domenica 4 luglio 2021

LE LACRIME DI SPINAZZOLA, QUANDO LA VITA IRROMPE NEL GIOCO

LE LACRIME DI SPINAZZOLA, 
QUANDO LA VITA IRROMPE NEL GIOCO

 Il pianto e il rimpianto di Leonardo Spinazzola resteranno nella storia di Euro 2020, perché su quel campo si stava coronando una vita sportiva. E adesso bisogna ricominciare


Come un passero colpito in volo, proprio mentre faceva la cosa che gli viene più naturale: scattare come un fulmine ad agguantare l’avversario sulla fascia sinistra. L’Europeo di Leonardo Spinazzola è finito così al 76° di Italia-Belgio, in lacrime inconsolabili perché s’è capito subito che quello che l’ha fatto rovinare a terra nel bel mezzo della corsa più rapida d’Europa, così dicono almeno gli appassionati di statistica applicata allo sport, non è stato un passo falso qualunque, ma una rottura di quelle serie, che non si tamponano in tempo per la prossima partita.

Il primo responso parla di possibile rottura del tendine d’Achille, una di quelle cose che costano sei mesi di stop e fa male fisicamente e metaforicamente, perché arrivata sul più bello, come di più non avrebbe potuto: sulla soglia di una semifinale europea che autorizza a sognare, al ragazzo che nell’occasione della vetrina più prestigiosa stava mostrando un valore sin lì rimasto un po’ in sordina almeno per il grande pubblico.

Più volte il migliore in campo fin dalla prima partita, anche se da difensori è più difficile perché si è meno appariscenti. E infatti anche Spinazzola bambino, quando ha iniziato si sognava centravanti a fare gol, così fan tutti a una certa età (lui aveva quattro anni quando ha provato la prima volta a tirare i primi calci alla Virtus Foligno, dov’è nato, ma gli hanno dovuto dire che era troppo piccolo anche per i pulcini, che ripassasse più in là). A 14 anni, a Siena, dov’era andato due anni prima lasciando la famiglia, poco più che bambino, - complice il primo infortunio, il primo di una lunga serie - ha pensato di mollare, di chiudere il borsone e tornare a casa dalla mamma, che però lungimirante gli ha consigliato di resistere di non mollare. Adesso sappiamo che aveva ragione lei. Da più grande è andato arretrando sul terreno di gioco prima a centro campo, ma è stato a 16 anni in età da primavera, al Siena che Marco Baroni tecnico con la vista lunga ha provato a fatica a convincerlo di avere un futuro da terzino. Di lì un po’ d’elastico avanti e indietro, ma alla fine il ruolo è stato quello, fissato per sempre nel 2015 da mister Bisoli a Perugia. Acquistato dalla Juventus Spinazzola è andato a farsi le ossa in tanti posti diversi, un lungo peregrinare e una costante gli acciacchi, che hanno reso tortuosa la strada al talento.

Atalanta e, ora Roma, i due passaggi decisivi per crescere nel calcio che conta, con le radici sempre là però a Foligno: gli amici sono ancora quelli con cui giocava da piccolo su una pista di pattinaggio a rotelle trasformata alla bisogna in campo di calcio per sfinirsi di pallone. La stabilità nella vita è arrivata con Miriam e i loro due bambini. La consacrazione internazionale sul campo di calcio stava arrivando adesso a Euro2020, in cui Spinazzola, a 28 anni, ha giocato al meglio le sue carte, conquistandosi persino un abbraccio degno di un gol per una rete evitata, un riconoscimento raro, perché un gol evitato è sempre molto meno appariscente di uno segnato ma qualche volta, come in Italia-Belgio, può fare la differenza. Per tutto questo si capiscono il pianto e il rimpianto – una delle immagini che resterà nella storia di Euro2020 - adesso che si comincia a crederci davvero Leonardo Spinazzola non potrà essere della partita, ed è un clamoroso sgambetto del destino, perché è in questi momenti che lo sport cessa di essere metafora della vita e in campo irrompe la vita vera, dolore compreso. Non è la prima volta, nella sua storia di talento di cristallo, che Spinazzola sta fermo un giro. Non resta che tifare perché sia solo un nuovo inizio e che intanto gli altri vadano avanti correndo anche per lui.