venerdì 28 settembre 2018

Ricordando Giovanni Paolo I ... Le sue ultime parole pubbliche: "Mai fermarsi, progredire con l’aiuto di Dio, nell’amore di Dio. D’accordo?"


Quarant'anni fa moriva Papa Luciani

Uniti sotto il primato di Pietro. Maturò questo pensiero nelle sessioni del Vaticano II. Apprezzò la creazione del Sinodo



Era vescovo da 29 giorni (destinato alla diocesi di Vittorio Veneto), quando il Concilio venne annunciato. Nei suoi testi di quei primi mesi non compare traccia della novità innescata da Giovanni XXIII, tranne un invito alla preghiera del 27 aprile. Dal votum antepraeparatorium, che inviò a Roma il 25 agosto 1959, si ricava l’impressione di un vescovo ancorato al regime di cristianità: Luciani chiedeva che il Concilio riaffermasse l’obbligatorietà dell’adesione al magistero, individuasse mezzi per trasmettere la dottrina agli adulti; annotava poi questioni canonistiche e liturgiche, suggerendo di tutelare nella liturgia ' venerabiles antiquitates', pur aprendosi a una 'sana modernità'.

Se queste erano i desiderata, lo immaginiamo sorpreso, se non frastornato, quando il dibattito conciliare si spostò su altri temi. Egli ammise la revisione a cui si sentì chiamato, innanzitutto studiando. Dalla ricerca per la Positio è emerso il ritratto di un vescovo che in breve tempo fu presente alla discussione in corso. Nell’aprile 1962, pubblicava una serie di «Note sul Concilio», per spiegare ai diocesani l’evento. E già sorprende lo sviluppo dei temi ecclesiologici, quando scrive: «Non è però a credere che, attorno al Papa, i vescovi siano al Concilio soltanto consultori, consiglieri, persone decorative»; infatti il Signore «ha voluto che la responsabilità completa sul gregge cristiano Papa e vescovi l’avessero insieme». Luciani partecipò a tutte le sessioni conciliari. Dopo la prima sessione, nel maggio 1963, propose ai suoi preti una sua riflessione sulla Chiesa: «Cristo non ha soltanto chiamato attorno a sé degli apostoli, ma apostoli fusi in un gruppo unito, adunati in famiglia o comunità».

A chi obiettava che «i vescovi sono nelle loro diocesi nient’altro che funzionari del Papa», ricordava che essi sono «rappresentanti di Cristo, non del Papa». Tornò a Roma per la seconda sessione, quella in cui si affrontò il punto cruciale della collegialità episcopale. In questo contesto, presentò per iscritto il suo unico intervento al Concilio, proprio su quel tema: «Cristo stesso ha voluto il collegio, composto di Papa e vescovi, e dotato della suprema autorità su tutta la Chiesa». Per provarlo bastava la ' constantem praxim Ecclesiae', comprovata dall’istituto conciliare, dove «nel corso dei secoli l’esercizio della suprema potestà collegiale si è sviluppato parallelamente con l’esercizio della suprema autorità primaziale».

Per singolare coincidenza, riportò una citazione del camaldolese Mauro Cappellari, che poi fu il primo papa bellunese, Gregorio XVI. Dopo l’assise, i temi conciliari divennero la principale ispirazione della predicazione di Luciani. Ma la ricezione del Concilio generò anche aspre polarizzazioni, di cui egli diede atto durante un corso di esercizi spirituali predicati nel 1965, fissando così la questione: «Il collegio non esiste senza Pietro». Nel 1969 stigmatizzò di nuovo gli avanguardismi: «Si vanno chiedendo: primato papale o collegialità vescovile? Del tutto oziosamente, perché il Concilio afferma che la collegialità suppone e completa il primato. Ma essi vogliono ignorare i testi scomodi del Concilio e invocano un esercizio di collegialità, che svuota il primato e compromette l’unità della Chiesa».

Nel 1971 - ormai era patriarca di Venezia - fu nominato da Paolo VI membro del Sinodo. Qui fece un coraggioso intervento sul rinnovamento delle pratiche penitenziali e sulla tassazione degli enti ecclesiastici in favore dei poveri. L’intervento fece rumore e di lì a poco Avvenire ottenne un’intervista; al giornalista che insinuava dubbi su 'taluni difetti procedurali' del Sinodo, Luciani rispose: «Il mio giudizio è positivo per quanto attiene il vero fine del Sinodo: Papa informato e consigliato; incremento dell’affetto collegiale dei vescovi tra loro e con il Papa». Ammise alcune criticità, ma riconobbe la validità dell’istituto, composto «di vescovi tenuti ad avere uno per uno 'sollecitudine di tutta la Chiesa', e 'in modo particolare... di quelle parti del mondo, dove la parola di Dio non è ancora stata annunciata'».

Dopo che il 16 settembre 1972 Paolo VI visitò Venezia, il patriarca Luciani annotò in un testo, che risulta inedito, il resoconto di quella storica giornata. Spostandosi sul motoscafo, aveva indicato al Papa il convento, dove Cappellari aveva scritto «un libro che sosteneva chiarissimamente quella collegialità episcopale, che poi sarebbe stata espressa nel Concilio Vaticano II». Era il libro da lui citato al Concilio. Che cosa avrebbe fatto da Papa? Il cardinale Aloisio Lorscheider (arcivescovo brasiliano di Aparecida), legato a Luciani da reciproca stima, riteneva che avrebbe «privilegiato l’attenzione alla diocesi di Roma e al tempo stesso avrebbe favorito la collegialità». Il Papa la evidenziò infatti nel radiomessaggio del 27 agosto, salutando così l’episcopato mondiale: «vogliamo fermamente rinsaldare la loro configurazione collegiale, richiedendo la loro cooperazione nel governo della Chiesa universale ». Nell’udienza generale del 6 settembre, rimarcò la presenza di altri vescovi, dicendo: «Io sono soltanto il loro fratello maggiore »; al termine delle udienze del 13 e del 20 settembre con gesto inedito chiamò attorno a sé i vescovi presenti a impartire la benedizione. Recentemente, commemorando il 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo, papa Francesco riconosceva che nell’attuazione della collegialità «siamo a metà cammino, a parte del cammino».

Con i 'se' non si fa la storia, ma vien voglia di scriverne uno, immaginando il percorso che 40 anni fa Giovanni Paolo I custodiva per la Chiesa: non per nulla nel suo nome aveva unito i due Papi del Concilio.

Canale d’Agordo lo ricorda a 40 anni dalla morte

Il 28 settembre di 40 anni fa moriva improvvisamente Giovanni Paolo I, Papa da 33 giorni. Un fulmine a ciel sereno che lasciò costernati i fedeli di tutto il mondo, che avevano già imparato ad apprezzarlo e amarlo per il suo stile di pastore vicino alla gente. A 40 anni da quel giorno (la morte avvenne nella notte e fu scoperta solo l’indomani mattina) il suo paese natale, Canale d’Agordo (in provincia di Belluno) ha preparato una serie di appuntamenti. Si inizia alle 17 di oggi presso la parrocchia di Canale d’Agordo dove Stefania Falasca, giornalista di Avvenire e vice postulatrice nella causa di beatificazione di Giovanni Paolo I, parlerà del suo libro «Papa Luciani. Cronaca di una morte» (Edizioni Piemme). Seguirà alle 18 la Messa con la presenza dei parroci e catechisti dell’Agordino. Alle 21, infine, diretta su TelePace dell’incontro «Signore, fammi diventare come tu desideri» dedicato all’anniversario, con Stefania Falasca; don Davide Fiocco, collaboratore della causa di beatificazione; don Mariano Baldovina, arciprete di Canale d’Agordo; Gianni Luciani, nipote di papa Luciani, e Loris Serafini, direttore del Musal - Museo Albino Luciani, presso il quale è allestita la mostra 'L’elezione a Papa e la morte di Albino Luciani. La gioia e il lutto del paese natale del Papa 40 anni fa'.

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Giovanni Paolo I: l’amore può tutto

Il 28 settembre 1978, 40 anni fa, si spegneva Papa Albino Luciani, dopo solo 33 giorni di pontificato. Un ricordo con le parole dell’ultimo Angelus e dell’ultima udienza generale, il giorno prima della morte, commentate da san Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI. “’L'amore sarà sempre vittorioso. Ecco la parola giusta: non la violenza può tutto, ma l'amore può tutto".

Quarant'anni fa, all’alba del 28 settembre 1978, si spegneva nel suo letto, nel Palazzo apostolico, Papa Giovanni Paolo I, Albino Luciani, che il 17 ottobre avrebbe compiuto 66 anni. Il “Papa del sorriso” ci lasciava dopo solo 33 giorni di pontificato, eletto il 26 agosto in un conclave nel quale era entrato da patriarca di Venezia.

Il motto "Humilitas" e la stola di Paolo VI

Bellunese di Canale d’Agordo, come motto episcopale, da vescovo di Vittorio Veneto, scelse “Humilitas”, lui che era diventato “tutto rosso” in viso, raccontava, quando sei anni prima di diventare il successore del beato Paolo VI, Papa Montini, in piazza San Marco, gli aveva messo sulle spalle la sua stola pontificale.

La martire carmelitana: l'amore sarà sempre vittorioso

Lo ricordiamo con le parole con le quali introdusse la sua ultima preghiera dell’Angelus, citando il commiato della beata martire carmelitana Teresa di sant’Agostino, davanti alla ghigliottina della rivoluzione francese:

"L'amore sarà sempre vittorioso, l'amore può tutto". Ecco la parola giusta, non la violenza può tutto, ma l'amore può tutto. Domandiamo al Signore la grazia che una nuova ondata di amore verso il prossimo pervada questo povero mondo.
Giovanni Paolo II: "E' il suo testamento spirituale"

Parole ricordate dieci anni dopo da San Giovanni Paolo II a Col Cumano, nel bellunese, tra le montagne tanto care a Papa Luciani, incontrando i fedeli della diocesi:

Queste parole, che egli aveva pronunciate nell’ultimo discorso domenicale, il 24 settembre, costituiscono quasi il suo testamento spirituale, il significato più profondo di tutta la sua vita di sacerdote, Vescovo, Patriarca e Pontefice. L’amore può tutto, è sempre vittorioso, anche di fronte alle leggi inesorabili del tempo e della morte.

La prima udienza: "Siate umili, siamo servi inutili"

Nella prima delle sue quattro udienze generali, il 6 settembre, dedicata proprio alla grande virtù dell’umiltà, Giovanni Paolo I, che Papa Francesco ha dichiarato venerabile, riconoscendo le sue virtù eroiche, nel novembre del 2017, si rivolgeva così ai fedeli in Aula Paolo VI:

Il Signore ha tanto raccomandato: siate umili. Anche se avete fatto delle grandi cose, dite: siamo servi inutili. Invece la tendenza, in noi tutti, è piuttosto al contrario: mettersi in mostra.

Benedetto XVI: "La sua umiltà per parlare a tutti"

Venti anni dopo, a Castel Gandolfo, Benedetto XVI ricordava queste parole di Papa Luciani, prima dell’Angelus:

L’umiltà può essere considerata il suo testamento spirituale. Grazie proprio a questa sua virtù, bastarono 33 giorni perché Papa Luciani entrasse nel cuore della gente. Nei discorsi usava esempi tratti da fatti di vita concreta, dai suoi ricordi di famiglia e dalla saggezza popolare. Facciamo tesoro del suo esempio, impegnandoci a coltivare la sua stessa umiltà, che lo rese capace di parlare a tutti, specialmente ai piccoli e ai cosiddetti lontani.

L'ultima udienza: "Progredire nell'amore di Dio"

Amore di Dio e umiltà degli uomini, sono anche nelle ultime parole pubbliche di Giovanni Paolo I, al termine dell’udienza generale del 27 settembre 1978, poche ore prima della morte:

Il Signore ha detto a tutti i cristiani: «Voi siete la luce del mondo, il sale della terra», «siate perfetti com'è perfetto il vostro Padre celeste». Mai fermarsi, progredire con l’aiuto di Dio, nell’amore di Dio. D’accordo?


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