"Un cuore che ascolta - lev shomea"
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione
sul Vangelo della domenica
di Santino Coppolino
Vangelo: Lc 16,19-31
La parabola narrata da Gesù non ha la finalità di far paura o di mettere all'indice i ricchi ed esaltare i poveri, non è l'emissione di un giudizio di condanna; piuttosto è un atto d'amore e di correzione fraterna nei confronti di quanti hanno scelto di edificare la propria vita sopra la falsa sicurezza della ricchezza. E' un volere mettere in guardia i discepoli perché tengano bene aperti gli occhi sull'uso che fanno del «mammona di ingiustizia» (16,9). Gesù ha già proclamato che per amare Dio non c'è che un solo modo: prendersi cura di tutti i fratelli feriti che incontriamo nel cammino della nostra vita, avendo le sue stesse "viscere di misericordia" (cfr.Lc 10,25-37). «E' il tempo della nostra esistenza il ponte gettato sull'abisso tra l'inferno e l'utero di Abramo» (cit.). Se noi però rimaniamo indifferenti rifiutando la responsabilità dei fratelli, lasciandoli languire sull'uscio di casa nostra, se invece di edificare ponti intrecciando relazioni fraterne costruiamo muri invalicabili che ci dividono provocando la morte degli altri sordi al loro grido di dolore, allora saremo noi stessi gli artefici di quell'abisso che ci separa dalla Vita, per sempre impossibile da attraversare. Stolti e incapaci come siamo a riconoscere il Volto del Padre nei volti sfigurati dei tanti Lazzaro che ogni giorno siedono alla nostra porta, avremo miseramente fallito il fine ultimo della nostra esistenza: essere in pienezza il riflesso dell'immagine del Padre.