lunedì 29 agosto 2022

VISITA PASTORALE DI PAPA FRANCESCO A L’AQUILA 28/08/2022 / Seconda parte - Omelia: " Chi ha sofferto deve poter fare tesoro della propria sofferenza, deve comprendere che nel buio sperimentato gli è stato fatto anche il dono di capire il dolore degli altri..." - Angelus: "Invochiamo la Madonna affinché ottenga per il mondo intero il perdono e la pace." - Apertura della Porta Santa (cronaca, foto, testo e video)

VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE FRANCESCO
A
L’AQUILA

Domenica, 28 agosto 2022

Vedi il post precedente:

Al termine, trasferimento in auto alla Basilica di Santa Maria in Collemaggio

10.00 Sul Piazzale della Basilica di Collemaggio: Santa Messa
· Omelia
· Angelus
· Rito dell’apertura della Porta Santa
12.30 Al termine, il Santo Padre si congeda dalle Autorità che Lo hanno accolto; trasferimento in auto allo Stadio Gran Sasso
12.45 Stadio Gran Sasso: decollo da L’Aquila
13.15 Atterraggio all’eliporto del Vaticano

Alla Basilica di Santa Maria in Collemaggio il Papa celebra la Messa e guida la preghiera dell’Angelus e infine celebra il rito di apertura della Porta Santa. Tutto per la 728.ma Perdonanza celestiniana che si svolge dal 23 al 30 agosto nel capoluogo abruzzese.

Chiunque entrerà nella Basilica di Collemaggio, pentito e confessato, accostandosi alla comunione e recitando il Credo, il Padre Nostro, l’Ave Maria e il Gloria al Padre, secondo le intenzioni del Papa, potrà ottenere l’indulgenza plenaria concessa da Celestino V con la bolla "Inter sanctorum solemnia", meglio nota come Bolla del Perdono. Quella di Collemaggio è di fatto "la prima porta santa al mondo".

La ricorrenza della Perdonanza a Collemaggio è "Patrimonio d'Italia per la tradizione" dal 2011 ed è stata iscritta nella "Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell'umanità" dell'UNESCO nel 2019. Nessun papa, prima di Papa Francesco, era mai venuto all’Aquila ad aprire la Porta Santa tanto desiderata da Celestino V.


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SANTA MESSA

Piazzale della Basilica di Santa Maria in Collemaggio




OMELIA DEL SANTO PADRE

I Santi sono un’affascinante spiegazione del Vangelo. La loro vita è il punto di vista privilegiato da cui possiamo scorgere la buona notizia che Gesù è venuto ad annunciare, e cioè che Dio è nostro Padre e ognuno di noi è amato da Lui. Questo è il cuore del Vangelo, e Gesù è la prova di questo Amore, la sua incarnazione, il suo volto.

Oggi celebriamo l’Eucaristia in un giorno speciale per questa città e per questa Chiesa: la Perdonanza Celestiniana. Qui sono custodite le reliquie del santo Papa Celestino V. Quest’uomo sembra realizzare pienamente ciò che abbiamo ascoltato nella prima Lettura: «Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore» (Sir 3,18). Erroneamente ricordiamo la figura di Celestino V come “colui che fece il gran rifiuto”, secondo l’espressione di Dante nella Divina Commedia; ma Celestino V non è stato l’uomo del “no”, è stato l’uomo del “sì”.

Infatti, non esiste altro modo di realizzare la volontà di Dio che assumendo la forza degli umili, non ce n’è un altro. Proprio perché sono tali, gli umili appaiono agli occhi degli uomini deboli e perdenti, ma in realtà sono i veri vincitori, perché sono gli unici che confidano completamente nel Signore e conoscono la sua volontà. È infatti «ai miti che Dio rivela i suoi segreti. […] Dagli umili egli viene glorificato» (Sir 3,19-20). Nello spirito del mondo, che è dominato dall’orgoglio, la Parola di Dio di oggi ci invita a farci umili e miti. L’umiltà non consiste nella svalutazione di se stessi, bensì in quel sano realismo che ci fa riconoscere le nostre potenzialità e anche le nostre miserie. A partire proprio dalle nostre miserie, l’umiltà ci fa distogliere lo sguardo da noi stessi per rivolgerlo a Dio, Colui che può tutto e ci ottiene anche quanto da soli non riusciamo ad avere. «Tutto è possibile per chi crede» (Mc 9,23).

La forza degli umili è il Signore, non le strategie, i mezzi umani, le logiche di questo mondo, i calcoli… No, è il Signore. In tal senso, Celestino V è stato un testimone coraggioso del Vangelo, perché nessuna logica di potere lo ha potuto imprigionare e gestire. In lui noi ammiriamo una Chiesa libera dalle logiche mondane e pienamente testimone di quel nome di Dio che è Misericordia. Questa è il cuore stesso del Vangelo, perché la misericordia è saperci amati nella nostra miseria. Vanno insieme. Non si può capire la misericordia se non si capisce la propria miseria. Essere credenti non significa accostarsi a un Dio oscuro e che fa paura. Ce lo ha ricordato la Lettera agli Ebrei: «Non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola» (12,18-19). No, cari fratelli e sorelle, noi ci siamo accostati a Gesù, il Figlio di Dio, che è la Misericordia del Padre e l’Amore che salva. La misericordia è Lui, e con la misericordia può parlare soltanto la nostra miseria. Se qualcuno di noi pensa di arrivare alla misericordia per un altro cammino che non sia la propria miseria, ha sbagliato strada. Per questo è importante capire la propria realtà.

L’Aquila, da secoli, mantiene vivo il dono che proprio Papa Celestino V le ha lasciato. È il privilegio di ricordare a tutti che con la misericordia, e solo con essa, la vita di ogni uomo e di ogni donna può essere vissuta con gioia. Misericordia è l’esperienza di sentirci accolti, rimessi in piedi, rafforzati, guariti, incoraggiati. Essere perdonati è sperimentare qui e ora ciò che più si avvicina alla risurrezione. Il perdono è passare dalla morte alla vita, dall’esperienza dell’angoscia e della colpa a quella della libertà e della gioia. Che questo tempio sia sempre luogo in cui ci si possa riconciliare, e sperimentare quella Grazia che ci rimette in piedi e ci dà un’altra possibilità. Il nostro Dio è il Dio delle possibilità: “Quante volte, Signore? Una? Sette?” – “Settante volte sette”. È il Dio che ti dà sempre un’altra possibilità. Sia un tempio del perdono, non solo una volta all’anno, ma sempre, tutti i giorni. È così, infatti, che si costruisce la pace, attraverso il perdono ricevuto e donato.

Partire dalla propria miseria e guardare lì, cercando come arrivare al perdono, perché anche nella propria miseria sempre troveremo una luce che è la strada per andare al Signore. È Lui che fa la luce nella miseria. Oggi, al mattino, per esempio, ho pensato a questo, quando eravamo arrivati a L’Aquila e non potevamo atterrare: nebbia fitta, tutto scuro, non si poteva. Il pilota dell’elicottero girava, girava, girava… Alla fine ha visto un piccolo buco ed è entrato lì: è riuscito, un maestro. E ho pensato alla miseria: con la miseria succede lo stesso, con la propria miseria. Tante volte lì, guardando chi siamo, niente, meno di niente; e giriamo, giriamo… Ma a volte il Signore fa un piccolo buco: mettiti lì dentro, sono le piaghe del Signore! Lì è la misericordia, ma è nella tua miseria. C’è il buco che nella tua miseria il Signore ti fa per potere entrare. Misericordia che viene nella tua, nella mia, nella nostra miseria.

Cari fratelli e care sorelle, voi avete sofferto molto a causa del terremoto, e come popolo state provando a rialzarvi e a rimettervi in piedi. Ma chi ha sofferto deve poter fare tesoro della propria sofferenza, deve comprendere che nel buio sperimentato gli è stato fatto anche il dono di capire il dolore degli altri. Voi potete custodire il dono della misericordia perché conoscete cosa significa perdere tutto, veder crollare ciò che si è costruito, lasciare ciò che vi era più caro, sentire lo strappo dell’assenza di chi si è amato. Voi potete custodire la misericordia perché avete fatto l’esperienza della miseria.

Ognuno nella vita, senza per forza vivere un terremoto, può, per così dire, fare esperienza di un “terremoto dell’anima”, che lo mette in contatto con la propria fragilità, i propri limiti, la propria miseria. In questa esperienza si può perdere tutto, ma si può anche imparare la vera umiltà. In tali circostanze ci si può lasciar incattivire dalla vita, oppure si può imparare la mitezza. Umiltà e mitezza, allora, sono le caratteristiche di chi ha il compito di custodire e testimoniare la misericordia. Sì, perché la misericordia, quando viene da noi è perché noi la custodiamo, e anche perché noi possiamo dare testimonianza di questa misericordia. È un dono per me, la misericordia, per me misero, ma questa misericordia dev’essere anche trasmessa agli altri come dono da parte del Signore.

C’è però un campanello d’allarme che ci dice se stiamo sbagliando strada, e il Vangelo di oggi lo ricorda (cfr Lc 14,1.7-14). Gesù è invitato a pranzo – abbiamo sentito – a casa di un fariseo e osserva con attenzione come molti corrono a prendere i posti migliori a tavola. Questo gli dà lo spunto per raccontare una parabola che rimane valida anche per noi oggi: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto, per favore, e tu vai dietro!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto» (vv. 8-9). Troppe volte si pensa di valere in base al posto che si occupa in questo mondo. L’uomo non è il posto che detiene, l’uomo è la libertà di cui è capace e che manifesta pienamente quando occupa l’ultimo posto, o quando gli è riservato un posto sulla Croce.

Il cristiano sa che la sua vita non è una carriera alla maniera di questo mondo, ma una carriera alla maniera di Cristo, che dirà di se stesso di essere venuto per servire e non per essere servito (cfr Mc 10,45). Finché non comprenderemo che la rivoluzione del Vangelo sta tutta in questo tipo di libertà, continueremo ad assistere a guerre, violenze e ingiustizie, che altro non sono che il sintomo esterno di una mancanza di libertà interiore. Lì dove non c’è libertà interiore, si fanno strada l’egoismo, l’individualismo, l’interesse, la sopraffazione e tutte queste miserie. E prendono il comando, le miserie.

Fratelli e sorelle, che L’Aquila sia davvero capitale di perdono, capitale di pace e di riconciliazione! Che L’Aquila sappia offrire a tutti quella trasformazione che Maria canta nel Magnificat: «Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili» (Lc 1,52); quella che Gesù ci ha ricordato nel Vangelo di oggi: «Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato» (Lc 14,11). E proprio a Maria, da voi venerata con il titolo di Salvezza del popolo aquilano, vogliamo affidare il proposito di vivere secondo il Vangelo. La sua materna intercessione ottenga per il mondo intero il perdono e la pace. La consapevolezza della propria miseria e la bellezza della misericordia.

Guarda il video dell'omelia

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ANGELUS


Cari fratelli e sorelle!

Al termine di questa celebrazione, ci rivolgiamo alla Vergine Maria con la preghiera dell’Angelus.

Prima però desidero salutare tutti voi che avete partecipato, anche quanti hanno dovuto farlo a distanza, a casa o in ospedale o in carcere. Ringrazio le Autorità civili per la loro presenza e per lo sforzo organizzativo. Ringrazio di cuore il Cardinale Arcivescovo e gli altri Vescovi, i sacerdoti, le consacrate, i consacrati, le famiglie, il coro e tutti i volontari, come pure le Forze dell’ordine e la Protezione civile.

In questo luogo, che ha patito una dura calamità, voglio assicurare la mia vicinanza alle popolazioni del Pakistan colpite da alluvioni di proporzioni disastrose. Prego per le numerose vittime, per i feriti e gli sfollati, e perché sia pronta e generosa la solidarietà internazionale.

Ed ora invochiamo la Madonna affinché, come dicevo al termine dell’omelia, ottenga per il mondo intero il perdono e la pace. Preghiamo per il popolo ucraino e per tutti i popoli che soffrono a causa delle guerre. Il Dio della pace ravvivi nel cuore dei responsabili delle nazioni il senso umano e cristiano di pietà, di misericordia. Maria, Madre di misericordia e Regina della pace, prega per noi!

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APERTURA DELLA PORTA SANTA

Papa Francesco ha presieduto il rito dell’apertura della Porta Santa, dando inizio così alla 728ª Perdonanza Celestiniana, l’indulgenza plenaria che Papa Celestino V ha concesso a quanti pentiti e confessati si recano nel luogo di culto dai vespri del 28 agosto a quelli del giorno dopo. Prima di compiere il gesto, Francesco ha sostato in preghiera solitaria e silenziosa davanti alla Porta, seduto sulla sedia a rotelle. Sullo sfondo, il canto delle litanie. 

Poi il Santo Padre si è alzato in piedi e con tre colpi bastone, con il bastone d'ulivo del Getsemani, consegnatogli dal sindaco dell'Aquila Pierluigi Biondi, Papa Francesco ha aperto la Porta Santa alle 11.28 in occasione della 728/a Perdonanza celestiniana.

"Apritemi le porte della giustizia" , ha detto il Pontefice prima dell'apertura secondo la preghiera rituale a cui viene risposto: "Voglio entrarvi e rendere grazie al Signore".
"È questa la porta del Signore" ha detto ancora il Papa per sentirsi rispondere: "Per essa entrano i giusti".
Dunque, le parole finali: "Entrerò nella tua casa, Signore" a cui è stato replicato: "Mi prostrerò in adorazione del tuo santo tempio".

Poi ha varcato per primo la soglia. 





Il Papa, tornato in carrozzella, si è fermato in preghiera davanti alla tomba di Celestino V. È la prima volta, in 728 anni, che un Pontefice apre la Porta Santa della basilica di Santa Maria in Collemaggio. La bolla della Perdonanza fu emessa il 29 settembre del 1294, mentre la Porta Santa, sul fianco sinistro della basilica, è stata costruita in epoca successiva e l’uso di attraversarla fra il 28 e il 29 agosto per ottenere l’indulgenza plenaria risale al XV secolo.


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Su questo momento tanto si è speculato nei mesi scorsi ricordando come Benedetto XVI, nella sua visita del 2009, aveva lasciato, come omaggio, sulla tomba di Celestino V il pallio che gli era stato imposto ad inizio di pontificato. Un gesto che, per molti, aveva anticipato la sua decisione del 2013, quella di rinunciare al suo ruolo.

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Al termine del rito, Francesco si congeda dalle autorità che lo hanno accolto all’arrivo e si trasferisce in auto allo Stadio Gran Sasso, da dove – alle ore 12.45 circa – parte per far rientro in Vaticano.

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