare per lui: oggi più che mai ne ha bisogno

(Foto Calvarese/SIR)

In questi giorni, innumerevoli persone in tutto il mondo stanno pregando per Papa Francesco. Qualcuno mi ha chiesto: “Che valore ha questa preghiera? È davvero importante? Alla fine non si compirà comunque la volontà di Dio? La nostra preghiera cosa può aggiungere o togliere a questa volontà?”.
Prima di tutto, dobbiamo ricordare che Papa Francesco ha sempre chiesto la nostra preghiera, fin dall’inizio del suo pontificato, quando, appena eletto, si è inchinato davanti al popolo di Dio domandando la benedizione del Signore per intercessione dei fedeli. Non fu un gesto isolato: alla fine di quasi tutti i suoi interventi pubblici, come l’Angelus e le udienze, ha salutato i presenti chiedendo, per favore, di non dimenticare di pregare per lui. Lo ha chiesto insistentemente: perché allora non dovremmo farlo? Inoltre, nella Messa c’è sempre un “memento” per “il tuo servo e nostro Papa Francesco”: lex orandi, lex credendi! Se la Chiesa ci insegna a pregare così, allora certamente siamo tenuti a questo compito.

Tutto ciò si inserisce nel tema più ampio della preghiera di intercessione, che occupa un posto molto importante nell’Antico e nel Nuovo Testamento.

È vero che Cristo è l’unico mediatore tra Dio e l’umanità, ma è altrettanto vero che, per esempio, san Paolo ha pregato per i destinatari delle sue lettere e ha chiesto le loro preghiere; che anche le altre lettere apostoliche ci invitano a intercedere gli uni per gli altri, anche per i nemici e per i peccatori; che mentre Pietro era tenuto in prigione, “una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui” (At 12,5) e, in risposta a quella preghiera, Dio mandò il suo angelo a liberare Pietro dal carcere.
Soprattutto, non possiamo dimenticare la promessa di Gesù: “Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà” (Mt 18,19). È chiaro che Dio rimane sommamente libero di esaudire le nostre preghiere nei modi e nei tempi che Lui conosce, ma “Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato” (Gv 15,7).
Gli esempi si potrebbero moltiplicare, ma la domanda rimane: perché?
Innanzitutto, perché la preghiera di intercessione è espressione di carità, di amore vicendevole. Come potremmo dire di amarci gli uni gli altri se ciascuno pregasse solo per sé? Nella preghiera che Gesù ci ha insegnato ricorre quattro volte l’aggettivo “nostro”, per insegnarci a pregare insieme e per tutti. Inoltre, il Signore interviene nel mondo solitamente in modo indiretto, attraverso le nostre opere, se possiamo compierle, o almeno attraverso le nostre preghiere, quando le nostre mani non possono fare ciò che va oltre le nostre forze.

La preghiera per la guarigione non è alternativa alle cure dei medici, ma le accompagna e le sostiene, perché un malato – e il Papa non fa eccezione – non ha bisogno solo di medicine, ma anche di sentirsi sostenuto dall’affetto e dalla solidarietà di chi gli vuole bene.

San Martino, quello del mantello che poi divenne vescovo, ormai vicino alla morte sentiva che i fedeli non volevano lasciarlo andare e pregò così: “Signore, se sono ancora necessario al tuo popolo, non ricuso la fatica: sia fatta la tua volontà”. Anche noi non vorremmo lasciare andare Papa Francesco e chiediamo la guarigione del suo corpo, anche se per lui vorrà dire continuare nella fatica. Fino a quando resterà con noi, perciò, lo sosterremo con il nostro affetto e soprattutto con la nostra preghiera.
(fonte: SIR, articolo di Giorgio Ronzoni 24/02/2025)