mercoledì 26 settembre 2018

MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO AI CATTOLICI CINESI E ALLA CHIESA UNIVERSALE (testo integrale) - "Nel cuore di un lungo cammino" di Giovanni Maria Vian

Nel cuore di un lungo cammino
Giovanni Maria Vian

La pubblicazione del messaggio di Francesco ai cattolici cinesi e alla Chiesa universale conferma l’incidenza storica dell’accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi tra Cina e Santa Sede, frutto di un dialogo in corso da almeno un trentennio. Il testo papale, semplice e solenne al tempo stesso, chiarisce al di là di ogni dubbio l’intento dell’accordo firmato a Pechino, che è quello di «sostenere e promuovere l’annuncio del Vangelo» e al tempo stesso di «raggiungere e conservare la piena e visibile unità della Comunità cattolica in Cina». A conferma che la Chiesa esiste per testimoniare e annunciare la salvezza portata da Cristo e che questa missione è tanto più credibile quanto più viene vissuta nella piena comunione.

Due citazioni, dal libro dei Salmi e dalla lettera ai cattolici cinesi di Benedetto XVI (che a sua volta cita due detti di Gesù trasmessi nei vangeli), aprono il messaggio e ne mostrano ancor più chiaramente il significato spirituale: la luce del piccolo gregge costituito dalla misericordia divina nel grande paese asiatico deve risplendere «davanti agli uomini», perché vedano le sue opere buone e rendano gloria a Dio. È dunque questo il compito di testimonianza a cui è chiamata la Chiesa, anche in Cina.

Consapevole della confusione ingenerata da un «turbinio di opinioni e di considerazioni», il Papa assicura di pregare ogni giorno per i cattolici cinesi, di cui ammira la «fedeltà» e la «costanza nella prova», e conferma la sua stima per l’intero popolo della Cina, che «fin dai tempi antichi è entrato in contatto con il messaggio cristiano». Su queste basi Francesco ribadisce che il dialogo «significa conoscersi, rispettarsi e “camminare insieme” per costruire un futuro comune di più alta armonia», al di là delle differenze.

In questo dialogo, certo non facile, si inserisce finalmente l’accordo provvisorio firmato a Pechino per sciogliere «la questione delle nomine episcopali», in continuità con il cammino degli ultimi decenni ma segnando nello stesso tempo il punto di partenza necessario per un «percorso inedito». L’accordo è «perfettibile» ma «per la prima volta introduce elementi stabili di collaborazione» tra le autorità cinesi e la Santa Sede. Lo scopo è quello di avviare un processo che coinvolga «Vescovi, sacerdoti, persone consacrate e fedeli laici» per «cercare insieme buoni candidati» all’episcopato, e non «funzionari per la gestione delle questioni religiose». Un processo dunque dell’intera comunità cattolica per arrivare alla scelta non di burocrati, ma di missionari.

E sull’accordo tra Cina e Santa Sede il Papa si è soffermato rispondendo ai giornalisti alla fine della conferenza stampa durante il volo di ritorno dai paesi baltici. Di questi e della loro storia tragica ed eroica Bergoglio ha parlato a lungo e con commozione. E ha concluso appunto con un elogio esplicito del metodo di questo lungo dialogo con Pechino e dei suoi principali tessitori vaticani, ma soprattutto con un’esaltazione senza riserve della fede e della testimonianza dei cattolici cinesi.
(fonte: L'OSSERVATORE ROMANO 26/09/2018)


MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO
AI CATTOLICI CINESI E ALLA CHIESA UNIVERSALE

«Il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione»
(Salmo 100,5)

Carissimi fratelli nell’episcopato, sacerdoti, persone consacrate e fedeli tutti della Chiesa cattolica in Cina, ringraziamo il Signoreperché eterna è la sua misericordia e riconosciamo che «Egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo» (Sal100,3)!

In questo momento riecheggiano nel mio animo le parole con cui il mio venerato Predecessore, nella Lettera del 27 maggio 2007, vi esortava: «Chiesa cattolica in Cina, piccolo gregge presente e operante nella vastità di un immenso popolo che cammina nella storia, come risuonano incoraggianti e provocanti per te le parole di Gesù: “Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno” (Lc 12,32) […]: perciò “risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5,16)» (Benedetto XVI, Lettera ai Cattolici cinesi, 27 maggio 2007, 5).

1. Negli ultimi tempi, sono circolate tante voci contrastanti sul presente e, soprattutto, sull’avvenire delle comunità cattoliche in Cina. Sono consapevole che un tale turbinio di opinioni e di considerazioni possa aver creato non poca confusione, suscitando in molti cuori sentimenti opposti. Per alcuni, sorgono dubbi e perplessità; altri hanno la sensazione di essere stati come abbandonati dalla Santa Sede e, nel contempo, si pongono la struggente domanda sul valore delle sofferenze affrontate per vivere nella fedeltà al Successore di Pietro. In molti altri, invece, prevalgono positive attese e riflessioni animate dalla speranza di un avvenire più sereno per una feconda testimonianza della fede in terra cinese.

Tale situazione si è venuta accentuando soprattutto in riferimento all’Accordo Provvisorio fra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese che, come sapete, è stato firmato nei giorni scorsi a Pechino. In un frangente tanto significativo per la vita della Chiesa, tramite questo breve Messaggio, desidero, innanzitutto, assicurarvi che siete quotidianamente presenti nella mia preghiera e condividere con voi i sentimenti che abitano il mio cuore.

Sono sentimenti di ringraziamento al Signore e di sincera ammirazione – che è l’ammirazione dell’intera Chiesa cattolica – per il dono della vostra fedeltà, della costanza nella prova, della radicata fiducia nella Provvidenza di Dio, anche quando certi avvenimenti si sono dimostrati particolarmente avversi e difficili.

Tali esperienze dolorose appartengono al tesoro spirituale della Chiesa in Cina e di tutto il Popolo di Dio pellegrinante sulla terra. Vi assicuro che il Signore, proprio attraverso il crogiuolo delle prove, non manca mai di colmarci delle sue consolazioni e di prepararci a una gioia più grande. Con il Salmo 126 siamo più che certi che «chi semina nelle lacrime, mieterà nella gioia» (v. 5)!

Continuiamo, quindi, a fissare lo sguardo sull’esempio di tanti fedeli e Pastori che non hanno esitato ad offrire la loro “bella testimonianza” (cfr 1 Tm 6,13) al Vangelo, fino al dono della propria vita. Sono da considerarsi veri amici di Dio!

2. Da parte mia, ho sempre guardato alla Cina come a una terra ricca di grandi opportunità e al Popolo cinese come artefice e custode di un inestimabile patrimonio di cultura e di saggezza, che si è raffinato resistendo alle avversità e integrando le diversità, e che, non a caso, fin dai tempi antichi è entrato in contatto con il messaggio cristiano. Come diceva con grande acume il P. Matteo Ricci, S.I., sfidandoci alla virtù della fiducia, «prima di contrarre amicizia, bisogna osservare; dopo averla contratta, bisogna fidarsi» (De Amicitia, 7).

È anche mia convinzione che l’incontro possa essere autentico e fecondo solo se avviene attraverso la pratica del dialogo, che significa conoscersi, rispettarsi e “camminare insieme” per costruire un futuro comune di più alta armonia.

In questo solco si colloca l’Accordo Provvisorio, che è frutto del lungo e complesso dialogo istituzionale della Santa Sede con le Autorità governative cinesi, inaugurato già da San Giovanni Paolo II e proseguito da Papa Benedetto XVI. Attraverso tale percorso, la Santa Sede altro non aveva – e non ha – in animo se non di realizzare le finalità spirituali e pastorali proprie della Chiesa, e cioè sostenere e promuovere l’annuncio del Vangelo, e raggiungere e conservare la piena e visibile unità della Comunità cattolica in Cina.

Sul valore di tale Accordo e sulle sue finalità vorrei proporvi alcune riflessioni, offrendovi altresì qualche spunto di spiritualità pastorale per il cammino che, in questa nuova fase, siamo chiamati a percorrere.

Si tratta di un cammino che, come il tratto precedente, «richiede tempo e presuppone la buona volontà delle Parti» (Benedetto XVI, Lettera ai Cattolici cinesi, 27 maggio 2007, 4), ma per la Chiesa, dentro e fuori della Cina, non si tratta solo di aderire a valori umani, bensì di rispondere a una vocazione spirituale: uscire da se stessa per abbracciare «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 1) e le sfide del presente che Dio le affida. È, pertanto, una chiamata ecclesiale a farsi pellegrini sui sentieri della storia, fidandosi innanzitutto di Dio e delle sue promesse, come fecero Abramo e i nostri Padri nella fede.

Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per una terra sconosciuta che doveva ricevere in eredità, senza conoscere il cammino che gli si apriva dinnanzi. Se Abramo avesse preteso condizioni, sociali e politiche, ideali prima di uscire dalla sua terra, forse non sarebbe mai partito. Egli, invece, si è fidato di Dio, e sulla sua Parola ha lasciato la propria casa e le proprie sicurezze. Non furono dunque i cambiamenti storici a permettergli di confidare in Dio, ma fu la sua fede pura a provocare un cambiamento nella storia. La fede, infatti, è «fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio» (Eb 11,1-2).

3. Come Successore di Pietro, desidero confermarvi in questa fede (cfr Lc 22,32) – nella fede di Abramo, nella fede della Vergine Maria, nella fede che avete ricevuto – invitandovi a porre con sempre maggiore convinzione la vostra fiducia nel Signore della storia e nel discernimento della sua volontà compiuto dalla Chiesa. Invochiamo il dono dello Spirito, affinché illumini le menti e riscaldi i cuori e ci aiuti a capire dove ci vuole condurre, a superare gli inevitabili momenti di smarrimento e ad avere la forza di proseguire con decisione sulla strada che si apre davanti a noi.

Proprio al fine di sostenere e promuovere l’annuncio del Vangelo in Cina e di ricostituire la piena e visibile unità nella Chiesa, era fondamentale affrontare, in primo luogo, la questione delle nomine episcopali. È a tutti noto che, purtroppo, la storia recente della Chiesa cattolica in Cina è stata dolorosamente segnata da profonde tensioni, ferite e divisioni, che si sono polarizzate soprattutto intorno alla figura del Vescovo quale custode dell’autenticità della fede e garante della comunione ecclesiale.

Allorquando, nel passato, si è preteso di determinare anche la vita interna delle comunità cattoliche, imponendo il controllo diretto al di là delle legittime competenze dello Stato, nella Chiesa in Cina è comparso il fenomeno della clandestinità. Una tale esperienza – va sottolineato – non rientra nella normalità della vita della Chiesa e «la storia mostra che Pastori e fedeli vi fanno ricorso soltanto nel sofferto desiderio di mantenere integra la propria fede» (Benedetto XVI, Lettera ai Cattolici cinesi, 27 maggio 2007, 8).

Vorrei farvi sapere che, da quando mi è stato affidato il ministero petrino, ho provato grande consolazione nel constatare il sincero desiderio dei Cattolici cinesi di vivere la propria fede in piena comunione con la Chiesa universale e con il Successore di Pietro, il quale è «il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi che della moltitudine dei fedeli» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 23). Di tale desiderio mi sono giunti nel corso di questi anni numerosi segni e testimonianze concreti, anche da parte di coloro, compresi Vescovi, che hanno ferito la comunione nella Chiesa, a causa di debolezza e di errori, ma anche, non poche volte, per forte e indebita pressione esterna.

Perciò, dopo aver attentamente esaminato ogni singola situazione personale e ascoltato diversi pareri, ho riflettuto e pregato molto cercando il vero bene della Chiesa in Cina. Infine, davanti al Signore e con serenità di giudizio, in continuità con l’orientamento dei miei immediati Predecessori, ho deciso di concedere la riconciliazione ai rimanenti sette Vescovi “ufficiali” ordinati senza Mandato Pontificio e, avendo rimosso ogni relativa sanzione canonica, di riammetterli nella piena comunione ecclesiale. In pari tempo, chiedo loro di esprimere, mediante gesti concreti e visibili, la ritrovata unità con la Sede Apostolica e con le Chiese sparse nel mondo, e di mantenervisi fedeli nonostante le difficoltà.

4. Nel sesto anno del mio Pontificato, che ho messo fin dai primi passi sotto il segno dell’Amore misericordioso di Dio, invito pertanto tutti i Cattolici cinesi a farsi artefici di riconciliazione, ricordando con sempre rinnovata passione apostolica le parole di Paolo: «Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione» (2 Cor 5,18).

Infatti, come ho avuto modo di scrivere al termine del Giubileo Straordinario della Misericordia, «non c’è legge né precetto che possa impedire a Dio di riabbracciare il figlio che torna da Lui riconoscendo di avere sbagliato, ma deciso a ricominciare da capo. Fermarsi soltanto alla legge equivale a vanificare la fede e la misericordia divina. […]. Anche nei casi più complessi, dove si è tentati di far prevalere una giustizia che deriva solo dalle norme, si deve credere nella forza che scaturisce dalla grazia divina» (Lett. ap.Misericordia et misera, 20 novembre 2016, 11).

In questo spirito e con le decisioni prese, possiamo dare inizio a un percorso inedito, che speriamo aiuterà a sanare le ferite del passato, a ristabilire la piena comunione di tutti i Cattolici cinesi e ad aprire una fase di più fraterna collaborazione, per assumere con rinnovato impegno la missione dell’annuncio del Vangelo. Infatti, la Chiesa esiste per testimoniare Gesù Cristo e l’Amore perdonante e salvifico del Padre.

5. L’Accordo Provvisorio siglato con le Autorità cinesi, pur limitandosi ad alcuni aspetti della vita della Chiesa ed essendo necessariamente perfettibile, può contribuire – per la sua parte – a scrivere questa pagina nuova della Chiesa cattolica in Cina. Esso, per la prima volta, introduce elementi stabili di collaborazione tra le Autorità dello Stato e la Sede Apostolica, con la speranza di assicurare alla Comunità cattolica buoni Pastori.

In questo contesto, la Santa Sede intende fare sino in fondo la parte che le compete, ma anche a voi, Vescovi, sacerdoti, persone consacrate e fedeli laici, spetta un ruolo importante: cercare insieme buoni candidati che siano in grado di assumere nella Chiesa il delicato e importante servizio episcopale. Non si tratta, infatti, di nominare funzionari per la gestione delle questioni religiose, ma di avere autentici Pastori secondo il cuore di Gesù, impegnati a operare generosamente al servizio del Popolo di Dio, specialmente dei più poveri e dei più deboli, facendo tesoro delle parole del Signore: «Chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti» (Mc 10,43-44).

Al riguardo, appare evidente che un Accordo non è altro che uno strumento e non potrà da solo risolvere tutti i problemi esistenti. Anzi, esso risulterebbe inefficace e sterile, qualora non fosse accompagnato da un profondo impegno di rinnovamento degli atteggiamenti personali e dei comportamenti ecclesiali.

6. Sul piano pastorale, la Comunità cattolica in Cina è chiamata ad essere unita, per superare le divisioni del passato che tante sofferenze hanno causato e causano al cuore di molti Pastori e fedeli. Tutti i cristiani, senza distinzione, pongano ora gesti di riconciliazione e di comunione. Al riguardo, facciamo tesoro dell’ammonimento di San Giovanni della Croce: «Al tramonto della vita, saremo giudicati sull’amore» (Parole di luce e di amore, 1, 57).

Sul piano civile e politico, i Cattolici cinesi siano buoni cittadini, amino pienamente la loro Patria e servano il proprio Paese con impegno e onestà, secondo le proprie capacità. Sul piano etico, siano consapevoli che molti concittadini si attendono da loro una misura più alta nel servizio al bene comune e allo sviluppo armonioso dell’intera società. In particolare, i Cattolici sappiano offrire quel contributo profetico e costruttivo che essi traggono dalla propria fede nel regno di Dio. Ciò può richiedere a loro anche la fatica di dire una parola critica, non per sterile contrapposizione ma allo scopo di edificare una società più giusta, più umana e più rispettosa della dignità di ogni persona.

7. Mi rivolgo a tutti voi, amati confratelli Vescovi, sacerdoti e persone consacrate, che «servite il Signore nella gioia» (Sal 100,2). Riconosciamoci discepoli di Cristo nel servizio al Popolo di Dio. Viviamo la carità pastorale come bussola del nostro ministero. Superiamo le contrapposizioni del passato, la ricerca dell’affermazione di interessi personali, e prendiamoci cura dei fedeli facendo nostre le loro gioie e le loro sofferenze. Impegniamoci umilmente per la riconciliazione e l’unità. Riprendiamo con energia ed entusiasmo il cammino dell’evangelizzazione, così come indicato dal Concilio Ecumenico Vaticano II.

A voi tutti ripeto con affetto: «Ci metta in moto l’esempio di tanti sacerdoti, religiose, religiosi e laici che si dedicano ad annunciare e servire con grande fedeltà, molte volte rischiando la vita e certamente a prezzo della loro comodità. La loro testimonianza ci ricorda che la Chiesa non ha bisogno di tanti burocrati e funzionari, ma di missionari appassionati, divorati dall’entusiasmo di comunicare la vera vita. I santi sorprendono, spiazzano, perché la loro vita ci chiama a uscire dalla mediocrità tranquilla e anestetizzante» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 19 marzo 2018, 138).

Con convinzione vi invito a chiedere la grazia di non esitare quando lo Spirito esige da noi che facciamo un passo avanti: «Chiediamo il coraggio apostolico di comunicare il Vangelo agli altri e di rinunciare a fare della nostra vita un museo di ricordi. In ogni situazione, lasciamo che lo Spirito Santo ci faccia contemplare la storia nella prospettiva di Gesù risorto. In tal modo la Chiesa, invece di stancarsi, potrà andare avanti accogliendo le sorprese del Signore» (ibid., 139).

8. In quest’anno, in cui tutta la Chiesa celebra il Sinodo dei Giovani, desidero rivolgermi specialmente a voi, giovani cattolici cinesi, che varcate le porte della Casa del Signore «con inni di grazie, con canti di lode» (Sal 100,4). Vi chiedo di collaborare alla costruzione del futuro del vostro Paese con le capacità personali che avete ricevuto in dono e con la giovinezza della vostra fede. Vi esorto a portare a tutti, con il vostro entusiasmo, la gioia del Vangelo.

Siate pronti ad accogliere la guida sicura dello Spirito Santo, che indica al mondo di oggi il cammino verso la riconciliazione e la pace. Lasciatevi sorprendere dalla forza rinnovatrice della grazia, anche quando può sembrarvi che il Signore chieda un impegno superiore alle vostre forze. Non abbiate paura di ascoltare la sua voce che vi chiede fraternità, incontro, capacità di dialogo e di perdono, e spirito di servizio, nonostante tante esperienze dolorose del recente passato e le ferite ancora aperte.

Spalancate il cuore e la mente per discernere il disegno misericordioso di Dio, che chiede di superare i pregiudizi personali e le contrapposizioni tra i gruppi e le comunità, per aprire un coraggioso e fraterno cammino alla luce di un’autentica cultura dell’incontro.

Tante sono, oggi, le tentazioni: l’orgoglio del successo mondano, la chiusura nelle proprie certezze, il primato dato alle cose materiali come se Dio non ci fosse. Andate controcorrente e rimanete saldi nel Signore: «Egli solo è buono», solo «il suo amore è per sempre», solo la «sua fedeltà» dura «di generazione in generazione» (Sal 100,5).

9. Cari fratelli e sorelle della Chiesa universale, tutti siamo chiamati a riconoscere tra i segni dei nostri tempi quanto sta accadendo oggi nella vita della Chiesa in Cina. Abbiamo un compito importante: accompagnare con una fervente preghiera e con fraterna amicizia i nostri fratelli e sorelle in Cina. Infatti, essi devono sentire che nel cammino, che in questo momento si apre di fronte a loro, non sono soli. È necessario che vengano accolti e sostenuti come parte viva della Chiesa: «Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!» (Sal 133,1).

Ogni comunità cattolica locale, in tutto il mondo, si impegni a valorizzare e ad accogliere il tesoro spirituale e culturale proprio dei Cattolici cinesi. È giunto il tempo di gustare insieme i frutti genuini del Vangelo seminato nel grembo dell’antico “Regno di Mezzo” e di innalzare al Signore Gesù Cristo il canto della fede e del ringraziamento, arricchito di note autenticamente cinesi.

10. Mi rivolgo con rispetto a Coloro che guidano la Repubblica Popolare Cinese e rinnovo l’invito a proseguire, con fiducia, coraggio e lungimiranza, il dialogo da tempo intrapreso. Desidero assicurare che la Santa Sede continuerà ad operare sinceramente per crescere nell’autentica amicizia con il Popolo cinese.

Gli attuali contatti tra la Santa Sede e il Governo cinese si stanno dimostrando utili per superare le contrapposizioni del passato, anche recente, e per scrivere una pagina di più serena e concreta collaborazione nel comune convincimento che «l’incomprensione non giova né alle Autorità cinesi né alla Chiesa cattolica in Cina» (Benedetto XVI, Lettera ai Cattolici cinesi, 27 maggio 2007, 4).

In tal modo, la Cina e la Sede Apostolica, chiamate dalla storia ad un compito arduo ma affascinante, potranno agire più positivamente per la crescita ordinata ed armonica della Comunità cattolica in terra cinese, si adopereranno per promuovere lo sviluppo integrale della società assicurando maggior rispetto per la persona umana anche nell’ambito religioso, lavoreranno concretamente per custodire l’ambiente in cui viviamo e per edificare un futuro di pace e di fraternità tra i popoli.

In Cina è di fondamentale importanza che, anche a livello locale, siano sempre più proficui i rapporti tra i Responsabili delle comunità ecclesiali e le Autorità civili, mediante un dialogo franco e un ascolto senza pregiudizi che permetta di superare reciproci atteggiamenti di ostilità. C’è da imparare un nuovo stile di collaborazione semplice e quotidiana tra le Autorità locali e quelle ecclesiastiche – Vescovi, sacerdoti, anziani delle comunità –, in maniera tale da garantire l’ordinato svolgimento delle attività pastorali, in armonia tra le legittime attese dei fedeli e le decisioni che competono alle Autorità.

Ciò aiuterà a comprendere che la Chiesa in Cina non è estranea alla storia cinese, né chiede alcun privilegio: la sua finalità nel dialogo con le Autorità civili è quella di «giungere a una relazione intessuta di reciproco rispetto e di approfondita conoscenza» (ibid.).

11. A nome di tutta la Chiesa imploro dal Signore il dono della pace, mentre invito tutti a invocare con me la materna protezione della Vergine Maria:

Madre del Cielo, ascolta la voce dei tuoi figli, che umilmente invocano il tuo nome.

Vergine della speranza, a te affidiamo il cammino dei credenti nella nobile terra di Cina. Ti preghiamo di presentare al Signore della storia le tribolazioni e le fatiche, le suppliche e le attese dei fedeli che ti pregano, o Regina del Cielo!

Madre della Chiesa, a te consacriamo il presente e l’avvenire delle famiglie e delle nostre comunità. Custodiscile e sostienile nella riconciliazione tra fratelli e nel servizio per i poveri che benedicono il Tuo nome, o Regina del Cielo!

Consolatrice degli afflitti, a te ci rivolgiamo perché sei rifugio di quanti piangono nella prova. Veglia sui tuoi figli che lodano il tuo nome, fa’ che portino uniti l’annuncio del Vangelo. Accompagna i loro passi per un mondo più fraterno, fa’ che a tutti portino la gioia del perdono, o Regina del Cielo!

Maria, Aiuto dei Cristiani, per la Cina ti chiediamo giorni di benedizione e di pace. Amen!

Dal Vaticano, 26 settembre 2018

FRANCESCO