mercoledì 7 luglio 2021

"Il Papa e la grazia della debolezza" di Luigi Maria Epicoco

Solo se la Chiesa non avrà paura di mostrare la propria fragilità
allora sarà davvero una Chiesa forte perché credibile

Il Papa e la grazia della debolezza
di Luigi Maria Epicoco


C’è un paradosso che il cristianesimo introduce nel mondo e che una certa narrazione mondana fa sempre molta fatica ad accettare: è la debolezza il punto di forza del cristianesimo, non la sua assenza. E questo per un motivo molto semplice: la debolezza è il sintomo più eloquente della nostra umanità. Solo se restiamo umani potremo vedere operare in noi la Grazia di Dio. Ecco perché la notizia che Papa Francesco è stato ricoverato per sottoporsi a un intervento chirurgico programmato è una grande occasione, per ciascuno di noi, di fare memoria che anche Pietro è un uomo, e come ogni uomo ha anche lui occasioni concrete in cui fare esperienza della debolezza. Basta leggere i racconti del Vangelo o degli Atti degli Apostoli e accorgersi che la conversione di Pietro non riguarda semplicemente un pentimento legato a delle convinzioni che crollano sotto i duri colpi delle ore della passione. La conversione di Pietro riguarda l’accoglienza della propria fragilità redenta in quello struggente dialogo riportato dal Vangelo di Giovanni: «Mi ami tu?», «Pasci le mie pecorelle» (Gv 21, 15-17). Gesù pronuncia quel “mi ami tu” forse nel momento di massima debolezza di Pietro.

Mi piace pensare che anche questa breve sosta di Papa Francesco al Gemelli sia un’occasione per lui di sentirsi chiamato più profondamente “a pascere le pecorelle del Signore” attraverso la scomoda cattedra della fragilità fisica, consapevole che l’offerta della propria sofferenza ha un valore immenso agli occhi di Dio, perché ci fa somigliare di più a Cristo. Allora ha senso la nostra preghiera per lui, perché essa non è solo preghiera per la guarigione ma preghiera di intercessione perché ci offra la testimonianza più scandalosa agli occhi del mondo: «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2Cor 12, 10).

In questi ultimi anni Papa Francesco ce lo ha ricordato in tanti modi: solo se la Chiesa non avrà paura di mostrare la propria debolezza allora sarà davvero una Chiesa forte perché credibile. Diventa allora così vera la folgorante affermazione di Chesterton che proprio parlando di Pietro e della Chiesa dice: «Tutti gli imperi e tutti i regni sono crollati, per questa intrinseca e costante debolezza, che furono fondati da uomini forti su uomini forti. Ma quest’unica cosa, la storica Chiesa cristiana, fu fondata su un uomo debole, e per questo motivo è indistruttibile. Poiché nessuna catena è più forte del suo anello più debole».
(fonte: L'Osservatore Romano 07/07/2021)