mercoledì 18 aprile 2018

Le mine che in Siria uccidono i bambini di Dacia Maraini - #UMANI la campagna di Medici Senza Frontiere


Le mine che in Siria uccidono i bambini
di Dacia Maraini

I giovani coraggiosi di Medici senza frontiere agiscono oggi soprattutto nel nord orientale della Siria, dove la gente rientra dalle zone di guerra. Ma le insidie sono ovunque, e mirano a terrorizzare la popolazione colpendo prima di tutto i più piccoli

mine antiuomo
«L’uso dei gas è inammissibile e crudele, soprattutto verso i bambini che sono i primi a morire», mi dice Roberta Petrucci di Medici senza frontiera (Msf), giovane pediatra appena rientrata dalla Siria, «è necessario parlarne, ma vorrei che si ricordassero anche i tanti bambini che muoiono per le mine antiuomo sparse anche dove si presume che ci sia la pace». I giovani coraggiosi di Msf agiscono oggi soprattutto nel nord orientale della Siria, dove la gente rientra dalle zone di guerra. Ma le insidie sono ovunque, e mirano, sembra incredibile, a terrorizzare la popolazione colpendo prima di tutto i più piccoli. Con una diabolica astuzia hanno riempito di mine gli oggetti più innocui: pentole, teiere, scatole di pomodori. I bambini li prendono in mano e saltano per aria. «Ma chi ha sparso queste mine antiuomo?» chiedo. «Non lo sappiamo con sicurezza, ma certamente si trovano lì dopo l’andata via dell’esercito islamico».

Quindi terrorismo in ritirata. Ma se fosse lo stesso Bashar al Assad che in questi giorni ha sparso il gas nervino? «Non possiamo dirlo. Ricordiamo però che nel 2013 abbiamo avuto negli ospedali siriani migliaia di persone con sintomi di avvelenamento da gas neurotossici». Le chiedo di raccontarmi qualche caso che l’ha particolarmente impressionata. Lei mi riferisce di una famiglia di contadini, padre, madre e cinque figlie fra i 4 e i 13 anni, che spesso stavano sul tetto a stendere i panni o sistemare la legna. Una mattina una delle bambine vede per terra un oggetto che luccica, si avvicina e quello esplode: sono ordigni nuovi, sensibili ai movimenti del corpo umano. «La più piccola ha perso le gambe, la seconda ha avuto una gamba maciullata, la terza un piede frantumato, la quarta e la quinta hanno subito ferite e fratture in tutto il corpo». Come impedire questo massacro? «Noi non ci occupiamo di politica. Ma chiediamo che si rispetti il diritto internazionale umanitario che protegge i civili e le strutture sanitarie». In che modo? «Mantenendo alta la capacità di indignarsi attraverso i mezzi di comunicazione, creando corridoi umanitari, e lasciando passare le medicine per gli ospedali. Noi siamo lì a curare i feriti, ma senza il sostegno della società civile e dell’opinione pubblica mondiale diventa ogni giorno più difficile». Per questo Msf ha indetto una campagna «Umani» in cui si chiede di «riportare al centro l’atto umanitario nella sua essenza, quella dell’aiuto incondizionato che muove da persona a persona».


 
In Siria nord-orientale il numero di persone ferite da mine, trappole esplosive e bombe inesplose è raddoppiato tra novembre 2017 e marzo 2018. La metà delle vittime sono bambini, alcuni anche di un anno, che con le loro famiglie stanno rientrando nelle loro case, dopo che i combattimenti si sono placati nei governatorati di Raqqa, Hassakeh e Deir ez-Zor.
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Dolore, rabbia, paura, gioia e speranza, cinque emozioni che accomunano tutti gli esseri umani e che ogni giorno provano sia i pazienti e gli operatori umanitari di Medici Senza Frontiere (Msf), che si incontrano nei contesti di crisi di oltre 70 paesi, sia ogni singolo individuo in qualunque ambito della società. Le emozioni sono il cuore di #Umani, la nuova campagna di Msf, diffusa in concomitanza con i 25 anni di Msf in Italia, che riporta all'essenza dell'azione umanitaria invitando tutti a riscoprire il naturale istinto all'aiuto, perché le persone appartengono tutte a un unico genere: quello umano.

Nello spot della campagna, le immagini delle emozioni si intrecciano con quelle dell'azione medico-umanitaria nei tanti contesti in cui MSF e' in prima linea. Il dolore quando mancano le cure, come in alcune aree della Siria, dove nemmeno le organizzazioni possono più entrare. La rabbia quando la realtà sembra ingiusta, come durante l'epidemia di Ebola, che uccideva chi curava i propri cari. La paura, come in mare, perché non hai mai la certezza che tutti si salveranno. La gioia, quando con ogni mezzo riesci a raggiungere anche le comunità remote della Repubblica Democratica del Congo. La speranza, in una sala operatoria in Iraq, sempre. "In un momento in cui l'idea stessa di solidarietà è messa a rischio - dai contesti di guerra dove gli aiuti diventano bersaglio, fino al nostro paese dove chi aiuta può finire sotto accusa - #Umani riporta al centro l'atto umanitario nella sua essenza, quella dell'aiuto incondizionato, che non fa differenze, che muove da persona a persona - ha detto Loris De Filippi, presidente di Msf - Per questo l'appello finale e' 'Sosteniamoci'. È un invito all'umanità e al sostegno reciproco, oggi necessario più che mai". Così in un comunicato Medici Senza Frontiere.
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Esiste un solo aiuto, l'aiuto che non fa differenze. Perché le persone appartengono tutte a un unico genere: quello umano. 
Questo siamo noi: nessun eroe ma migliaia di medici, infermieri, logisti e psicologi impegnati a offrire assistenza senza alcuna discriminazione di provenienza, religione o credo politico. 

#UMANI - Medici Senza Frontiere