giovedì 7 dicembre 2017

«Il viaggio in Myanmar e Bangladesh è stato un grande dono di Dio» Papa Francesco Udienza generale 06/12/2017 (testo e video)


UDIENZA GENERALE
Aula Paolo VI
Mercoledì, 6 dicembre 2017

Il Papa ha fatto il suo ingresso alle 9.20 circa in Aula Paolo Vi, per la prima udienza generale “al coperto”, visto il freddo pungente di tramontana su Roma. Dopo l’udienza nell’Auletta dell’Aula Paolo VI ai partecipanti alla riunione del Comitato permanente per il dialogo con personalità religiose della Palestina, promossa dal Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, Francesco ha ricevuto il caldo abbraccio degli 8mila fedeli che lo attendevano, tra i quali anche un gruppo di oltre 600 studenti e l’Associazione genitori bambini affetti da leucemia o tumore, provenienti da Pisa. Durante il percorso a piedi nel corridoio centrale dell’Aula, il Papa si è fermato numerosissime volte non solo per salutare e baciare i bambini o concedersi agli immancabili “selfie”, ma anche per abbracciare fraternamente un gruppo di religiosi che ha riconosciuto tra la folla e per trattenersi in conversazione con alcuni fedeli, alcuni molti giovani, che si sono accalcati sulle transenne per un dialogo “botta e risposta” con Francesco, apparso molto sorridente e rilassato.


Viaggio in Myanmar e Bangladesh

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

oggi vorrei parlare del viaggio apostolico che ho compiuto nei giorni scorsi in Myanmar e Bangladesh. E’ stato un grande dono di Dio, e perciò ringrazio Lui per ogni cosa, specialmente per gli incontri che ho potuto avere. Rinnovo l’espressione della mia gratitudine alle Autorità dei due Paesi e ai rispettivi Vescovi, per tutto il lavoro di preparazione e per l’accoglienza riservata a me e ai miei collaboratori. Un “grazie” sentito voglio rivolgere alla gente birmana e a quella bengalese, che mi hanno dimostrato tanta fede e tanto affetto: grazie!

Per la prima volta un successore di Pietro visitava il Myanmar, e questo è avvenuto poco dopo che si sono stabilite relazioni diplomatiche tra questo Paese e la Santa Sede.

Ho voluto, anche in questo caso, esprimere la vicinanza di Cristo e della Chiesa a un popolo che ha sofferto a causa di conflitti e repressioni, e che ora sta lentamente camminando verso una nuova condizione di libertà e di pace. Un popolo in cui la religione buddista è fortemente radicata, con i suoi principi spirituali ed etici, e dove i cristiani sono presenti come piccolo gregge e lievito del Regno di Dio. Questa Chiesa, viva e fervente, ho avuto la gioia di confermare nella fede e nella comunione, nell’incontro con i Vescovi del Paese e nelle due celebrazioni eucaristiche. La prima è stata nella grande area sportiva al centro di Yangon, e il Vangelo di quel giorno ha ricordato che le persecuzioni a causa della fede in Gesù sono normali per i suoi discepoli, come occasione di testimonianza, ma che “nemmeno un loro capello andrà perduto” (cfr Lc 21,12-19). La seconda Messa, ultimo atto della visita in Myanmar, era dedicata ai giovani: un segno di speranza e un regalo speciale della Vergine Maria, nella cattedrale che porta il suo nome. Nei volti di quei giovani, pieni di gioia, ho visto il futuro dell’Asia: un futuro che sarà non di chi costruisce armi, ma di chi semina fraternità. E sempre in segno di speranza ho benedetto le prime pietre di 16 chiese, del seminario e della nunziatura: diciotto!

Oltre alla Comunità cattolica, ho potuto incontrare le Autorità del Myanmar, incoraggiando gli sforzi di pacificazione del Paese e auspicando che tutte le diverse componenti della nazione, nessuna esclusa, possano cooperare a tale processo nel rispetto reciproco. In questo spirito, ho voluto incontrare i rappresentanti delle diverse comunità religiose presenti nel Paese. In particolare, al Supremo Consiglio dei monaci buddisti ho manifestato la stima della Chiesa per la loro antica tradizione spirituale, e la fiducia checristiani e buddisti possano insieme aiutare le persone ad amare Dio e il prossimo, rigettando ogni violenza e opponendosi al male con il bene.

Lasciato il Myanmar, mi sono recato in Bangladesh, dove per prima cosa ho reso omaggio ai martiri della lotta per l’indipendenza e al “Padre della Nazione”. La popolazione del Bangladesh è in grandissima parte di religione musulmana, e quindi la mia visita – sulle orme di quelle del beato Paolo VI e di san Giovanni Paolo II – ha segnato un ulteriore passo in favore del rispetto e del dialogo tra il cristianesimo e l’islam.

Alle Autorità del Paese ho ricordato che la Santa Sede ha sostenuto fin dall’inizio la volontà del popolo bengalese di costituirsi come nazione indipendente, come pure l’esigenza che in essa sia sempre tutelata la libertà religiosa. In particolare, ho voluto esprimere solidarietà al Bangladesh nel suo impegno di soccorrere i profughi Rohingya affluiti in massa nel suo territorio, dove la densità di popolazione è già tra le più alte del mondo.

La Messa celebrata in uno storico parco di Dhaka è stata arricchita dall’Ordinazione di sedici sacerdoti, e questo è stato uno degli eventi più significativi e gioiosi del viaggio. In effetti, sia in Bangladesh come nel Myanmar e negli altri Paesi del sudest asiatico, grazie a Dio le vocazioni non mancano, segno di comunità vive, dove risuona la voce del Signore che chiama a seguirlo. Ho condiviso questa gioia con i Vescovi del Bangladesh, e li ho incoraggiati nel loro generoso lavoro per le famiglie, per i poveri, per l’educazione, per il dialogo e la pace sociale. E ho condiviso questa gioia con tanti sacerdoti, consacrate e consacrati del Paese, come pure con i seminaristi, le novizie e i novizi, nei quali ho visto dei germogli della Chiesa in quella terra.

A Dhaka abbiamo vissuto un momento forte di dialogo interreligioso ed ecumenico, che mi ha dato modo di sottolineare l’apertura del cuore come base della cultura dell’incontro, dell’armonia e della pace. Inoltre ho visitato la “Casa Madre Teresa”, dove la santa alloggiava quando si trovava in quella città, e che accoglie moltissimi orfani e persone con disabilità. Là, secondo il loro carisma, le suore vivono ogni giorno la preghiera di adorazione e il servizio a Cristo povero e sofferente. E mai, mai manca sulle loro labbra il sorriso: suore che pregano tanto, che servono i sofferenti e continuamente con il sorriso. E’ una bella testimonianza. Ringrazio tanto queste suorine.

L’ultimo evento è stato con i giovani bengalesi, ricco di testimonianze, canti e danze. Ma come danzano bene, queste bengalesi! Sanno danzare bene! Una festa che ha manifestato la gioia del Vangelo accolto da quella cultura; una gioia fecondata dai sacrifici di tanti missionari, di tanti catechisti e genitori cristiani. All’incontro erano presenti anche giovani musulmani e di altre religioni: un segno di speranza per il Bangladesh, per l’Asia e per il mondo intero. Grazie.

Guarda il video della catechesi

Saluti:
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[Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua ‎araba, ‎in ‎‎‎particolare a quelli ‎provenienti dalla Giordania, dalla Terra Santa e dal Medio Oriente. Chi non ‎soffre con il fratello sofferente, anche se è diverso da lui per razza, per religione, ‎per lingua o per cultura, deve interrogarsi sulla sincerità della sua fede e sulla sua ‎umanità. Sono stato molto toccato dall'incontro con i rifugiati Rohingya e ho ‎chiesto loro di perdonarci per le nostre mancanze e per il nostro silenzio, ‎chiedendo alla comunità internazionale di aiutarli e di soccorrere tutti i gruppi ‎oppressi e perseguitati presenti nel mondo. ‎‏Il ‎Signore vi ‎benedica ‎tutti e vi ‎protegga ‎dal ‎maligno!‎‎‎‎‎‎]
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APPELLO

Il mio pensiero va ora a Gerusalemme. Al riguardo, non posso tacere la mia profonda preoccupazione per la situazione che si è creata negli ultimi giorni e, nello stesso tempo, non rivolgere un accorato appello affinché sia impegno di tutti rispettare lo status quo della città, in conformità con le pertinenti Risoluzioni delle Nazioni Unite.

Gerusalemme è una città unica, sacra per gli ebrei, i cristiani e i musulmani, che in essa venerano i Luoghi Santi delle rispettive religioni, ed ha una vocazione speciale alla pace.

Prego il Signore che tale identità sia preservata e rafforzata a beneficio della Terra Santa, del Medio Oriente e del mondo intero e che prevalgano saggezza e prudenza, per evitare di aggiungere nuovi elementi di tensione in un panorama mondiale già convulso e segnato da tanti e crudeli conflitti.

Guarda il video dell'appello



Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana.
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Un pensiero speciale porgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Oggi è la memoria di San Nicola di Bari. Cari giovani, mettete al di sopra di tutto la ricerca di Dio e del suo amore; cari ammalati, l’esempio dei santi vi sia di aiuto e conforto nei momenti di maggior bisogno; e voi, cari sposi novelli, con la grazia di Dio rendete ogni giorno più salda e profonda la vostra unione. Grazie.

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(all'interno del post i link a tutti i post del viaggio)