venerdì 26 giugno 2020

Prima che sia troppo tardi - Appello dei gesuiti per l’Africa

Prima che sia troppo tardi
Appello dei gesuiti per l’Africa



In Africa il covid-19 «sta causando una crescente “pandemia della fame” e provocando uno “tsunami della povertà”, che minacciano la vita di innumerevoli persone vulnerabili e povere. Gli esperti ritengono che il numero di vittime dovute agli effetti secondari del coronavirus — povertà, fame, malattie e violenze esacerbate dalla pandemia — potrebbe superare quello delle persone che muoiono direttamente a causa del virus»: è quanto sottolinea padre Charlie Chilufya, direttore dell’Ufficio per la giustizia e l’ecologia della Conferenza dei gesuiti dell’Africa e del Madagascar, in un articolo pubblicato sul sito internet del Centro sociale europeo gesuita, che si concentra su «alcuni danni collaterali che potrebbero essere difficili da riparare se non si presta attenzione».

In molte città africane, la pandemia «ha amplificato i problemi sociali preesistenti per le popolazioni più disagiate, e ancora di più per le categorie più vulnerabili come le donne, le ragazze e i senzatetto, che subiscono gli effetti più duri della crisi attuale». Il padre gesuita cita un recente studio di Plan International (una ong umanitaria che opera in cinquanta paesi in via di sviluppo ed è impegnata in prima linea nella tutela dei diritti dell’infanzia, soprattutto delle bambine), secondo il quale «le misure adottate per arginare la malattia hanno aggravato le disuguaglianze esistenti, costringendo le ragazze ad abbandonare la scuola e mettendole in una situazione dove corrono il rischio di essere vittime di violenze nelle proprie case».

La crisi, secondo padre Chilufya, evidenzia inoltre la necessità di rinforzare i sistemi di protezione sociale in Africa, «che attualmente sono inesistenti o molto insufficienti». In tutto il mondo, compresi alcuni paesi africani, diversi governi hanno intensificato la protezione sociale per affrontare lo choc socioeconomico causato dal covid-19. Tuttavia in Africa «le misure sono di gran lunga inadeguate o insufficienti per proteggere le persone più povere», rileva il gesuita: «Spesso manca la possibilità di stanziare importanti risorse monetarie e fiscali come nei paesi più ricchi», prosegue il prete zambiano. Inoltre, «le debolezze strutturali nei mercati del lavoro nel continente limitano l’efficacia delle risposte politiche, che si concentrano principalmente su lavoratori con contratto di lavoro e le imprese che rappresentano meno del 20 per cento dell’occupazione nella maggior parte del continente».

A livello nazionale, ritiene il responsabile gesuita, è auspicabile che i paesi africani dispongano di un modello di finanziamento per la protezione sociale basato su un solido sistema fiscale generale e non soltanto su trattenute salariali che riguardano poche imprese.

Per padre Chilufya, «è dunque comprensibile che in assenza di entrate sufficienti i paesi in via di sviluppo africani si rivolgano alle nazioni ricche per coprire i costi per attenuare gli effetti del coronavirus». A breve termine, ritiene, «c’è un urgente bisogno di aiuto internazionale da parte dei paesi ricchi del Nord. Alcune spese di stimolo economico d’emergenza sono necessarie per prevenire danni permanenti ai più poveri del mondo in questa crisi da covid-19».

Secondo il religioso, «il mondo potrebbe facilmente fornire due dollari a persona a settimana in sostegno del reddito, per le prossime cinquanta settimane, di due miliardi di indigenti». Senza tale misura — questo è il monito del direttore dell’Ufficio per la giustizia e l’ecologia della Conferenza dei gesuiti dell’Africa e di Madagascar — «milioni di persone moriranno di fame e altri milioni subiranno i danni della denutrizione».

(fonte: L'Osservatore Romano 25/06/2020)