mercoledì 27 aprile 2022

ADOLESCENTI, I NUOVI "INDIFFERENTI"

ADOLESCENTI, I NUOVI "INDIFFERENTI"

L'Istat rileva che è raddoppiata la percentuale di teenager insoddisfatti e con un basso punteggio di salute mentale. Le cause principali vengono dall'esperienza della pandemia


Se non ci fosse la guerra in Ucraina, se non fossimo sgomenti di fronte alla presa di Mariupol e alle tante altre atrocità dell’invasione russa, sarebbe questa la notizia del giorno. Una notizia drammatica. E’ raddoppiata la percentuale di adolescenti insoddisfatti e con un basso punteggio di salute mentale: erano nel 2019 il 3,2% del totale, sono diventati 6,2% nel 2021. «Si tratta di circa 220 mila ragazzi tra i 14 e i 19 anni che si dichiarano insoddisfatti della propria vita e si trovano, allo stesso tempo, in una condizione di scarso benessere psicologico. D’altra parte, gli stessi fenomeni di bullismo, violenza e vandalismo a opera di giovanissimi, che negli ultimi mesi hanno occupato le cronache, sono manifestazioni estreme di una sofferenza e di una irrequietezza diffuse e forse non transitorie», ha spiegato il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, nella presentazione del rapporto sul Benessere equo e sostenibile. Le cause di questo malessere vanno rintracciate negli effetti della lunga pandemia che ci stiamo lasciando alle spalle.

Davvero credevamo che rimanere nella propria camera per anni, seguire le lezioni su un computer, non avere rapporti diretti con i professori, con i compagni di scuola, con gli amici, non fare sport, non ritrovarsi in centro, dover rinunciare alla propria vita sociale, non avesse conseguenze per un adolescente? In questo gruppo, ci informa sempre il professor Blangiardo, la sedentarietà è passata dal 18,6 al 20,9 per cento. È diminuita «in modo tangibile» anche la soddisfazione per le relazioni con gli amici. Sembra di essere tornati a una nuova versione degli “Indifferenti” di Moravia, che è degli anni ‘20. I nuovi “Michele Ardengo”, incapaci di provare sentimenti ed emozioni di fronte alla vita, sono tra noi. Lo studio dell’Istat ha messo in evidenza che «le politiche giovanili, nel nostro Paese che invecchia, hanno di rado ricevuto attenzione prioritaria e risorse adeguate». Insomma: «E’ tempo di cambiare strategia. Fuori da ogni retorica, si può dire che le politiche per il benessere dei giovani siano, oggi più che mai, politiche per il benessere del Paese tutto intero». Un Paese che notoriamente non è per giovani.

Naturalmente questo malessere adolescenziale si allarga al pianeta degli over 20, a cominciare dagli universitari. Il presidente dell’Istat ha posto l’accento sui laureati che lasciano l’Italia e cercano opportunità all’estero. Le direttrici principali dei flussi continuano ad essere verso l'estero e dal Mezzogiorno al Centro-nord. Il bilancio delle migrazioni dei cittadini italiani dai 25 ai 39 anni con un titolo di studio di livello universitario si chiude con un saldo dei trasferimenti di residenza da e per l'estero di meno 14.528 unità. In particolare il Mezzogiorno si dissangua dei suoi figli: soltanto nel corso del 2020 ha perso 21.782 giovani laureati emigrati in Italia e all’estero. Ai giovani più istruiti e qualificati l'Italia non offre chances. E così, nonostante le limitazioni imposte durante il primo anno di pandemia e l'incertezza che ha caratterizzato il 2020, le emigrazioni all'estero dei giovani laureati italiani si sono intensificate rispetto al 2019, in netta controtendenza rispetto alla popolazione nel complesso. C’è chi ha deciso di partire nonostante le limitazioni dovute al Covid. Insomma, mentre la maggior parte degli italiani si incapannava in casa, la meglio gioventù cercava di fuggire da questo Paese in cui – registra sempre l’Istat - aumentano i divari sociali: tra Nord e Sud, tra ricchi e poveri, tra vecchi e giovani.