martedì 14 settembre 2021

Viaggio di Papa Francesco a Budapest e in Slovacchia (12-15 settembre 2021) Bratislava Visita al Centro Betlemme - Incontro con la Comunità ebraica (testi, foto e video)

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
A BUDAPEST, IN OCCASIONE DELLA SANTA MESSA CONCLUSIVA
DEL 52.mo CONGRESSO EUCARISTICO INTERNAZIONALE, 
E IN SLOVACCHIA
12-15 SETTEMBRE 2021

Lunedì, 13 settembre 2021

BRATISLAVA

16:00 Visita privata al “Centro Betlemme” a Bratislava
16:45 Incontro con la Comunità ebraica in Piazza Rybné námestie a Bratislava
18:00 Visita del Presidente del Parlamento presso la Nunziatura Apostolica a Bratislava
18:15 Visita del Primo Ministro presso la Nunziatura Apostolica a Bratislava

VISITA PRIVATA AL “CENTRO BETLEMME” 

"Centro Betlemme" (Bratislava)








Una visita tutta pastorale quella che ha aperto il pomeriggio di Papa Francesco a Bratislava. La visita al Centro Betlemme delle Suore Missionarie della Carità è stata segnata da abbracci e sguardi Nel centro si trovano riuniti i senzatetto assistiti dalle Suore della Congregazione di Madre Teresa.

La struttura gestita dalle Suore della Congregazione di Madre Teresa, si trova in un quartiere periferico di Bratislava, simbolo dell’edilizia popolare comunista degli anni Settanta: una ex scuola incastonata tra grandi palazzoni dove sul muro perimetrale esterno oggi campeggia un murales con la scritta “noi preghiamo per te”

Al suo arrivo Francesco è accolto dalla superiora del “Centro Betlemme” che gli mostra alcune stanze della struttura, dove oltre alle camere trovano posto un ambulatorio provvisorio e al secondo piano alcune stanze per la lungodegenza, destinate a chi non può fruire della sanità pubblica. Nel centro si trovano riuniti persone senza fissa dimora, ammalati, indigenti assistiti dalle Suore della Congregazione di Madre Teresa. 
Nel cortile del Centro è presente un coro di bambini che esegue dei canti.

La preghiera dell’ Ave Maria insieme e poi un dono speciale. Una Madonna col Bambino in ceramica con una iconografia insolita. Il Bambino che sorregge un grappolo d’uva deriva da un dipinto molto noto del celebre Pierre Mignard, oggi conservato presso il Louvre di Parigi. Il simbolismo dell’uva quale sangue eucaristico della passione di Cristo, seppure nell’Antico Testamento i grappoli della vite simboleggiano già non solo l’allegria e l’amicizia, ma anche Israele, ossia il popolo di Dio è originale.

Molti i presenti a questa visita considerata privata ma trasmessa in diretta TV.

Le suore hanno messo al collo del Papa una corona di fiori secondo la usanza indiana.

Nel libro degli ospiti il Papa ha scritto. "Ringrazio le suore della carità per la loro testimonianza. Ringrazio le persone che collaborano. Prego per voi; per favore fatelo per me. Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca". 
All’interno del Centro il Papa ha incontrato circa 30 persone vissute per strada e ora accolte dalle Suore della Carità.

Francesco ha salutato i presenti esprimendo la gioia e il grazie per il lavoro delle suore, e tutti i genitori e i ragazzi presenti con queste parole pronunciate a braccio:

Buona sera a tutti voi!

Sono contento di visitarvi, di essere tra voi, sono molto contento. Grazie di ricevermi!

E ringrazio tanto le Suore per il lavoro che fanno, lavoro di accoglienza, di aiuto, di accompagnamento. Grazie tante! Ringrazio le mamme, i papà che sono qui con i ragazzi; e ringrazio tutti i ragazzi di essere qui in questo momento. E anche il Signore è con noi: quando noi siamo insieme, così felici, il Signore è con noi. È con noi anche quando abbiamo momenti di prova: mai ci abbandona, sempre il Signore è vicino a noi. Possiamo vederlo e possiamo non vederlo, ma sempre ci accompagna nel cammino della vita: non dimenticare questo, soprattutto nei momenti brutti. E grazie tante, grazie tante!

Guarda il video integrale

Al termine Papa Francesco si trasferisce in auto nella Piazza Rybné námestie per l’incontro con la comunità ebraica.

INCONTRO CON LA COMUNITÀ EBRAICA

Piazza Rybné námestie (Bratislava)


 





Entra a capo chino, incedendo lentamente, Papa Francesco, nella Piazza Rybné námestie di Bratislava. La "Piazza dei Pesci", luogo di storia e di memoria per l’intera Slovacchia; luogo di dolore per la comunità ebraica che qui, dinanzi al Memoriale bronzeo che commemora le vittime della Shoah, sotto l’ombra della scritta “Zachor” (in ebraico “ricorda!”), piange i propri cari spazzati via dalla furia nazista (degli oltre 15mila ebrei che vivevano in città nel 1940, soltanto circa 3.500 sono sopravvissuti all’Olocausto).

Ad accogliere Papa Francesco al memoriale sulla piazza sul palco, allestito sotto un tendone bianco che ripara dal sole, il Presidente dell’Unione Centrale delle Comunità Religiose Ebraiche nella Repubblica Slovacca, Signor Richard Dudarev; alle sue parole di benvenuto seguono due testimonianze. Anzitutto quella commovente di un sopravvissuto, il professor Tomáš Lang, autore di studi sulla Shoà in Ungheria, ha raccontato la sua storia e ricordato: “Nella triste storia della Shoah in Slovacchia, sta scritto a grandi lettere il nome dell’allora Incaricato d’Affari della Nunziatura in Slovacchia, Mons. Giuseppe Burzio, che instancabilmente cercò di fermare l’antisemitismo del regime micidiale di quell’epoca. Nessun politico slovacco si oppose allora apertamente a quel regime”. Poi Suor Samuela della Congregazione delle Orsoline ha raccontato l’attività della Congregazione durante la II Guerra Mondiale: “le vicende che sto raccontando sono avvenute quasi ottant’anni fa. Oggi osserviamo con piacere una viva collaborazione giudeo-cristiana in Slovacchia. Non solo tra gli alti rappresentanti, le istituzioni scolastiche, esperti di Bibbia, ma anche tra la gente nella vita quotidiana” ha detto.

A questa comunità, così provata dalla Seconda Guerra mondiale, il Papa si presenta “come pellegrino”, venuto “per toccare questo luogo ed esserne toccato” e nel suo discorso, lancia, come ieri a Budapest, un grido contro ogni forma di antisemitismo perché non si ripeta mai più la “profanazione” dell’immagine di Dio, quegli atti disumani perpetrati, allora e ancora oggi, contro la persona umana.

L'incontro si conclude con l'accensione di alcune candele in memoria delle vittime dell'Olocausto e l'intonazione di un Kaddish, una delle più antiche preghiere ebraiche. Francesco ascolta assorto e ad occhi chiusi questo canto in cui si nominano i campi di sterminio di Auschwitz, Mathausen, Treblinka e si ricordano pure i numerosi Giusti delle Nazioni che hanno aiutato gli ebrei a fuggire dalla barbarie nazista. 


Il Pontefice dona poi alla comunità ebraica un piatto in ceramica raffigurante San Pietro.

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Cari fratelli e sorelle, buonasera!

Vi ringrazio per le vostre parole di benvenuto e per le testimonianze che avete donato. Sono qui come pellegrino per toccare questo luogo ed esserne toccato. La piazza dove ci troviamo è molto significativa per la vostra comunità. Mantiene vivo il ricordo di un ricco passato: è stata per secoli parte del quartiere ebraico; qui ha lavorato il celebre rabbino Chatam Sofer. Qui c’era una sinagoga, proprio accanto alla Cattedrale dell’Incoronazione. L’architettura, come è stato detto, esprimeva la pacifica convivenza delle due comunità, simbolo raro e di grande portata evocativa, segno stupendo di unità nel nome del Dio dei nostri padri. Qui avverto anch’io il bisogno, come tanti di loro, di “togliermi i sandali”, perché mi trovo in un luogo benedetto dalla fraternità degli uomini nel nome dell’Altissimo.

In seguito, però, il nome di Dio è stato disonorato: nella follia dell’odio, durante la seconda guerra mondiale, più di centomila ebrei slovacchi furono uccisi. E quando poi si vollero cancellare le tracce della comunità, qui la sinagoga fu demolita. Sta scritto: «Non pronuncerai invano il nome del Signore» (Es 20,7). Il nome divino, cioè la sua stessa realtà personale, è nominata invano quando si viola la dignità unica e irripetibile dell’uomo, creato a sua immagine. Qui il nome di Dio è stato disonorato, perché la blasfemia peggiore che gli si può arrecare è quella di usarlo per i propri scopi, anziché per rispettare e amare gli altri. Qui, davanti alla storia del popolo ebraico, segnata da questo affronto tragico e inenarrabile, ci vergogniamo ad ammetterlo: quante volte il nome ineffabile dell’Altissimo è stato usato per indicibili atti di disumanità! Quanti oppressori hanno dichiarato: “Dio è con noi”; ma erano loro a non essere con Dio.

Cari fratelli e sorelle, la vostra storia è la nostra storia, i vostri dolori sono i nostri dolori. Per alcuni di voi, questo Memoriale della Shoah è l’unico posto dove potete onorare la memoria dei vostri cari. Anch’io mi unisco a voi. Sul Memoriale è iscritto in ebraico “Zachor”: “Ricorda!”. La memoria non può e non deve cedere il posto all’oblio, perché non ci sarà un’alba duratura di fraternità senza aver prima condiviso e dissipato le oscurità della notte. Risuona anche per noi la domanda del profeta: «Sentinella, quanto manca della notte?» (Is 21,11). Questo è per noi il tempo in cui non si può oscurare l’immagine di Dio che risplende nell’uomo. Aiutiamoci in questo. Perché anche oggi non mancano idoli vani e falsi che disonorano il nome dell’Altissimo. Sono quelli del potere e del denaro che prevalgono sulla dignità dell’uomo, dell’indifferenza che gira lo sguardo dall’altra parte, delle manipolazioni che strumentalizzano la religione, facendone questione di supremazia oppure riducendola all’irrilevanza. E ancora, sono la dimenticanza del passato, l’ignoranza che giustifica tutto, la rabbia e l’odio. Siamo uniti – lo ribadisco – nel condannare ogni violenza, ogni forma di antisemitismo, e nell’impegnarci perché non venga profanata l’immagine di Dio nella creatura umana.

Ma questa piazza, cari fratelli e sorelle, è anche un luogo dove brilla la luce della speranza. Qui ogni anno venite ad accendere la prima luce sul candelabro della Chanukia. Così, nell’oscurità, appare il messaggio che non sono la distruzione e la morte ad avere l’ultima parola, ma il rinnovamento e la vita. E se la sinagoga in questo sito è stata demolita, la comunità è ancora presente. È viva e aperta al dialogo. Qui le nostre storie si incontrano di nuovo. Qui insieme affermiamo davanti a Dio la volontà di proseguire nel cammino di avvicinamento e di amicizia.

In proposito, conservo vivo in me il ricordo dell’incontro a Roma nel 2017 con i Rappresentanti delle vostre comunità ebraiche e cristiane. Sono lieto che in seguito sia stata istituita una Commissione per il dialogo con la Chiesa cattolica e che abbiate pubblicato insieme importanti documenti. È bene condividere e comunicare ciò che ci unisce. Ed è bene proseguire, nella verità e con sincerità, nel percorso fraterno di purificazione della memoria per risanare le ferite passate, così come nel ricordo del bene ricevuto e offerto. Secondo il Talmud, chi distrugge un solo uomo distrugge il mondo intero, e chi salva un solo uomo salva il mondo intero. Ognuno conta, e conta molto quello che fate attraverso la vostra preziosa condivisione. Vi ringrazio per le porte che avete aperto da entrambe le parti.

Il mondo ha bisogno di porte aperte. Sono segni di benedizione per l’umanità. Al padre Abramo Dio disse: «In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,3). È un ritornello che scandisce le vite dei padri (cfr Gen 18,18; 22,18; 26,4). A Giacobbe, cioè Israele, Dio disse: «La tua discendenza sarà innumerevole come la polvere della terra; perciò ti espanderai a occidente e a oriente, a settentrione e a mezzogiorno. E si diranno benedette, in te e nella tua discendenza, tutte le famiglie della terra» (Gen 28,14). Qui, in questa terra slovacca, terra d’incontro tra est e ovest, tra nord e sud, la famiglia dei figli di Israele continui a coltivare questa vocazione, la chiamata a essere segno di benedizione per tutte le famiglie della terra. La benedizione dell’Altissimo si riversa su di noi quando vede una famiglia di fratelli che si rispettano, si amano e collaborano. Vi benedica l’Onnipotente, perché in mezzo a tanta discordia che inquina il nostro mondo possiate essere sempre, insieme, testimoni di pace. Shalom!

Guarda il video

Dopo l'incontro in Piazza Rybné námestie, congedandosi tra gli applausi, si trasferisce infine in macchina verso la Nunziatura di Bratislava per l'incontro privato, prima con il presidente del Parlamento, Boris Kollár, e poi con il primo ministro, Eduard Heger.