giovedì 16 febbraio 2023

Francesco con i gesuiti del Congo e del Sud Sudan: guerra, preghiera, incarichi e dimissioni...

Francesco con i gesuiti del Congo e del Sud Sudan:
guerra, preghiera, incarichi e dimissioni...


Come di consueto anche durante il suo recente viaggio nella Repubblica democratica del Congo e in Sud Sudan Papa Francesco ha incontrato i suoi confratelli gesuiti.

Il primo di questi "appuntamenti" si è svolto il 2 febbraio scorso nella Repubblica democratica del Congo a Kinshasa in Nunziatura, subito dopo l’incontro di preghiera con i sacerdoti, i diaconi, i consacrati, le consacrate e i seminaristi presso la Cattedrale «Notre Dame du Congo». Francesco si è intrattenuto con 82 gesuiti attivi nel Paese, guidati dal Provinciale, p. Rigobert Kyungu, tra loro anche il gesuita mons. Donat Bafuidinsoni, vescovo di Inongo.

Il secondo invece in Sud Sudan, il 4 febbraio, a Giuba con gli 11 gesuiti che operano nel Paese e p. Kizito Kiyimba, Superiore della Provincia dell’Africa Orientale, che comprende Sudan, Sud Sudan, Etiopia, Uganda, Kenya e Tanzania. Francesco era appena rientrato dalla Cattedrale di Santa Teresa, dove aveva incontrato i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati, le consacrate e i seminaristi.

La cronaca integrale di questi incontri è stata pubblicata oggi nel sito della "Civiltà Cattolica".

Di seguito riportiamo solo alcuni stralci dell'articolo di P. Antonio Spadaro inerenti alle situazioni di guerra che attualmente stiamo vivendo, alla sua preghiera personale e alle sue eventuali possibili, ma improbabili e al momento escluse, dimissioni di cui ultimamente si è molto parlato nei vari media ...


I incontro
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Tutto il mondo è in guerra, ricordiamocelo bene. Ma io mi domando: l’umanità avrà il coraggio, la forza o persino l’opportunità di tornare indietro? Si va avanti, avanti, avanti verso il baratro. Non so: è una domanda che io mi faccio. Mi dispiace dirlo, ma sono un po’ pessimista.
Oggi davvero sembra che il problema principale sia la produzione di armi. C’è ancora tanta fame nel mondo e noi continuiamo a fabbricare le armi. È difficile tornare indietro da questa catastrofe. E non parliamo delle armi atomiche! Credo ancora in un lavoro di persuasione. Noi cristiani dobbiamo pregare tanto: «Signore, abbi pietà di noi!».
In questi giorni mi colpiscono i racconti delle violenze. Mi colpisce soprattutto la crudeltà. Le notizie che vengono dalle guerre che ci sono nel mondo ci parlano di una crudeltà persino difficile da pensare. Non solo si uccide, ma lo si fa crudelmente. Per me questa è una cosa nuova. Mi dà da pensare. Anche le notizie che arrivano dall’Ucraina ci parlano di crudeltà. E qui in Congo lo abbiamo ascoltato dalle testimonianze dirette delle vittime.
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Come gesuita professo lei ha fatto voto di non cercare ruoli di autorità nella Chiesa. Che cosa l’ha spinta ad accettare l’episcopato e poi il cardinalato e poi il papato?

Quando ho fatto quel voto l’ho fatto sul serio. Quando mi hanno proposto di essere vescovo ausiliare di San Miguel, io non ho accettato. Poi mi è stato chiesto di essere vescovo di una zona al Nord dell’Argentina, nella provincia di Corrientes. Il Nunzio, per incoraggiarmi ad accettare, mi disse che lì c’erano le rovine del passato dei gesuiti. Io ho risposto che non volevo essere guardiano delle rovine, e ho rifiutato. Ho rifiutato queste due richieste per il voto fatto. La terza volta è venuto il Nunzio, ma già con l’autorizzazione firmata dal Preposito generale, il p. Kolvenbach, che aveva acconsentito al fatto che io accettassi. Era come ausiliare di Buenos Aires. Per questo ho accettato in spirito di obbedienza. Poi sono stato nominato arcivescovo coadiutore della mia città, e nel 2001 cardinale. Nell’ultimo conclave sono venuto con una valigetta piccola per tornare subito in diocesi, ma sono dovuto rimanere. Io credo nella singolarità gesuita circa questo voto, e ho fatto il possibile per non accettare l’episcopato.
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Si è parlato di sue possibili dimissioni. Davvero lei è intenzionato a lasciare il ministero petrino? E il Generale della Compagnia? Secondo lei, il suo incarico deve restare a vita?

Guarda, è vero che io ho scritto le mie dimissioni due mesi dopo l’elezione e ho consegnato questa lettera al cardinale Bertone. Non so dove si trovi questa lettera. L’ho fatto nel caso che io abbia qualche problema di salute che mi impedisca di esercitare il mio ministero e di non essere pienamente cosciente per poter rinunciare. Questo però non vuol affatto dire che i Papi dimissionari debbano diventare, diciamo così, una «moda», una cosa normale. Benedetto ha avuto il coraggio di farlo perché non se la sentiva di andare avanti a causa della sua salute. Io per il momento non ho in agenda questo. Io credo che il ministero del Papa sia ad vitam. Non vedo la ragione per cui non debba essere così. Pensate che il ministero dei grandi patriarchi è sempre a vita. E la tradizione storica è importante. Se invece stiamo a sentire il «chiacchiericcio», beh, allora bisognerebbe cambiare Papa ogni sei mesi!


II incontro
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Santo Padre, lei come prega?

Chiaramente dico la Messa e recito l’Ufficio. La preghiera liturgica quotidiana ha la sua densità personale. Poi a volte prego il rosario, a volte prendo il Vangelo e lo medito. Ma dipende molto dalla giornata. Per la preghiera personale, io, come tutti, dobbiamo trovare il modo migliore di viverla giorno per giorno. A Kinshasa, quando ho incontrato la gente vittima della guerra nell’Est del Paese, ho sentito racconti tremendi di feriti, mutilati, abusati… Hanno raccontato cose indicibili. Chiaro che io dopo non potevo certo pregare col Cantico dei Cantici. Bisogna pregare immersi nella realtà. Per questo ho paura dei predicatori di preghiera che fanno orazioni astratte, teoriche, che parlano, parlano, parlano, ma con parole vuote. La preghiera è sempre incarnata.

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Lei sta pensando alle dimissioni?

No, non mi è passato per la mente. Ho però scritto una lettera e l’ho data al cardinale Bertone. Contiene le mie dimissioni nel caso non fossi nelle condizioni di salute e di consapevolezza per poter rinunciare. Anche Pio XII ha scritto una lettera di rinuncia nel caso che Hitler lo avesse portato in Germania. Così lui disse che avrebbero catturato Eugenio Pacelli e non il Papa.

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