venerdì 8 febbraio 2019

"Umili per guarire" - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)

S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano

07 febbraio 2019
Papa Francesco:

“Umili per guarire”

“Io guarisco l’altro e mi lascio guarire dall’altro”. 
Perché «questa è una comunità cristiana».






Il cristiano deve imparare la «saggezza delle carezze di Dio»: avere l’umiltà di «aprire il cuore per essere guarito dal Signore» e altrettanta umiltà e delicatezza per guarire il fratello che gli sta accanto, che ha bisogno del suo aiuto, di «un consiglio», di una «buona parola». Ed è proprio così che si costruisce una «comunità cristiana».

È la riflessione che Papa Francesco ha sviluppato durante la messa celebrata a Santa Marta la mattina di giovedì 7 febbraio. Commentando il brano del vangelo di Marco (6, 7-13) nel quale Gesù «invia i suoi discepoli per guarire», il Pontefice ha sottolineato come Gesù stesso sia «venuto al mondo per guarire, guarire la radice del peccato in noi».

Un guarire, quello di Gesù — ha spiegato il Papa — che è un «ricreare». Gesù, infatti «ci ha ricreato dalla radice e poi ci ha fatto andare avanti con il suo insegnamento, con la sua dottrina, che è una dottrina che guarisce».

Il maestro, quindi, invia i dodici «a guarire». Ma prima di tutto diede un comando: «Ordinò loro [...] e loro proclamarono che la gente si convertisse». È un particolare sul quale Francesco si è immediatamente soffermato: «La prima guarigione — ha detto — è la conversione nel senso di aprire il cuore perché entri la Parola di Dio». Infatti «convertirsi è guardare da un’altra parte, convergere su un’altra parte. E questo apre il cuore, fa vedere altre cose. Ma se il cuore è chiuso non può essere guarito». È come nella vita quotidiana: «Se qualcuno è ammalato e per tenacia non vuole andare dal medico, non sarà guarito».

Perciò il Signore raccomanda ai discepoli innanzitutto: «Convertitevi, aprite il cuore». È questo il primo insegnamento che il Papa ha tratto dalla lettura del vangelo del giorno. Seppure «noi cristiani facciamo tante cose buone», ma «il cuore è chiuso», quelle buone azioni sono solo una facciata: «è tutta vernice di fuori, che alla prima pioggia sparirà». Bisogna invece «aprire il cuore». E porsi questa domanda: «Io sento questo invito a convertirmi, aprire il cuore per essere guarito, per trovare il Signore, per andare avanti?».

Proseguendo nella meditazione il Pontefice ha spostato l’attenzione dall’atteggiamento che ogni cristiano deve avere nei confronti di se stesso — la disponibilità ad «aprire il cuore» — a quello da portare avanti nei confronti degli altri. E lo ha fatto riprendendo la lettura del brano evangelico, nel quale si narra che i dodici, «partiti, proclamarono che la gente si convertisse». Una missione, ha spiegato Francesco, per la quale ci voleva «autorità». Ed è stato lo stesso Gesù a indicare come essi avrebbero guadagnato quell’autorità: «non prendere per il viaggio nient'altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro...”. Niente. La povertà».

Si tratta di un dettaglio fondamentale per definire la figura dell’apostolo che, ha detto Francesco, è come «il pastore che non cerca il latte delle pecore, che non cerca la lana delle pecore». Anche sant’Agostino, ha ricordato, usò il medesimo paragone specificando che «quello che cerca il latte, cerca i soldi e che a quello che cerca la lana, piace vestirsi con la vanità del suo mestiere. È un arrampicatore di onori». Questo, ha rimarcato con decisione il Papa, non è l’apostolo:
«No, no, no, niente: povertà, umiltà, mitezza».

Umiltà e mitezza richieste dallo stesso Gesù ai dodici ai quali raccomanda di non litigare: «Se non vi ricevono andate da un’altra parte!». Un atteggiamento approfondito dal Pontefice per far emergere consigli utili anche oggi: «Se un apostolo, un inviato, qualcuno di noi — ne siamo tanti di inviati qui —, va un po’ col naso in su, credendosi superiore agli altri o cercando qualche interesse umano o — non so — cercando posti nella Chiesa, non guarirà mai nessuno, non sarà riuscito ad aprire il cuore di nessuno, perché la sua parola non avrà autorità».

L’autorità, infatti, viene dal seguire «i passi di Cristo» che sono ben chiari: «La povertà. Da Dio si è fatto uomo! Si è annientato! Si è spogliato! La povertà che porta alla mitezza, all’umiltà». Come Gesù «umile», ha detto il Pontefice, andava «per la strada per guarire», così un apostolo «con questo atteggiamento di povertà, di umiltà, di mitezza, è capace di avere l’autorità per dire: “Convertitevi”, per aprire i cuori».

Questo atteggiamento, ha spiegato Francesco, si riscontra non solo nell’intenzione iniziale, ma anche nei gesti. I dodici infatti, si legge nel vangelo, «Scacciavano molti demoni», avevano «l’autorità di dire: “No, questo è un demonio! Questo è peccato. Questo è un atteggiamento impuro! Tu non puoi farlo». Ma, ha sottolineato il Papa, potevano farlo «con la mitezza e con l’autorità del proprio esempio, non con l’autorità di uno che parla da su ma non è interessato alla gente. Quella non è autorità: è autoritarismo». E davanti all’umiltà, «davanti al potere del nome di Cristo con il quale l’apostolo fa il suo mestiere se è umile, i demoni fuggono», perché i demoni «Non tollerano, che si guariscano i peccati».

E i dodici guarivano non solo lo lo spirito, ma anche il corpo: «ungevano con olio molti infermi e li guarivano». Un gesto altamente significativo quello dell’unzione. Ha sottolineato il Pontefice: «L’unzione è la carezza di Dio».

La simbologia dell’olio è profonda: «l’olio è sempre una carezza, sempre. Ti ammorbidisce la pelle, ti fa stare meglio; l’olio è carezza» del Signore. E così, ha spiegato Francesco, «gli inviati, gli apostoli, devono imparare questa saggezza delle carezze di Dio». Allo stesso modo, ha continuato, «un cristiano guarisce, non solo un sacerdote, un vescovo, ma anche un cristiano. Ognuno di noi ha il potere di guarire se prende questa strada». Così si può «guarire il fratello, la sorella con una buona parola, con la pazienza, con un consiglio a tempo, con uno sguardo, ma come l’olio, umilmente».

Ecco allora riassunta la duplice prospettiva dell’omelia del Pontefice: «Tutti noi abbiamo bisogno di essere guariti, tutti; perché tutti abbiamo malattie spirituali, tutti»; ma, allo stesso tempo, «abbiamo la possibilità di guarire gli altri, ma con questo atteggiamento». Un atteggiamento da chiedere nella preghiera: «Che il Signore ci dia questa grazia di guarire come guariva Lui: con la mitezza, con l’umiltà, con la forza contro il peccato, contro il diavolo e andare avanti in questo bella missione di guarirci fra noi, perché tutti possiamo dire:
“Io guarisco l’altro e mi lascio guarire dall’altro”. 
Perché, ha concluso il Papa, «questa è una comunità cristiana».

(fonte: L'Osservatore Romano)

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