mercoledì 26 settembre 2018

VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO IN LITUANIA, LETTONIA ED ESTONIA - TALLINN - Incontro con gli assistiti delle opere di carità della Chiesa - Santa Messa: "La fede è anche rendersi conto che Egli è vivo e ci ama, non ci abbandona, trae il bene dal male con la sua potenza e la sua infinita creatività" (cronaca, foto, testi e video)


VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
IN LITUANIA, LETTONIA ED ESTONIA
22-25 SETTEMBRE 2018


Martedì, 25 settembre 2018
TALLINN - ROMA

13:00 Pranzo con il Seguito Papale nel Convento delle Suore Brigidine in Pirita
15:15 Incontro con gli assistiti delle Opere di carità della Chiesa nella Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo
16:30 Santa Messa in Piazza della Libertà
18:30 Cerimonia di congedo nell’Aeroporto internazionale di Tallinn
18:45 Partenza in aereo dall’Aeroporto internazionale di Tallinn per Roma
21:20 Arrivo all’Aeroporto internazionale di Roma/Ciampino

INCONTRO CON GLI ASSISTITI DELLE OPERE DI CARITÀ DELLA CHIESA
Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a Tallinn (Estonia) 

Dopo il pranzo consumato col seguito nel Convento delle brigidine il Papa incontra un centinaio di ospiti delle Opere assistenziali della Chiesa, gestite dall’amministrazione apostolica e dalle suore missionarie della carità. Siamo nella cattedrale cattolica dei SS. Pietro e Paolo. È un momento breve e intenso. Papa Francesco ascolta, ringrazia, benedice.

 









Il testo integrale del discorso del Papa

Cari fratelli e sorelle!

Grazie per avermi accolto questo pomeriggio nella vostra casa. Per me è importante fare questa visita e poter stare qui in mezzo a voi. Grazie a voi per la vostra testimonianza e per aver condiviso con noi tutto ciò che portate nel cuore.

Prima di tutto, vorrei congratularmi con te, Marina, e con tuo marito, per la bellissima testimonianza che ci avete donato. Siete stati benedetti con nove figli, con tutto il sacrificio che questo significa, come ci hai fatto notare. Dove ci sono bambini e giovani, c’è molto sacrificio, ma soprattutto c'è futuro, gioia, speranza. Ecco perché è confortante sentirti dire: “Rendiamo grazie al Signore per la comunione e l’amore che regna in casa nostra”. In questa terra, dove gli inverni sono duri, a voi non manca il calore più importante, quello della casa, quello che nasce dallo stare in famiglia. Con discussioni e problemi? Sì, è normale, ma con la voglia di andare avanti insieme. Non sono belle parole, ma un esempio chiaro.

E grazie per aver condiviso anche la testimonianza di queste suore che non avevano paura di uscire e andare dove voi stavate per essere segno della vicinanza e della mano tesa del nostro Dio. Tu hai detto che erano come degli angeli che venivano a visitarvi. È così: sono degli angeli.

Quando la fede non ha paura di lasciare le comodità, di mettersi in gioco e ha il coraggio di uscire, riesce a manifestare le parole più belle del Maestro: «Che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato» (Gv 13,34). Amore che rompe le catene che ci isolano e ci separano, gettando ponti; amore che ci permette di costruire una grande famiglia in cui tutti possiamo sentirci a casa, come in questa casa. Amore che sa di compassione e di dignità. E questo è bello. [Guarda i nove figli di Marina seduti su un’unica panca e li conta] Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove. Bella famiglia! Bella famiglia!


La fede missionaria va come queste sorelle per le strade delle nostre città, dei nostri quartieri, delle nostre comunità, dicendo con gesti molto concreti: fai parte della nostra famiglia, della grande famiglia di Dio nella quale tutti abbiamo un posto. Non rimanere fuori. E voi, sorelle, fate questo! Grazie.

Penso che questo sia il miracolo che ci hai raccontato tu, Vladimir. Hai trovato sorelle e fratelli che ti hanno offerto la possibilità di risvegliare il cuore e vedere che, in ogni momento, il Signore ti cercava instancabilmente per vestirti a festa (cfr Lc 15,22) e per celebrare il fatto che ognuno di noi è il suo figlio prediletto. La più grande gioia del Signore è vederci rinascere, per questo non si stanca mai di donarci una nuova opportunità. Per questo motivo, sono importanti i legami, sentire che apparteniamo gli uni agli altri, che ogni vita vale, e che siamo disposti a spenderla per questo.

Vorrei invitarvi a continuare a creare legami. Ad uscire nei quartieri per dire a tanti: anche tu fai parte della nostra famiglia. Gesù ha chiamato i discepoli, e ancora oggi chiama ciascuno di voi, cari fratelli, per continuare a seminare e trasmettere il suo Regno. Lui conta sulla vostra storia, sulla vostra vita, sulle vostre mani per percorrere la città e condividere la stessa realtà che voi avete vissuto. Oggi, Gesù può contare su di voi? Ognuno di voi risponda.

Grazie per il tempo che mi avete regalato. E ora vorrei darvi la benedizione, perché il Signore possa continuare a fare miracoli attraverso le vostre mani. E, per favore, anch’io ho bisogno di aiuto; per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!

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SANTA MESSA
Piazza della Libertà a Tallinn (Estonia)

La giornata del Papa a Tallinn, e il viaggio apostolico nei Paesi Baltici, si chiude con la Messa presieduta in Piazza della Libertà nel centro storico della capitale estone. Alcune migliaia i fedeli presenti, in pratica tutta – o quasi - la comunità del Paese. Ci sono anche vescovi, e cattolici, provenienti da fuori. E’ qui che Papa Francesco esalta la riconquista della libertà da parte dei Paesi visitati. La paragona a quella recuperata dal popolo ebraico dalla schiavitù d’Egitto.







 


Il testo integrale dell'omelia

Ascoltando, nella prima Lettura, l’arrivo del popolo ebraico – già libero dalla schiavitù d’Egitto – al Monte Sinai (cfr Es 19,1) è impossibile non pensare a voi come popolo; è impossibile non pensare all’intera nazione dell’Estonia e a tutti i Paesi Baltici. Come non ricordarvi in quella “rivoluzione cantata”, o in quella catena di due milioni di persone da qui a Vilnius? Voi conoscete le lotte per la libertà, potete identificarvi con quel popolo. Ci farà bene, quindi, ascoltare quello che Dio dice a Mosè, per capire quello che dice a noi come popolo.

Il popolo che arriva al Sinai è un popolo che ha già visto l’amore del suo Dio manifestato in miracoli e prodigi; è un popolo che decide di stringere un patto d’amore perché Dio lo ha già amato per primo e gli ha manifestato questo amore. Non è obbligato, Dio lo vuole libero. Quando diciamo che siamo cristiani, quando abbracciamo uno stile di vita, lo facciamo senza pressioni, senza che questo sia uno scambio in cui noi facciamo qualcosa se Dio fa qualcosa. Ma, soprattutto, sappiamo che la proposta di Dio non ci toglie nulla, al contrario, porta alla pienezza, potenzia tutte le aspirazioni dell’uomo. Alcuni si considerano liberi quando vivono senza Dio o separati da Lui. Non si accorgono che in questo modo viaggiano attraverso questa vita come orfani, senza una casa dove tornare. «Cessano di essere pellegrini e si trasformano in erranti, che ruotano sempre intorno a se stessi senza arrivare da nessuna parte» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 170).

Spetta a noi, come al popolo uscito dall’Egitto, ascoltare e cercare. A volte alcuni pensano che la forza di un popolo si misuri oggi da altri parametri. C’è chi parla con un tono più alto, così che parlando sembra più sicuro – senza cedimenti o esitazioni –; c’è chi, alle urla, aggiunge minacce di armi, spiegamento di truppe, strategie... Questo è colui che sembra più “forte”. Questo però non è cercare la volontà di Dio, ma un accumulare per imporsi sulla base dell’avere. Questo atteggiamento nasconde in sé un rifiuto dell’etica e, con essa, di Dio. Perché l’etica ci mette in relazione con un Dio che si aspetta da noi una risposta libera e impegnata verso gli altri e verso il nostro ambiente, una risposta che è al di fuori delle categorie del mercato (cfr ibid., 57). Voi non avete conquistato la vostra libertà per finire schiavi del consumo, dell’individualismo o della sete di potere o di dominio.

Dio conosce i nostri bisogni, quelli che spesso nascondiamo dietro il desiderio di possedere; anche le nostre insicurezze superate grazie al potere. Quella sete, che abita in ogni cuore umano, Gesù, nel Vangelo che abbiamo ascoltato, ci incoraggia a superarla nell’incontro con Lui. È Lui che può saziarci, colmarci con la pienezza della fecondità della sua acqua, della sua purezza, della sua forza travolgente. La fede è anche rendersi conto che Egli è vivo e ci ama; che non ci abbandona e, perciò, è capace di intervenire misteriosamente nella nostra storia; Egli trae il bene dal male con la sua potenza e la sua infinita creatività (cfr ibid., 278).

Nel deserto, il popolo d’Israele cadrà nella tentazione di cercare altri dei, di adorare il vitello d’oro, di confidare nelle proprie forze. Ma Dio lo attrae sempre di nuovo, ed essi ricorderanno ciò che hanno ascoltato e veduto sulla montagna. Come quel popolo, anche noi sappiamo di essere un popolo “eletto, sacerdotale e santo” (cfr Es 19,6; 1 Pt 2,9), è lo Spirito che ci ricorda tutte queste cose (cfr Gv 14,26).

Eletti non significa esclusivi né settari; siamo la piccola porzione che deve far fermentare tutta la massa, che non si nasconde né si separa, che non si considera migliore o più pura. L’aquila mette al riparo i suoi aquilotti, li porta in luoghi scoscesi finché non riescono a cavarsela da soli, ma deve spingerli a uscire da quel posto tranquillo. Scuote la sua nidiata, porta i suoi piccoli nel vuoto perché mettano alla prova le loro ali; e rimane sotto di loro per proteggerli, per impedire che si facciano male. Così è Dio col suo popolo eletto, lo vuole in “uscita”, audace nel suo volo e sempre protetto solo da Lui. Dobbiamo vincere la paura e lasciare gli spazi blindati, perché oggi la maggior parte degli estoni non si riconoscono come credenti.

Uscire come sacerdoti: lo siamo per il Battesimo. Uscire per promuovere la relazione con Dio, per facilitarla, per favorire un incontro d’amore con Colui che sta gridando: «Venite a me» (Mt 11,28). Abbiamo bisogno di crescere in uno sguardo di vicinanza per contemplare, commuoverci e fermarci davanti all’altro, ogni volta che sia necessario. Questa è l’arte dell’accompagnamento, che si attua con il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione che è capace di guarire, di sciogliere nodi e far crescere nella vita cristiana (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 169).

E infine dare testimonianza di essere un popolo santo. Possiamo cadere nella tentazione di pensare che la santità sia solo per alcuni. In realtà, «tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 14). Ma, come l’acqua nel deserto non era un bene personale ma comunitario, come la manna non poteva essere accumulata perché si sarebbe rovinata, così la santità vissuta si espande, scorre, feconda tutto ciò che le sta accanto. Oggi scegliamo di essere santi risanando i margini e le periferie della nostra società, là dove il nostro fratello giace e patisce la sua esclusione. Non lasciamo che sia quello che viene dopo di noi a fare il passo per soccorrerlo, e nemmeno che sia una questione da risolvere da parte delle istituzioni; siamo noi stessi quelli che fissiamo il nostro sguardo su quel fratello e gli tendiamo la mano per rialzarlo, perché in lui c’è l’immagine di Dio, è un fratello redento da Gesù Cristo. Questo significa essere cristiani e la santità vissuta giorno per giorno (cfr ibid., 98).

Voi avete manifestato nella vostra storia l’orgoglio di essere estoni, lo cantate dicendo: «Sono estone, resterò estone, estone è una cosa bella, siamo estoni». Com’è bello sentirsi parte di un popolo! Com’è bello essere indipendenti e liberi! Andiamo al monte santo, a quello di Mosè, a quello di Gesù, e chiediamo a Lui – come dice il motto di questa visita – di risvegliare i nostri cuori, di darci il dono dello Spirito per discernere in ogni momento della storia come essere liberi, come abbracciare il bene e sentirsi eletti, come lasciare che Dio faccia crescere, qui Estonia e nel mondo intero, la sua nazione santa, il suo popolo sacerdotale.

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RINGRAZIAMENTO AL TERMINE DELLA MESSA

Cari fratelli e sorelle,

prima della benedizione finale, e di concludere questo Viaggio Apostolico in Lituania, Lettonia ed Estonia, desidero esprimere la mia gratitudine a tutti voi, a partire dall’Amministratore Apostolico dell’Estonia. Grazie per la vostra accoglienza, espressione di un piccolo gregge con il cuore grande! Rinnovo la mia riconoscenza alla Signora Presidente della Repubblica e alle altre Autorità del Paese.

Uno speciale pensiero va a tutti i fratelli cristiani, in modo particolare ai Luterani, che, sia qui in Estonia sia in Lettonia, hanno ospitato gli incontri ecumenici. Il Signore continui a guidarci nella via della comunione.

Grazie a tutti!

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Si conclude il viaggio di Papa Francesco nei Paesi Baltici. 
Alle ore 18.30 locali, all’aeroporto internazionale di Tallinn, ha avuto luogo la cerimonia di congedo dall’Estonia. Al suo arrivo, Papa Francesco è stato accolto dal primo ministro, Jüri Ratas, con il quale si è trattenuto per alcuni minuti. Quindi è salito a bordo di un CS300 dell’airBaltic.
Il Pontefice prima di salire a bordo dell’aereo ha rivolto un ultimo saluto ai Paesi ospitanti con un inchino di ringraziamento.
Guarda il video

L’aereo con a bordo il Papa di ritorno dal Viaggio Apostolico in Lituania, Lettonia ed Estonia è decollato alle ore 18.15 locali ed è atterrato all’aeroporto di Roma-Ciampino alle ore 20.05.


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