lunedì 6 maggio 2019

Papa Francesco: Viaggio in Bulgaria e Macedonia del nord 5-7 maggio 2019 / 2 Visita al Patriarca e al Santo Sinodo - Preghiera silenziosa davanti al trono dei Santi Cirillo e Metodio - Regina Coeli (Cronaca, foto, testi e video)


VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
IN BULGARIA E MACEDONIA DEL NORD
5-7 MAGGIO 2019


Domenica, 5 maggio 2019

SOFIA

12:00 Visita al Patriarca e al Santo Sinodo nel Palazzo del Santo Sinodo
12:50 Preghiera in silenzio davanti al trono dei Santi Cirillo e Metodio nella Cattedrale Patriarcale di San Alexander Nevsky
13:00 Regina Coeli sulla Piazza di San Alexander Nevsky

VISITA AL PATRIARCA E AL SANTO SINODO
Palazzo del Santo Sinodo (Sofia)









Dopo l’incontro con le autorità civili, arriva quello delicato con la Chiesa ortodossa bulgara, storicamente molto rigida nel dialogo ecumenico, tanto da escludere ogni liturgia o preghiera comune con esponenti di altre confessioni cristiane.
Al Papa infatti viene concesso esclusivamente di raccogliersi in silenziosa orazione nella cattedrale del Patriarcato, davanti ad un’immagine dei Santi Cirillo e Metodio, i grandi evangelizzatori di queste terre. 
Nella chiesa intitolata a San Alexander Nevsky il Pontefice è accompagnato solo dal metropolita dell’Europa occidentale e centrale Antonio.

In precedenza papa Francesco ha incontrato il Patriarca Neofit e il Santo Sinodo, presente anche l’ex re Simeone II.
Al suo arrivo, il Papa era stato accolto all’ingresso principale del palazzo del Sinodo – distante pochi chilometri dalla piazza Atanas Burov, dove il Papa ha pronunciato il suo primo discorso in terra bulgara – dal metropolita dell’Europa Occidentale e Centrale Antonij (Mihalev), che lo ha accompagnato nella Sala del primo piano dove lo attendeva il patriarca. 
Sono presenti all’incontro soltanto i membri del Santo Sinodo e i membri ecclesiastici del seguito papale.

“A nome del Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa di Bulgaria-Patriarcato di Bulgaria, diamo il benvenuto a lei e ai suoi compagni di viaggio”. È il saluto del patriarca Neofit, metropolita di Sofia e patriarca di tutta la Bulgaria, nella visita al Santo Sinodo. “Cerchiamo, per quanto ci è possibile, di seguire la sua opera e ci rallegriamo quando sentiamo delle parole forti sue in difesa delle radici cristiane dell’Europa ed ammonizioni circa i pericoli, in escalation al punto di diventare una palese lotta contro Dio e persecuzione fisica di cristiani nei loro propri Paesi”, l’omaggio del patriarca: “Su questi punti le nostre opinioni coincidono”. “Nella Sua visita al Santo Sinodo nel 2002, il suo predecessore, Papa Giovanni Paolo II, ha espresso il Suo rammarico per la perdurante mancanza di piena comunione tra di noi”, ha ricordato il patriarca: “Sono davvero imperscrutabili le vie del Signore! Solo alla Provvidenza Divina si può attribuire il fatto che queste terre qui sono diventate testimoni di alcuni dei più grandi apici dell’unità del mondo cristiano, ma anche di tristi controversie e scismi. Circostanze che hanno portato a controversie che pesano ancora oggi sui rapporti nel mondo cristiano. Ci sembra che, anche se ben documentata, questa parte della storia della Chiesa non sia stata analizzata in modo abbastanza imparziale e non siano state tratte le conclusioni necessarie. Invece è possibile che ne venga fuori che in quell’istante, in cui la storia della Chiesa universale si è intrecciata con la storia dello Stato di Bulgaria, si nascondano alcune delle risposte alle domande che ci occupano ancora oggi. La vita della Chiesa è guidata dal nostro Signore Gesù Cristo. Se Dio ha permesso che una cosa succedesse, egli sa perché lo ha permesso, e si aspetta che anche noi conosciamo il perché. Noi, Chiesa Ortodossa di Bulgaria, siamo fermamente convinti che per ciò che riguarda la fede, non possono e non dovrebbero esserci compromessi”.

SALUTO DEL SANTO PADRE

Santità, venerati Metropoliti e Vescovi, cari fratelli,
Christos vozkrese!

Nella gioia del Signore risorto vi rivolgo il saluto pasquale in questa domenica, che nell’Oriente cristiano è chiamata “domenica di San Tommaso”. Contempliamo l’Apostolo che mette la mano nel costato del Signore e, toccate le sue ferite, confessa: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28). Le ferite che lungo la storia si sono aperte tra noi cristiani sono lacerazioni dolorose inferte al Corpo di Cristo che è la Chiesa. Ancora oggi ne tocchiamo con mano le conseguenze. Ma forse, se mettiamo insieme la mano in queste ferite e confessiamo che Gesù è risorto, e lo proclamiamo nostro Signore e nostro Dio, se nel riconoscere le nostre mancanze ci immergiamo nelle sue ferite d’amore, possiamo ritrovare la gioia del perdono e pregustare il giorno in cui, con l’aiuto di Dio, potremo celebrare allo stesso altare il mistero pasquale.

In questo cammino siamo sostenuti da tanti fratelli e sorelle, ai quali anzitutto vorrei rendere omaggio: sono i testimoni della Pasqua. Quanti cristiani in questo Paese hanno patito sofferenze per il nome di Gesù, in particolare durante la persecuzione del secolo scorso! L’ecumenismo del sangue! Essi hanno diffuso un profumo soave nella “Terra delle rose”. Sono passati attraverso le spine della prova per spandere la fragranza del Vangelo. Sono sbocciati in un terreno fertile e ben lavorato, in un popolo ricco di fede e genuina umanità, che ha dato loro radici robuste e profonde: penso, in particolare, al monachesimo, che di generazione in generazione ha nutrito la fede della gente. Credo che questi testimoni della Pasqua, fratelli e sorelle di diverse confessioni uniti in Cielo dalla carità divina, ora guardino a noi come a semi piantati in terra per dare frutto. E mentre tanti altri fratelli e sorelle nel mondo continuano a soffrire a causa della fede, chiedono a noi di non rimanere chiusi, ma di aprirci, perché solo così i semi portano frutto.

Santità, questo incontro, che ho tanto desiderato, succede a quello di San Giovanni Paolo II col Patriarca Maxim, durante la prima visita di un Vescovo di Roma in Bulgaria, e segue le orme di San Giovanni XXIII, che negli anni qui trascorsi tanto si affezionò a questo popolo «semplice e buono» (Giornale dell’anima, Bologna 1987, 325), apprezzandone l’onestà, la laboriosità e la dignità nelle prove. Mi trovo anch’io qui, ospite accolto con affetto, e provo nel cuore la nostalgia del fratello, quella salutare nostalgia per l’unità tra i figli dello stesso Padre, che Papa Giovanni ebbe certamente modo di maturare in questa città. Proprio durante il Concilio Vaticano II, da lui indetto, la Chiesa ortodossa bulgara inviò i propri osservatori. Da allora i contatti si sono moltiplicati. Penso alle visite di delegazioni bulgare, che da cinquant’anni si recano in Vaticano e che ogni anno ho la gioia di accogliere; nonché alla presenza a Roma di una comunità ortodossa bulgara, che prega in una chiesa della mia diocesi. Mi rallegrano la squisita accoglienza qui riservata ai miei inviati, la cui presenza si è intensificata negli ultimi anni, e la collaborazione con la comunità cattolica locale, soprattutto in ambito culturale. Sono fiducioso che, con l’aiuto di Dio e nei tempi che la Provvidenza disporrà, tali contatti potranno incidere positivamente su tanti altri aspetti del nostro dialogo. Intanto siamo chiamati a camminare e fare insieme per dare testimonianza al Signore, in particolare servendo i fratelli più poveri e dimenticati, nei quali Egli è presente. L’ecumenismo del povero.

A orientarci nel cammino sono soprattutto i santi Cirillo e Metodio, che ci hanno legati sin dal primo millennio e la cui memoria viva nelle nostre Chiese rimane come fonte di ispirazione, perché, nonostante le avversità, essi misero al primo posto l’annuncio del Signore, la chiamata alla missione. Come disse San Cirillo: «Con gioia io parto per la fede cristiana; per quanto stanco e fisicamente provato, io andrò con gioia» (Vita Constantini VI,7; XIV,9). E mentre si presagivano i segni premonitori delle dolorose divisioni che sarebbero avvenute nei secoli successivi, scelsero la prospettiva della comunione. Missione e comunione: due parole sempre declinate nella vita dei due Santi e che possono illuminare il nostro cammino per crescere in fraternità. L’ecumenismo della missione.

Cirillo e Metodio, bizantini di cultura, ebbero l’audacia di tradurre la Bibbia in una lingua accessibile ai popoli slavi, così che la Parola divina precedesse le parole umane. Il loro coraggioso apostolato rimane per tutti un modello di evangelizzazione. Un campo che ci interpella nell’annuncio è quello delle giovani generazioni. Quant’è importante, nel rispetto delle rispettive tradizioni e peculiarità, aiutarci e trovare modi per trasmettere la fede secondo linguaggi e forme che permettano ai giovani di sperimentare la gioia di un Dio che li ama e li chiama! Altrimenti saranno tentati di prestare fiducia alle tante sirene ingannevoli della società dei consumi.

Comunione e missione, vicinanza e annuncio, i Santi Cirillo e Metodio hanno molto da dirci anche per quanto riguarda l’avvenire della società europea. Infatti «sono stati in un certo senso i promotori di un’Europa unita e di una pace profonda fra tutti gli abitanti del continente, mostrando le fondamenta di una nuova arte di vivere insieme, nel rispetto delle differenze, che non sono assolutamente un ostacolo all’unità» (S. Giovanni Paolo II, Saluto alla Delegazione ufficiale della Bulgaria, 24 maggio 1999: Insegnamenti XXII,1 [1999], 1080). Anche noi, eredi della fede dei Santi, siamo chiamati ad essere artefici di comunione, strumenti di pace nel nome di Gesù. In Bulgaria, «crocevia spirituale, terra di incontro e di reciproca comprensione» (Id., Discorso durante la Cerimonia di benvenuto, Sofia, 23 maggio 2002: Insegnamenti XXV,1 [2002], 864), hanno trovato accoglienza varie confessioni, da quella armena a quella evangelica, e diverse espressioni religiose, da quella ebraica a quella musulmana. Incontra accoglienza e rispetto la Chiesa Cattolica, sia nella tradizione latina che in quella bizantino-slava. Sono grato a Vostra Santità e al Santo Sinodo per tale benevolenza. Anche nei nostri rapporti, i Santi Cirillo e Metodio ci ricordano che «una certa diversità di usi e consuetudini non si oppone minimamente all’unità della Chiesa» e che tra Oriente e Occidente «varie formule teologiche non di rado si completano, piuttosto che opporsi» (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Unitatis redintegratio, 16-17). «Quante cose possiamo imparare gli uni dagli altri!» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 246).

Santità, tra poco avrò la possibilità di entrare nella Cattedrale Patriarcale di Sant’Aleksander Nevskij per sostare in preghiera nel ricordo dei Santi Cirillo e Metodio. Sant’Aleksander Nevskij, della tradizione russa, e i Santi fratelli, provenienti dalla tradizione greca e apostoli dei popoli slavi, rivelano quanto la Bulgaria sia un Paese-ponte. Santità, cari Fratelli, assicuro la mia preghiera per voi, per i fedeli di questo amato popolo, per l’alta vocazione di questo Paese, per il nostro cammino in un ecumenismo del sangue, del povero e della missione. A mia volta domando un posto nelle vostre orazioni, nella certezza che la preghiera è la porta che dischiude ogni via di bene. Desidero rinnovare il ringraziamento per l’accoglienza ricevuta e assicurarvi che porterò nel cuore il ricordo di questo incontro fraterno.

Christos vozkrese!
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Dopo la preghiera in silenzio papa Francesco ha recitato il Regina Coeli davanti ad una piccola folla di fedeli.
Terminata la preghiera salgono sul palco al fianco del Papa, dieci rappresentanti delle diverse confessioni religiose di Bulgaria per la stretta di mano, ultima immagine d'insieme, prima che Francesco lasci la piazza per trasferirsi in auto alla Nunziatura per il pranzo in privato.

 







REGINA COELI
Piazza di San Alexander Nevsky (Sofia)

Cari fratelli e sorelle, “Cristo è risorto!”

Con queste parole, dai tempi antichi, in queste terre di Bulgaria i cristiani – ortodossi e cattolici – si scambiano gli auguri nel tempo di Pasqua: Christos vozkrese! [la folla risponde] Esse esprimono la grande gioia per la vittoria di Gesù Cristo sul male, sulla morte. Sono un’affermazione e una testimonianza del cuore della nostra fede: Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa nuovo, si riempie di vita. Perciò, le prime parole che voglio rivolgere a ciascuno di voi sono: Lui vive e ti vuole vivo! Lui è in te, Lui è con te e non ti lascia mai. Lui cammina con te. Per quanto tu ti possa allontanare, accanto a te c’è il Risorto, che continuamente ti chiama, ti aspetta per ricominciare. Lui non ha mai paura di ricominciare: sempre ci dà la mano per rincominciare, per alzarci e rincominciare. Quando ti senti vecchio per la tristezza – la tristezza invecchia –, i rancori, le paure, i dubbi e i fallimenti, Lui sarà lì per ridarti forza e speranza (cfr Esort. ap. postsin. Christus vivit, 1-2). Lui vive, ti vuole vivo e cammina con te.

Questa fede in Cristo risorto viene proclamata da duemila anni in ogni angolo della terra, attraverso la missione generosa di tanti credenti, che sono chiamati a dare tutto per l’annuncio evangelico, senza tenere nulla per sé. Nella storia della Chiesa, anche qui in Bulgaria, ci sono stati Pastori che si sono distinti per santità della vita. Tra essi mi piace ricordare il mio predecessore, che voi chiamate “il santo bulgaro”, San Giovanni XXIII, un santo pastore, la cui memoria è particolarmente viva in questa terra, dove egli ha vissuto dal 1925 al 1934. Qui ha imparato ad apprezzare la tradizione della Chiesa Orientale, instaurando rapporti di amicizia con le altre Confessioni religiose. La sua esperienza diplomatica e pastorale in Bulgaria lasciò un’impronta così forte nel suo cuore di pastore da condurlo a favorire nella Chiesa la prospettiva del dialogo ecumenico, che ebbe un notevole impulso nel Concilio Vaticano II, voluto proprio da Papa Roncalli. In un certo senso, dobbiamo ringraziare questa terra per l’intuizione saggia e ispiratrice del “Papa buono”.

Nel solco di questo cammino ecumenico, fra poco avrò la gioia di salutare gli esponenti delle varie Confessioni religiose della Bulgaria, che, pur essendo un Paese ortodosso, è un crocevia in cui si incontrano e dialogano varie espressioni religiose. La gradita presenza a questo incontro dei Rappresentanti di queste diverse Comunità indica il desiderio di tutti di percorrere il cammino, ogni giorno più necessario, «di adottare la cultura del dialogo come via, la collaborazione comune come condotta, la conoscenza reciproca come metodo e criterio» (Documento sulla fratellanza umana, Abu Dhabi, 4 febbraio 2019).

Ci troviamo vicino all’antica chiesa di Santa Sofia, e accanto alla chiesa Patriarcale di San Aleksander Nevskij, dove, in precedenza, ho pregato nel ricordo dei Santi Cirillo e Metodio, evangelizzatori dei popoli slavi. Nel desiderio di manifestare stima e affetto a questa venerata Chiesa ortodossa di Bulgaria, ho avuto la gioia di salutare e abbracciare, in precedenza, il mio Fratello Sua Santità Neofit, Patriarca, come pure i Metropoliti del Santo Sinodo.

Ci rivolgiamo ora alla Beata Vergine Maria, Regina del cielo e della terra, perché interceda presso il Signore Risorto, affinché doni a questa amata terra l’impulso sempre necessario di essere terra di incontro, nella quale, al di là delle differenze culturali, religiose o etniche, possiate continuare a riconoscervi e stimarvi come figli di uno stesso Padre. La nostra invocazione si esprime con il canto dell’antica preghiera del Regina Caeli. Lo facciamo qui, a Sofia, davanti all’icona della Madonna di Nesebar, che significa “Porta del cielo”, tanto cara al mio predecessore San Giovanni XXIII, che ha cominciato a venerarla qui, in Bulgaria, e l’ha portata con sé fino alla morte.

[Canto del Regina caeli]

Gaude et laetare, Virgo Maria, alleluia.
[Quia surrexit Dominus vere, alleluia]

Oremus.
Deus, qui per resurrectionem Filii tui Domini nostri Iesu Christi mundum laetificare dignatus es, praesta, quǽsumus, ut per eius Genetricem Virginem Mariam perpetuae capiamus gaudia vitae. Per Christum Dominum nostrum. Amen.

[Benedizione]

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