giovedì 9 aprile 2020

Giovedì Santo 2020- Memoria della Cena del Signore -


Giovedì Santo 2020
 Memoria della Cena del Signore
a cura della Fraternità Carmelitana
 di Barcellona P.G.




1. Ascolto orante del vangelo di Giovanni (13,1-15) 
Con la consapevolezza che “la Chiesa fa l’Eucaristia e l’Eucaristia fa la Chiesa”, come dice un famoso adagio dei padri della chiesa, apriamo con fiducia oggi – Giovedì Santo, primo giorno del Triduo Pasquale – il vangelo di Giovanni 13,1-15, che narra del gesto di Gesù che, lui il Maestro e il Signore, lava i piedi ai suoi discepoli nel contesto della Cena pasquale. 

Facciamo una breve pausa di silenzio, chiedendo allo Spirito che ci apra alla comprensione di questo scritto che contiene la Parola di Dio per noi oggi.

2. Leggiamo attentamente e con calma la pagina di Giovanni, cap. 13, dal verso 1, fino al verso 15. 
1. L’evangelista Giovanni non ci narra dello “spezzare il pane” e del “bere al calice” di Gesù e dei discepoli attorno alla tavola della cena pasquale. Probabilmente perché già nel cap. 6 ha narrato della condivisione dei pani e dei pesci (vv. 1-13), dove «Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci» (v. 11). A questo gesto di condivisione, non ben compreso dai presenti nel suo significato profondo di segno profetico e pasquale, Gesù pronuncia un grande discorso (vv. 26-58) nella sinagoga di Cafarnao, luogo di preghiera e di ascolto della Parola di Dio contenuta nelle S. Scritture, luogo che lui era solito frequentare. 

In questo discorso, intenso e profondo, egli pone in stretta correlazione Parola di Dio e pane disceso dal cielo; come a dire: la Parola di Dio è pane che nutre l’esistenza. E poi pone in stretta correlazione Parola di Dio e “carne”, cioè la sua umanità che ci manifesta il volto di Dio, la presenza di Dio, la sua umanità che ci fa ascoltare la voce di Dio. E questo perché: 

- nell’umanità di Gesù la «Parola si è fatta carne» (Gv 1,14); 

- nessuno ha mai visto Dio, soltanto il Figlio Gesù ce lo ha rivelato, narrato e spiegato (cf. Gv 1,18); 

- chi vede Gesù – cioè vede in profondità la sua persona e il suo stile di vita – vede, contempla il Volto del Padre (cf. Gv 14,8-9). 

2. La liturgia, comunque, ha cura di farci ascoltare, attraverso la testimonianza dell’apostolo Paolo, i gesti e le parole della Cena del Signore. Si legga la seconda lettura: 1Cor 11,23-26. 

Sono gesti e parole che riguardano e ricapitolano l’esistenza di Gesù donata e condivisa per amore, un’esistenza per gli altri. “Pane” è il suo corpo, vale a dire la sua persona e il suo modo di entrare in relazione con gli altri, perché è con il corpo che la persona umana comunica. “Calice” è il suo sangue versato, vale a dire la sua persona che ha speso per gli altri tutta la sua forza vitale (il sangue). 

E qui c’è un particolare che vale la pena di mettere in risalto. Se è abbastanza comune qualificare una persona “buona come il pane”; ci riesce difficile trovare un paragone con il calice. Eppure Gesù l’ha fatto: anche il calice può rappresentare la persona. Infatti, il calice, simbolicamente, evoca recettività e oblatività: recettività, perché per donare noi stessi (oblatività) è necessario che abbiamo dentro di noi qualcosa da donare; non si può donare qualcosa che non si ha. Ebbene, così è stata tutta l’esistenza di Gesù, fino all’evento Pasquale (e non funerario) della Croce. E così è chiamata a diventare la nostra esistenza umana e cristiana: “buona come il pane spezzato e condiviso”, “recettiva e oblativa come il calice versato”.



     


Per questo, nella Cena Pasquale, ai discepoli (e a noi, purtroppo non oggi) radunati attorno alla sua tavola (cf. 1Cor 10,21), Gesù ci consegna il gesto del “pane spezzato” e del “calice versato” come memoriale-attualizzazione della sua Persona nell’oggi delle nostre persone, delle nostre famiglie e delle nostre comunità: «Fate questo in memoria di me». Questo è il primo gesto – gesto umanissimo ma altamente comunicativo – che Gesù consegna ai discepoli e a tutti noi. È facendo questo gesto, ovvero, vivendolo, che noi rendiamo presente Gesù nel nostro tempo e diventiamo Chiesa, popolo di Dio, popolo di fratelli e di sorelle in Cristo.

3. L’altro gesto, umanissimo e profondo, che Gesù ci consegna come memoriale-attualizzazione della sua Persona è quello della “lavanda dei piedi”: «Vi ho dato un esempio, perché anche voi facciate come ho fatto io a voi» (Gv 13,15). Ritorniamo, allora, al vangelo di Giovanni, cap. 13, versetti 1-15.
Il gesto della “lavanda dei piedi” è anch’esso evidenziato nel contesto della mensa eucaristica e mosso dall’amore eccedente portato fino al compimento del dono totale di sé (Gv 13,1).
Durante la cena con i suoi discepoli, Gesù si alza da tavola, depone le vesti esponendo nudo il suo corpo, si cinge di un asciugamano e, abbassandosi, lava i piedi dei discepoli e li asciuga con l’asciugamano.
È un gesto che faceva, non il padrone di casa, ma lo schiavo (uomo o donna) nei confronti degli ospiti che arrivavano con i piedi sporchi della polvere e del fango delle strade della Palestina. Qui, invece, il gesto lo compie Gesù, colui che è il Maestro e il Signore: egli, con il suo corpo spogliato e umilmente abbassato, mostra tutta la sua passione di amore per i suoi, lavando i loro i piedi come gesto di ospitalità, affinché imparino ad amarsi e ad accogliersi vicendevolmente.



Con Gesù il gesto della “lavanda dei piedi” assume il significato di un gesto esemplare e sacramentale, che ribalta la concezione monarchica e mondanizzata di una comunità cristiana omologata alle logiche gerarchiche e di potere dei governi di questo mondo. Quando egli dice ai discepoli: «anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni agli altri», dando lui per primo l’esempio, sta comandando loro l’amore fraterno come lui stesso lo vive: l’amore che rende uguali e ospitali, l’amore che pone sullo stesso piano come fratelli nel Signore pastori e fedeli, uomini e donne, primi e ultimi, sani e malati, chi ha di più e chi ha di meno, cittadini e stranieri… Ovvero l’amore, vero e autentico, che umanizza le relazioni e fa sentire nel nostro corpo la presenza di Dio e la sua grazia santificante.
Perciò Gesù ci ha consegnato questo gesto come memoriale-attualizzazione di sé: «perché anche voi facciate come ho fatto io a voi»; dove risentiamo l’eco di : «amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi» (Gv 15,12). Per questo nella “Messa in Cena Domini” del giovedì santo si fa memoria del gesto della “lavanda dei piedi”, accompagnato dal canto «Ubi caritas est vera, Deus ibi est».

Andiamo, allora, nella Bibbia al Libro dei Salmi e preghiamo con il Salmo 116,12-18, salmo della cena pasquale, dove l’orante alza il calice della salvezza e rende grazie al Signore per i benefici che ha ricevuto. Anche Gesù ha pregato con questo salmo. E noi lo preghiamo con lui.


3. Intercessioni
Giunta l’Ora di passare da questo mondo al Padre, il Signore Gesù ci ha lasciato il testamento del suo amore, nella consegna nuziale dell’Eucaristia. Consapevoli che tutto il Padre ha posto nelle sue mani, rivolgiamo al Signore Gesù la nostra preghiera, dicendo: O Gesù, Maestro e Signore, ascoltaci.

- Per tutta l’umanità, perché ogni uomo e donna, sperimenti lo sguardo accogliente e misericordioso di un Dio che si è fatto Servo e si consegna alle nostre mani. Preghiamo.

- Per tutto il popolo cristiano, perché nel dono della consacrazione battesimale e del Pane di vita eterna, riscopra la sua dignità filiale, fonte e sorgente di ogni vocazione. Preghiamo.

- Per quanti hanno un ministero nella Chiesa, perché rinnovati dall’amore rigenerante del Figlio, servano fratelli e sorelle nella gratuità e nel servizio, in obbedienza all’Evangelo. Preghiamo.

- Per i malati affetti dal corona-virus, per il personale medico e sanitario, per le associazione di volontariato: il Signore sostenga tutti con la sua presenza di amore. Preghiamo.

- Per noi tutti, che oggi non possiamo sedere alla Mensa del Signore, preghiamo, affinché, nell’ascolto della sua Parola e nella comunione spirituale al suo Corpo donato, cresciamo come famiglia unita e come comunità ecclesiale fraterna e solidale, ponendoci alla sequela del Figlio nella consegna di noi stessi. Preghiamo.

- Davanti a Gesù, nostro Maestro e Signore, ricordiamo i nostri parenti e amici defunti e tutti coloro che sono morti a causa del corona-virus (pausa di silenzio). Tutti il Signore accolga nel banchetto del suo Regno. Preghiamo.

- Pregare il Padre Nostro

- Concludere con la seguente preghiera:
Padre, giunta l’ora di morire, il tuo Figlio ci ha lasciato un segno di eterna memoria: il pane spezzato e il vino della nuova alleanza. Fa’ che quanti si cibano del suo corpo e del suo sangue, diventino essi stessi per i fratelli un pane che dà vita e un calice di vino che effonde gioia. AMEN.

Ne siamo certi, Gesù, o Signore:
tu devi essere venuto da Dio,
quello che fai è solo da Dio;
perché, carissimi, Dio è Amore.

Sì, nella notte in cui fu tradito,
nella più vera e orribile Notte,
prese del pane, e poi rese grazie,
lo spezzò e disse: «Prendete e mangiate… ».

D’allora il sangue divino ci scorre
dentro le vene e nei cuori, fratelli,
tutti eletti di un regno
di cui voi siete i prìncipi, o poveri!

(Davide M. Turoldo)



Leggi anche il post già pubblicato:
- PREGARE IN FAMIGLIA - Preparare in casa l’“angolo della preghiera” a cura della Fraternità Carmelitana di Barcellona P.G.