domenica 29 luglio 2018

Per non dimenticare padre Paolo Dall'Oglio.

Quinto anniversario del rapimento di padre Paolo Dall'Oglio.
Per non dimenticare


Sono trascorsi cinque anni dal 29 luglio 2013, giorno in cui il padre gesuita Paolo Dall'Oglio veniva rapito a Raqqa. Da allora nessuno è riuscito ad avere notizie certe sul destino del religioso, sequestrato, secondo le ricostruzioni più attendibili, da un gruppo di estremisti islamici appartenente ad al-Qāʿida. La sua infaticabile opera di dialogo interreligioso con il mondo islamico, così come la sua volontà di approfondire e comprendere la crisi delle "primavere arabe", dando il suo contributo da cristiano al processo di rinnovamento dei paesi mediorientali ancora oppressi da dittature, sono stati elementi che hanno contraddisto il suo impegno in Siria, dove aveva vissuto per più di trent'anni.
Qui padre Dall'Oglio aveva rifondato nel 1982 il monastero cattolico siriano di Mar Musa, nel deserto a nord di Damasco e pochi anni dopo aveva contribuito a ricreare una comunità ecclesiastica mista, promuovendo il dialogo tra Islam e Cristianesimo.
Le espulsioni a cui era stato sottoposto tra 2011 e 2012 non erano riuscite ad intaccare la sua opera ispirata dall'ecumenismo, arricchita da una profonda spiritualità e fratellanza. La comunità Al-Khalil (l'amico di Dio), fondata da padre Dall'Oglio nel ricostituito monastero di Mar Musa, era il riflesso di questa sua vocazione. 

In questi anni più volte Papa Francesco ha rivolto appelli di speranza e preghiere perché emerga la verità su padre Dall'Oglio, questo suo fratello con cui il Pontefice condivide non solo la fede ma anche la visione di dialogo, conoscenza e solidarietà con il mondo cristiano d'oriente e con l'Islam.

La Siria, terra tormentata da una terribile guerra civile ancora in atto, in questi anni è diventata luogo di martirio e sofferenza per molti religiosi. Tra le tante figure che hanno pagato in prima persona le loro scelte di fede e testimonianza ricordiamo, oltre a padre Dall'Oglio, i due metropoliti di Aleppo, il greco-ortodosso di Boulos Yazegi e quello siriaco-ortodosso Youhanna Ibrahim, entrambi rapiti nell'aprile 2013, circa tre mesi prima del gesuita italiano. Anche di essi non si hanno più notizie certe, così come non ce ne sono di p. Michel Kayyal e p. Meaher Mahfouz rapiti nel febbraio 2013. 
Da ricordare inoltre le 13 suore siriane che furono rapite nel marzo 2014 e poi rilasciate. La stessa fortuna ebbe p. Jacques Mourad, rapito due volte e poi liberato. Infine da ricordare la barbara uccisione del gesuita olandese p. Frans van der Lug, nell'aprile 2014 nella città di Homs, così come quella di p. François Mourad, monaco eremita, rimasto ucciso nel convento di Sant'Antonio a Ghassanieh. 

Nell'elenco dei religiosi uccisi si devono aggiungere i nomi di diverse persone di fede musulmana. Tra le più note c'è Mohammad Said Ramada al-Bouti, autorevole studioso sunnita e firmatario nel 2006, assieme ad altri 38 musulmani, della lettera aperta a Papa Benedetto XVI in cui si offriva disponibilità al dialogo e approfondimento su temi quali fede e ragione.




Padre Paolo Dall’Oglio a 5 anni dal suo rapimento in Siria. Il ricordo alla Fnsi

Il ricordo di padre Paolo Dall’Oglio, il sacerdote gesuita rapito a Raqqa, in Siria, 5 anni fa. Esattamente il 29 luglio del 2013. Da allora su di lui solo voci ma per amici e parenti resta viva la speranza. Servizio di Caterina Dall’Olio

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A Vatican News, l’intervista alle sorelle del gesuita rapito a Raqqa 5 anni fa. Questa domenica l'anniversario. “Sono stati anni dolorosi – dice la famiglia - ma siamo sempre state accanto al popolo siriano. Attendiamo il ritorno di Paolo”

Francesca, Immacolata e Anna Maria Dall’Oglio, così come tutti gli altri fratelli di padre Paolo, il gesuita rapito in Siria il 29 luglio del 2013, non hanno mai smesso di seminare speranza. Nonostante il dolore dell’assenza, hanno continuato a credere nel ritorno del fratello che ha speso gran parte della sua vita accanto al popolo siriano, lavorando per la riconciliazione, gettando ponti tra Oriente e Occidente, aprendo le porte del monastero siro-cattolico di Mar Musa che padre Paolo aveva fatto rinascere nel 1982 e “che oggi – racconta Immacolata – è un luogo di ristoro: cosa importantissima in un Paese segnato profondamente dalla guerra”.

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