venerdì 28 febbraio 2025

I fatti contro la propaganda di Trump per l’Ue ultima chance prima della fine di Massimo Cacciari

I fatti contro la propaganda di Trump 
per l’Ue ultima chance prima della fine 
di Massimo Cacciari


Negli ultimi anni si è tanto parlato di “post-verità”, intendendo una forma di linguaggio e di comunicazione o del tutto indifferente a ogni interna coerenza, o interessata soltanto all’esito pratico, alla utilità delle proprie affermazioni. Temo siamo passati all’epoca della pura e semplice “anti-verità”. Verità, naturalmente, è termine difficile da definire, tuttavia esso ha avuto sempre a che fare con la volontà di raggiungere e mantenere un qualche rapporto con la realtà, di mettere alla luce i caratteri essenziali di quest’ultima, oltre le apparenze che sempre tendono a occultarla. Possono certo darsi ben più nobili significati di verità, ma quando viene meno ogni ragionevole rapporto tra parole e fatti, quando la parola serve soltanto a manipolare l’immaginazione delle persone, allora entriamo in un’epoca in cui il discorso politico (la discussione che ha luogo nella “città”, a tutti i suoi livelli) entra esplicitamente in guerra con la verità, così come, si direbbe, l’AntiCristo apocalittico con il Cristo.

Per tanti versi il discorso politico (nel senso generale che gli abbiamo attribuito) può trasformarsi in mortale nemico della verità. Ciò può avvenire per pura ignoranza quando seguiamo gli eventi a rimorchio della semplice cronaca e delle grandi ondate della storia si coglie soltanto il loro rovesciarsi sulla spiaggia. Non conoscendone le cause, risulterà impossibile anche governarne gli sviluppi. Più pericolosa è l'”anti-verità” quando il nostro dover-essere, i nostri desideri o le nostre attese trasfigurano la dura legge dei fatti. È l'”anti-verità” che portano con sé, in grande, le ideologie, e, in sedicesimo, le frasi demagogiche, le retoriche populistiche. Infine – e questo temo sia il caso dell'”anti-verità” oggi dominante – può accadere il degrado del discorso a puro strumento propagandistico, che si ritiene tanto più efficace quanto più “libero” da ogni seria interpretazione della realtà. E’ questa l'”anti-verità” che essendo cosciente di sé può certo risultare anche la più efficace.

Quando Trump dà del dittatore a Zelensky siamo nel campo dell’ignoranza mescolata all’esigenza di fornire la più rozza giustificazione a un cambio di rotta politica. Tutti coloro che hanno seguito dall’interno la tragedia ucraina (ultimo Cassieri nel suo bellissimo libro Ucraina e Russia) sanno benissimo quanto poco dittatore sia Zelensky, quanto condizionato fin dal primo giorno della sua presidenza, quando espresse l’intenzione di riprendere il filo degli accordi di Minsk, dai settori estremisti del nazionalismo ucraino. Trump appare poi un rappresentante insuperabile dell'”antiverità” parlando di deportazioni in massa dei palestinesi e di un uso economicamente profittevole delle spiagge di Gaza – indecente follia, su cui non mi pare che i leader europei abbiano speso le parole di ribrezzo che avrebbe meritato.

Quando invece si tracciano paragoni privi di ogni senso storico, analoghi a quelli che pure grandi filosofi hanno arrischiato tra le conquiste romane e terzo Reich, tra le mire imperiali di Putin e quelle hitleriane, siamo nel campo della consapevole propaganda da tempo di guerra. E come tale forse perdonabile. Faremmo torto all’intelligenza nostra e di altri se pensassimo realmente che la Russia attuale, irrevocabilmente non più zarista né sovietica, abbia l’intenzione di sferrare micidiali attacchi all’Occidente. A stento la Russia oggi è in grado di conservare il proprio interno assetto federale. La via obbligata, nel contesto di una visione multilaterale dei rapporti tra grandi potenze, è dalla caduta del Muro una soltanto: il riconoscimento delle esigenze di sicurezza della Russia contestualmente al pieno riconoscimento da parte di quest’ultima dell’assoluta sovranità di tutte le realtà statuali nate dal collasso dell’Unione Sovietica, e dunque del fatto che esse sono libere di entrare in tutte le alleanze politiche e militari che vogliono. Sono principi che dovrebbero entrare in uno storico e definitivo Trattato di pace, quello che è mancato alla caduta del Muro.

I veri Trattati di pace che hanno segnato la storia sono opera di realismo politico, vengono scritti quando i tromboni della propaganda tacciono, quando la verità-realtà dei rapporti di forza viene alla luce e da tutti i contendenti riconosciuta. Credo che dopo centinaia di migliaia di morti sia giunto questo momento. Senza scomodare le Yalta, senza assurdi paralleli tra quell’evento, i suoi protagonisti e l’epoca attuale. Allora si affermava la vittoria indiscussa di due Titani sullo sfondo dell’inarrestabile decadenza del grande impero britannico, oggi dobbiamo pensare a un equilibrio assai più complesso, tra tanti e diversi grandi spazi politici. A meno che qualcuno non decida per una strategia egemonica globale, che può portare solo alla nuova Grande Guerra. Non illudiamoci che l’equilibrio così realizzabile possa essere esente da tensioni di ogni tipo, da competizione tecnologica e militare e da conflitti locali. Basterebbe si sapesse che l’avversario non è “annullabile” né può esser vinto per interposta persona.

Cerchiamo, se ancora possibile dopo tante cieche chiamate alle armi, quel poco di verità che sta nell’aderire ai fatti. I fatti dicono che dobbiamo tornare agli obbiettivi già presenti nelle trattative di Minsk, “sponsorizzate” prima dell’invasione da tanti leader europei, mentre la guerra civile nel Donbass era in corso. Non riconoscere l’appartenenza della Crimea alla Federazione russa o è ancora chiacchiera propagandistica o significa rischiare, prima o poi, la guerra-Guerra. Altrettanto mettere in dubbio anche di striscio la piena sovranità ucraina. Per il Donbass l’unica soluzione possibile è il modello della Provincia autonoma nell’ambito dello Stato ucraino, in base alla necessaria modifica della costituzione ucraina e a un referendum controllato da autorità terze. È tragico pensare ai morti e alle distruzioni che è costato tornare al punto di partenza, ma è così: continuare il conflitto, non arrestarlo subito sarebbe doppiamente colpevole: non solo moltiplicherebbe le sofferenze del popolo ucraino, ma porterebbe al rafforzamento del regime putiniano.

Prenderà la parola l’Europa? Dirà come stanno le cose ai suoi cittadini? Siederà insieme all’Ucraina al tavolo di pace con proprie autonome e realistiche proposte? Appronterà una propria forza di interdizione e pace nelle zone di guerra, appena giunti finalmente a un armistizio? Saprà farsi finalmente valere come un alleato “dotato di logos”? O continuerà ad agire da mera provincia, subordinata a strategie e interessi della capitale? Vorrà smentire Trump & Co. che la trattano ormai come un fossile della storia? Si profila davvero per l’Europa l’ultima chance prima della definitiva sepoltura a mercato e euro (ammesso che almeno questi possano resistere al crollo di ogni capacità politica).

(Fonte. “La Stampa” - 24 febbraio 2025)

Tonio Dell'Olio No alla pulizia etnica a Gaza

Tonio Dell'Olio

No alla pulizia etnica a Gaza

PUBBLICATO IN MOSAICO DEI GIORNI  IL 27 FEBBRAIO 2025


In questo tempo carico di paradossi e contraddizioni, straripante di logiche identitarie e contraddistinto dal tifo da stadio, la lettera delle ebree ed ebrei italiani che dicono “NO alla pulizia etnica – l’Italia non sia complice” e che si riferisce al progetto di espellere i palestinesi dalla Striscia per farne un mega-resort turistico di lusso, è un gesto profetico e di altissimo valore etico e umano. È una presa di posizione a favore del rispetto della dignità umana e contro la prevaricazione, uso intelligente di un’identità aperta e non paralizzata, segno di speranza verso la fraternità possibile.

Simon Levis Sullman che è tra i firmatari, è uno storico e, in un articolo pubblicato sul sito web de Gli stati generali (glistatigenerali.com), scrive: “Questo appello dice oggi “No”, grida contro la violenza, denuncia le complicità. Ma mi rendo conto che un elemento essenziale del futuro di Israele e Palestina, e anche della Diaspora ebraica e dell’Europa, sarà ed è dire “Sì”. Sì all’altro, al riconoscimento dell’altro, della sua sofferenza, della sua storia e memoria. Sì alla presenza, sicurezza, ai diritti, alla tranquillità di tutti: israeliani, palestinesi – e potrei continuare, guardandomi intorno –, gli uni accanto agli altri”.

giovedì 27 febbraio 2025

Papa Francesco verso il concistoro? La convocazione e il precedente di Benedetto XVI

Papa Francesco verso il concistoro?
La convocazione e il precedente di Benedetto XVI

Il pontefice lunedì ha ricevuto il cardinale Parolin per riprendere le attività


Ai giovani lo ha sempre detto: muovetevi, fate baccano. Nulla di peggio della stasi: «La vita del cristiano è “in tensione verso”. Se un cristiano perde questa prospettiva, la sua vita diventa statica e le cose che non si muovono, si corrompono».

Francesco è un gesuita e più che mai, nella stanza al decimo piano del Gemelli, incarna il motto ad maiorem Dei gloriam di Ignazio di Loyola, la tensione continua del "magis", il «di più» che motivava i missionari della Compagnia di Gesù, sempre un passo avanti: per quanto tuttora in condizioni «critiche», e con buona pace della prognosi riservata, il Papa ricoverato dal 14 febbraio non ha sospeso la sua attività e all’inizio della settimana è sembrato addirittura accelerarla.

Il segnale più importante è che lunedì, ma si è saputo soltanto ieri, abbia ricevuto al Gemelli il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, e il Sostituto Edgar Peña Parra, l’arcivescovo che è una sorta di «ministro dell’Interno» vaticano. Il cardinale Parolin aveva spiegato al Corriere che al momento è meglio che il Papa «resti protetto e abbia meno visite possibile», e che lo avrebbe incontrato se il Pontefice lo avesse ritenuto necessario.

Di certo a Francesco sono stati portati, perché li firmasse, i decreti del Dicastero delle cause dei santi: da cinque «venerabili», tra cui Salvo D’Acquisto, a due nuovi santi, Bartolo Longo e Gregorio Hernandez. Il Papa, inoltre, «ha deciso di convocare un concistoro che riguarderà le prossime canonizzazioni».

La cosa potrebbe creare ansia, visto il precedente: l’11 febbraio 2013, Benedetto XVI annunciò la «rinuncia» al pontificato proprio alla fine di un concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto. Ma non è questo il caso, rassicurano Oltretevere, «non c’entra nulla», anche perché la data del concistoro non è stata definita. Del resto, dal Vaticano ieri sono continuati ad arrivare provvedimenti e comunicazioni, come e più che nei giorni normali, quasi Francesco volesse recuperare il tempo perduto. Francesco si alza dal letto per sedersi in poltrona, riceve, «ha ripreso l’attività lavorativa».

In effetti, l’udienza al Segretario di Stato e al Sostituto sembra indicare piuttosto la volontà di riprendere in mano i dossier principali che sta affrontando la Santa Sede e tenersi aggiornato: in una parola, governare la Chiesa. Nel frattempo ha mandato un lungo messaggio al Congresso di Lima sulla prevenzione degli abusi nella Chiesa, «bisogna estirpare questo cancro dalla società», richiamando alla responsabilità nell’uso dell’Intelligenza artificiale. E ha nominato due nuovi vescovi in Canada e in Brasile e due nuovi segretari generali del Governatorato del Vaticano.

Già all’indomani del ricovero, era divenuta ufficiale la nomina di suor Raffaella Petrini a presidente della pontificia commissione per lo Stato della Città del Vaticano e presidente del Governatorato: francescana, 56 anni, sarà governatrice dal 1° marzo, prima donna ad assumere un incarico che finora era cardinalizio. Ieri il Papa ne ha precisato i poteri e le ha attribuito «la potestà di disporre e conferire ai Segretari Generali specifiche competenze o compiti».

Sempre ieri, è stato diffuso il messaggio di Francesco per la Quaresima, «Camminiamo insieme nella speranza». Nel testo, cita il predecessore: «Come ci ha insegnato nell’Enciclica Spe salvi il papa Benedetto XVI, “l’essere umano ha bisogno dell’amore incondizionato. Ha bisogno di quella certezza che gli fa dire: né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezze né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore... La morte è stata trasformata in vittoria e qui sta la fede e la grande speranza dei cristiani: nella risurrezione di Cristo» .
(fonte: Corriere della Sera, articolo di Gian Guido Vecchi 26/02/2025)

Papa Francesco «Imitiamo anche noi Simeone ed Anna, “pellegrini di speranza” ... che sanno “fiutare” la presenza di Dio nella piccolezza e riaccendere la speranza nel cuore dei fratelli e delle sorelle.» Catechesi 26/02/2025 (testo)

Pubblichiamo di seguito il testo della catechesi preparata da Papa Francesco per l’udienza generale di mercoledì 26 febbraio — che è stata annullata a causa del protrarsi del ricovero ospedaliero del Pontefice — in cui proseguendo il ciclo di riflessioni sul tema «Cristo nostra speranza» si approfondisce la «presentazione di Gesù al Tempio».

PAPA FRANCESCO

CATECHESI DEL SANTO PADRE
PREPARATA PER L'UDIENZA GENERALE DEL 26 FEBBRAIO 2025

Mercoledì, 26 febbraio 2025


Ciclo di Catechesi – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza. I. L’infanzia di Gesù. 7. «I miei occhi hanno visto la tua salvezza» (Lc 2,30). La presentazione di Gesù al Tempio


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Contempliamo oggi la bellezza di «Gesù Cristo, nostra speranza» (1Tm 1,1) nel mistero della sua presentazione al Tempio.

Nei racconti dell’infanzia di Gesù, l’evangelista Luca ci mostra l’obbedienza di Maria e Giuseppe alla Legge del Signore e a tutte le sue prescrizioni. In realtà, in Israele non c’era l’obbligo di presentare il bambino al Tempio, ma chi viveva nell’ascolto della Parola del Signore e ad essa desiderava conformarsi, la considerava una prassi preziosa. Così aveva fatto Anna, madre del profeta Samuele, che era sterile; Dio ascoltò la sua preghiera e lei, avuto il figlio, lo condusse al tempio e lo offrì per sempre al Signore (cfr 1Sam 1,24-28).

Luca dunque racconta il primo atto di culto di Gesù, celebrato nella città santa, Gerusalemme, che sarà la meta di tutto il suo ministero itinerante a partire dal momento in cui prenderà la ferma decisione di salirvi (cfr Lc 9,51), andando incontro al compimento della sua missione.

Maria e Giuseppe non si limitano a innestare Gesù in una storia di famiglia, di popolo, di alleanza con il Signore Dio. Essi si occupano della sua custodia e della sua crescita, e lo introducono nell’atmosfera della fede e del culto. E loro stessi crescono gradualmente nella comprensione di una vocazione che li supera di gran lunga.

Nel Tempio, che è «casa di preghiera» (Lc 19,46), lo Spirito Santo parla al cuore di un uomo anziano: Simeone, un membro del popolo santo di Dio preparato all’attesa e alla speranza, che nutre il desiderio del compimento delle promesse fatte da Dio a Israele per mezzo dei profeti. Simeone avverte nel Tempio la presenza dell’Unto del Signore, vede la luce che rifulge in mezzo ai popoli immersi «nelle tenebre» (cfr Is 9,1) e va incontro a quel bambino che, come profetizza Isaia, «è nato per noi», è il figlio che «ci è stato dato», il «Principe della pace» (Is 9,5). Simeone abbraccia quel bambino che, piccolo e indifeso, riposa tra le sue braccia; ma è lui, in realtà, a trovare la consolazione e la pienezza della sua esistenza stringendolo a sé. Lo esprime in un cantico pieno di commossa gratitudine, che nella Chiesa è diventato la preghiera al termine della giornata:

«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele» (Lc 2,29-32).

Simeone canta la gioia di chi ha visto, di chi ha riconosciuto e può trasmettere ad altri l’incontro con il Salvatore di Israele e delle genti. È testimone della fede, che riceve in dono e comunica agli altri; è testimone della speranza che non delude; è testimone dell’amore di Dio, che riempie di gioia e di pace il cuore dell’uomo. Colmo di questa consolazione spirituale, il vecchio Simeone vede la morte non come la fine, ma come compimento, come pienezza, la attende come “sorella” che non annienta ma introduce nella vita vera che egli ha già pregustato e in cui crede.

In quel giorno, Simeone non è l’unico a vedere la salvezza fattasi carne nel bambino Gesù. Lo stesso succede anche ad Anna, donna più che ottuagenaria, vedova, tutta dedita al servizio del Tempio e consacrata alla preghiera. Alla vista del bambino, infatti, Anna celebra il Dio d’Israele, che proprio in quel piccolo ha redento il suo popolo, e lo racconta agli altri, diffondendo con generosità la parola profetica. Il canto della redenzione di due anziani sprigiona così l’annuncio del Giubileo per tutto il popolo e per il mondo. Nel Tempio di Gerusalemme si riaccende la speranza nei cuori perché in esso ha fatto il suo ingresso Cristo nostra speranza.

Cari fratelli e sorelle, imitiamo anche noi Simeone ed Anna, questi “pellegrini di speranza” che hanno occhi limpidi capaci di vedere oltre le apparenze, che sanno “fiutare” la presenza di Dio nella piccolezza, che sanno accogliere con gioia la visita di Dio e riaccendere la speranza nel cuore dei fratelli e delle sorelle.


mercoledì 26 febbraio 2025

MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA QUARESIMA 2025: "Camminiamo insieme nella speranza" (testo integrale)

«Camminiamo insieme nella speranza»: è il tema del messaggio di Papa Francesco per la Quaresima dell’Anno Santo 2025, che è stato diffuso martedì 25 febbraio. 
Il periodo quaresimale quest'anno inizia il 5 marzo, Mercoledì delle Ceneri, e termina il 17 aprile, Giovedì Santo.
Ne pubblichiamo di seguito il testo integrale.


***********************

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
PER LA QUARESIMA 2025


Camminiamo insieme nella speranza

Cari fratelli e sorelle!

Con il segno penitenziale delle ceneri sul capo, iniziamo il pellegrinaggio annuale della santa Quaresima, nella fede e nella speranza. La Chiesa, madre e maestra, ci invita a preparare i nostri cuori e ad aprirci alla grazia di Dio per poter celebrare con grande gioia il trionfo pasquale di Cristo, il Signore, sul peccato e sulla morte, come esclamava San Paolo: «La morte è stata inghiottita nella vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?» ( 1Cor 15,54-55). Infatti Gesù Cristo, morto e risorto, è il centro della nostra fede ed è il garante della nostra speranza nella grande promessa del Padre, già realizzata in Lui, il suo Figlio amato: la vita eterna (cfr Gv 10,28; 17,3) [1].

In questa Quaresima, arricchita dalla grazia dell’Anno Giubilare, desidero offrirvi alcune riflessioni su cosa significa camminare insieme nella speranza, e scoprire gli appelli alla conversione che la misericordia di Dio rivolge a tutti noi, come persone e come comunità.

Prima di tutto, camminare. Il motto del Giubileo “Pellegrini di speranza” fa pensare al lungo viaggio del popolo d’Israele verso la terra promessa, narrato nel libro dell’Esodo: il difficile cammino dalla schiavitù alla libertà, voluto e guidato dal Signore, che ama il suo popolo e sempre gli è fedele. E non possiamo ricordare l’esodo biblico senza pensare a tanti fratelli e sorelle che oggi fuggono da situazioni di miseria e di violenza e vanno in cerca di una vita migliore per sé e i propri cari. Qui sorge un primo richiamo alla conversione, perché siamo tutti pellegrini nella vita, ma ognuno può chiedersi: come mi lascio interpellare da questa condizione? Sono veramente in cammino o piuttosto paralizzato, statico, con la paura e la mancanza di speranza, oppure adagiato nella mia zona di comodità? Cerco percorsi di liberazione dalle situazioni di peccato e di mancanza di dignità? Sarebbe un buon esercizio quaresimale confrontarsi con la realtà concreta di qualche migrante o pellegrino e lasciare che ci coinvolga, in modo da scoprire che cosa Dio ci chiede per essere viaggiatori migliori verso la casa del Padre. Questo è un buon “esame” per il viandante.

In secondo luogo, facciamo questo viaggio insieme. Camminare insieme, essere sinodali, questa è la vocazione della Chiesa [2]. I cristiani sono chiamati a fare strada insieme, mai come viaggiatori solitari. Lo Spirito Santo ci spinge ad uscire da noi stessi per andare verso Dio e verso i fratelli, e mai a chiuderci in noi stessi [3]. Camminare insieme significa essere tessitori di unità, a partire dalla comune dignità di figli di Dio (cfr Gal 3,26-28); significa procedere fianco a fianco, senza calpestare o sopraffare l’altro, senza covare invidia o ipocrisia, senza lasciare che qualcuno rimanga indietro o si senta escluso. Andiamo nella stessa direzione, verso la stessa meta, ascoltandoci gli uni gli altri con amore e pazienza.

In questa Quaresima, Dio ci chiede di verificare se nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nei luoghi in cui lavoriamo, nelle comunità parrocchiali o religiose, siamo capaci di camminare con gli altri, di ascoltare, di vincere la tentazione di arroccarci nella nostra autoreferenzialità e di badare soltanto ai nostri bisogni. Chiediamoci davanti al Signore se siamo in grado di lavorare insieme come vescovi, presbiteri, consacrati e laici, al servizio del Regno di Dio; se abbiamo un atteggiamento di accoglienza, con gesti concreti, verso coloro che si avvicinano a noi e a quanti sono lontani; se facciamo sentire le persone parte della comunità o se le teniamo ai margini [4]. Questo è un secondo appello: la conversione alla sinodalità.

In terzo luogo, compiamo questo cammino insieme nella speranza di una promessa. La speranza che non delude (cfr Rm 5,5), messaggio centrale del Giubileo [5], sia per noi l’orizzonte del cammino quaresimale verso la vittoria pasquale. Come ci ha insegnato nell’Enciclica Spe salvi il Papa Benedetto XVI, «l’essere umano ha bisogno dell’amore incondizionato. Ha bisogno di quella certezza che gli fa dire: “Né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezze né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore” ( Rm 8,38-39)» [6]. Gesù, nostro amore e nostra speranza, è risorto [7] e vive e regna glorioso. La morte è stata trasformata in vittoria e qui sta la fede e la grande speranza dei cristiani: nella risurrezione di Cristo!

Ecco la terza chiamata alla conversione: quella della speranza, della fiducia in Dio e nella sua grande promessa, la vita eterna. Dobbiamo chiederci: ho in me la convinzione che Dio perdona i miei peccati? Oppure mi comporto come se potessi salvarmi da solo? Aspiro alla salvezza e invoco l’aiuto di Dio per accoglierla? Vivo concretamente la speranza che mi aiuta a leggere gli eventi della storia e mi spinge all’impegno per la giustizia, alla fraternità, alla cura della casa comune, facendo in modo che nessuno sia lasciato indietro?

Sorelle e fratelli, grazie all’amore di Dio in Gesù Cristo, siamo custoditi nella speranza che non delude (cfr Rm 5,5). La speranza è “l’ancora dell’anima”, sicura e salda [8]. In essa la Chiesa prega affinché «tutti gli uomini siano salvati» ( 1Tm 2,4) e attende di essere nella gloria del cielo unita a Cristo, suo sposo. Così si esprimeva Santa Teresa di Gesù: «Spera, anima mia, spera. Tu non conosci il giorno né l’ora. Veglia premurosamente, tutto passa in un soffio, sebbene la tua impazienza possa rendere incerto ciò che è certo, e lungo un tempo molto breve» ( Esclamazioni dell’anima a Dio, 15, 3) [9].

La Vergine Maria, Madre della Speranza, interceda per noi e ci accompagni nel cammino quaresimale.

Roma, San Giovanni in Laterano, 6 febbraio 2025, memoria dei Santi Paolo Miki e compagni, martiri.

FRANCESCO

______________________________________________

[1] Cfr Lett. enc. Dilexit nos (24 ottobre 2024), 220.
[2] Cfr Omelia nella Messa per la canonizzazione dei Beati Giovanni Battista Scalabrini e Artemide Zatti, 9 ottobre 2022.
[3] Cfr ibid.
[4] Cfr ibid.
[5] Cfr Bolla Spes non confundit, 1.
[6] Lett. enc. Spe salvi (30 novembre 2007), 26.
[7] Cfr Sequenza della Domenica di Pasqua.
[8] Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1820.
[9] Ivi, 1821.




#Amici di Gianfranco Ravasi

#Amici 
di Gianfranco Ravasi


Tutti sono capaci di condividere le sofferenze dell’amico. Ci vuole, invece, un’anima veramente bella per godere del successo dell’amico.

Una grande prova fisica e spirituale sta colpendo il tuo amico. Vai da lui, lo abbracci, lasci che si sfoghi e in qualche modo un’eco della sua sofferenza penetra in te e il tuo cuore vibra in una sincera “com-passione”, cioè in un patire comune. Passano gli anni e tutto si è risolto. Quel tuo amico è diventato un personaggio di successo. Ti ha invitato a uno dei suoi eventi pubblici: è sulla ribalta, acclamato e tu sei in platea ad applaudirlo. Lentamente, però, senti ramificarsi in te una sensazione di freddezza: merita proprio così tanto clamore? Non saresti forse tu più qualificato di lui e, invece, sei uno tra la folla protesa verso di lui?

Abbiamo voluto “sceneggiare” la duplice considerazione dell’«anima dell’uomo» che sopra ha icasticamente proposto Oscar Wilde, l’autore irlandese abile nel colpire con l’ironia i nervi scoperti delle nostre debolezze. In questo caso di scena è l’invidia, uno dei sette vizi capitali, il più camaleontico di tutti, ma anche il più autopunitivo. Forti sono due comparazioni: l’una è di Cervantes, nel Don Chisciotte, che la raffronta a un «verme roditore»; l’altra è ben più antica ed è del sapiente del libro biblico dei Proverbi che ricorre, invece, alla «carie nelle ossa». Gelosia e invidia diventano effettivamente una malattia, un’afflizione dello spirito, un’amarezza che avvelena i sapori della vita. Se cresce a dismisura, può condurre anche al delitto (Otello insegna) o almeno alla subdola manovra per colpire l’invidiato. Implicitamente l’invidioso confessa: «Io ti odio perché tu hai ciò che io non ho, o forse perché io ho più di quello che hai tu, ma non me lo riconoscono». E l’arma che si imbraccia è subito quella della calunnia e della maldicenza.

(Fonte. “Il Sole 24 Ore - Domenica” - 23 febbraio 2025)

martedì 25 febbraio 2025

IN TUTTO IL MONDO SI PREGA PER PAPA FRANCESCO - Giovani Mcl : “Oggi più che mai c’è bisogno di te” - Le Chiese in Italia in preghiera per il Papa - I musulmani per il Papa - Da Delhi alla Mecca: la preghiera dei non cristiani per papa Francesco - Il mondo prega per il Papa, messaggi dai leader

IN TUTTO IL MONDO SI PREGA PER PAPA FRANCESCO


*****************

Papa al Gemelli: Giovani Mcl portano uno striscione sotto le finestre dove è ricoverato. “Oggi più che mai c’è bisogno di te”

(Foto Movimento cristiano lavoratori)

“Oggi più che mai c’è bisogno di te Francesco”. Questo il testo dello striscione portato questa mattina dai Giovani del Movimento cristiano lavoratori sotto le finestre dell’appartamento al Policlinico Gemelli di Roma dove Papa Francesco è ricoverato dal 14 febbraio scorso. “È una guida per tutti noi e in un momento di grande incertezza serve la sua figura di mediatore di pace e speranza. Torna presto Santo Padre”, ha affermato a nome di tutti Francesco Spizzirri, coordinatore nazionale dei Giovani del Movimento cristiano lavoratori.
(fonte: SIR 25/02/2025)

*****************
Le Chiese in Italia in preghiera per il Papa

“Tutta la Chiesa italiana, popolo di Dio e Pastori, in questo momento di grande angoscia, sente il bisogno di stringersi intorno a Papa Francesco, nell’abbraccio della preghiera, per invocare da Dio Padre il dono della salute”. Lo afferma Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della CEI, invitando le comunità ecclesiali a pregare per il Santo Padre.
L’Ufficio Liturgico Nazionale ha predisposto due schemi, uno per la recita del Santo Rosario e uno per l’Adorazione eucaristica, che potranno essere adattati nei diversi contesti locali. ...
I due schemi si affiancano ad alcune intenzioni di preghiera che possono invece essere inserite nelle Celebrazioni Eucaristiche e nella Liturgia delle Ore.
(fonte: CEI)
*****************

Al Gemelli la preghiera per il Papa, Beccalli: al centro la persona con le sue fragilità

La Messa per il Santo Padre nella cappella del Policlinico Universitario A. Gemelli

Quel "pregate per me", immancabile chiosa a ogni incontro e discorso di Papa Francesco, si fa corpo orante, concretezza, necessità, desiderio collettivo. È accaduto oggi, 24 febbraio, anche nella cappella San Giovanni Paolo II nella hall del policlinico Gemelli, dove dal 14 febbraio il Pontefice è ricoverato per polmonite bilaterale. A mezzogiorno l'adorazione guidata dal cappellano e, un'ora dopo, la celebrazione della Messa con monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dell’Azione Cattolica Italiana. Si vuole così accogliere l’invito della Conferenza Episcopale Italiana ad intensificare la preghiera: per tutto il tempo della degenza, qui si ripeteranno questi momenti con l'intenzione speciale per il Papa. Questo pomeriggio, inoltre, alle 16.30 l'appuntamento è nel piazzale antistante l'ingresso principale, per la recita del Rosario. ...


*****************

I musulmani per il Papa

Che le chiese locali e i loro pastori si riunissero in preghiera per implorare il dono della guarigione per Papa Francesco era prevedibile.

Ma che anche i musulmani gli esprimessero la propria vicinanza in forma ufficiale e pubblica, non rientra pienamente nel “protocollo”. Circa le relazioni tra le diverse fedi e grazie a un processo avviato da anni, forse da quel 27 ottobre 1986 che inaugurò lo “spirito di Assisi”, i tempi sono cambiati. E così leggiamo oggi la lettera indirizzata a Francesco dall’UCOII – Unione delle comunità e organizzazioni islamiche d’Italia. Nel testo viene sottolineata l'importanza del ruolo di Papa Francesco nel promuovere pace, giustizia e dialogo tra le diverse fedi e culture, specialmente in un momento storico così delicato. La lettera evidenzia come “la voce del Papa rappresenti un faro di speranza e un simbolo di fratellanza per molti, e come l'Unione si unisca in preghiera affinché possa rimettersi in forma al più presto”. Un gesto per nulla scontato e previsto che apre un filo di luce nelle nebbie del clima internazionale dal quale provengono tanti brutti segnali.
(fonte: Mosaico dei giorni, articolo di Tonio Dell'Olio 24/02/2025)

*****************


L'Unione delle Comunità Islamiche d'Italia (UCOII) desidera esprimere i propri più sinceri auguri di pronta guarigione a Sua Santità Papa Francesco, in seguito alle preoccupanti notizie riguardanti il suo recente stato di salute.
In una lettera indirizzata al Santo Padre, il Presidente dell'UCOII, dott. Yassine Lafram, ha sottolineato l'importanza del ruolo di Papa Francesco nel promuovere pace, giustizia e dialogo tra le diverse fedi e culture, specialmente in un momento storico così delicato.
La lettera, che si allega a questo comunicato, evidenzia come la voce del Papa rappresenti un faro di speranza e un simbolo di fratellanza per molti, e come l'Unione si unisca in preghiera affinché possa rimettersi in forma al più presto.
L'UCOII rimane impegnata nel promuovere il dialogo interreligioso e la solidarietà tra le comunità, continuando a sostenere il lavoro del Santo Padre in favore della pace e della comprensione reciproca.

Roma, 23 febbraio 2025
Ufficio Stampa UCOII
info@ucoii.org

*****************

Da Delhi alla Mecca: la preghiera dei non cristiani per papa Francesco

Mentre le condizioni di salute del pontefice al Policlinico Gemelli restano gravi, anche molte persone di altre religioni stanno unendosi alla preghiera dei cristiani. Il segretario generale dei Baha’i nella capitale indiana: “Che la misericordia divina gli doni la guarigione". L'augurio dell'imam Yahya Pallavicini dal luogo sacro dell'islam.


Nelle chiese di tutto il mondo si prega per la salute di papa Francesco, le cui condizioni - come recita il bollettino diffuso dai medici ieri sera – “restano critiche”. Da oggi i cardinali residenti a Roma, con i collaboratori della Curia romana e la diocesi di Roma, ogni sera alle 21 si raccoglieranno in piazza San Pietro per la recita del Rosario per la salute del pontefice. In apprensione per le condizioni di salute del papa non sono però solo i cristiani: in queste ore stanno arrivando anche significativi gesti di vicinanza nella preghiera anche da parte di personalità e fedeli di altre confessioni religiose, toccate dai gesti interreligiosi compiuti dal Francesco nel suo pontificato.

È il caso, ad esempio, del dott. A.K. Merchant, segretario generale del Lotus Temple, il grande tempio Baha’i di Delhi. “Abbiamo appreso dai media e da alcuni amici personali della Chiesa cattolica che papa Francesco è gravemente malato - racconta ad AsiaNews -. Abbiamo avuto la fortuna di ricevere le sue benedizioni e preghiamo anche noi per la sua guarigione”. Il dott. Merchant racconta di aver “personalmente offerto per papa Francesco oggi al Lotus Temple” una preghiera di Baha’u’lllah, il fondatore dei Baha’i. “Il tuo nome - recita il testo - è la mia guarigione, o mio Dio, e il ricordo di te è il mio rimedio. La vicinanza a Te è la mia speranza e l'amore per Te è il mio compagno. La Tua misericordia per me è la mia guarigione e il mio aiuto in questo mondo e in quello a venire. Tu, in verità, sei l'Onnipotente, l'Onnisciente, l'Onniveggente”. “Che le misericordie divine - conclude Merchant - circondino Papa Francesco per una sua rapida guarigione”.

Sempre in India una nota giornalista musulmana, Rana Ayyub, ha scritto un tweet, in cui racconta che sta “pregando per una rapida ripresa di papa Francesco”. “La sua incrollabile compassione, umiltà e dedizione alla pace - aggiunge - hanno toccato innumerevoli vite. La sua difesa della Palestina e il suo impegno per la giustizia non saranno dimenticati. Che Allah lo benedica e lo rafforzi in questo momento”. .

Dal mondo musulmano un altro attestato di vicinanza è giunto significativamente dalla Mecca: a compierlo è stato l’imam Yahya Pallavicini, della Comunità religiosa islamica italiana (Coreis), che in questi anni ha preso parte a molti incontri interreligiosi promossi da papa Francesco. Venuto a conoscenza dell’aggravarsi delle condizioni di salute del pontefice proprio mentre stava guidando una delegazione di musulmani italiani per i riti del pellegrinaggio alla Mecca, Yahya Pallavicini ha diffuso un breve video girato davanti alla “stazione di Abramo”, una teca che secondo la tradizione islamica contiene le impronte del patriarca. “Penso subito a Francesco come a un campione di dialogo sulla fratellanza e di amicizia con i musulmani - spiega l’imam Pallavicini -. In questo luogo qui come musulmani italiani onoriamo anche il profeta Abramo, patriarca del culto al Dio unico, nel Nome del quale pratichiamo la fratellanza tra cristiani e musulmani. I migliori auguri di pace e salute a papa Francesco - conclude - che nell’anno del 60° anniversario della Nostra Aetate continua nel solco del dialogo aperto da San Giovanni Paolo II ad Assisi nel 1986”. Ricordando che tra pochi giorni inizierà il Ramadan, il mese sacro dei musulmani, la Coreis afferma che “in questi giorni benedetti, qui a Mecca così come in Italia, ricordiamo nelle nostre preghiere il papa con l’augurio di completa guarigione”.

Dal mondo indù un invito alla preghiera è giunto da Rajan Zed, un religioso che vive nello Stato americano del Nevada ed è presidente della Universal Society of Hinduism. Ha invitato tutti i leader religiosi di ogni confessione a invocare la "piena e rapida guarigione" di papa Francesco. "Dobbiamo invocare - ha detto - energia, pace e forza per lui, in modo che possa continuare a ispirare milioni di persone in tutto il mondo e promuovere una società più compassionevole e inclusiva”, con la sua "leadership visionaria basata su umiltà, inclusività, coraggio morale, orientamento al servizio". Zed ha auspicato che ilpontefice "possa continuare a portare avanti il suo ministero di costruzione di ponti di pace, di difesa degli oppressi e dei poveri, di libertà di religione, di sensibilizzazione globale, di dialogo interreligioso, di coesistenza pacifica, di enfatizzazione dei valori condivisi e di ricerca del bene comune".
(fonte: Asia News, articolo di Nirmala Carvalho 24/02/2025)
 
*****************

Il mondo prega per il Papa, messaggi dai leader
Da Trump all'Iran: 'Guarisca presto'. Le veglie dei fedeli

Argentina, Buenos Aires prega per Papa Francesco © ANSA/AFP

Il mondo prega per Papa Francesco e attende con ansia le ultime notizie da Roma sulle sue condizioni di salute.

La Casa Bianca ha fatto sapere che "Trump è stato aggiornato" sul suo stato: "Preghiamo" per lui, ha aggiunto la portavoce del presidente americano.

Anche il principe e presidente degli Emirati Arabi, Mohamed bin Zayed Al Nahyan, ha inviato un messaggio al Pontefice, augurandogli "una pronta guarigione".

Nei giorni scorsi, il presidente dell'Iran, Masoud Pezeshkian, ha scritto su X: "Auguro a papa Francesco di stare bene e prego l'Onnipotente per la sua salute e la sua pronta guarigione".

Così come Ahmad Al-Tayyeb, grande imam di al-Azhar, la più importante autorità religiosa dell'islam sunnita, su Facebook: "Prego Dio affinché conceda al mio caro fratello papa Francesco una pronta guarigione e una buona salute per potere continuare il suo cammino al servizio dell'umanità".

Simile messaggio anche dalla presidente del Messico: "Auguriamo una pronta guarigione a papa Francesco, grande umanista che ha scelto di stare dal lato dei più poveri e di promuovere la fraternità tra le persone e le nazioni".

Mentre dalla Colombia, qualche giorno fa, è giunta al cardinale Pietro Parolin, la lettera della ministra degli Esteri, Laura Sarabia, in cui si dice che il Paese è preoccupato per Francesco, ricordando "gli sforzi di Bergoglio per la costruzione della pace in Colombia".

In Argentina, suo Paese natale, le preghiere per la sua salute riguardano principalmente i quartieri più poveri di Buenos Aires, le cosiddette 'villas miserias' dove operano i 'curas villeros' (i preti dei poveri) e dove il ricordo del sostegno e delle frequenti visite dell'allora vescovo Jorge Bergoglio è ancora vivo. Tra l'altro, l'immagine del Pontefice è stata proiettata sull'obelisco di Buenos Aires, mentre al confine tra Usa e Messico è stata eretta una statua di Francesco nel luogo dove 9 anni fa celebrò la messa.

Alle preghiere dei leader, si aggiungono quelle della gente semplice durante la messa domenicale in varie città del mondo: da Nairobi, in Kenya, a Sydney e Melbourne in Australia, fino a Timor Est, che il Papa ha visitato l'anno scorso e dove la maggior parte della popolazione è di fede cattolica, e naturalmente nelle Filippine, dove quasi l'80% della popolazione è cattolica romana.

Da giorni, tutti i principali quotidiani internazionali dedicano un articolo sulle prime pagine al Papa, seguito anche sui social dove la notizia del suo ricovero è diventata una delle più cliccate nell'ultima settimana.
(fonte: ANSA 23/02/2025)

*****************

Vedi anche il post precedente:


Pregare per il Papa: un atto di carità e di speranza

Pregare per il Papa: un atto di carità e di speranza

Pregare per il Papa è un atto di fede e carità, un gesto di vicinanza che accompagna le cure mediche e rafforza il legame della Chiesa. Fin dall’inizio del suo pontificato, Francesco ha chiesto di pregare per lui: oggi più che mai ne ha bisogno

(Foto Calvarese/SIR)

In questi giorni, innumerevoli persone in tutto il mondo stanno pregando per Papa Francesco. Qualcuno mi ha chiesto: “Che valore ha questa preghiera? È davvero importante? Alla fine non si compirà comunque la volontà di Dio? La nostra preghiera cosa può aggiungere o togliere a questa volontà?”.
Prima di tutto, dobbiamo ricordare che Papa Francesco ha sempre chiesto la nostra preghiera, fin dall’inizio del suo pontificato, quando, appena eletto, si è inchinato davanti al popolo di Dio domandando la benedizione del Signore per intercessione dei fedeli. Non fu un gesto isolato: alla fine di quasi tutti i suoi interventi pubblici, come l’Angelus e le udienze, ha salutato i presenti chiedendo, per favore, di non dimenticare di pregare per lui. Lo ha chiesto insistentemente: perché allora non dovremmo farlo? Inoltre, nella Messa c’è sempre un “memento” per “il tuo servo e nostro Papa Francesco”: lex orandi, lex credendi! Se la Chiesa ci insegna a pregare così, allora certamente siamo tenuti a questo compito.

Tutto ciò si inserisce nel tema più ampio della preghiera di intercessione, che occupa un posto molto importante nell’Antico e nel Nuovo Testamento.

È vero che Cristo è l’unico mediatore tra Dio e l’umanità, ma è altrettanto vero che, per esempio, san Paolo ha pregato per i destinatari delle sue lettere e ha chiesto le loro preghiere; che anche le altre lettere apostoliche ci invitano a intercedere gli uni per gli altri, anche per i nemici e per i peccatori; che mentre Pietro era tenuto in prigione, “una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui” (At 12,5) e, in risposta a quella preghiera, Dio mandò il suo angelo a liberare Pietro dal carcere.
Soprattutto, non possiamo dimenticare la promessa di Gesù: “Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà” (Mt 18,19). È chiaro che Dio rimane sommamente libero di esaudire le nostre preghiere nei modi e nei tempi che Lui conosce, ma “Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato” (Gv 15,7).
Gli esempi si potrebbero moltiplicare, ma la domanda rimane: perché?
Innanzitutto, perché la preghiera di intercessione è espressione di carità, di amore vicendevole. Come potremmo dire di amarci gli uni gli altri se ciascuno pregasse solo per sé? Nella preghiera che Gesù ci ha insegnato ricorre quattro volte l’aggettivo “nostro”, per insegnarci a pregare insieme e per tutti. Inoltre, il Signore interviene nel mondo solitamente in modo indiretto, attraverso le nostre opere, se possiamo compierle, o almeno attraverso le nostre preghiere, quando le nostre mani non possono fare ciò che va oltre le nostre forze.

La preghiera per la guarigione non è alternativa alle cure dei medici, ma le accompagna e le sostiene, perché un malato – e il Papa non fa eccezione – non ha bisogno solo di medicine, ma anche di sentirsi sostenuto dall’affetto e dalla solidarietà di chi gli vuole bene.

San Martino, quello del mantello che poi divenne vescovo, ormai vicino alla morte sentiva che i fedeli non volevano lasciarlo andare e pregò così: “Signore, se sono ancora necessario al tuo popolo, non ricuso la fatica: sia fatta la tua volontà”. Anche noi non vorremmo lasciare andare Papa Francesco e chiediamo la guarigione del suo corpo, anche se per lui vorrà dire continuare nella fatica. Fino a quando resterà con noi, perciò, lo sosterremo con il nostro affetto e soprattutto con la nostra preghiera.
(fonte: SIR, articolo di Giorgio Ronzoni 24/02/2025)



Enzo Bianchi “Papa Francesco è l’ultimo riferimento senza di lui la Chiesa è turbata”

Intervista di Domenico Agasso a Enzo Bianchi

“Papa Francesco è l’ultimo riferimento
senza di lui la Chiesa è turbata”


Il fondatore della Comunità di Bose: “Non si dimetterà
Ma nei sacri palazzi c’è un’atmosfera da pre-conclave”

La Stampa – 23 Febbraio 2025


Con Francesco grave in ospedale «c’è turbamento nella Chiesa, anche perché il Papa argentino è voce di pace in un mondo lacerato dai conflitti ». La gente «ha bisogno che torni presto: la sua empatia è un riferimento spirituale e psicologico in questo mondo in crisi». La rinuncia al pontificato?

«È possibile, ma non credo si dimetterà, Bergoglio vuole portare avanti la sua missione fino a quando avrà forze».

Parola di fratel Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose e della fraternità monastica Casa della Madia ad Albiano d’Ivrea, dove vive oggi.

Il Papa «non è fuori pericolo: quali risvolti ha per la Chiesa questa situazione?

«La Chiesa è particolarmente turbata. Il Pontefice è malato, e con l’età così avanzata, 88 anni, ci sono pericoli e conseguente apprensione, si paventa la possibilità della sua fine in un momento di grande incertezza politica per l’Occidente. Questo genera inquietudine, perché Francesco non è visto solo nella sua funzione religiosa, ma anche come un saggio che, in un contesto di conflitti, potrebbe offrire una parola di distensione e riconciliazione».

E la gente?

«Oltre alla preoccupazione dei cattolici, ho percepito anche tra molte persone lontane dalla Chiesa la speranza che la sua voce possa presto risuonare in questo momento così delicato per il mondo. La gente ha bisogno di papa Francesco. Lo sento chiaramente. Viaggiando per conferenze in diverse città, ho percepito questo sentimento non solo negli ambienti ecclesiali, anche al di fuori. C’è una forte esigenza della sua presenza e della sua parola in questo momento di confusione e difficoltà politica a livello planetario. C’è fiducia nella sua capacità di offrire una parola di pace autorevole, in un periodo in cui le tensioni tra le nazioni potrebbero sfociare in nuovi conflitti. E poi, c’è un aspetto più psicologico e spirituale».

Quale?

«Per le persone è preziosa e illuminante la sua empatia. I suoi gesti, le sue battute, il suo conforto, il suo incoraggiamento. Occorre che torni presto».

Nel briefing al Policlinico Gemelli Sergio Alfieri, capo dell’equipe medica che tiene in cura Francesco, e Luigi Carbone, il medico del Vaticano referente del Papa, hanno spiegato i dettagli di esami, terapie e rischi.

«È stato uno straordinario segnale di trasparenza. Francesco ha sempre detto di non volere leggende o falsità attorno alla malattia e alla morte di un papa. Si considera un uomo come tutti gli altri, un figlio d’Adamo, mortale come chiunque. Anche per questo ha disposto che i riti della sua sepoltura siano quelli di un cristiano semplice, senza trionfalismi, diversamente da quanto avvenuto per i suoi predecessori».

Si è riaperto il dibattito sulla possibile rinuncia al pontificato. Lei che cosa ne pensa?

«Le dimissioni sarebbero possibili solo se la malattia dovesse protrarsi a lungo e rendere impossibile il suo ministero. Ma se Francesco recupera le forze, non si dimetterà. Vuole continuare fino all’ultimo, per portare avanti la sua azione incisiva per la Chiesa e le riforme che ha avviato».

Nei Sacri Palazzi c’è un’atmosfera da pre-conclave?

«Sì, questo accade sempre quando la vita di un Papa è in pericolo. Considerata l’età di Francesco, molti iniziano a fare ipotesi, ma al momento non mi sembra ci sia qualcosa di concreto».

Il nodo del futuro: il Giubileo e i numerosi impegni potranno complicare ancora il pieno recupero del Vescovo di Roma?

«Non credo, anche perché gli eventi giubilari sono consolidati e non richiedono necessariamente sempre la sua presenza fisica. L’appuntamento più rilevante e impegnativo è invece il ricordo del Concilio di Nicea, con il viaggio in Turchia a cui si sta lavorando, e l’incontro con le Chiese ortodosse».

Il Papa recentemente ha scritto la prefazione al suo libro «Fraternità» (Einaudi).

«Me l’ha inviata senza che io gliela chiedessi, segno pubblico di affetto e fiducia nei miei confronti. Durante l’udienza di qualche tempo prima mi disse che mi avrebbe dato segni concreti e pubblici, in modo che tutti ne capissero il senso, di questi sentimenti, andando oltre a quanto era accaduto nel mio allontanamento forzato da Bose. Ha riconosciuto che la mia vicenda aveva contenuto elementi di ingiustizia».
(fonte: Blog di Enzo Bianchi)


lunedì 24 febbraio 2025

23/02/2025 GIUBILEO DEI DIACONI: I testi integrali dell’omelia e dell'Angelus preparati da Papa Francesco, ricoverato al Gemelli

GIUBILEO DEI DIACONI

SANTA MESSA E ORDINAZIONI DIACONALI

Basilica di San Pietro
VII Domenica del Tempo Ordinario, 23 febbraio 2025


****************


Papa Francesco: ai diaconi, “accompagnate il vostro servizio con il sorriso”

(Foto Vatican Media/SIR)

“Il lavoro gratuito che svolgete, dunque, come espressione della vostra consacrazione alla carità di Cristo, è per voi il primo annuncio della Parola, fonte di fiducia e di gioia per chi vi incontra”. Lo scrive il Papa, nel testo dell’omelia preparata per il Giubileo dei diaconi, letto da mons. Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione, nella messa presieduta nella basilica di San Pietro, mentre il Santo Padre comincia il suo decimo giorno di degenza al Policlinico Gemelli per una polmonite bilaterale. “Accompagnatelo il più possibile con un sorriso, senza lamentarvi e senza cercare riconoscimenti, gli uni a sostegno degli altri, anche nei rapporti con i vescovi e i presbiteri, come espressione di una Chiesa impegnata a crescere nel servizio del Regno con la valorizzazione di tutti i gradi del ministero ordinato”. “Il vostro agire concorde e generoso sarà così un ponte che unisce l’Altare alla strada, l’Eucaristia alla vita quotidiana delle persone; la carità sarà la vostra liturgia più bella e la liturgia il vostro più umile servizio”, assicura Francesco.
(fonte: Sir, articolo di M. Michela Nicolais 23/02/2025)

****************

Alle ore 9.00 della VII Domenica del Tempo Ordinario, in occasione del Giubileo dei Diaconi, S.E. Mons. Rino Fisichella, Pro-Prefetto del Dicastero per l'Evangelizzazione, Sezione per le Questioni Fondamentali dell'Evangelizzazione nel Mondo, ha presieduto la Santa Messa nella Basilica Vaticana.

Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia preparata dal Santo Padre, letta da S.E. Mons. Rino Fisichella:

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
LETTA DA S.E. MONS. RINO FISICHELLA


Il messaggio delle Letture che abbiamo ascoltato si potrebbe riassumere con una parola: gratuità. Un termine certamente caro a voi Diaconi, qui raccolti per la celebrazione del Giubileo. Riflettiamo allora su questa dimensione fondamentale della vita cristiana e del vostro ministero, in particolare sotto tre aspetti: il perdono, il servizio disinteressato e la comunione.

Primo: il perdono. L’annuncio del perdono è un compito essenziale del diacono. Esso è infatti elemento indispensabile per ogni cammino ecclesiale e condizione per ogni convivenza umana. Gesù ce ne indica l’esigenza e la portata quando dice: «Amate i vostri nemici» (Lc 6,27). Ed è proprio così: per crescere insieme, condividendo luci e ombre, successi e fallimenti gli uni degli altri, è necessario saper perdonare e chiedere perdono, riallacciando relazioni e non escludendo dal nostro amore nemmeno chi ci colpisce e tradisce. Un mondo dove per gli avversari c’è solo odio è un mondo senza speranza, senza futuro, destinato ad essere dilaniato da guerre, divisioni e vendette senza fine, come purtroppo vediamo anche oggi, a tanti livelli e in varie parti del mondo. Perdonare, allora, vuol dire preparare al futuro una casa accogliente, sicura, in noi e nelle nostre comunità. E il diacono, investito in prima persona di un ministero che lo porta verso le periferie del mondo, si impegna a vedere – e ad insegnare agli altri a vedere – in tutti, anche in chi sbaglia e fa soffrire, una sorella e un fratello feriti nell’anima, e perciò bisognosi più di chiunque di riconciliazione, di guida e di aiuto.

Di questa apertura di cuore ci parla la prima Lettura, presentandoci l’amore leale e generoso di Davide nei confronti di Saul, suo re, ma anche suo persecutore (cfr 1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23). Ce ne parla pure, in un altro contesto, la morte esemplare del diacono Stefano, che cade sotto i colpi delle pietre perdonando i suoi lapidatori (cfr At 7,60). Ma soprattutto la vediamo in Gesù, modello di ogni diaconia, che sulla croce, “svuotando” se stesso fino a dare la vita per noi (cfr Fil 2,7), prega per i suoi crocifissori e apre al buon ladrone le porte del Paradiso (cfr Lc 23,34.43).

E veniamo al secondo punto: il servizio disinteressato. Il Signore, nel Vangelo, lo descrive con una frase tanto semplice quanto chiara: «Fate del bene e prestate senza sperarne nulla» (Lc 6,35). Poche parole che portano in sé il buon profumo dell’amicizia. Prima di tutto quella di Dio per noi, ma poi anche la nostra. Per il diacono, tale atteggiamento non è un aspetto accessorio del suo agire, ma una dimensione sostanziale del suo essere. Si consacra infatti ad essere, nel ministero, “scultore” e “pittore” del volto misericordioso del Padre, testimone del mistero di Dio-Trinità.

In molti passi evangelici Gesù parla di sé in questa luce. Lo fa con Filippo, nel cenacolo, poco dopo aver lavato i piedi ai Dodici, dicendogli: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Gv 14,9). Come pure quando istituisce l’Eucaristia, affermando: «Io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27). Ma già prima, sulla via di Gerusalemme, quando i suoi discepoli discutevano tra loro su chi fosse il più grande, aveva spiegato loro che «il Figlio dell’uomo […] non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (cfr Mc 10,45).

Fratelli Diaconi, il lavoro gratuito che svolgete, dunque, come espressione della vostra consacrazione alla carità di Cristo, è per voi il primo annuncio della Parola, fonte di fiducia e di gioia per chi vi incontra. Accompagnatelo il più possibile con un sorriso, senza lamentarvi e senza cercare riconoscimenti, gli uni a sostegno degli altri, anche nei rapporti con i Vescovi e i presbiteri, «come espressione di una Chiesa impegnata a crescere nel servizio del Regno con la valorizzazione di tutti i gradi del ministero ordinato» (C.E.I., I Diaconi permanenti nella Chiesa in Italia. Orientamenti e norme, 1993, 55). Il vostro agire concorde e generoso sarà così un ponte che unisce l’Altare alla strada, l’Eucaristia alla vita quotidiana delle persone; la carità sarà la vostra liturgia più bella e la liturgia il vostro più umile servizio.

E veniamo all’ultimo punto: la gratuità come fonte di comunione. Dare senza chiedere nulla in cambio unisce, crea legami, perché esprime e alimenta uno stare insieme che non ha altro fine se non il dono di sé e il bene delle persone. San Lorenzo, vostro patrono, quando gli fu chiesto dai suoi accusatori di consegnare i tesori della Chiesa, mostrò loro i poveri e disse: «Ecco i nostri tesori!». È così che si costruisce la comunione: dicendo al fratello e alla sorella, colle parole, ma soprattutto coi fatti, personalmente e come comunità: “per noi tu sei importante”, “ti vogliamo bene”, “ti vogliamo partecipe del nostro cammino e della nostra vita”. Questo fate voi: mariti, padri e nonni pronti, nel servizio, ad allargare le vostre famiglie a chi è nel bisogno, là dove vivete.

Così la vostra missione, che vi prende dalla società per immettervi nuovamente in essa e renderla sempre più un luogo accogliente e aperto a tutti, è una delle espressioni più belle di una Chiesa sinodale e “in uscita”.


Tra poco alcuni di voi, ricevendo il sacramento dell’Ordine, “discenderanno” i gradini del ministero. Volutamente dico e sottolineo che “discenderanno”, e non che “ascenderanno”, perché con l’Ordinazione non si sale, ma si scende, ci si fa piccoli, ci si abbassa e ci si spoglia. Per usare le parole di San Paolo, si abbandona, nel servizio, l’“uomo di terra”, e ci si riveste, nella carità, dell’“uomo di cielo” (cfr 1Cor 15,45-49).

Meditiamo tutti su quanto stiamo per fare, mentre ci affidiamo alla Vergine Maria, serva del Signore, e a San Lorenzo, vostro patrono. Ci aiutino loro a vivere ogni nostro ministero con un cuore umile e pieno di amore e ad essere, nella gratuità, apostoli di perdono, servitori disinteressati dei fratelli e costruttori di comunione.

________________________________________

Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede, 23 febbraio 2025

Guarda il video integrale


****************

A conclusione della Santa Messa in occasione del Giubileo dei Diaconi, pubblichiamo di seguito il testo preparato dal Santo Padre Francesco per l’Angelus di questa VII Domenica del Tempo Ordinario


ANGELUS


Fratelli e sorelle, buona domenica!

Questa mattina nella Basilica di San Pietro è stata celebrata l’Eucaristia con l’Ordinazione di alcuni candidati al diaconato. Saluto loro e i partecipanti al Giubileo dei Diaconi che si è svolto in questi giorni in Vaticano; e ringrazio i Dicasteri per il Clero e per l’Evangelizzazione per la preparazione di questo evento.

Cari fratelli Diaconi, voi vi dedicate all’annuncio della Parola e al servizio della carità; svolgete il vostro ministero nella Chiesa con parole e opere, portando l’amore e la misericordia di Dio a tutti. Vi esorto a continuare con gioia il vostro apostolato e – come ci suggerisce il Vangelo di oggi – ad essere segno di un amore che abbraccia tutti, che trasforma il male in bene e genera un mondo fraterno. Non abbiate paura di rischiare l’amore!

Da parte mia, proseguo fiducioso il ricovero al Policlinico Gemelli, portando avanti le cure necessarie; e anche il riposo fa parte della terapia! Ringrazio di cuore i medici e gli operatori sanitari di questo Ospedale per l’attenzione che mi stanno dimostrando e per la dedizione con cui svolgono il loro servizio tra le persone malate.

Si compie domani il terzo anniversario della guerra su larga scala contro l’Ucraina: una ricorrenza dolorosa e vergognosa per l’intera umanità! Mentre rinnovo la mia vicinanza al martoriato popolo ucraino, vi invito a ricordare le vittime di tutti i conflitti armati e a pregare per il dono della pace in Palestina, in Israele e in tutto il Medio Oriente, in Myanmar, nel Kivu e in Sudan.

In questi giorni mi sono giunti tanti messaggi di affetto e mi hanno particolarmente colpito le lettere e i disegni dei bambini. Grazie per questa vicinanza e per le preghiere di conforto che ho ricevuto da tutto il mondo! Affido tutti all’intercessione di Maria e vi chiedo di pregare per me.

****************



domenica 23 febbraio 2025

Preghiera dei Fedeli - Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto (ME) - VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C

Fraternità Carmelitana 
di Pozzo di Gotto (ME)

Preghiera dei Fedeli


VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C
23 febbraio 2025


Per chi presiede

Fratelli e sorelle, il Signore Gesù ci ha fatto dono della sua Parola, che è luce e guida ai nostri passi sui sentieri sconnessi della storia del nostro tempo. A Lui con riconoscenza e con fiducia innalziamo le nostre preghiere ed insieme diciamo:

R/   Accresci la nostra fede, Signore 

  

Lettore


- Tu solo, Signore Gesù, hai parole, che danno un senso pieno alla nostra esistenza. Dona alla tua Chiesa e a tutte le comunità cristiane radunate nel tuo nome una sincera disponibilità ad ascoltare la tua Parola, aprendo soprattutto l’orecchio del cuore. Soltanto così la tua Chiesa potrà imparare la bellezza di un amore gratuito e la forza creativa dell’amore verso il nemico e della nonviolenza. Preghiamo.

- Tu, Signore Gesù, sei disceso, per amore, nell’inferno di questa nostra storia umana, così piena di guerre e di violenze di ogni genere. Tu hai amato questa umanità e continui ad amarla nonostante la sua resistenza a convertirsi. Riversa, Signore, su popoli e governanti il tuo amore grande e misericordioso, perché il mondo ritrovi la vera via del dialogo e della pace. Preghiamo.

- Ti affidiamo, Signore Gesù, questo nostro Paese e i suoi governanti. Apri la mente e gli occhi di ogni cittadino italiano, perché veda e provi vergogna per questa disumana politica migratoria e per la distruzione programmata della sanità pubblica. Per questo, o Signore, ti affidiamo quei fratelli e sorelle venuti da altre terre: essi non hanno la possibilità di un permesso di soggiorno, ma vengono usati come manodopera a basso prezzo nelle nostre campagne ed in alcune fabbriche. Ti affidiamo anche tutte quelle persone ammalate, che non riescono ad accedere in tempo ai presìdi sanitari. Preghiamo.

- Scenda, Signore Gesù, la tua pace e la tua benedizione su ogni casa. Riversa su ogni coppia e su ogni famiglia il tuo amore misericordioso. Fa’ che ognuna di esse si nutra di Te e della tua Parola per aprirsi con gioia alla logica del dono e del gratuito. Dona loro di saper imparare i verbi dell’amore, come “benedire, prestare, fare del bene, perdonare”. Preghiamo.

- Davanti a Te, Signore Gesù, ci ricordiamo dei nostri parenti e amici defunti [pausa di silenzio]; ci ricordiamo anche di tutte le vittime della guerra, della mafia, del non rispetto della vita che nasce, della violenza omicida verso i bambini e gli anziani. Concedi a tutti la tua luce e la tua pace . Preghiamo.


Per chi presiede

Signore Gesù, mite e umile di cuore, disarma le nostre parole e i nostri comportamenti aggressivi e violenti, e donaci la capacità di diventare figli misericordiosi di Dio nostro Padre, benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Te lo chiediamo perché tu sei nostro Maestro e Fratello, vivente nei scoli dei secoli.
AMEN.