lunedì 28 febbraio 2022

TONIO DELL'OLIO: Non alimentare la guerra con altre armi

Non alimentare la guerra con altre armi
SCRITTO DA TONIO DELL'OLIO 
 PUBBLICATO IN MOSAICO DEI GIORNI IL 28 FEBBRAIO 2022


Più di duemila anni di storia avrebbero dovuto insegnarci che non esistono guerre buone, giuste e sante. Che le guerre sono il massimo grado della stupidità dell'umanità: non servono a stabilire chi ha ragione ma, nel migliore dei casi, solo a decidere chi è più forte.

Ma siccome questo non si afferma con una partita di calcio ma col numero di morti e distruzioni che si riesce a infliggere, è da considerare operazione folle. Se su questo siamo tutti d'accordo com'è che non riusciamo a concordare anche sul rifiuto assoluto di alimentare in qualsiasi modo il conflitto in corso in Ucraina? 
È possibile che mi sia distratto, ma non mi pare che si stiano levando voci autorevoli contro la proposta di rifornire di più armi l'esercito ucraino. Tra l'altro, la stragrande maggioranza di quelli che si pronunciano a favore di questa opzione o che l'appoggiano col proprio silenzio, sono gli stessi che applaudono papa Francesco quando dice no alle armi. 

Favoriamo piuttosto la crescita del dissenso delle popolazioni russe contro il delirio di Putin, isoliamo in tutti i modi l'aggressore, mettiamo in funzione l'utensile delle Nazioni unite, promoviamo e organizziamo una forza di interposizione indipendente, internazionale e nonviolenta ai confini dell'Ucraina ma non rendiamoci colpevoli di aumentare il potenziale di violenza. Non si può dire no alla guerra alimentandola né che è sbagliato uccidere mentre si arma uno dei due combattenti.

Veglia di preghiera per l’Ucraina - Card. Zuppi: "Ogni guerra è fratricidio, oltraggio a Dio e all’uomo. La Chiesa non è neutrale: è per la pace! "

Veglia di preghiera per l’Ucraina
"Ogni guerra è fratricidio,
oltraggio a Dio e all’uomo.
La Chiesa non è neutrale:
 è per la pace! "
Card. Matteo Zuppi

Bologna, Venerdì 25 febbraio 2022




Quello che sembrava impossibile è avvenuto. La pandemia della guerra si è scatenata, una tempesta di morte e sofferenza che sembra impedire di fare qualunque cosa, con una forza terribile come quelle armi micidiali e vigliacche che distruggono tutto, senza volto che non sia quello del male. Molti anni fa, proprio qui, nella nostra Cattedrale, in occasione della prima Giornata mondiale della pace, l’1 gennaio 1968, nel pieno di un’altra guerra, quella del Vietnam, il Cardinale Lercaro disse che la Chiesa non è neutrale: è per la pace! Si interrogava se ci eravamo esercitati ad accusare gli altri e non ci siamo interrogati sulle nostre complicità e se troppo poco ci siamo preoccupati di “togliere da noi le pietre d’inciampo sul cammino della pace e le ragioni di scandalo, forse inconsapevolmente offerte ai credenti e ai non credenti”.

Ed è un interrogativo che faccio mio e che mi motiva ancora di più a reagire percorrendo con decisione tutte le vie di dialogo e di incontro per fermare la guerra. “La Chiesa non può essere neutrale, di fronte al male da qualunque parte venga: la sua via non è la neutralità, ma la profezia; cioè il parlare in nome di Dio, la parola di Dio”. Dichiarò di impegnare se stesso e tutta la comunità ecclesiale “più di quanto sinora non si sia fatto, in un più largo e più approfondito sforzo catechetico per dare ai nostri ragazzi e ai nostri giovani in dimensioni nuove una coscienza evangelica dell’universale fraternità in Gesù, del rispetto assoluto della dignità di ogni uomo redento da Cristo, del rifiuto radicale di ogni forma di violenza, interiore o esteriore, privata o collettiva”. “Vorrei essere un servo dell’Evangelo di pace” disse, perché la Chiesa e i giovani siano “una forza grande, spirituale e storica” per la pace. Scegliamo oggi di essere servi della pace.

Facciamo nostre queste parole a distanza di tanti anni, mortificati per le tante occasioni perdute. Non affrontare i problemi, non cercare la guarigione e accontentarsi che il focolaio di male faccia soffrire solo una parte come se l’infezione possa restare contenuta, ha rappresentato un aiuto alla logica di morte. Non saremo neutrali, perché la parte, l’unica parte da scegliere, quella che in realtà interessa tutti ed è la parte di Dio, è quella della pace. Stiamo dalla parte di chi è colpito, delle vittime, facciamo nostro il dolore delle vittime. «Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male. Non fermiamoci su discussioni teoriche, prendiamo contatto con le ferite, tocchiamo la carne di chi subisce i danni. Rivolgiamo lo sguardo a tanti civili massacrati come “danni collaterali”» ha scritto con tanta profonda umanità Papa Francesco in Fratelli Tutti, documento che è il contrario della pandemia della guerra.

Non accettiamo la logica delle armi! Non c’è mai nessuna giustificazione e chi ricorre alle armi perde comunque ogni sua ragione. Si diventa solo assassini e si calpesta anche la propria stessa dignità. Il mercato delle armi, chi le produce e le fa usare, accentua la logica del più forte, ispira piani di potere, innesca solo un’avventura senza futuro. Chi può controllare i semi di male che sono gettati ovunque e, come si vede, durano incredibilmente per generazioni? Chi fermerà la mani di Caino? Chi poteva fermare la mano di Caino anche in questi lunghi anni di guerra in Ucraina che hanno causato migliaia di morti? Chi ha pianto per loro e con la forza delle lacrime le ha asciugate disperandosi per cercare a tutti i costi la pace, perché senza pace non si vive? Troppo ci siamo abituati a vedere da lontano la guerra.

Noi vogliamo essere custodi del nostro fratello Abele, ed oggi Abele si chiama Ucraina. Sentiamo immensa pietà, commozione, pianto per chi è nel dolore, per chi soffre, per chi è caduto, per le migliaia di profughi, per chi è disperato, per le tante madri che hanno visto la morte strappare i loro figli e come Rachele non vogliono essere consolati, perché a quel punto non importa più nulla della vita. Davvero la storia non insegna niente? Le frontiere per le quali hanno combattuto milioni di persone continuano ad essere muri di pregiudizio, di odio?

Ci accorgiamo con consapevolezza amarissima che la corsa alle armi, la proliferazione delle armi nucleari non solo non si è mai interrotta, ma è cresciuta. Ci accorgiamo che si sono accumulati tanta incomprensione, rancore, pregiudizio. Cercare la pace non era un’ingenuità per illusi ma l’unica via per evitare la guerra: se vuoi la pace non preparare la guerra o accontentarti che non ci sia, ma prepara sempre la pace. Ci accorgiamo di come è stato ed è insensato indebolire i pochissimi arbitri che dopo la seconda guerra mondiale erano preposti a comporre i problemi, innanzitutto le Nazioni Unite, agorà dove sono raccolti tutti i popoli. Vogliamo che sia forte, non debole. Chiediamo, in ginocchio, di sospendere subito questa pandemia. Lo potete. Lo possiamo. Dipende da chi ha in mano il destino e sciaguratamente ha innescato questa tempesta di morte, da chi non ha fatto il possibile e l’impossibile perché questo non avvenisse. Chi può prendere decisioni lo faccia. Accettate la richiesta di dialogare, cessate il fuoco e iniziate nuovi incontri. Dipende anche da tutti noi: disarmare le mani e i cuori, abbattere muri, cercare comunque la pace, liberarci da parole aggressive.

Chiediamo umilmente a tutti i cristiani di chiedere perdono e darlo, di essere uniti a difendere quella pace che ci è stata affidata da Dio. La violenza mai sarà benedetta. La pace è benedetta e chi la sceglie diventa una benedizione. Sentiamo ancora vero oggi quel monito di Giovanni Paolo II ai mafiosi che usavano la violenza, ai quali gridò, con la fermezza dell’uomo di Dio: “Verrà anche per voi il giudizio di Dio”. Che queste parole a chi è cristiano e a tutti i credenti provochino timore e suggeriscano un impegno a smettere. Il beato Fornasini, con tutte le vittime di Marzabotto e tutte le vittime di ogni conflitto, interceda perché finisca subito la guerra. Tutti dobbiamo rispondere almeno alla nostra coscienza. “Chi di spada ferisce, di spada perisce”. Mazzolari diceva: “Se siamo un mondo senza pace, la colpa non è di questi e di quelli, ma di tutti. Se dopo venti secoli di Vangelo siamo un mondo senza pace, i cristiani devono avere la loro parte di colpa. Tutti abbiamo peccato e veniamo ogni giorno peccando contro la pace”.

Ogni guerra è fratricidio, oltraggio a Dio e all’uomo. Prestiamo attenzione ai profughi, a quanti hanno subito le radiazioni atomiche o gli attacchi chimici, alle donne che hanno perso i figli, ai bambini mutilati o privati della loro infanzia. Consideriamo la verità di queste vittime della violenza, guardiamo la realtà con i loro occhi e ascoltiamo i loro racconti col cuore aperto. Così potremo riconoscere l’abisso del male nel cuore della guerra e non ci turberà il fatto che ci trattino come ingenui perché abbiamo scelto la pace.

Quest’anno sono cento anni dalla morte di un altro Vescovo di Bologna, Giacomo Della Chiesa, divenuto Papa Benedetto XV, che si trovò ad affrontare la pandemia della prima guerra mondiale e la condannò come nessun altro aveva fatto prima, definendola un’inutile strage e liberando la Chiesa, madre di tutti, da qualunque complicità con le ragioni della violenza. Lui pregava così e facciamo nostre le sue parole, insieme alla Vergine di Zarvanytsia e alla Vergine di San Luca.

 “Sgomenti dagli orrori di una guerra che travolge popoli e nazioni, 
ci rifugiamo, o Gesù, come scampo supremo, nel vostro amatissimo Cuore;
da Voi, Dio delle misericordie, imploriamo con gemiti la cessazione dell’immane flagello; 
da Voi, Re pacifico, affrettiamo con voti la sospirata pace. 
Dal vostro Cuore divino Voi irradiaste nel mondo la carità perché,
 tolta ogni discordia, regnasse fra gli uomini soltanto l’amore: mentre eravate su questa terra, 
Voi aveste palpiti di tenerissima compassione per le umane sventure. 
Si commuova dunque il Cuor vostro anche in quest’ora, grave per noi di odi così funesti, 
di così orribili stragi! 
Pietà vi prenda di tante madri, angosciate per la sorte dei figli, pietà di tante famiglie,
 orfane del loro capo, pietà della misera Europa, su cui incombe tanta rovina!
 Inspirate Voi ai reggitori e ai popoli consigli di mitezza, 
componete i dissidi che lacerano le nazioni, 
fate che tornino gli uomini a darsi il bacio della pace, 
Voi, che a prezzo del vostro Sangue li rendeste fratelli. 
E come un giorno al supplice grido dell’Apostolo Pietro: 
salvaci, o Signore, perché siamo perduti, 
rispondeste pietoso, acquetando il mare in procella, 
così oggi, alle nostre fidenti preghiere, 
rispondete placato, ritornando al mondo sconvolto la tranquillità e la pace.
Voi pure, o Vergine santissima, come in altri tempi di terribili prove, 
aiutateci, proteggeteci, salvateci.
 Così sia”. 
Amen

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Riflessione integrale


Nel pomeriggio di venerdì 25 febbraio il cardinale Zuppi era intervenuto anche alla manifestazione promossa dalle Associazioni aderenti al Portico della Pace in Piazza Maggiore.
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«La Vergine del silenzio ci aiuti a purificare il nostro sguardo e il nostro parlare.» Papa Francesco Angelus 27/02/2022 (testo e video)

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 27 febbraio 2022



Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nel Vangelo della Liturgia odierna Gesù ci invita a riflettere sul nostro sguardo e sul nostro parlare. Lo sguardo e il parlare.

Anzitutto sul nostro sguardo. Il rischio che corriamo, dice il Signore, è concentrarci a guardare la pagliuzza nell’occhio del fratello senza accorgerci della trave che c’è nel nostro (cfr Lc 6,41). In altre parole, essere attentissimi ai difetti degli altri, anche a quelli piccoli come una pagliuzza, trascurando serenamente i nostri, dandogli poco peso. È vero quanto dice Gesù: troviamo sempre motivi per colpevolizzare gli altri e giustificare noi stessi. E tante volte ci lamentiamo per le cose che non vanno nella società, nella Chiesa, nel mondo, senza metterci prima in discussione e senza impegnarci a cambiare anzitutto noi stessi. Ogni cambiamento fecondo, positivo, deve incominciare da noi stessi. Al contrario, non ci sarà cambiamento. Ma – spiega Gesù – facendo così il nostro sguardo è cieco. E se siamo ciechi non possiamo pretendere di essere guide e maestri per gli altri: un cieco, infatti, non può guidare un altro cieco (cfr v. 39).

Cari fratelli e sorelle, il Signore ci invita a ripulire il nostro sguardo. Per prima cosa ci chiede di guardare dentro di noi per riconoscere le nostre miserie. Perché se non siamo capaci di vedere i nostri difetti, saremo sempre portati a ingigantire quelli altrui. Se invece riconosciamo i nostri sbagli e le nostre miserie, si apre per noi la porta della misericordia. E dopo esserci guardati dentro, Gesù ci invita a guardare gli altri come fa Lui – questo è il segreto: guardare gli altri come fa Lui –, che non vede anzitutto il male, ma il bene. Dio ci guarda così: non vede in noi degli sbagli irrimediabili, ma vede dei figli che sbagliano. Cambia l’ottica: non si concentra sugli sbagli, ma sui figli che sbagliano. Dio distingue sempre la persona dai suoi errori. Salva sempre la persona. Crede sempre nella persona ed è sempre pronto a perdonare gli errori. Sappiamo che Dio perdona sempre. E ci invita a fare lo stesso: a non ricercare negli altri il male, ma il bene.

Dopo lo sguardo, Gesù oggi ci invita a riflettere sul nostro parlare. Il Signore spiega che la bocca «esprime ciò che dal cuore sovrabbonda» (v. 45). È vero, da come uno parla ti accorgi subito di quello che ha nel cuore. Le parole che usiamo dicono la persona che siamo. A volte, però, prestiamo poca attenzione alle nostre parole e le usiamo in modo superficiale. Ma le parole hanno un peso: ci permettono di esprimere pensieri e sentimenti, di dare voce alle paure che abbiamo e ai progetti che intendiamo realizzare, di benedire Dio e gli altri. Ma le parole hanno un peso: ci permettono di esprimere pensieri e sentimenti, di dare voce alle paure che abbiamo e ai progetti che intendiamo realizzare, di benedire Dio e gli altri. Purtroppo, però, con la lingua possiamo anche alimentare pregiudizi, alzare barriere, aggredire e perfino distruggere; con la lingua possiamo distruggere i fratelli: il pettegolezzo ferisce e la calunnia può essere più tagliente di un coltello! Al giorno d’oggi, poi, specialmente nel mondo digitale, le parole corrono veloci; ma troppe veicolano rabbia e aggressività, alimentano notizie false e approfittano delle paure collettive per propagare idee distorte. Un diplomatico, che fu Segretario Generale delle Nazioni Unite e vinse il Nobel per la Pace, disse che «abusare della parola equivale a disprezzare l’essere umano» (D. Hammarskjöld, Tracce di cammino, Magnano BI 1992, 131).

Domandiamoci allora che genere di parole utilizziamo: parole che esprimono attenzione, rispetto, comprensione, vicinanza, compassione, oppure parole che mirano principalmente a farci belli davanti agli altri? E poi, parliamo con mitezza o inquiniamo il mondo spargendo veleni: criticando, lamentandoci, alimentando l’aggressività diffusa?

La Madonna, Maria, di cui Dio ha guardato l’umiltà, la Vergine del silenzio che ora preghiamo, ci aiuti a purificare il nostro sguardo e il nostro parlare.

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Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle!

In questi giorni siamo stati sconvolti da qualcosa di tragico: la guerra. Più volte abbiamo pregato perché non venisse imboccata questa strada. E non smettiamo di pregare, anzi, supplichiamo Dio più intensamente. Per questo rinnovo a tutti l’invito a fare del 2 marzo, Mercoledì delle ceneri, una giornata di preghiera e digiuno per la pace in Ucraina. Una giornata per stare vicino alle sofferenze del popolo ucraino, per sentirci tutti fratelli e implorare da Dio la fine della guerra.

Chi fa la guerra dimentica l’umanità. Non parte dalla gente, non guarda alla vita concreta delle persone, ma mette davanti a tutto interessi di parte e di potere. Si affida alla logica diabolica e perversa delle armi, che è la più lontana dalla volontà di Dio. E si distanzia dalla gente comune, che vuole la pace; e che in ogni conflitto è la vera vittima, che paga sulla propria pelle le follie della guerra. Penso agli anziani, a quanti in queste ore cercano rifugio, alle mamme in fuga con i loro bambini… Sono fratelli e sorelle per i quali è urgente aprire corridoi umanitari e che vanno accolti.

Con il cuore straziato per quanto accade in Ucraina – e non dimentichiamo le guerre in altre parti del mondo, come nello Yemen, in Siria, in Etiopia… –, ripeto: tacciano le armi! Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza. Perché chi ama la pace, come recita la Costituzione Italiana, «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» (Art. 11).

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Ieri, a Granada, in Spagna, sono stati proclamati Beati il sacerdote Gaetano Giménez Martín e quindici compagni martiri, uccisi in odium fidei nel contesto della persecuzione religiosa degli anni Trenta del secolo scorso in Spagna. La testimonianza di questi eroici discepoli di Cristo possa suscitare in tutti il desiderio di servire il Vangelo con fedeltà e coraggio. Un applauso ai nuovi beati.

Saluto tutti voi, romani e pellegrini!

Saluto in particolare las niñas Quinceñeras di Panamá; i giovani universitari della diocesi di Porto; i fedeli di Mérida-Badajoz e di Madrid, in Spagna; quelli di Parigi e della Polonia; i gruppi di Reggio Calabria, della Sicilia e dell’Unità Pastorale Alta Langa; i cresimandi di Urgnano e i ragazzi di Petosino, diocesi di Bergamo.

Un saluto speciale a quanti sono venuti in occasione della Giornata delle Malattie Rare, che ricorre domani: incoraggio le diverse Associazioni dei malati e dei familiari, come pure i ricercatori che operano in questo campo. Vi sono vicino! Saluto i popoli qui presenti… Vedo anche tante bandiere dell’Ucraina! (in ucraino) Sia lodato Gesù Cristo!

A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci.

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domenica 27 febbraio 2022

Preghiera dei Fedeli - Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto (ME) - VIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno C


Fraternità Carmelitana 
di Pozzo di Gotto (ME)

Preghiera dei Fedeli

  VIII Domenica del Tempo Ordinario
Anno C
27 febbraio 2022 


Per chi presiede 

Fratelli e sorelle, dopo aver prestato ascolto alla Parola del Signore, che ci è stata proclamata, preghiamo con fiducia il Padre, perché questa Parola possa operare in noi e in tutta la chiesa una profonda trasformazione del nostro agire e del nostro pensare. Insieme diciamo:

R/ Signore pietà


Lettore

- Abbi pietà, o Signore Dio, della tua Chiesa, che pretende di essere maestra dell’umanità nell’osservare il comando dell’amore, ma essa stessa si presenta divisa nelle varie confessioni di fede, come la chiesa cattolica, le chiese riformate, la chiesa ortodossa, che non riescono a dialogare tra loro e soprattutto non riescono a fare del Vangelo il vero luogo di incontro. Preghiamo.

- Signore Dio, perdona noi e tutti i Paesi europei, così tentati dal ritorno ai vari egoismi nazionali, così inclini al linguaggio dell’odio e dell’esclusione. Signore Dio aiutaci a saper trovare una via di uscita da una guerra assurda, come quella tra Ucraina e Russia, apportatrice di morte per tante persone, annunzio di un futuro senza speranza. Preghiamo.

- Risplenda, Signore Dio, la tua luce e la tua misericordia nelle nostre famiglie, nei nostri quartieri, nelle nostre parrocchie. Donaci di saper usare le nostre parole non per giudicare, condannare o parlare male degli altri dietro le loro spalle, ma per far crescere la comprensione reciproca e per offrire all’altro una possibilità di conversione. Preghiamo.

- Ricordati, Signore Dio, di quanti sono nella prova, di chi vive momenti di vera disperazione. Sii vicino a quanti sono vittime del gioco d’azzardo, sia quello cosiddetto legale, sia quello clandestino. Accompagna con la forza del tuo Santo Spirito il difficile cammino formativo dei nostri studenti. Preghiamo.

- Davanti a Te, Signore Dio della vita, ci ricordiamo dei nostri parenti e amici defunti e delle vittime del corona-virus [pausa di silenzio]; ci ricordiamo anche di coloro – uomini e donne – che con il loro stile di vita disarmato e con le loro scelte di pace hanno donato la loro esistenza, portando frutti di amore, di fraternità e di giustizia. Accogli tutti nella comunione dei tuoi Santi. Preghiamo.


Per chi presiede 

O Dio, fonte della Sapienza, donaci occhi limpidi e un cuore rinnovato dal tuo Spirito, affinché possiamo vivere in questo mondo senza pregiudizi e ipocrisie, pettegolezzi e calunnie, ma come fratelli e sorelle nella fede e in umanità. Per Cristo nostro Signore. AMEN.


"Un cuore che ascolta lev shomea" - n. 17/2021-2022 anno C

"Un cuore che ascolta - lev shomea"

"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)



Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino

VIII Domenica del Tempo Ordinario

Vangelo:



La misericordia, accolta e donata ai fratelli, è l'unica strada percorribile, la sola via che conduce alla salvezza perché fa di noi dei «figli dell'Altissimo». Chi predica o insegna a fare in modo diverso è un falso maestro, un discepolo cieco che non ha mai fatto realmente esperienza della Grazia del Padre, pretendendo di guidare altri sulla via della giustizia, guida cieca di altri ciechi verso il baratro della perdizione. «Cieco è quindi il discepolo che non ha mai fatto esperienza della misericordia, per questo il suo agire è senza misericordia» (cit.). Siamo giudici severi e implacabili verso tutti fuorché verso noi stessi , discepoli sclerocardici, con un cuore duro come la roccia, piante la cui cattiveria è riconoscibile dai frutti che sanno di morte. E' la mancanza di misericordia il germoglio marcio del nostro albero cattivo. Proprio a causa dei frutti immangiabili che produciamo, siamo invitati a prendere coscienza di ciò riconoscendoci alberi cattivi, perché possiamo «accogliere l'innesto dell'unico legno buono: l'albero della misericordia di Dio che è la croce del suo Figlio» (cit.). Altre presunte vie di salvezza sono soltanto strade senza uscita che ci fanno smarrire l'unico sentiero percorribile che fa di noi dei figli salvati: la misericordia. 


sabato 26 febbraio 2022

GLI ALBERI LO SANNO - La legge perfetta è quella della fecondità. Ed è la stessa legge della morale evangelica: l'etica del frutto buono. E gli alberi sanno, nella loro natura, che non si vive in funzione di se stessi, ma della vita. - VIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO / C - Commento al Vangelo a cura di P. Ermes Ronchi

GLI ALBERI LO SANNO
 

La legge perfetta è quella della fecondità.
Ed è la stessa legge della morale evangelica: l'etica del frutto buono. 
E gli alberi sanno, nella loro natura, 
che non si vive in funzione di se stessi, ma della vita.
 

I commenti di p. Ermes al Vangelo della domenica sono due:
  • il primo per gli amici dei social
  • il secondo pubblicato su Avvenire

(...) Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: "Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio", mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello (...). Luca 6,39-45
per i social

GLI ALBERI LO SANNO

La legge perfetta è quella della fecondità. Ed è la stessa legge della morale evangelica: l'etica del frutto buono. E gli alberi sanno, nella loro natura, che non si vive in funzione di se stessi, ma della vita.

Dal buon tesoro del suo cuore, l'uomo buono non può che trarne il bene.

Il buon tesoro del cuore: definizione così bella e piena di speranza, di ciò che siamo nel nostro intimo mistero. Abbiamo tutti un tesoro buono custodito in vasi d'argilla; tutti, oro fino da distribuire. E il primo tesoro è il nostro cuore stesso: «un uomo vale quanto vale il suo cuore» (Gandhi).

Il cuore è tesoro da coltivare e custodire. La nostra esistenza è viva se abbiamo coltivato tesori di speranza e di passione per il bene possibile, per una buona politica possibile, per una casa comune dove sia possibile stare meglio tutti. La nostra realtà è viva quando è vivo il cuore. Infatti Gesù porta a compimento la sua rivoluzione su due direttrici: la linea della persona, che viene prima della legge e della stessa fede, e la linea del cuore, che muove tutto in noi.

Accade come per gli alberi. Gesù ci conduce oggi alla loro scuola: un albero buono non produce frutti guasti.

La legge dell’albero è semplice: vivere, crescere, dare frutto. La legge perfetta è quella della fecondità. Ed è la stessa legge che ispira la morale evangelica: un'etica del frutto buono, della fecondità creativa, del gesto che fa bene davvero, della parola che consola guarendo, del sorriso autentico.

Il giudizio finale (Matteo 25) non sarà l’aula di un tribunale, ma la rivelazione della verità ultima del vivere; il dramma non saranno le nostre mani sporche, ma le mani desolatamente vuote, senza frutti buoni offerti alla fame d'altri.

Invece gli alberi sanno, nella loro natura, che non si vive in funzione di se stessi, ma al servizio della vita. Ed ecco che ad ogni autunno ci incanta lo spettacolo dei rami gonfi di frutti, un eccesso, uno scialo, uno spreco di semi, che sono per gli uccelli del cielo, per gli animali della terra, per gli insetti brulicanti, per i figli dell'uomo.

Le leggi profonde che reggono la vita sono le stesse della realtà spirituale. Il cuore del cosmo non dice sopravvivenza; la legge che orienta tutto ciò che vive è dare, crescere e fiorire, creare e donare. Come alberi buoni.

Ma abbiamo anche una radice di male in noi. Perché guardi la pagliuzza nell'occhio di tuo fratello? Perché ti perdi a cercare fuscelli, a sprecare energia guardando l'ombra anziché la luce di quel volto?

Non è così lo sguardo di Dio, lui non si spreca così. Il Creatore vide che l'uomo e la donna erano cosa molto buona! È lui il primo che trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore di luce, e lo proietta sulle creature.

L'occhio buono non cerca travi o pagliuzze, occhi feriti o cattivi tesori, ma si posa su un Eden di cui nessuno è privo. Invece l'occhio cattivo trae fuori dal proprio cuore oscurità ed emana ombre.

«Con ogni cura veglia sul tuo cuore, perché è la sorgente della vita» (Proverbi 4,23).

per Avvenire

Chi non ama vede solo il male attorno a sé  (...)

Leggi su Avvenire



Giacobbe ed Esaù: dal conflitto al riconoscimento del volto dell’altro - Francesco Ciaccia - I MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA 2022 (VIDEO)

I MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA 2022
Giacobbe ed Esaù:
dal conflitto al riconoscimento
del volto dell’altro
Francesco Ciaccia
(VIDEO INTEGRALE)

23 febbraio 2022
Quarto dei
I MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA 2022
"Volti di fraternità e sororità
nella fede biblica"

promossi dalla
Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto (ME)


1. Introduzione

Inaugurata dal fratricidio, la fraternità biblica nasce sotto il segno della gelosia, del desiderio di prevalere sull’altro. E quando questo non è possibile, il fratello se non viene eliminato, almeno viene svenduto, messo nelle mani degli schiavisti perché se lo portino via, lontano. Così il tema della fraternità ripercorre tutto il libro della Genesi.

All’interno di questa problematicità relazionale, si situa la storia di Giacobbe ed Esaù: due gemelli nati dall’amore di Isacco e Rebecca.

Il lettore si trova di fronte due personalità particolarmente forti e caratterialmente ben delineate. Diversamente, infatti, dalla relazione di Caino e Abele, dove il secondogenito sembra quasi fungere da elemento enfatizzante della figura del primo, nella narrazione dei figli di Isacco il lettore si trova di fronte a due personalità complesse a confronto, nessuno dei due vuole fungere da ombra dell’altro. Per questo cercano di farsi spazio a forza di spintoni fin dal grembo materno.
...

Tuttavia, nell’affrontare questi brani del ciclo di Giacobbe, vedremo che lo stesso autore sacro, ci farà comprendere come oltre ai due personaggi biblici, ci sia il confronto tra le culture di due nazioni confinanti: Edom e Israele, i quali dovranno imparare, non senza difficoltà e ostacoli, a dialogare, a vivere da riconciliati. Da fratelli, appunto. Ma questo potranno farlo solo nella misura in cui riconosceranno che l’altro non è un ostacolo per la propria realizzazione personale, ma al contrario un motivo di arricchimento, pur nella diversità di stili di vita e di vedute.

Lungo le vicende della loro vita, gli spintoni per emergere, i colpi bassi, i complotti e i desideri di rivalsa e di vendetta, Giacobbe ed Esaù riconosceranno che il conflitto e l’arrivismo non portano null’altro se non frustrazioni e sofferenze. Soprattutto comprenderanno che non si può vivere senza l’altro, per quanto possa aver fatto qualche sgambetto. C’è chi dovrà ritornare sui suoi passi dopo alcuni anni di esilio, ammettendo le sue colpe, e chi dovrà imparare a perdonare, deponendo le armi e i rancori del passato, accogliendo e donando pace senza pretendere nulla in cambio

... 

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Incontro integrale


Guarda i post:
- il calendario completo degli incontri

- Caino e Abele: una fraternità soffocata - Gregorio Battaglia - I PRIMO DEI MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA 2022 (VIDEO)

- Abramo, lo sradicato e il forestiero, divenuto “tenda” ospitale e segno di benedizione - Aurelio Antista - I MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA 2022 (VIDEO)

- Noè: rifondare in Dio i vincoli della fraternità umana - Carmelo Russo - MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA 2022 (VIDEO)

Ucraina, il Vaticano: lo scontro è un “incubo”. Spadaro cita l’appello di Pio XII prima del II conflitto mondiale: “Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra”

Ucraina, il Vaticano: lo scontro è un “incubo”.
Spadaro cita l’appello di Pio XII prima del II conflitto mondiale: “Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra”

Guardando alla giornata di digiuno indetta da Bergoglio per il 2 marzo, il Direttore della Civiltà Cattolica rilancia l’appello di Papa Pacelli: si riprenda «a trattare». A Bari un incontro di preghiera con gli ortodossi


Anche Oltretevere stamattina i prelati si sono svegliati con l’«incubo», come è stato definito da L’Osservatore Romano, che si è tramutato in realtà: la guerra in Ucraina. Mentere cattolici e ortodossi organizzano un incontro di preghiera insieme a Bari sulla tomba di san Nicola, tra chi ha manifestato il suo dolore per le bombe e i missili su Kiev c’è padre Antonio Spadaro, direttore della rivista dei Gesuiti La Civiltà Cattolica - le cui bozze vengono viste dalla Segreteria di Stato vaticana - e consigliere di papa Francesco, di cui ha rilanciato l’appello di ieri per fermare la «follia» della guerra. Il Pontefice ha voluto appellarsi «a quanti hanno responsabilità politiche, perché facciano un serio esame di coscienza davanti a Dio, che è Dio della pace e non della guerra; che è Padre di tutti, non solo di qualcuno, che ci vuole fratelli e non nemici». E poi Spadaro in un altro tweet cita il drammatico radiomessaggio di Pio XII «rivolto ai governanti ed ai popoli nell'imminente pericolo» della seconda guerra mondiale, il 24 agosto 1939: «Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra. Ritornino gli uomini a comprendersi. Riprendano a trattare. Trattando con buona volontà e con rispetto dei reciproci diritti si accorgeranno che ai sinceri negoziati non è mai precluso un onorevole successo».

Per Andrea Tornielli, direttore editoriale dei media vaticani, il conflitto è un dramma «per tutti, e in particolare per la generazione che ha conosciuto le speranze innescate dalla caduta del Muro di Berlino nel 1989», rileva sul quotidiano della Santa Sede. Dopo gli anni «della distensione, continuando ad applicare al nuovo mondo i vecchi schemi militari, prima è tornata la Guerra Fredda, poi la guerriglia» e ora la «guerra guerreggiata». Osserva che nei giorni scorsi «anche Romano Prodi ha ricordato che nel 2008 Francia e Germania votarono contro l’adesione dell’Ucraina alla Nato perché avrebbe rappresentato un atto ostile verso la Russia». Poi precisa: «La responsabilità della guerra è sempre di chi la fa invadendo un altro Paese. C’è però da domandarsi: qual è la strada per trovare una soluzione pacifica? Va ricercata dentro gli schemi bellici delle alleanze militari che si espandono e si restringono o piuttosto in qualcosa di nuovo in grado di farsi anche carico degli errori del passato (che non stanno da una parte sola) restituendo una prospettiva realistica alla speranza di una diversa convivenza fra i popoli?».

Vatican News, il sito della Santa Sede, stamattina riporta la testimonianza di padre Radko Vaolodymyr da Lviv «È guerra, sentiamo notizie di bombardamenti di numerosi villaggi e anche di grandi città. Il nostro patriarca ci ha chiamato tutti questa mattina per invitarci alla preghiera. Io mi trovo ancora nella città di Lviv, a circa 60 chilometri dal confine con la Polonia. Posso testimoniare che da alcuni minuti si sentono le sirene. Cerchiamo di non cedere al panico. L’attivazione delle sirene significa che dobbiamo essere prudenti e nasconderci. A mezzanotte, ora ucraina, iniziava lo stato di emergenza, e questa mattina il presidente ha dichiarato lo stato militare, quindi è iniziata una guerra aperta. Abbiamo bisogno di preghiera per aiutarci a non cedere al panico e tenere la calma, nella speranza di riuscire a vincere questo male».

«L'ora più buia». Così oggi L'Osservatore Romano titola in prima pagina l'attacco in Ucraina. «Nella notte le forze russe hanno colpito diverse città e attraversato i confini in più punti», scrive il quotidiano d'Oltretevere che riporta anche la «forte condanna della comunità internazionale» e l'intervento della Santa Sede, con le parole del Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin: «C'è ancora spazio per il negoziato». Di fronte agli sviluppi «odierni della crisi in Ucraina, risaltano ancora più nette e più accorate le parole che il Santo Padre Francesco ha pronunciato ieri al termine dell’Udienza generale. Il Papa ha evocato “grande dolore”, “angoscia e preoccupazione”. Ed ha invitato tutte le Parti coinvolte ad “astenersi da ogni azione che provochi ancora più sofferenza alle popolazioni”, “destabilizzi la convivenza pacifica” e “screditi il diritto internazionale”. Questo appello acquista una drammatica urgenza dopo l’inizio delle operazioni militari russe in territorio ucraino. I tragici scenari che tutti temevano stanno diventando purtroppo realtà. Ma c’è ancora tempo per la buona volontà, c’è ancora spazio per il negoziato, c’è ancora posto per l’esercizio di una saggezza che impedisca il prevalere degli interessi di parte, tuteli le legittime aspirazioni di ognuno e risparmi il mondo dalla follia e dagli orrori della guerra. Noi credenti non perdiamo la speranza su un barlume di coscienza di coloro che hanno in mano i destini del mondo. E continuiamo a pregare e digiuniamo – lo faremo il prossimo mercoledì delle Ceneri – per la pace in Ucraina e nel mondo intero».

Nel frattempo l'arcivescovo di Bari-Bitonto, monsignor Giuseppe Satriano, e il rettore della Chiesa ortodossa russa di Bari, Viacheslav Bachin, si uniranno in preghiera per la regione del Donbass in Ucraina e lo faranno sulla tomba di san Nicola, nella cripta della basilica a Bari, il 26 febbraio alle 19,45. Lo comunica Satriano: «La Chiesa di Dio che è in Bari-Bitonto, che custodisce le reliquie del Santo Vescovo Taumaturgo Nicola, avverte particolarmente l'interiore appello e responsabilità ad essere testimone di comunione tra Oriente e Occidente», dice l’Arcivescovo nella nota diffusa questa mattina. Da quel luogo «nel quale ogni giorno cattolici e ortodossi pregano uno affianco all'altro, educandosi alla pacifica convivenza e alla mutua stima, possa risuonare forte l'appello per la pace nel mondo, soprattutto in quei luoghi dove altri cristiani delle diverse confessioni si trovano a convivere assieme». Il desiderio «condiviso ecumenicamente del popolo santo di Dio, che già soffre per le conseguenze della crisi pandemica, provochi ulteriormente le coscienze affinché si trovino soluzioni diplomatiche alla crisi ucraina».

I Vescovi del Mediterraneo, riuniti a Firenze per l’incontro «Mediterraneo frontiera di pace», esprimono «preoccupazione e dolore per lo scenario drammatico in Ucraina, e rinnovano la loro vicinanza alle comunità cristiane del Paese. Accogliendo l’invito di Papa Francesco a vivere il 2 marzo una giornata di digiuno e preghiera per la pace, i Vescovi fanno appello alla coscienza di quanti hanno responsabilità politiche perché tacciano le armi. Ogni conflitto porta con sé morte e distruzione, provoca sofferenza alle popolazioni, minaccia la convivenza tra le nazioni. Si fermi la follia della guerra! I Vescovi del Mediterraneo conoscono bene questo flagello, per questo chiedono a una sola voce la pace». Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei) e arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, nel suo intervento di apertura dell’«Incontro dei Vescovi e Sindaci del Mediterraneo» a Firenze, in corso fino a domenica, dopo avere evidenziato la «fragilità» delle «nuove democrazie» nate dalla caduta dell'impero sovietico, ha richiamato al «realismo di Giorgio La Pira» per affermare che «la guerra è impossibile nell'era atomica, occorre trovare altre soluzioni per dirimere le questioni che dividono i popoli: non c'è alternativa al negoziato globale. È realistico pensare che la “pietra e la fionda” possano essere ancora il metodo utilizzato per regolare la vita sul nostro pianeta, dopo che da circa 70 anni l'umanità intera è posta sotto la spada di Damocle di una potenziale ecatombe nucleare?», ha domandato. Inoltre, gli Stati «non sembrano avere la forza, a fronte dell'eventuale buona volontà dei loro leader, di superare il meccanismo strutturato dai rapporti di forza. I nostri popoli, le nostre città e le nostre comunità religiose, invece, possono svolgere un ruolo straordinario: possono spingerli verso un orizzonte di pace e di fraternità»

Manifestano la loro ansia – e le loro specifiche idee sulla guerra in Ucraina - le Acli (Associazioni cristiane Lavoratori italiani) in una nota: «Condanniamo fortemente l'aggressione militare Russa ai danni della sovranità della Repubblica Ucraina e ci uniamo a tutte le preghiere, le manifestazioni, i cortei che chiederanno la pace e che ritengono che la pace esista solo nella giustizia, e che non siano ammesse ambiguità nel distinguere torti e ragioni, oppressi ed oppressori, aggrediti ed aggressori». Le Acli sono vicine «alle persone e alle famiglie in Ucraina sotto attacco, e ci stringiamo forte ai nostri amici del Patronato Acli lì presenti». La scelta per la pace «non può far dimenticare che in questo momento la Federazione Russa svolge il ruolo dell'aggressore, attentando all'integrità territoriale e alla libertà di un Paese confinante». Le Acli esortano «tutti gli interlocutori, per primo il Governo russo, ad abbandonare immediatamente il piano del confronto armato e a tornare a quello delle trattative diplomatiche, avendo come unico bene da tutelare la libertà e il benessere dei popoli. Invitiamo per questo motivo tutte le cittadine e i cittadini ad esporre le bandiere della pace - concludono - e ci uniamo, con le donne e gli uomini di buona volontà, alla giornata di digiuno per la pace promossa da Papa Francesco per il 2 marzo prossimo».
(fonte: Vatican Insider, articolo di Domenico Agasso 24/02/2022)


venerdì 25 febbraio 2022

Guerra Ucraina, da Assisi l'appello di Pace

Guerra Ucraina, da Assisi l'appello di Pace
 

La comunità cittadina e la comunità ecclesiale di Assisi, custodi del messaggio di pace di San Francesco e Santa Chiara non possono restare in silenzio di fronte alla guerra che torna ad affacciarsi nel vecchio continente.

A chi la sta fomentando e avviando, con conseguenze che possono essere terribili, gridiamo: in nome di Dio, dell’umanità e del buon senso, fermatevi! Vogliamo farci voce innanzitutto delle vittime che la guerra non la scelgono ma la subiscono e vogliamo farci eco delle parole di Papa Francesco che, rivolgendosi “a tutti, credenti e non credenti”, ha richiamato l’insegnamento di Gesù “beati i costruttori di pace” sottolineando “l’insensatezza diabolica della violenza”. Per questo chiediamo a tutte le forze in campo di rinunciare all’uso della forza e di ritornare al tavolo del dialogo e del negoziato, a ridare la parola alla diplomazia e alla politica che, per sua stessa natura, deve essere sempre al servizio del bene.

Ci rivolgiamo all’Organizzazione delle Nazioni Unite che nasce proprio per “salvare le future generazioni dal flagello della guerra” affinché torni a esercitare un ruolo centrale in questa crisi. Per riproporre questi valori primari, presso le sedi comunali di Assisi sarà esposta da oggi la bandiera della pace: sia un segno per tutti, cittadini, pellegrini e turisti.

L’Amministrazione Comunale chiederà alle scuole di portare, il 2 marzo, scolari e studenti a sostare in silenzio nella piazza del Comune anche per pochi minuti per riflettere sul valore centrale della pace. Nello stesso tempo l’Amministrazione chiede alle bambine e ai bambini, alle ragazze e ai ragazzi di tutte le scuole di Assisi di preparare messaggi, tantissimi messaggi, nella forma del disegno o delle parole più semplici che il Comune farà arrivare ai presidenti di Ucraina e Russia oltre al Segretario delle Nazioni Unite: un appello di pace che giunga dai più piccoli e che tocchi i cuori di chi ha nelle proprie mani le sorti del mondo.

Questi piccoli segni vogliono levare, da Assisi, un appello alla pace, per risvegliare in tutte e tutti il desiderio sincero della pace autentica che non passa mai attraverso la via della guerra ma solo attraverso il dialogo e la comprensione reciproca.

La Diocesi, da parte sua, invita i fedeli alla preghiera costante, facendolo in modo speciale, con il coordinamento della Commissione Spirito di Assisi, sabato 26 febbraio alle ore 21, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli con una veglia di preghiera, domenica 27 settembre, giornata mensile di preghiera per la pace, con un’intenzione di preghiera in tutte le Sante Messe e specie nella messa presieduta dal vescovo a mezzogiorno nella Basilica di San Francesco; il 2 marzo, giornata indicata dal Papa, con un avvicendamento nell’adorazione eucaristica nella Chiesa di S. Maria sopra Minerva, nel cuore della città.

Ci facciamo interpreti del sentimento della comunità civile e religiosa di Assisi, per esprimere la ferma condanna della guerra e della violenza, di ogni forma di sopruso e di aggressione, e al contempo per gridare al mondo che la pace è possibile e che ciascuno di noi ha un ruolo e per questo nessuno deve rimanere indifferente! Francesco e Chiara ci insegnano a sognare l’impossibile e a sperare anche nelle situazioni più disperate. Da Assisi, città messaggio della pace e per la pace, chiediamo a tutti coloro che ne hanno il potere, di fermare ogni atto di violenza e di fare spazio alla diplomazia, al dialogo, alla speranza, alla pace!

Stefania Proietti
Sindaco di Assisi

Mons. Domenico Sorrentino
ArciVescovo di Assisi Nocera Umbra Gualdo Tadino e Foligno

Fr. Marco Moroni OFMConv
Custode della Basilica Papale di San Francesco e del Sacro Convento di Assisi

Fr. Massimo Travascio OFM
Custode della Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola

Fr. Matteo Siro OFMCapp
Ministro della Provincia dei Frati minori Cappuccini del Centro Italia

Fr. Paolo Benanti
Ministro della Provincia di San Francesco d'Assisi del Terz'Ordine Regolare

don Tonio Dell’Olio
Presidente Commissione spirito di Assisi
(fonte: San Francesco Patrono d'Italia)


Quelle donne inginocchiate a Kiev sono delle perdenti?

Quelle donne inginocchiate a Kiev sono delle perdenti?
di Riccardo Bonacina 


Commentando una invocazione di Donn’Anna Luna in La vita che ti diedi, "Ah, mio Dio, non resisto più; fammi piegare i ginocchi!", Pirandello sottolinea che non c’è niente di più umano di quel piegare i ginocchi e rivolgersi al cielo, al destino e dialogare con lui. Chi non ha provato questa esperienza del non bastare a se stesso e di aver bisogno di aiuto, dice Pirandello, non è compiutamente uomo.

Pensavo a questo vedendo l’immagine di un gruppo di donne inginocchiate sui marciapiedi di Kiev a pregare questa mattina.

La guerra le ha raggiunte attraverso con esplosione e tank russi per le strade. Ma a che serve verrebbe da dire, come possono quelle ginocchia piegate fermare i tank? Hanno ragione loro e ha ragione Papa Francesco quando invita alla preghiera e al digiuno? “Le preghiere e le invocazioni che oggi si levano fino al cielo tocchino le menti e i cuori dei responsabili in terra, perché facciano prevalere il dialogo e il bene di tutti sia anteposto agli interessi di parte. Preghiamo per la pace con il Padre Nostro: è la preghiera dei figli - ha affermato il Papa - che si rivolgono allo stesso Padre, è la preghiera che ci fa fratelli, è la preghiera dei fratelli che implorano riconciliazione e concordia”.

Nel Messaggio per la Giornata della pace del 2017 Francesco elogiò la nonviolenza come metodo di costruzione della pace e concluse il messaggio così: «Tutti desideriamo la pace; tante persone la costruiscono ogni giorno con piccoli gesti e molti soffrono e sopportano pazientemente la fatica di tanti tentativi per costruirla». Impegniamoci, con la preghiera e con l’azione, a diventare persone che hanno bandito dal loro cuore, dalle loro parole e dai loro gesti la violenza, e a costruire comunità nonviolente, che si prendono cura della casa comune. Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace».

Impegnarsi con la preghiera e l’azione, quindi. Oggi ascoltiamo la voce dei grandi che parlano di guerra. Abbiamo un grande bisogno di ascoltare la voce dei piccoli che parlano di pace. È già successo nella storia, ora tocca a noi.

Ricordandoci dei grandi esempi, come quello di Madre Teresa che quando ricevette il premio Nobel per la Pace nel 1979, disse: «Nella nostra famiglia non abbiamo bisogno di bombe e di armi, di distruggere per portare pace, ma solo di stare insieme, di amarci gli uni gli altri […] E potremo superare tutto il male che c’è nel mondo. Perché la forza delle armi è ingannevole. Mentre i trafficanti di armi fanno il loro lavoro, ci sono i poveri operatori di pace che soltanto per aiutare una persona, un’altra, un’altra, un’altra, danno la vita»

La potenza dei potenti, quella che distrugge e ci rende tutti più poveri, è solo una maschera di un’abissale impotenza, la potenza è di chi non si stanca di fare il bene e di perseguirlo, un gesto dopo l’altro, un incontro dopo l’altro.
(fonte: Vita 24/02/2022)

giovedì 24 febbraio 2022

TONIO DELL'OLIO Il tempo del silenzio


Il tempo del silenzio
SCRITTO DA TONIO DELL'OLIO 
 PUBBLICATO IN MOSAICO DEI GIORNI IL 24 FEBBRAIO 2022

Quando le bombe fanno rumore e le esplosioni urlano l'odio, a nulla serve gridare più forte, imprecare, levare la voce. Quando la politica, il dialogo e la diplomazia cedono il passo allo stato maggiore e alla tattica militare, le parole, le dichiarazioni tardive e le buone maniere non fermano la distruzione.

Insomma la guerra si vince sui decibel. La pace è questione di silenzio. 

Per questo serve qualcosa di più profondo piuttosto che di più urlato. E questo è il tempo del silenzio che si fa preghiera, come le lacrime e il dolore delle vittime. Questo è il tempo di pensare con gli occhi e con l'anima. Con gli stessi sentimenti della mamma di Kiev che guarda il proprio bambino di pochi mesi. 

Con un tempismo dello Spirito, Papa Francesco ha invocato il digiuno: "E ora vorrei appellarmi a tutti, credenti e non credenti. Gesù ci ha insegnato che all'insensatezza diabolica della violenza si risponde con le armi di Dio, con la preghiera e il digiuno". E ha convocato una "Giornata di digiuno per la pace" per il prossimo 2 marzo, Mercoledì delle ceneri. 

Un silenzio che è esattamente il contrario della connivenza e della rassegnazione di fronte alla "insensatezza diabolica della violenza".



«Non stanchiamoci di fare il bene» MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA QUARESIMA 2022 (testo integrale)

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
PER LA QUARESIMA 2022

«Non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo
a suo tempo mieteremo. Poiché dunque ne abbiamo l’occasione,
operiamo il bene verso tutti» (Gal 6,9-10a)



Cari fratelli e sorelle,

la Quaresima è tempo favorevole di rinnovamento personale e comunitario che ci conduce alla Pasqua di Gesù Cristo morto e risorto. Per il cammino quaresimale del 2022 ci farà bene riflettere sull’esortazione di San Paolo ai Galati: «Non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo a suo tempo mieteremo. Poiché dunque ne abbiamo l’occasione (kairós), operiamo il bene verso tutti» (Gal 6,9-10a).

1. Semina e mietitura

In questo brano l’Apostolo evoca l’immagine della semina e della mietitura, tanto cara a Gesù (cfr Mt 13). San Paolo ci parla di un kairós: un tempo propizio per seminare il bene in vista di una mietitura. Cos’è per noi questo tempo favorevole? Certamente lo è la Quaresima, ma lo è anche tutta l’esistenza terrena, di cui la Quaresima è in qualche modo un’immagine. [1] Nella nostra vita troppo spesso prevalgono l’avidità e la superbia, il desiderio di avere, di accumulare e di consumare, come mostra l’uomo stolto della parabola evangelica, il quale riteneva la sua vita sicura e felice per il grande raccolto accumulato nei suoi granai (cfr Lc 12,16-21). La Quaresima ci invita alla conversione, a cambiare mentalità, così che la vita abbia la sua verità e bellezza non tanto nell’avere quanto nel donare, non tanto nell’accumulare quanto nel seminare il bene e nel condividere.

Il primo agricoltore è Dio stesso, che con generosità «continua a seminare nell’umanità semi di bene» (Enc. Fratelli tutti, 54). Durante la Quaresima siamo chiamati a rispondere al dono di Dio accogliendo la sua Parola «viva ed efficace» (Eb 4,12). L’ascolto assiduo della Parola di Dio fa maturare una pronta docilità al suo agire (cfr Gc 1,21) che rende feconda la nostra vita. Se già questo ci rallegra, ancor più grande però è la chiamata ad essere «collaboratori di Dio» (1 Cor 3,9), facendo buon uso del tempo presente (cfr Ef 5,16) per seminare anche noi operando il bene. Questa chiamata a seminare il bene non va vista come un peso, ma come una grazia con cui il Creatore ci vuole attivamente uniti alla sua feconda magnanimità.

E la mietitura? Non è forse la semina tutta in vista del raccolto? Certamente. Il legame stretto tra semina e raccolto è ribadito dallo stesso San Paolo, che afferma: «Chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà» (2 Cor 9,6). Ma di quale raccolto si tratta? Un primo frutto del bene seminato si ha in noi stessi e nelle nostre relazioni quotidiane, anche nei gesti più piccoli di bontà. In Dio nessun atto di amore, per quanto piccolo, e nessuna «generosa fatica» vanno perduti (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 279). Come l’albero si riconosce dai frutti (cfr Mt 7,16.20), così la vita piena di opere buone è luminosa (cfr Mt 5,14-16) e porta il profumo di Cristo nel mondo (cfr 2 Cor 2,15). Servire Dio, liberi dal peccato, fa maturare frutti di santificazione per la salvezza di tutti (cfr Rm 6,22).

In realtà, ci è dato di vedere solo in piccola parte il frutto di quanto seminiamo giacché, secondo il proverbio evangelico, «uno semina e l’altro miete» (Gv 4,37). Proprio seminando per il bene altrui partecipiamo alla magnanimità di Dio: «È grande nobiltà esser capaci di avviare processi i cui frutti saranno raccolti da altri, con la speranza riposta nella forza segreta del bene che si semina» (Enc. Fratelli tutti, 196). Seminare il bene per gli altri ci libera dalle anguste logiche del tornaconto personale e conferisce al nostro agire il respiro ampio della gratuità, inserendoci nel meraviglioso orizzonte dei benevoli disegni di Dio.

La Parola di Dio allarga ed eleva ancora di più il nostro sguardo: ci annuncia che la mietitura più vera è quella escatologica, quella dell’ultimo giorno, del giorno senza tramonto. Il frutto compiuto della nostra vita e delle nostre azioni è il «frutto per la vita eterna» (Gv 4,36), che sarà il nostro «tesoro nei cieli» (Lc 12,33; 18,22). Gesù stesso usa l’immagine del seme che muore nella terra e fruttifica per esprimere il mistero della sua morte e risurrezione (cfr Gv 12,24); e San Paolo la riprende per parlare della risurrezione del nostro corpo: «È seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità; è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza; è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale» (1 Cor 15,42-44). Questa speranza è la grande luce che Cristo risorto porta nel mondo: «Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti» (1 Cor 15,19-20), affinché coloro che sono intimamente uniti a lui nell’amore, «a somiglianza della sua morte» (Rm 6,5), siano anche uniti alla sua risurrezione per la vita eterna (cfr Gv 5,29): «Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro» (Mt 13,43).

2. «Non stanchiamoci di fare il bene»

La risurrezione di Cristo anima le speranze terrene con la «grande speranza» della vita eterna e immette già nel tempo presente il germe della salvezza (cfr Benedetto XVI, Enc. Spe salvi, 3; 7). Di fronte all’amara delusione per tanti sogni infranti, di fronte alla preoccupazione per le sfide che incombono, di fronte allo scoraggiamento per la povertà dei nostri mezzi, la tentazione è quella di chiudersi nel proprio egoismo individualistico e rifugiarsi nell’indifferenza alle sofferenze altrui. Effettivamente, anche le migliori risorse sono limitate: «Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono» (Is 40,30). Ma Dio «dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato. […] Quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi» (Is 40,29.31). La Quaresima ci chiama a riporre la nostra fede e la nostra speranza nel Signore (cfr 1 Pt 1,21), perché solo con lo sguardo fisso su Gesù Cristo risorto (cfr Eb 12,2) possiamo accogliere l’esortazione dell’Apostolo: «Non stanchiamoci di fare il bene» (Gal 6,9).

Non stanchiamoci di pregare. Gesù ha insegnato che è necessario «pregare sempre, senza stancarsi mai» ( Lc 18,1). Abbiamo bisogno di pregare perché abbiamo bisogno di Dio. Quella di bastare a noi stessi è una pericolosa illusione. Se la pandemia ci ha fatto toccare con mano la nostra fragilità personale e sociale, questa Quaresima ci permetta di sperimentare il conforto della fede in Dio, senza la quale non possiamo avere stabilità (cfr Is 7,9). Nessuno si salva da solo, perché siamo tutti nella stessa barca tra le tempeste della storia; [2] ma soprattutto nessuno si salva senza Dio, perché solo il mistero pasquale di Gesù Cristo dà la vittoria sulle oscure acque della morte. La fede non ci esime dalle tribolazioni della vita, ma permette di attraversarle uniti a Dio in Cristo, con la grande speranza che non delude e il cui pegno è l’amore che Dio ha riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (cfr Rm 5,1-5).

Non stanchiamoci di estirpare il male dalla nostra vita. Il digiuno corporale a cui ci chiama la Quaresima fortifichi il nostro spirito per il combattimento contro il peccato. Non stanchiamoci di chiedere perdono nel sacramento della Penitenza e della Riconciliazione, sapendo che Dio mai si stanca di perdonare. [3] Non stanchiamoci di combattere contro la concupiscenza, quella fragilità che spinge all’egoismo e ad ogni male, trovando nel corso dei secoli diverse vie attraverso le quali far precipitare l’uomo nel peccato (cfr Enc. Fratelli tutti, 166). Una di queste vie è il rischio di dipendenza dai media digitali, che impoverisce i rapporti umani. La Quaresima è tempo propizio per contrastare queste insidie e per coltivare invece una più integrale comunicazione umana (cfr ibid., 43) fatta di «incontri reali» ( ibid., 50), a tu per tu.

Non stanchiamoci di fare il bene nella carità operosa verso il prossimo. Durante questa Quaresima, pratichiamo l’elemosina donando con gioia (cfr 2 Cor 9,7). Dio «che dà il seme al seminatore e il pane per il nutrimento» (2 Cor 9,10) provvede per ciascuno di noi non solo affinché possiamo avere di che nutrirci, bensì affinché possiamo essere generosi nell’operare il bene verso gli altri. Se è vero che tutta la nostra vita è tempo per seminare il bene, approfittiamo in modo particolare di questa Quaresima per prenderci cura di chi ci è vicino, per farci prossimi a quei fratelli e sorelle che sono feriti sulla strada della vita (cfr Lc 10,25-37). La Quaresima è tempo propizio per cercare, e non evitare, chi è nel bisogno; per chiamare, e non ignorare, chi desidera ascolto e una buona parola; per visitare, e non abbandonare, chi soffre la solitudine. Mettiamo in pratica l’appello a operare il bene verso tutti, prendendoci il tempo per amare i più piccoli e indifesi, gli abbandonati e disprezzati, chi è discriminato ed emarginato (cfr Enc. Fratelli tutti, 193).

3. «Se non desistiamo, a suo tempo mieteremo»

La Quaresima ci ricorda ogni anno che «il bene, come anche l’amore, la giustizia e la solidarietà, non si raggiungono una volta per sempre; vanno conquistati ogni giorno» (ibid., 11). Chiediamo dunque a Dio la paziente costanza dell’agricoltore (cfr Gc 5,7) per non desistere nel fare il bene, un passo alla volta. Chi cade, tenda la mano al Padre che sempre ci rialza. Chi si è smarrito, ingannato dalle seduzioni del maligno, non tardi a tornare a Lui che «largamente perdona» (Is 55,7). In questo tempo di conversione, trovando sostegno nella grazia di Dio e nella comunione della Chiesa, non stanchiamoci di seminare il bene. Il digiuno prepara il terreno, la preghiera irriga, la carità feconda. Abbiamo la certezza nella fede che «se non desistiamo, a suo tempo mieteremo» e che, con il dono della perseveranza, otterremo i beni promessi (cfr Eb 10,36) per la salvezza nostra e altrui (cfr 1 Tm 4,16). Praticando l’amore fraterno verso tutti siamo uniti a Cristo, che ha dato la sua vita per noi (cfr 2 Cor 5,14-15) e pregustiamo la gioia del Regno dei cieli, quando Dio sarà «tutto in tutti» (1 Cor 15,28).

La Vergine Maria, dal cui grembo è germogliato il Salvatore e che custodiva tutte le cose «meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19) ci ottenga il dono della pazienza e ci sia vicina con la sua materna presenza, affinché questo tempo di conversione porti frutti di salvezza eterna.

Roma, San Giovanni in Laterano, 11 novembre 2021, Memoria di San Martino Vescovo.

FRANCESCO

[1] Cfr S. Agostino, Serm. 243, 9,8; 270, 3; En. in Ps. 110, 1.
[3] Cfr Angelus del 17 marzo 2013.