VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
in KAZAKHSTAN
13 - 15 SETTEMBRE 2022
Giovedì, 15 settembre 2022
15:00 Lettura della Dichiarazione finale e conclusione del Congresso presso il "Palazzo dell'Indipendenza"
16:15 Cerimonia di congedo presso l'Aeroporto Internazionale di Nur-Sultan
16:45 Partenza in aereo dall’Aeroporto Internazionale di Nur-Sultan per Roma
20:15 Arrivo all'Aeroporto Internazionale di Roma/Fiumicino
LETTURA DELLA DICHIARAZIONE FINALE E
CONCLUSIONE DEL CONGRESSO PRESSO IL "PALAZZO DELLA PACE E DELLA RICONCILIAZIONE"
"Palazzo dell'Indipendenza" (Nur-Sultan)
Giovedì, 15 settembre 2022
“Chiediamo ai leader mondiali di abbandonare ogni retorica aggressiva e distruttiva che porta alla destabilizzazione del mondo e di far cessare conflitti e spargimenti di sangue in tutti gli angoli della terra. Invitiamo i leader religiosi e le figure politiche di spicco delle diverse parti del mondo a promuovere instancabilmente il dialogo in nome dell’amicizia, della solidarietà e della pacifica convivenza”. Sono i “punti” centrali dell’appello che i leader delle religioni mondiali rivolgono alle autorità politiche e religiose nella Dichiarazione finale che è stata diffusa oggi in diverse lingue da Nur Sultan a conclusione del VII Congresso dei leader religiosi. Al Congresso, le guide spirituali delle religioni mondiali insieme a rappresentanti di organismi internazionali e politici si sono confrontati sul “ruolo” che i leader delle religioni possono svolgere “nello sviluppo spirituale e sociale dell’umanità nel periodo post-pandemia”. Nella Dichiarazione i leader dicono di essere stati guidati dal “comune desiderio di un mondo giusto, pacifico, sicuro e prospero”. “Siamo convinti – si legge nella Dichiarazione – che scatenare un qualsiasi conflitto militare, creando punti caldi di tensione e scontro, provochi reazioni a catena che compromettono le relazioni internazionali”. “Crediamo che l’estremismo, il radicalismo, il terrorismo e tutte le altre forme di violenza e di guerra, qualunque siano i loro obiettivi, non hanno nulla a che fare con la vera religione e devono essere respinte nei termini più forti possibile”. Al contrario Leader delle religioni e figure politiche di spicco devono essere coinvolti “nel processo di risoluzione dei conflitti per raggiungere la stabilità della pace a lungo termine”. Nel testo si dice anche che la Dichiarazione è stata adottata dalla maggioranza dei delegati del Congresso e che verrà trasmessa alle autorità, ai leader politici e alle personalità religiose di tutto il mondo e consegnata come documento ufficiale della 77a sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
(fonte: Sir 15/09/2022)
DISCORSO DEL SANTO PADRE
Abbiamo camminato insieme. Grazie per esser venuti da diverse parti del mondo, portando qui la ricchezza dei vostri credo e delle vostre culture. Grazie per aver vissuto intensamente questi giorni di condivisione, lavoro e impegno nel segno del dialogo, ancora più preziosi in un periodo tanto difficile, su cui grava, oltre alla pandemia, l’insensata follia della guerra. Ci sono troppi odi e divisioni, troppa mancanza di dialogo e comprensione dell’altro: questo, nel mondo globalizzato, è ancora più pericoloso e scandaloso. Non possiamo andare avanti collegati e separati, connessi e lacerati da troppe disuguaglianze. Grazie, dunque, per gli sforzi tesi alla pace e all’unità. Grazie alle Autorità del luogo, che ci hanno ospitato, preparando e allestendo con grande cura questo Congresso, e alla popolazione del Kazakhstan, amichevole e coraggiosa, capace di abbracciare le altre culture preservando la sua nobile storia e le sue preziose tradizioni. Kiop raqmet! Bolshoe spasibo! Thank you very much!
La mia visita, che volge ormai alla conclusione, ha come motto Messaggeri di pace e di unità. È al plurale, perché il cammino è comune. E questo settimo Congresso, che l’Altissimo ci ha dato la grazia di vivere, ha segnato una tappa importante. Fin dalla sua nascita nel 2003, l’evento ha avuto come modello la Giornata di Preghiera per la pace nel mondo convocata nel 2002 da Giovanni Paolo II ad Assisi, per riaffermare il contributo positivo delle tradizioni religiose al dialogo e alla concordia tra i popoli. Dopo quanto accaduto l’11 settembre 2001, era necessario reagire, e reagire insieme, al clima incendiario a cui la violenza terroristica voleva incitare e che rischiava di fare della religione un fattore di conflitto. Ma il terrorismo di matrice pseudo-religiosa, l’estremismo, il radicalismo, il nazionalismo ammantato di sacralità fomentano ancora timori e preoccupazioni nei riguardi della religione. Così in questi giorni è stato provvidenziale ritrovarci e riaffermarne l’essenza vera e irrinunciabile.
In proposito, la Dichiarazione del nostro Congresso afferma che l’estremismo, il radicalismo, il terrorismo e ogni altro incentivo all’odio, all’ostilità, alla violenza e alla guerra, qualsiasi motivazione od obiettivo si pongano, non hanno nulla a che fare con l’autentico spirito religioso e devono essere respinti nei termini più decisi possibili (cfr n. 5): condannati, senza “se” e senza “ma”. Inoltre, in base al fatto che l’Onnipotente ha creato tutte le persone uguali, indipendentemente dalla loro appartenenza religiosa, etnica o sociale, abbiamo convenuto nell’affermare che il mutuo rispetto e la comprensione devono essere considerati essenziali e imprescindibili nell’insegnamento religioso (cfr n. 13).
Il Kazakhstan, nel cuore del grande e decisivo continente asiatico, è stato il luogo naturale per incontrarci. La sua bandiera ci ha rammentato la necessità di custodire un sano rapporto tra politica e religione. Infatti, se l’aquila dorata, presente nel vessillo, ricorda l’autorità terrena, richiamando imperi antichi, lo sfondo blu evoca il colore del cielo, la trascendenza. C’è dunque un legame sano tra politica e trascendenza, una sana coesistenza che tenga distinti gli ambiti. Distinzione, non confusione né separazione. “No” alla confusione, per il bene dell’essere umano, che ha bisogno, come l’aquila, di un cielo libero per volare, di uno spazio libero e aperto all’infinito che non sia limitato dal potere terreno. Una trascendenza che, d’altro canto, non deve cedere alla tentazione di trasformarsi in potere, altrimenti il cielo precipiterebbe sulla terra, l’oltre divino verrebbe imprigionato nell’oggi terreno, l’amore per il prossimo in scelte di parte. “No” alla confusione, dunque. Ma “no” anche alla separazione tra politica e trascendenza, in quanto le più alte aspirazioni umane non possono venire escluse dalla vita pubblica e relegate al solo ambito privato. Perciò, sia sempre e ovunque tutelato chi desidera esprimere in modo legittimo il proprio credo. Quante persone, invece, ancora oggi sono perseguitate e discriminate per la loro fede! Abbiamo chiesto con forza ai governi e alle organizzazioni internazionali competenti di assistere i gruppi religiosi e le comunità etniche che hanno subito violazioni dei loro diritti umani e delle loro libertà fondamentali, e violenze da parte di estremisti e terroristi, anche come conseguenze di guerre e conflitti militari (cfr n. 6). Occorre soprattutto impegnarsi perché la libertà religiosa non sia un concetto astratto, ma un diritto concreto. Difendiamo per tutti il diritto alla religione, alla speranza, alla bellezza: al Cielo. Perché non solo il Kazakhstan, come proclama il suo inno, è un «dorato sole nel cielo», ma ogni essere umano: ciascun uomo e donna, nella sua irripetibile unicità, se a contatto con il divino, può irradiare una luce particolare sulla terra.
Perciò la Chiesa cattolica, che non si stanca di annunciare la dignità inviolabile di ogni persona, creata “a immagine di Dio” (cfr Gen 1,26), crede anche nell’unità della famiglia umana. Crede che «tutti i popoli costituiscono una sola comunità, hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra» (Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Nostra aetate, 1). Per questo, sin dagli inizi di questo Congresso, la Santa Sede, specialmente attraverso il Dicastero per il Dialogo Interreligioso, vi ha partecipato attivamente. E vuole continuare così: la via del dialogo interreligioso è una via comune di pace e per la pace, e come tale è necessaria e senza ritorno. Il dialogo interreligioso non è più solo un’opportunità, è un servizio urgente e insostituibile all’umanità, a lode e gloria del Creatore di tutti.
Fratelli, sorelle, pensando a questo cammino comune, mi domando: qual è il nostro punto di convergenza? Giovanni Paolo II – che ventun anni fa in questo stesso mese visitò il Kazakhstan – aveva affermato che «tutte le vie della Chiesa conducono all’uomo» e che l’uomo è «la via della Chiesa» (Lett. enc. Redemptor hominis, 14). Vorrei dire oggi che l’uomo è anche la via di tutte le religioni. Sì, l’essere umano concreto, indebolito dalla pandemia, prostrato dalla guerra, ferito dall’indifferenza! L’uomo, creatura fragile e meravigliosa, che «senza il Creatore svanisce» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 36) e senza gli altri non sussiste! Si guardi al bene dell’essere umano più che agli obiettivi strategici ed economici, agli interessi nazionali, energetici e militari, prima di prendere decisioni importanti. Per compiere scelte che siano davvero grandi si guardi ai bambini, ai giovani e al loro futuro, agli anziani e alla loro saggezza, alla gente comune e ai suoi bisogni reali. E noi leviamo la voce per gridare che la persona umana non si riduce a ciò che produce e guadagna; che va accolta e mai scartata; che la famiglia, in lingua kazaka “nido dell’anima e dell’amore”, è l’alveo naturale e insostituibile da proteggere e promuovere perché crescano e maturino gli uomini e le donne di domani.
Per tutti gli esseri umani le grandi sapienze e religioni sono chiamate a testimoniare l’esistenza di un patrimonio spirituale e morale comune, che si fonda su due cardini: la trascendenza e la fratellanza. La trascendenza, l’Oltre, l’adorazione. È bello che ogni giorno milioni e milioni di uomini e di donne, di varie età, culture e condizioni sociali, si riuniscono in preghiera in innumerevoli luoghi di culto. È la forza nascosta che fa andare avanti il mondo. E poi la fratellanza, l’altro, la prossimità: perché non può professare vera adesione al Creatore chi non ama le sue creature. Questo è l’animo che pervade la Dichiarazione del nostro Congresso, di cui, in conclusione, vorrei sottolineare tre parole.
La prima è la sintesi di tutto, l’espressione di un grido accorato, il sogno e la meta del nostro cammino: la pace! Beybitşilik, mir, peace! La pace è urgente perché qualsiasi conflitto militare o focolaio di tensione e di scontro oggi non può che avere un nefasto “effetto domino” e compromette seriamente il sistema di relazioni internazionali (cfr n. 4). Ma la pace «non è la semplice assenza della guerra, né può ridursi unicamente a rendere stabile l’equilibrio delle forze avverse; non è effetto di una dispotica dominazione», ma è «opera della giustizia» (Gaudium et spes, 78). Scaturisce dunque dalla fraternità, cresce attraverso la lotta all’ingiustizia e alle disuguaglianze, si costruisce tendendo la mano agli altri. Noi, che crediamo nel Creatore di tutti, dobbiamo essere in prima linea nel diffondere la convivenza pacifica. La dobbiamo testimoniare, predicare, implorare. Perciò la Dichiarazione esorta i leader mondiali ad arrestare ovunque conflitti e spargimenti di sangue, e ad abbandonare retoriche aggressive e distruttive (cfr n. 7). Vi preghiamo, in nome di Dio e per il bene dell’umanità: impegnatevi per la pace, non per gli armamenti! Solo servendo la pace il vostro nome rimarrà grande nella storia.
Se manca la pace è perché mancano attenzione, tenerezza, capacità di generare vita. E dunque essa va ricercata coinvolgendo maggiormente – seconda parola – la donna. Perché la donna dà cura e vita al mondo: è via verso la pace. Abbiamo perciò sostenuto la necessità di proteggerne la dignità, e di migliorarne lo status sociale in quanto membro di pari diritto della famiglia e della società (cfr n. 23). Alle donne vanno anche affidati ruoli e responsabilità maggiori. Quante scelte di morte sarebbero evitate se proprio le donne fossero al centro delle decisioni! Impegniamoci perché siano più rispettate, riconosciute e coinvolte.
Infine, la terza parola: i giovani. Sono loro i messaggeri di pace e di unità di oggi e di domani. Sono loro che, più di altri, invocano la pace e il rispetto per la casa comune del creato. Invece, le logiche di dominio e di sfruttamento, l’accaparramento delle risorse, i nazionalismi, le guerre e le zone di influenza disegnano un mondo vecchio, che i giovani rifiutano, un mondo chiuso ai loro sogni e alle loro speranze. Così pure religiosità rigide e soffocanti non appartengono al futuro, ma al passato. Pensando alle nuove generazioni, qui si è affermata l’importanza dell’istruzione, che rafforza la reciproca accoglienza e la convivenza rispettosa tra religioni e culture (cfr n. 21). Diamo in mano ai giovani opportunità di istruzione, non armi di distruzione! E ascoltiamoli, senza paura di lasciarci interrogare da loro. Soprattutto, costruiamo un mondo pensando a loro!
Fratelli, sorelle, la popolazione del Kazakhstan, aperta al domani e testimone di tante sofferenze passate, con le sue straordinarie multireligiosità e multiculturalità ci offre un esempio di futuro. Ci invita a edificarlo senza dimenticare la trascendenza e la fratellanza, l’adorazione dell’Altissimo e l’accoglienza dell’altro. Andiamo avanti così, camminando insieme in terra come figli del Cielo, tessitori di speranza e artigiani di concordia, messaggeri di pace e di unità!
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Subito dopo la chiusura del Congresso dei Capi delle religioni mondiali e tradizionali Francesco si è trasferito in auto in aeroporto.
Al suo arrivo, il Papa è stato accolto dal presidente del Kazakhstan, Kassym-Jomart K. Tokayev, nella Sala Vip del Presidential Vip Terminal dove si è svolto un breve incontro privato. Il capo di Stato ha regalato al Papa una dombra, strumento musicale tradizionale kazako a cui il Pontefice aveva fatto riferimento nel suo primo discorso pubblico.
Dopo la Guardia d’Onore e il saluto delle rispettive Delegazioni, il Pontefice è quindi salito a bordo di un Airbus A330 di Ita Airways per far ritorno in Italia.
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